Oristano 29 Agosto 2012
giovedì, agosto 30, 2012
L’AMORE NON VA MAI IN PENSIONE! AMARE A TUTTE LE ETA’ E’ IL SEGRETO DELLA LONGEVITA’. ARISTOFONTE LO AVEVA SCOPERTO FIN DAL 350 A.C.
Oristano 29 Agosto 2012
lunedì, agosto 27, 2012
LA VENERATA MADONNA DEL RIMEDIO FESTEGGIA I 60 ANNI DELLA SUA INCORONAZIONE, AVVENUTA IL 7.9.1952.
Oristano 27 Agosto 2012,
Cari amici,
credo che in tutto il circondario di Oristano ci sia poca gente che non è devota alla Madonna del Rimedio: la Sua fama, ormai, copre non solo il circondario ma tutta l’Isola. Il Suo Santuario si trova uscendo da Oristano e dirigendosi verso Torregrande, nei pressi dello svincolo che porta a questa nota località turistica. La Chiesa-Basilica del Rimedio, questo venerato santuario di cui poco rimane dell'originaria ed antica struttura medioevale, è meta ininterrotta di pellegrini da tutta l’Isola. Per la festa, l’8 Settembre, una folla immensa copre il grande sagrato circostante, ricreando quell’antico sapore di “sagra”, tanto in uso nel passato. Ecco la storia di questo luogo, dedicato da tempo immemorabile alla Madonna, e che mantiene intatto tutto il suo fascino.
L’attuale Basilica del Rimedio (l’edificio fu consacrato il 13 maggio 1956), sorge sopra un antico insediamento molto probabilmente di età nuragica. Il territorio intorno ad Oristano, infatti, era già popolato in epoca prenuragica e contava molti piccoli villaggi sparsi intorno agli ampi stagni costieri. Gli insediamenti, in gran parte oggi solo “toponimi”, erano chiamati Fenugheda, Nuragraba, Gutturu Mannu, Cannedu, Tzuarbara, Donigalla e, un po’ più a Nord verso Nuraxinieddu, Gippi. La zona intorno all’attuale Basilica era parte del villaggio di Nuracraba, sorto in epoca precedente anche alla civiltà fenicio-punica (testimoniata da ritrovamenti di vasellame, terrecotte figurate e monete), consolidatosi in epoca romana e successivamente ampliato in periodo medioevale; finì decimato, poi, a causa della peste del 1700.
Dove oggi sorge la Basilica era ubica la Chiesetta del villaggio di Nuracraba, mai cresciuto a sufficienza anche a causa delle frequenti inondazioni del Tirso, e che finì praticamente spopolato a seguito soprattutto della morbosa pestilenza che colpì il territorio ai primi del ‘700. Dati statistici storici del 1653, evidenziano che Nuracraba in quell’anno era ridotta a 16 famiglie, la vicina Donnigala ne contava 15, tutte superstiti della peste, mentre Fenugheda, risultava interamente spopolata; i suoi ultimi abitanti erano emigrati a Nuracraba affidando a questo paese la statua lignea del suo Santo patrono S. Marco, collocandolo proprio nella chiesa del Rimedio. Nel 1688 il Parlamento, con lo scopo di condurre nuovi abitanti a Nuracraba e a Silì, paesi ridotti ormai a sole quattro unità, stabilì una “franchigia” della durata di dieci anni ma l’egoismo dei feudatari, che lasciarono cadere i progetti, affossò la proposta e Nuracraba fini per spopolarsi del tutto.
La festa della Madonna del Rimedio cade l'8 Settembre ed è preceduta dalla novena (29 agosto – 6 settembre).
Le forme attuali della chiesa, a croce latina, con un tamburo a cupola all' incrocio dei bracci, rimandano al secolo XIX. All' interno, sull' altare Maggiore, possiamo ammirare il simulacro ligneo della Madonna del Rimedio, di bottega sardo -campana della prima metà del Seicento. Nella cappella di sinistra tanti gli ex voto che i numerosi miracolati a Lei rivoltisi Le hanno dedicato.
Quest’anno è un anno di grande festa, di grande giubilo: è il 60° dell’incoronazione della Vergine, avvenuta il 7 Settembre del 1952. Credo che si ripeterà, ampliata, quella grande partecipazione di folla, proveniente da tutta l’Isola, che 60 anni fa assistette, commossa, alla solenne incoronazione della Beata Vergine da parte del Cardinale Tedeschini, chiamato ad Oristano dall’Arcivescovo Fraghì. Non mancheranno le Autorità religiose, che l’Arcivescovo Sanna certamente chiamerà a partecipare, ne l’omaggio delle Autorità, il Sindaco Tendas, in primis, come fece nel 1952 l’allora Sindaco Carloni.
