Oristano
27 Aprile 2014
Cari amici,
chi come me è nato alla
fine della seconda guerra mondiale (sono del 1945), sa cosa significa per un
bambino desiderare un pezzo di pane e non averlo. Nel mio primo libro autobiografico “Marieddu”
ho riportato un episodio dove, con dovizia di particolari, raccontavo le mie amare
sensazioni dopo il “rifiuto”, la negazione di un pezzo di pane, ad un bambino che
aveva fame. Ero nei primi anni delle scuole elementari ed il rifiuto ricevuto alla mia richiesta di
pane, da parte di chi ne aveva in abbondanza, mi aveva shockato. Certe sensazioni,
cari amici, rimangono impresse per sempre nel nostro inconscio e ancora oggi,
che di anni ne ho molti di più, per me il pane ha mantenuto un’importanza che
va ben oltre il suo semplice valore venale. Questo grande valore affettivo e di
rispetto, che attribuisco a questo alimento, mi ha condizionato per tutta la
vita: nella mia famiglia il pane non è mai stato gettato via: ne quando si faceva in casa
una volta la settimana, ne oggi che si compra quotidianamente già confezionato.
Le famiglie patriarcali di una volta, per servirlo al meglio, avevano inventato
tante ricette per consumare il pane raffermo che lo rendevano appetibile e
gradito in famiglia, anche negli ultimi due giorni della settimana, prima della
nuova panificazione. Io, ancora oggi, nonostante il pane non sia più quello di
una volta, “fatto in casa”, lo riutilizzo l’indomani senza problemi: bagnato
nel latte della prima colazione del mattino al posto dei biscotti, trasformato
in bruschette, dorato sulla piastra, oppure bagnato nel brodo e condito con
sugo e formaggio fresco grattugiato, tipo parmigiana.
Vedete, cari amici, ho
voluto riportare un flash dei miei ricordi giovanili per introdurre la
riflessione di oggi, che vede come protagonista proprio il pane, in particolare quello “del giorno prima”, che,
contrariamente alle abitudini consolidate degli anni scorsi, risulta dalle statistiche che non viene più
gettato via ma riutilizzato, evitandone lo spreco. La notizia di questo
cambiamento di abitudini da parte degli italiani non è certo preoccupante dal
punto di vista dell’evitato cattivo uso di una risorsa: perché se questo
“recupero” fosse avvenuto per la maturazione di una nuova coscienza anti
spreco, sarebbe stato addirittura da lodare, invece il recupero è avvenuto, giocoforza,
per ragioni contingenti e preoccupanti. Il motivo, ben più triste, è che le
famiglie italiane sono finanziariamente al limite, costrette a tagliare anche
sulla spesa quotidiana: ben otto milioni di persone sono “sotto la soglia di
povertà”, ovvero non riescono ad arrivare dignitosamente a fine mese, neanche
dal punto di vista alimentare. Una recente statistica ha rilevato dati che
fanno seriamente impensierire. Eccone alcuni.
Il consumo medio
giornaliero di pane per persona, che nel 2007 era di 145 grammi, nel 2013 si è
ridotto a 98 grammi, con una flessione del 32%. Questo non significa che è
diminuito il consumo “reale” del pane, ma che non si getta più via quello
avanzato dal giorno prima. La stessa statistica, infatti, rileva che il 42%
degli italiani, oggi, mangia il pane avanzato dal giorno prima, il 44% se
avanza lo surgela, il 43% lo grattugia, il 24% lo utilizza (raffermo) per
confezionare antiche ricette della tradizione contadina, mentre solo il 22% lo
da agli animali. In sostanza questa nuova e
sana abitudine, è figlia della crisi che continua ad avanzare e che
sembra non avere più fine. Sono ormai tante le famiglie che fino a ieri conducevano una vita dignitosa, e che ora, invece, sono ridotte in povertà: basti
pensare che si vergognano anche di andare al supermercato, in quanto costrette a
presentare alle casse un carrello semivuoto, contenente tra l’altro prodotti
alle soglie della scadenza, in quanto venduti scontati.
Famiglie costrette a
risparmiare anche sul pane, accontentandosi di acquistare quello del giorno
prima. Alcuni panificatori, infatti lo mettono in vendita con lo sconto del
50%. Un panettiere di Sulmona, intervistato da “Repubblica” ha detto: “Abbiamo
fatto mettere un cartello fuori: ‘Il pane di ieri a metà prezzo’. Ho
raccomandato ai dipendenti discrezione per non urtare le suscettibilità di
nessuno. Sa com’è: siamo tutti benestanti fino a prova contraria. Il paese è
piccolo, la gente parla, la dignità non ha prezzo. Però vedo che lo chiedono in
tanti, il pane di ieri”. Mai,
forse, in piena globalizzazione avremo pensato a situazioni che ricordano
quelle del nostro povero dopoguerra! Anche nei supermercati i prodotti vicini
alla soglia di scadenza spariscono subito perché venduti con forte sconto. Nel
suo supermercato, Giovanna vede tanta gente acquistare la carne che scade il
giorno dopo, perché viene messa in vendita all’80% in meno. “Roba
da mangiare subito, la sera stessa, prima che vada a male”, dice.
Sembra un flash di un film sul dopoguerra, invece è una triste realtà e succede oggi, in
Italia.
Un’attenta analisi
della spesa alimentare ci dice che siamo tornati indietro di 50 anni: gli
italiani non hanno più i soldi per comprare beni superflui (come bibite
gassate, dolci e merendine), visto che sono costretti a recuperare anche il
pane del giorno prima. Uno studio di Unioncamere rileva
che al supermercato si evitano sempre più i cibi "non necessari" come
bevande gassate, succhi di frutta, merendine e vino. Molto meglio fare i dolci
in casa, cercando di risparmiare qualcosa. Secondo l'associazione gli italiani
hanno ridotto la spesa di oltre due miliardi l’anno, con tendenza al
peggioramento.
Cari amici, sembra
proprio che la globalizzazione non abbia creato tutti quei benefici che
prometteva! Anche l’introduzione dell’Euro, prima della reale costruzione
dell’Unione Europea come stato federale, ha sconvolto la precedente economia della
nostra nazione che, anche se zoppicante, almeno lentamente camminava. Oggi il
risultato, almeno per quanto riguarda l’Italia è drammatico: il 42% dei giovani
privi di un lavoro, nonostante capacità, competenze e voglia di fare. Le
famiglie, con genitori che spesso hanno perduto il posto di lavoro o svolgenti
un lavoro precario, costrette anche a mantenere a casa figli ultratrentenni. Eppure,
nonostante questo scenario da incubo, immersi in una situazione a dir poco
drammatica, poco o niente si vede
all’orizzonte!
Chi potrebbe, forse, non vuole fare; chi ha i privilegi non è
disponibile a rinunciare neanche ad un’oncia dei suoi benefici, ma le
esagerazioni non hanno mai pagato! Consiglio a tutti di non dimenticare mai il
proverbio che “Chi troppo vuole nulla
stringe”.
Voi credete che quella che
stiamo vivendo sia una situazione che possa durare ancora a lungo? Io
francamente penso proprio di no!
Grazie dell’attenzione.
Mario
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