Oristano
4 Febbraio 2016
Cari amici,
Che il mondo viva un
momento particolarmente convulso, con ripercussioni tali che anche la mente più
fervida stenterebbe a comprendere, è una realtà talmente evidente che
addirittura fa grande paura. Credo che, forse, nessuno avrebbe mai pensato che
nel Terzo Millennio, quello della grande rivoluzione informatica, quello della
Globalizzazione più avanzata, si sarebbe arrivati ad una incredibile “guerra
fratricida” fra nazioni, che potrebbe sfociare (qualcuno dice che è già
iniziata) in una terza guerra mondiale. Negli anni recenti (gli ultimi del
secolo scorso) i bagliori della così detta “Primavera Araba”, avevano fatto
presumere che anche Stati conservatori, da sempre ancorati ai fondamentalismi del
passato, potessero fare un passo in avanti verso la civiltà occidentale, ma
così non è stato.
Ebbene, questo tentativo di “melting pot culturale” da parte dell’Occidente per cercare di amalgamare le
culture del mondo, trasformare il pianeta in un mondo globalizzato, non è andato
a buon fine. La tentata imposizione di ‘uguaglianza globale’, non solo in un
unico mercato economico mondiale,
come il verbo della Globalizzazione prevede, ma anche in un unico “mercato del pensiero”, con lo
stravolgimento di culture diversissime, ha prodotto, al contrario di quanto
previsto, una serie di reazioni negative incredibilmente forti, i cui effetti potrebbero
rivelarsi devastanti. Gli interventi occidentali in chiave militare, effettuati
in Libia, in Iraq, ed in altre zone Medio-Orientali, con l’intento di fermare,
far uscire di scena, discutibili personaggi come Gheddafi e Saddam Hussein, hanno ottenuto l’effetto contrario, riaccendendo in quelle zone ancestrali conflitti
etnici e religiosi che invece i “dittatori estromessi” erano in grado almeno di tenere
sotto controllo.
La loro caduta ha
innescato tutta una serie di guerre locali, scatenate dalle varie etnie per il successivo governo/dominio del territorio (conflitti, non neghiamolo, alimentati dagli svariati
interessi economici per l’utilizzo delle risorse di questi Paesi da parte
dell’Occidente), che hanno creato e creano morte e distruzione; un caos che, cavalcando
il sentimento religioso, ha creato anche le condizioni per la nascita e l’avanzata
dell’ISIS. Inoltre, drammatica e inevitabile conseguenza derivata dai conflitti in corso
è l’immenso esodo biblico delle popolazioni martoriate dai massacri: lunghe
carovane di uomini, donne e bambini si imbarcano quotidianamente, rischiando seriamente
la vita, verso la nostra Europa, in cerca di salvezza.
Tra conflitti etnici e religiosi,
milioni di individui lasciano le loro terre, proiettati verso quell’Occidente europeo visto come l’unica salvezza
possibile; si riversano quotidianamente nelle nostre coste in un'esodo senza fine: un’invasione difficilissima se non
impossibile da fermare, che ha creato il panico in un’Europa che mai avrebbe sospettato un tale assalto. Invasione che, anche se apparentemente pacifica, sta
trasformando in modo inatteso la nostra quotidianità, ‘il modo di vivere’ occidentale, che si trova
volente o nolente a dover convivere con un numero crescente di individui di
cultura, fede religiosa, usi, costumi e tradizioni totalmente diverse dalle proprie!
Questo moderno “esodo
biblico”, molto diverso dagli esodi del passato, ha spiazzato, come un goal a freddo, la gran parte
dei governanti della vecchia Europa, che, preoccupati di un’invasione che
risulta incontrollabile, cercano soluzioni spesso raffazzonate, data la
drammaticità del problema. Nelle popolazioni forzatamente accoglienti, come la
storia insegna, è scattata la reazione di “chiudersi” nei confronti
dell’esterno, anche in considerazione del difficile momento economico vissuto. Reazione di pericolo, quella scattata e messa in atto, che
ha fatto riaffiorare quell’egoismo latente in ogni essere umano, con la conseguenza
di "sparare sul pianista", ovvero addossare tutte le colpe a chi è al governo, lanciando pesanti accuse di
incapacità e inadeguatezza.