Io sono tanto devoto alla Madonna del Rimedio che mi ha sempre dato protezione e tutti gli anni, in silenzio, lontano dai momenti di folla mi reco al Suo santuario a pregarLa per me ed i miei cari. Farò così anche quest’anno. Non amo i “bagni di folla”, preferisco la pace e la tranquillità della Chiesa silenziosa: mi facilita il raccoglimento. Le dirò poche parole: Grazie mamma, Regina del Cielo, perché continui a volerci sempre tanto bene!
Vi abbraccio tutti.
Mario
lunedì, agosto 13, 2012
CABRAS E LA SUA LAGUNA. LE ANTICHE RICETTE PER CONSERVARE IL MUGGINE: SA MERCA E SU MUGHEDDU.
Oristano 13 Agosto 2012
Cari amici,
come molti di Voi sanno passo le vacanze nella mia casa al mare in territorio di Cabras, non lontano dal suo omonimo stagno. Quest’estate, mentre chiacchieravo con un pescatore de “ sa Pischera de Mar’e pontis” , abbiamo parlato di cucina e casualmente anche delle antiche ricette del passato, necessarie per conservare a lungo il prezioso pescato della ricca laguna: il muggine. Due le più importanti: Sa Merca e su Mugheddu, diverse tra loro ma molto interessanti e capaci, in un’epoca dove il frigorifero era ancora da inventare, di conservare a lungo un prodotto molto deperibile come il pesce. Ecco, per Voi, la storia di queste ancora oggi rinomate ricette.
Grazie alla sua collocazione geografica Cabras è stato sempre un paese di pescatori, e la cucina cabrarese ha ruotato e ancora oggi ruota intorno al pesce, in particolare al muggine. Uno dei piatti più famosi ed antichi, la cui origine si fa risalire alla notte dei tempi, è "sa merca": Si tratta di un piatto freddo a base di muggine lesso, salato e messo ad asciugare sulla "ziba"; un'erba palustre nota col nome volgare italiano di Obione (Halimione portulacoides); al termine del processo di preparazione i pesci vengono avvolti con quest'erba, creando un caratteristico “pacchetto”, legato con dei giunchi, che consentiva non solo la conservazione ma anche un facile trasporto. L’altra ricetta, nata anch’essa per favorire la conservazione del muggine e quella denominata “Su Mugheddu”. Su mugheddu (o su pisci affumau), è il cefalo sventrato e sottoposto ad un bagno di salamoia. Solo gli addetti al lavoro conoscono la densità della salamoia e i tempi dell’immersione. Successivamente si procede all’affumicazione che avviene in una stanza dove il fumo di un fuoco di elicrisi secchi avvolge, per un tempo noto a pochi, i cefali sospesi ai giunchi che lentamente acquistano uno stupendo color oro. “Su mugheddu” si consuma dopo una rapidissima cottura alla brace.
Il nome “merca” si ritiene che sia stato dato a questa pietanza perché il metodo di conservazione è a base di sale: il significato etimologico, infatti, di merca è proprio quello di “cibo salato”. Questo procedimento di conservazione risale alla notte dei tempi, essendo stato scoperto e praticato dall’uomo preistorico. La ricetta della merca è stata attribuita ai fenici, stante la lunga dominanza nel territorio da parte di questo popolo, ma non pochi studiosi sono convinti, invece, che essa è sicuramente molto più antica e che possa essere datata tra il Paleolitico Superiore ed il Neolitico. I Fenici erano certamente un popolo che praticava la pesca e conservava il pescato sotto sale, ma non per questo sono da considerare gli inventori de “sa merca”.
Questa pietanza dalla storia millenaria è ancora oggi una caratteristica di Cabras, che grazie alla qualità dei cefali della sua laguna è ancora oggi la patria della migliore bottarga di muggine. I cefali (Mugil cephalus), sono particolarmente adatti per realizzare questa particolare ricetta. La preparazione deve essere fatta con competenza, se si vuole realizzare un prodotto saporito e durevole. Ecco la ricetta.
Merca di Cabras
ingredienti: 800 g di muggini, erba palustre ziba (salicornia) in quantità, sale abbondante.
