Oristano
22 Febbraio 2016
Cari amici,
sapete tutti, Voi che
mi leggete, che sono un europeista convinto. Ho sempre sostenuto che un’Europa
a metà, né carne né pesce, ha vita corta e non va da nessuna parte, ma oggi non
voglio ripetermi. Voglio solo riflettere sul perché, ma soprattutto sulle conseguenze che il recente
accoglimento delle richieste inglesi fatte all’Europa (che portano l’ermetico
termine di BREXIT) potrà avere in futuro. A prescindere dal fatto che in un’Europa
che aspira a diventare Stato Federale non ci dovrebbero essere stati-figli e
stati-figliastri, le recenti concessioni, fatte solo con lo scopo di evitare l’uscita
della Gran Bretagna dall’Unione, potrebbero avere conseguenze devastanti, capaci
di innescare una reazione a catena che anziché consolidare una situazione
precaria potrebbe addirittura disintegrarla.
«Accordo fatto tra la
Gran Bretagna e l’Ue, il teatro è finito»,
ha scritto il Corriere della Sera, riportando quanto annunciato via Twitter dalla
presidente della Lituania, Dalia Grybauskaite, mentre ancora era in corso la
cena dei leader europei riuniti per trovare un compromesso di fronte
all'ipotesi di un disimpegno di Londra dall'Unione Europea. La notizia è poi
diventata ufficiale: il presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk ha confermato
che «l’accordo c’è», fatto per scongiurare la “Brexit”, e sottolineando che «il
sostegno all’accordo è stato unanime». Vediamo, intanto, cosa è stato concesso
a Londra.
Le principali condizioni
poste da Londra all’UE per evitare l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione
sono state sostanzialmente quattro. Cameron, inoltrando le richieste al
Presidente dell’UE, Donald Tusk, ha chiesto che il Regno Unito possa
sganciarsi, in maniera automatica, dalle pesanti clausole dei Trattati che legano
Londra all’Unione Europea, oggi vincolanti e sempre più costrittive. Inoltre ha
chiesto che vengano riservate alla sterlina le stesse attenzioni riservate all’euro.
Il governo britannico, ha sottolineato, dovrebbe avere maggior potere sulle
decisioni prese dall’UE, senza doversi obbligatoriamente adeguare alle
decisioni comunitarie, come per esempio sulla questione dell’accesso al welfare
inglese da parte dei cittadini comunitari stranieri. Oltre a quanto sopra,
Cameron ha ribadito che le Istituzioni dell’Unione Europea non debbono esercitare
alcun potere sulle politiche monetarie dell’Inghilterra. Mica cosette di poco
conto!
Una delle concessioni
più importanti è stata, dunque, quella relativa al welfare. Alla Gran Bretagna è
stato concesso di poter attivare per 7 anni il cosiddetto `freno d’emergenza´
per l’accesso ai benefici del welfare. Nel testo dell’accordo con l’Ue, raggiunto
dopo oltre 24 ore di negoziato, è precisato che la limitazione si applicherà «a
tutti i lavoratori nuovi arrivati per un periodo di 7 anni». L’accesso ai
benefici sarà graduale, nell’arco di quattro anni. La richiesta di Cameron era
di 7 anni, rinnovabili per due periodi di 3 anni ciascuno. Se ne accorgeranno anche i molti giovani italiani che vanno a lavorare a Londra...
Ma se Cameron ha vinto
il suo braccio di ferro con l’Europa, siamo sicuri che tutto finirà lì? Gli
altri Paesi, siamo sicuri che non seguiranno il suo esempio? In tanti bussano
alla porta dell’UE chiedendo di modificare le regole: dalla gestione dei
migranti ai paletti economici, fino all’integrazione politica. Assecondare
Londra potrebbe aver significato per Bruxelles ritrovarsi a gestire un
susseguirsi di richieste difficili da accogliere. Perché da Varsavia a Parigi,
da Roma a Helsinki, tutti hanno apparentemente “buone idee” di cambiamento,
purtroppo però tutte diverse tra loro, su come dovrebbe funzionare meglio
l’Europa.
Ma la partita è ancora
al primo tempo, il bello deve ancora venire! Se è pur vero che la Gran Bretagna
è un Paese fondamentale nel mosaico comunitario, aver ceduto alle richieste di
Cameron potrebbe aprire una nuova fase nelle relazioni tra Bruxelles e il resto
d’Europa. Le questioni sul tappeto certo non mancano: dal problema dei profughi
(l’ipotesi di una sospensione del trattato di Schengen resta sul tavolo, anche
se Italia e Grecia sono pronte a battersi perché non accada) a quello della necessità
di una difesa comune (reclamata per esempio dalla Polonia), da una maggiore
flessibilità (cosa reclamata a gran voce anche dall’Italia) ad una copertura
comune per i debiti sovrani degli Stati. Insomma si è passati da un graduale
passaggio di poteri e competenze dagli Stati all’UE, ad un ‘ritorno’ di poteri
agli Stati membri.
Cari amici, siamo
sicuri che un’Europa così “zoppa” potrà continuare a funzionare? Io penso
proprio di no. L’ho detto e ridetto anche su questo blog che l’unica
possibilità di sopravvivenza dell’UE e la trasformazione in Stato Federale,
altrimenti possiamo considerarla agli sgoccioli. Intanto non è detto che il
recente accordo faccia restare la Gran Bretagna in Europa. Il referendum
certamente si farà e il suo esito è ancora molto incerto. L’addio di Londra
potrebbe davvero dare il colpo di grazia: potrebbe innescare una reazione a
catena che annienterebbe l’Unione in poco tempo. I movimenti anti euro
cavalcherebbero quest’uscita alla grande (a partire dalla Francia di Le Pen), non escludendo neanche l’Italia.
Il futuro dell’Europa
potrebbe essere davvero legato ad un filo…
A domani.
Mario
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