Questa difficile situazione, cari
amici, non fa altro che alimentare la rinascita del Populismo, quel sentimento
istintivamente protettivo che scatta quando è in pericolo la nostra abituale
quotidianità, quando ci accorgiamo che qualcuno la mette in pericolo. Ecco allora
il riapparire di raggruppamenti politici che raccolgono il malessere diffuso, schieramenti che, pur
incapaci di chiare ed efficaci linee d’azione, diventano un battaglione numeroso, che
grida, che sbraita, ancorché incapace di dettare una “nuova linea politica”
credibile e applicabile, per mettere in piedi un nuovo governo della Nazione.
Si, cari amici, le Nazioni non si governano con il “populismo”! La politica seria
non può essere fatta in modo istintuale, ma in maniera ragionata e riflessiva, con
programmi seri e credibili, senza fare voli pindarici e sempre con i piedi ben piantati per terra! Facile urlare
col megafono: via gli stranieri, basta con i musulmani, non dobbiamo dar da
mangiare agli stranieri se manca il lavoro anche per noi, e così via, se non proponiamo soluzioni credibili. Tutta l’Europa,
cari amici, oggi vive un forte rigurgito di populismo, che ha contagiato anche
nazioni con grande tradizione liberal-culturale come quelle del Nord Europa,
che, per la paura dell’invasione extra comunitaria che martella ai confini, hanno in animo di rispedire a casa decine di migliaia di migranti. E il contagio del
populismo non si è fermato in Europa ma imperversa anche in America. La
battaglia in corso negli USA per l’elezione del nuovo Presidente, che ai primi
del prossimo anno sostituirà Obama, lo dimostra chiaramente.
Il grande giornalista
Giuseppe Turani, in una delle sue ultime riflessioni sull’esito dell’inizio delle
primarie (caucus) americane, tradizionalmente svolte nel piccolissimo Stato dello
Iowa, ha scritto che, “fortunatamente”, l'inattesa sconfitta di Trump potrebbe forse costituire il funerale di
un populismo che anche negli USA sembra ormai dominante. Non è solo l’Europa,
dunque, ma anche l’America a soffrirne in modo forte. Trump, con la sua
montagna di miliardi di dollari voleva cavalcare l’insoddisfazione patita dai
tanti americani, applicando la stessa logica populista che da noi in Italia portano avanti
movimenti come la Lega e il Movimento 5 stelle.
Scrive Turani nel suo
post: “Quello che è successo nello Iowa, però, può indurre qualche
riflessione anche sulla nostra situazione politica. Qui in Italia di partiti
“del nulla” ne abbiamo almeno un paio (Lega e 5stelle). Nel senso che sono
movimenti che puntano, come Trump, non sulla razionalità e fattibilità dei loro
programmi, ma solo sugli istinti della gente: i politici sono tutti ladri, via
gli immigrati, ruspe contro i rom, democrazia diretta via web, torniamo alla
lira così saremo di nuovo ricchi, e così via. La mia impressione è che questi
movimenti (come è accaduto a Trump e alla signora Le Pen in Francia) raccolgano
molti consensi perché nella gente, ovunque, c’è un forte disagio. Ma, alla
fine, la gente si rende conto che con questi comandanti non si va da nessuna
parte. La quota più consistente degli elettori si rende conto che deve fare
scelte più meditate, magari anche di destra, ma non Trump e non Salvini…”.
Ma sempre dallo Iowa,
scrive Turani, arriva anche un messaggio rivolto alla “sinistra” americana.
Hillary Clinton, data da tutti per super favorita nella corsa dei democratici
verso la Casa Bianca, ha fatto pari con Bernie Sanders (che sarebbe un esponente di una sinistra tipo quella, in casa nostra, di Vendola e Fassina), a significare che nessuno si può
arrogare il diritto di avere sempre la verità in tasca. Principio che vale certamente anche in casa nostra!
Ecco allora, cari
amici, che anche chi fa una politica seria deve operare con molta attenzione,
senza imporre condizioni, dialogando sempre, senza mai pensare di essere
l’unico depositario della verità. In conclusione, chiunque ci governi, di
destra o di sinistra, prenda atto che la nazione è giustamente preoccupata e la
gente chiede a gran voce “soluzioni nuove” ma credibili. Soluzioni che certo non possono
venire dai “Populisti”, scrive Turani, perché sappiamo già che non ne hanno.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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