Sa merca di muggine è un piatto che, dopo anni di oblio, è stato riscoperto e viene ora preparato nei ristoranti e negli agriturismi tipici, nei comuni di Cabras, Riola, Nurachi e Baratili San Pietro. E anche piatto caratteristico durante la sagra, per la festa di San Salvatore. Il suo gusto particolare parla di un tempo in cui i cibi andavano conservati con cura, in vista di giornate di lavoro lontani da casa, a bordo delle barche o nei lavori di campagna. Ecco ora l’altra ricetta.
Su Mugheddu o su Pisci affumau era, sino a pochi decenni fa, il piatto tipico del periodo quaresimale sia a Cabras che nei centri a ridosso del suo stagno. Come la merca, per la preparazione di questo piatto, l’ingrediente principe è il muggine della laguna di Cabras. Nel periodo aureo della Peschiera di Mar’e Pontis la preparazione del pesce avveniva in un apposito locale della peschiera , dove il pesce veniva leggermente sbollentato in acqua salata, o anche in una miscela di acqua dolce e di mare, quindi scolato e appeso ad affumicare su un graticcio posto all’interno di un camino comunicante con una camera di combustione dove venivano fatte bruciare delle erbe particolari, come l’Elicriso o Tignamica. Il muggine, prima di essere appeso, veniva bucato tra le branchie con un robusto giunco, in modo da formare dei veri e propri grappoli. Dopo l’affumicatura veniva consumato facendolo scottare sulla griglia calda e riducendolo a filetti dopo averlo liberato dalla pelle squamosa. Era anche un ottimo antipasto, tagliato a cubetti e mischiato ad una buona insalata di lattuga fresca.
Antiche ricette, antichi sapori che ancora oggi ci danno la dimensione di quanto straordinarie siano le nostre coste, le nostre lagune, il nostro golfo di Oristano! Una cosa, però, non abbiamo ancora imparato, dopo secoli di dominazioni fenicie, romane, spagnole e chi più ne ha più ne metta: a valorizzare quanto madre natura ci ha dato! L’antico e ricco stagno di Cabras è oggi praticamente una laguna dove anziché abbondare di pesci abbondano i conflitti, le ruberie, le lotte e le incomprensioni. Cosi non può essere utile a nessuno, non darà ne redditi ne ricchezze. E’ tempo che riflettiamo seriamente!
Grazie della Vostra attenzione.
Mario
giovedì, agosto 09, 2012
QUANDO E…QUANTO E’ DIFFICILE ACCETTARE I PROPRI LIMITI! IL RECENTE ESEMPIO DI ALEX SCHWAZER.
Oristano, 9 Agosto 2012
Cari amici,
Il campione olimpico dei 50 km di marcia, Alex Schwazer, non correrà ai Giochi olimpici di Londra 2012 perché risultato positivo all'Epo, durante i controlli dell'Agenzia Mondiale (Wada). Avrebbe dovuto gareggiare dopodomani, sabato mattina. Il CONI lo ha rimandato a casa.
In questa mia riflessione, però, non voglio annoiarvi con tutti i dettagli di questa tristissima storia ma riflettere sulle cause, sulle motivazioni, che l’hanno scatenata.
Intanto, cosa rara di questi tempi, è da apprezzare l’immediata confessione: “Volevo essere più forte per questa olimpiade. Ho sbagliato, la mia carriera è finita”; con queste parole il campione olimpico in carica dei 50 chilometri di marcia, il bolzanino Alex Schwazer, ha ‘confermato’ all’Ansa la sua positività al doping. “Ho fatto tutto da solo e di testa mia – ha proseguito l’ex azzurro – e dunque mi assumo tutte le responsabilità per quello che è successo”. Poi, la conclusione, amara: “La mia vita nell’atletica è finita oggi”.
Ho seguito in TV le riprese in diretta di questa amara confessione e mi è venuto da pensare “perché” un campione come Lui, sicuramente benestante, amato dai suoi tifosi e sostenitori, fidanzato con un’altra stella sportiva, si sia lasciato andare a compiere un’azione cosi vile, cosi sporca. Il punto focale che fa scattare dentro di noi molle anche perverse è l’accettare (o non accettare) i propri limiti. Accettarsi per quello che si è o non accettarsi, questo è il problema! Ogni giorno è in gioco, tra noi e le nostre forze, il nostro potenziale, la nostra “Autostima”. Il difficile è riuscire a convivere conoscendo ed accettando i propri limiti, solo cosi si può avere una reale e concreta autostima di se stessi! Ognuno di noi ha i propri limiti "invalicabili".
