Oristano
13 Febbraio 2016
Cari amici,
chi come me vive in
Sardegna (ma il discorso è certamente valido in moltissime altre zone del
pianeta) si è certamente reso conto che ogni giorno che passa un numero
crescente di terreni viene abbandonato. Le motivazioni sono tante, e non è mio
compito elencare quali, ma un fatto è certo: l’abbandono della terra non sta
portando bene né all’economia né alla salute del pianeta. Di certo è complice in
buona misura anche la globalizzazione, che consente in tempi brevi di far
circolare i prodotti alimentari provenienti anche dalle zone più remote e
lontane, ma, causa ben più importante, è sicuramente “la forzatura” dei cicli naturali,
stravolti dall’uomo spesso in modo irreversibile, cosa che sta portando l’uomo,
con la ricerca della superproduzione, verso traguardi di non ritorno.
La riflessione che voglio
fare con Voi oggi affronta proprio questo problema: come ricreare
un’agricoltura consapevole, ovvero “come” riportare l’uomo alla consapevolezza
del rispetto della natura e dei suoi cicli naturali, sempre più stravolti. In un
mondo come quello attuale, dove la tecnologia ha creato processi di grande
violenza sulla natura spesso irreversibili, con stravolgimenti di grande
pericolosità, si sente ormai in più parti un forte bisogno di un “ritorno alle origini”, di una
riscoperta della perduta autenticità agricola; una voglia di “ritorno al
contatto con la terra”, con la consapevolezza che i cicli naturali oggi forzati
vadano ripristinati, in considerazione della loro importanza per la sopravvivenza dell'uomo
sulla terra.
Questo bisogno di un
“ritorno al passato” ha messo in moto una specie di ‘processo inverso’, un
meccanismo che, pur ancora in fase embrionale, inizia a concretizzare pratiche di
agricoltura
sostenibile, fondamentale per re-imparare
a rispettare l'ambiente e di conseguenza noi stessi. È con questo obiettivo che
sono già stati avviati e messi in opera corsi di agricoltura sinergica, insieme ad altre forme di agricoltura
sostenibile come quella biodinamica, quella
naturale e la permacultura. Cerchiamo di comprendere meglio il significato di
questi termini, partendo da quello di agricoltura sinergica.
L'agricoltura
sinergica è un metodo di coltivazione elaborato
dall'agricoltrice spagnola Emilia Hazelip. Come si può apprendere dal sito www.agricolturasinergica.it
il metodo si basa sul principio (ampiamente dimostrato dai più aggiornati studi
microbiologici) che, mentre la terra fa crescere le piante, le piante creano
suolo fertile attraverso i propri "essudati radicali" (i loro residui
organici) che, insieme a microrganismi, batteri, funghi e lombrichi,
ripristinano la fertilità del suolo. I prodotti ottenuti con questa pratica
hanno una diversa qualità, un diverso sapore, una diversa energia e una
maggiore resistenza agli agenti che portano malattie; attraverso questo modo di
coltivare viene restituito alla terra, in termini energetici, più di quanto noi
prendiamo, in un costante circolo di dare avere che mettono in moto i
meccanismi di auto fertilità del suolo e fanno dell'agricoltura un'attività
umana sostenibile.
Il termine permacultura, invece, indica un
modello di agricoltura permanente, intesa quest’ultima come attività non a se
stante ma parte di un tutt’uno,
organico e complesso. La permacultura, sviluppata intorno al 1978 da Bill
Mollison in Australia, assomma i saperi di discipline diverse: agricoltura
naturale, bioarchitettura, climatologia, botanica ed ecologia, un unicum
organico e armonico, che si integra con gli originali cicli naturali. Il
modello in sintesi insegna a ricreare gli antichi insediamenti umani, oggi
scomparsi a seguito della rottura degli ecosistemi originali.
Progettare in
permacultura significa creare sistemi produttivi che durino nel tempo, che
siano sostenibili, equilibrati e stabili, ovvero in grado di auto mantenersi e
rinnovarsi con un basso input di energia. Chi decide di mettere in atto
insegnamenti di questo tipo è un soggetto colto, sensibile ed intelligente che
potremmo così definire: è uno che vuole ri-avvicinarsi alla vita di campagna, o
che già abita in campagna e vuole imparare ad utilizzare le risorse al massimo per il suo beneficio, oppure
uno che è interessato a sperimentare e studiare tecniche alternative di
autosufficienza insieme a persone affini; infine potrebbe essere un soggetto “curioso”,
interessato a riscoprire il ciclo della vita naturale svolta in Comunità.
La permacultura, si
occupa principalmente di piante, animali, ma anche di edifici e infrastrutture
(acqua, energia, comunicazioni). Essa però non considera tali elementi come a
sé stanti: piuttosto osserva le relazioni che si possono stabilire tra loro
secondo il modo in cui essi sono collocati in una determinata area. Lo scopo è
la creazione di sistemi ecologicamente ben strutturati ed economicamente
produttivi, in grado di provvedere ai propri fabbisogni, evitando ogni forma di
sfruttamento e inquinamento, e quindi sostenibili sul lungo periodo. Proprio
per questo la permacultura valorizza le qualità intrinseche di piante e
animali, unite alle caratteristiche naturali dell’ambiente e alle peculiarità
delle infrastrutture al fine di creare sistemi in grado di sostenere la vita
utilizzando la minore superficie possibile di terreno.
Cari amici, amare la
natura, rispettarne i suoi cicli naturali, significa investire in salvaguardia
del creato, godendone e allo stesso tempo rispettandolo. Certo è difficile per
l’uomo di oggi pensare di piantare una ghianda sapendo che saranno i suoi
pronipoti a poter ammirare un maestoso albero secolare, ma senza investire in
futuro il mondo non si salva! Purtroppo abbiamo perso la capacità di aspettare:
vogliamo tutto e lo vogliamo subito, in tempo reale, a qualunque costo,
disposti a saccheggiare qualunque risorsa come se non ci fosse un domani. Nulla
di ciò che ci oggi ci circonda è progettato per durare a lungo: dagli
apparecchi tecnologici ai governi. Siamo, e lo sappiamo bene, la società
dell’usa e getta.
Cerchiamo di rinsavire,
non solo perché abbiamo minato il nostro di futuro, ma soprattutto perché lo
abbiamo rubato ai nostri figli.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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