Oristano
25 Maggio 2016
Cari
amici,
In tanti, in
particolare quelli che hanno superato i 50 anni, hanno ben presente come si
svolgeva il vecchio “sistema informativo” in campo medico: dal colloquio
strettamente riservato, calato dall’alto da medico a paziente, senza quella
necessaria e delicata opera di comunicazione-persuasione e aiuto morale, alla
scarsa informazione-prevenzione, effettuata su cartellonistica murale (da parte
della sanità centrale), quando ancora i Media non si occupavano proprio delle
malattie se non in caso di manifestazioni epidemiche di grande portata. Oggi
invece, al contrario, si assiste ad un bombardamento mediatico esagerato: una
ridondanza di informazione, spesso fuori luogo, capace di sviare il malato e
creargli ulteriori traumi aggiuntivi al già pericoloso status di malato spesso
grave.
Di questo e di molto
altro si è parlato Martedì 24 Maggio nell’Auditorium di S. Domenico ad
Oristano, dove, dalle 14 alle 17, si è tenuto il convegno (con validità di
corso di aggiornamento) dal titolo: “Informazione
scientifica 2.0. Le nuove sfide per giornalisti, medici e pazienti”. All'incontro
hanno preso parte relatori di prestigio, tra cui Francesco Birocchi (Presidente
dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna), Elisabetta Gola (direttrice e docente del corso di laurea in Scienze
della Formazione all’Università di Cagliari), Maria Dolores Palmas (infermiera di
oncologia medica presso l’ospedale Businco di Cagliari) e Silvia Deligia, ex
paziente oncologica. La partecipazione al corso da parte degli addetti al
settore giornalistico, ha consentito loro di lucrare 5 crediti formativi.
Il convegno è stato
aperto da Francesco Birocchi che, come Presidente dell’Ordine, ha messo in luce
la grande responsabilità del giornalista (regolata da apposito codice
deontologico), in particolare di quegli operatori che si occupano di
informazione medica, ma che riguarda anche il medico, che deve dialogare nel
giusto modo con i pazienti. La complessità dell’argomento, ha detto Birocchi,
richiede adeguati corsi di comunicazione-formazione, per evitare situazioni che spesso
creano problematiche di non poco conto. Inoltre, uno dei motivi di
preoccupazione, che si aggiunge ai precedenti, è quello del crescente utilizzo
del Web come fonte informativa medica, capace di diventare, per chi vi ricorre,
un boomerang particolarmente dannoso. Si pensi alla fallimentare campagna anti
vaccino, abortita per il troppo ed errato clamore esploso nei social network.
Dopo l’introduzione de
Dr. Birocchi ha preso la parola la Prof. Elisabetta Gola, coordinatrice del
corso di laurea in Scienze della comunicazione (Facoltà di studi umanistici)
dell’Università degli studi di Cagliari, che ha presentato una serie di slide
preparate dal Prof. Mario Scartozzi, Direttore dell'Oncologia Medica all'AOU di
Cagliari, impossibilitato a presenziare al convegno per sopraggiunti impegni.
La docente ha messo in evidenza le difficoltà che la divulgazione scientifica
incontra nei confronti del grande pubblico, a partire dalla prevenzione per
arrivare al necessario dialogo, serio e corretto, medico-paziente. Il passaggio
dall’informazione cartacea a quella del Web, ha detto, è cambiata molto in
questi ultimi anni: non certo per la ridotta informazione classica sui
giornali, ma per la diminuita qualità di questa. Non è il mezzo informativo
quello che conta veramente, ma la qualità dell’informazione! Si ha bisogno non
tanto di giornali, ha ribadito, ma di buoni giornalisti, ovvero di un
giornalismo serio e professionale!
Certo, il bombardamento
via Web è sempre più massiccio: le statistiche dicono che in Italia Internet si
usa sempre di più in campo medico: il 41,7% usa il Web a scopo informativo, il
58,1% per capire meglio il medico e addirittura il 18,8% lo usa per trovare
delle cure senza consultare il medico! In chiusura della sua riflessione ha
parlato anche della grande difficoltà che esiste nel parlare senza timore di
cancro dandogli il suo vero nome: si ricorre a metafore, definendolo malattia
insidiosa, male oscuro e quant’altro. Il colloquio col malato andrebbe
impostato con positività: incoraggiando il paziente a lottare contro la
malattia, a combatterla caparbiamente per vincerla, non lasciandolo solo a pensare
di avere già perso in partenza la battaglia.
Dopo di Lei ha preso la
parola Maria Dolores Palmas, infermiera del reparto di Oncologia medica del
Businco di Cagliari, che ha evidenziato (attraverso delle slide) la sua
esperienza diretta: il “sistema informativo” dei pazienti, in che modo essi si
rapportano con i medici, come vivono le ansie e le speranze circa la loro
malattia. Ha anche confermato che la consultazione via Web dei pazienti esiste
ed è utilizzata in modo vario: oltre il 50% è rivolta ai siti specializzati,
molto di meno ai social dedicati. La sua conclusione è stata che il sistema
comunicativo, relativo ai pazienti già provati da una tremenda malattia, deve
essere ancora migliorato, in quanto deve risultare il più corretto possibile. “Il
giornalista, come il medico con i suoi pazienti, può avvelenare i suoi lettori,
l’unica differenza sta nel numero”, ha commentato, con un sorriso tra l’ironico e
il serio. Certo il giornalista ha una responsabilità non indifferente nel
lanciare, spesso in modo sensazionale, ritrovati o nuove scoperte in campo
medico, perché il “peso” di certe notizie può avere conseguenze molto
pericolose, in caso esse siano false o addomesticate. Purtroppo il giornalismo
sensazionale fa vendere, anche se
l’illusione creata nel malato può risultare deleteria.
Successivamente ha
preso la parola Silvia Deligia, una ex paziente oncologica oggi guarita. Ha
ripercorso il suo calvario, cominciato a 37 anni quando si manifestò in Lei il
cancro: “è terribile sentirsi perduti in età così giovanile”, ha detto.
Proprio in questi casi è necessaria un’assistenza psicologica costante,
un’informazione certa, corretta, perché altrimenti la già scarsa resistenza del
soggetto va letteralmente in frantumi. Il malato, ha detto, non è un numero in
un letto d’ospedale, ma una persona che ha bisogno di conforto e sostegno.
La riflessione finale
di Francesco Birocchi, anch’egli come tutti gli altri ampiamente toccato dalla
delicatezza dell’argomento trattato, ha messo in luce che in fondo è pur vero che
la comunicazione giornalistica non sempre viene fatta con “il cuore e con la
mente”, ma spesso è subordinata, schiava di condizionamenti, non sempre nobili. Ha
ricordato i casi eclatanti di cui i giornali si sono occupati, come il caso Di
Bella, Bonifacio, Stamina e altri, che hanno causato illusioni gravi e pericoli
nei pazienti illusi. Il giornalismo vero, ha concluso, deve essere fatto di
verifiche, accertamenti, serietà, etica e deontologia.
Un
partecipato dibattito ha chiuso l’interessante seminario.
Mario
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