La parola “limite”, parlando delle nostre capacità, fa pensare ad un punto di arrivo che impedisce di andare oltre, blocca un percorso, una meta da raggiungere. E’ una sensazione non bella sentirsi frenati, sentire ad un certo punto di non “riuscire a”; in poche parole rendersi conto, che non si riesce ad andare più in là di dove si è arrivati fino a quel momento. E’ difficile accettarlo questo limite, se lo dobbiamo mettere in relazione a quello degli altri. Perché si fa fatica ad accettare i nostri limiti? Diverse e complesse le motivazioni. La più importante è che non riusciamo ad accettare la supremazia di un altro, di uno che ha capacità maggiori delle nostre. E’ questo il momento terribile della nostra “fragilità”, che ci rende disponibili ad accettare i compromessi, che ci mette in condizioni di tentare di “barare”, di trovare soluzioni alle nostre debolezze, anziché accettarci per quello che realmente siamo.
E’ necessario Imparare ad accettarsi. Accettarsi per molte persone è una difficile conquista che richiede sforzi e un lungo lavoro su se stessi. Si tratta di conoscersi profondamente, di avere verso se stessi una reale e convinta “autostima ed accettazione”; un volersi bene veramente, riuscire a perdonarsi le fragilità ed anche gli errori, gioire dei successi possibili, accettando sempre i propri limiti. Non dobbiamo mai dimenticare che la perfezione non esiste! Oggi, vivendo in una società dove conta più l’apparire che l’essere, il bombardamento dei media costringe le persone alla perenne ricerca della perfezione. E’ una società quella attuale che non accetta sbagli o errori: essere superati significa cadere nell’oblio, precipitare nell’oscurità degli inferi, perdere fama, denaro e onori. Il terrore di sbagliare un obiettivo, di non arrivare primi alla meta, significa caricare i concorrenti di eccessive aspettative, costringendo i soggetti deboli a cercare soluzioni impossibili, quindi a cercare di barare.
Oggi l’essere vincenti in ogni campo è diventato quasi un comandamento ineludibile, e le conseguenze sono davvero deleterie: ci si sente sempre sotto pressione e non all’altezza dei compiti che ci sono stati affidati. Nel caso di Alex, tra l’altro, era difficile accettare di non essere l’atleta forte e vincitore, come nel recente passato, primo a Pechino 2008!
Ho letto con attenzione le notizie che nel mondo del Web circolano in queste ore, e che riversano su un Ragazzo, uno sportivo un ex campione, una variegata immensità di fango. Alex Schwazer, atleta dalle capacità indiscusse in una disciplina difficile come la Marcia, ha deluso un po’ tutti: sportivi, amici e familiari. Ora lo si accusa di aver gettato una nazione intera nel disonore, e viene additato come un appestato, diventato oggetto mediatico di scherno e di ironie.
Io da questa pagina virtuale non voglio ne difenderlo ne parteggiare per Lui: la mia è solo una riflessione. Voglio chiarire subito: Alex Schwarzer ha commesso un errore gravissimo, subito riconosciuto però, e questo è già un fatto molto positivo che non ha molti precedenti. Ora, questo ex-campione, anzi ex-atleta (stante le sue dichiarazioni in merito all'eventuale proseguio della sua carriera) è solo un ragazzo distrutto che merita, comunque, rispetto. Chi sbaglia deve pagare. Chi paga e mentre lo fa si pente e chiede scusa, non merita di essere linciato, vilipeso, offeso e ingiuriato. Pur non assolvendolo dalla sua colpa lasciamolo meditare in pace; fuori dai riflettori saprà meglio comprendere i suoi errori, frutto probabilmente della schiacciante pressione imposta dai ritmi frenetici dei nostri tempi.
Anche nei delitti più efferati la pena, pure quella più grave, deve servire a redimere il condannato non a vilipenderlo. Alex ha sbagliato ma sono certo che ha da subito compreso il grave errore, confessandolo immediatamente. Questo dovrebbe dargli, senza ombra di dubbio, il diritto ad avere una prova d'appello, una seconda chance. Ad altri, meno pentiti di Lui, si è concesso ben altro! Lo sport da Lui praticato, però, non è il calcio...
Grazie, cari amici della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario