Oristano
17 Aprile 2014
Cari amici,
La Sardegna è stata con
certezza terra di passaggio e anche d’insediamento dei cavalieri che
parteciparono alle crociate. La felice ubicazione dell’Isola, al centro del
Mediterraneo, ne faceva un punto d’appoggio sicuro per le navi, sia nelle
spedizioni crociate verso Gerusalemme che al rientro, magari dopo le subite
sconfitte.
Dei vari ordini crociati dell’epoca (tra i più importanti quello
degli Ospitalieri o di Malta, del Santo Sepolcro di Gerusalemme, del Tempio,
Teutonici e, di San Giacomo) la presenza certa in Sardegna è quella dei
cavalieri dell’Ordine del Tempio, i templari: tracce visibili di quest’ordine le
possiamo notare, tra l’altro, nella chiesetta di San Leonardo de Siete Fuentes
(oggi di proprietà del Cavalieri di Malta), e nella chiesa di S. Maria della
Mercede a Norbello. Presenza templare in Sardegna, accertata a partire dal XII secolo,
non solo nel Giudicato d’Arborea ma anche negli altri tre: Cagliari, Torres e
Gallura. Nel giudicato di Torres furono introdotti da Gonario II al suo ritorno
dalla Terrasanta, mentre nel giudicato d’Arborea arrivarono dopo il matrimonio
di Barisone I con la giovanissima Agalbursa di Bas, imparentata con la famiglia
dei Torroja, cui apparteneva Arnaud, Gran Maestro dell’Ordine del Tempio dal
1180 al 1184.
La loro presenza nell'Isola risulta confermata nel XIII secolo: l’Ordine Templare fu incaricato dal Pontefice
Innocenzo III di esigere il censo dovuto dai sardi alla Santa Sede. Anche dalla lettura della bolla “Fratribus Militiae Templi
per Sardiniam constitutis”, emanata da Innocenzo IV, si rileva che nel 1249
i Templari erano presenti stabilmente nell’Isola. Nel 1291 fu persino celebrato
in Sardegna un concilio, convocato dall’arcivescovo di Cagliari per espressa
disposizione del pontefice Nicolò IV, per tentare, dopo la sconfitta crociata
in Terra Santa, l’unificazione degli ordini militari crociati. La
certa identificazione, attraverso l'esame dei documenti disponibili e l’analisi
dei manufatti, della consistenza e della dislocazione delle proprietà templari
nell’Isola, è risultata finora difficile, tant'è che, a tutt’oggi sono pochi
gli insediamenti riconosciuti. Tra questi, la chiesa di Santa Corona de Rivora
(o d’Errivora) presso l’odierna Riola Sardo, località del giudicato d’Arborea,
alla quale è possibile associare l’esistenza di una Precettoria. In mancanza di
documenti storici si va comunque per presunzione, attraverso i “segni” del loro
passaggio ancora presenti, che spesso marchiano in maniera inequivocabile
manufatti e località: come a Norbello, per esempio, dove la presenza templare
sembra provata da indizi rilevanti che consentono di ipotizzarne il possesso o
quantomeno la vicinanza all’Ordine del Tempio.
Norbello è un comune
del Guilcer di antichissima formazione. L’antichità dell’insediamento
di Norbello (fino all’Ottocento chiamato Norghiddo) e della sua frazione di
Domusnovas Canales, è provata dai numerose testimonianze archeologiche
risalenti al neolitico, come ad esempio gli antichi villaggi di Sorralia e di S.
Maria della Mercede e da quattro piccole necropoli (domus de janas), fra le
quali particolarmente interessante risulta quella di Sonu Marras o Livrandinu,
immersa in un ambiente silvestre “misterioso”. Dal Neolitico
all’Età del Bronzo nel suo territorio furono edificati oltre trenta nuraghi,
dei quali restano visibili ben 28 testimonianze. Nell’XI secolo
Norbello, allora ancora Norghiddo, faceva parte della Curatoria del Guilcer, nel Giudicato di Arborea. Il paese fu aggregato nel 1477 al feudo di Canales e nel
1566 passò alla Contea di Sedilo. Successivamente appartenne ai Salinas, quindi
ai Delitala e, infine, nel 1863, assunse l’attuale denominazione di Norbello con
Regio Decreto emanato da S.M. il Re Vittorio Emanuele II.
La certezza della
presenza templare a Norbello viene dalla studio e dall’esame di una graziosa
chiesetta ubicata a monte della vallata di Chenale, poco distante dall’attuale
chiesa parrocchiale. Questa chiesa,
dedicata a Santa Maria della Mercede, è un piccolo edificio in stile romanico,
realizzato su una preesistente necropoli alto-medievale risalente al VI–VII secolo.
Edificata
fra la seconda metà del XII secolo e i primi decenni del XIII, la chiesa evidenzia al
suo interno alcune “iscrizioni dedicatorie”, intervallate da 10 croci, tutte
dipinte in minio rosso, venute alla luce durante i recenti lavori di restauro e
consolidamento. La datazione delle pitture,
attribuite con buona certezza al XII secolo, si rileva dalla relazione dei tecnici della
Soprintendenza, confermata anche dai pareri di notissimi docenti universitari
quali Renata Serra e Roberto Coroneo. Dai documenti storici si rileva anche che la
chiesa era stata nel tempo nella disponibilità della famiglia Puddu, un esponente della quale,
divenuto padre mercedario, avviò nella chiesa, attorno al 1770, il culto della
Madonna della Mercede.
Dell’esistenza della
chiesa di Sancta Maria de Norgillo si ha notizia nel Condaghe di Santa Maria di
Bonarcado, nelle pagine riferite agli anni tra il 1164 e il 1171. In altra
parte di questo Condaghe viene riportato anche un atto, datato 1229, dove fra i testimoni
firmatari figurano certi, Barusone Pinna
e Dorgotori de Sogos, nomi che
appaiono simili a quelli dei due personaggi citati nelle scritte dedicatorie
presenti nella chiesa. Quest’ultimo, Dorgotori de Sogos, viene indicato come
“curatore de Norghillos”, anche se, in realtà, le iscrizioni della chiesetta
nominano un Dorgotorio Pinna. Fatto indiscutibile, però, è che compare sicuramente il
nome di Barisone Pinna. Il contenuto delle dediche lascia supporre che la chiesa sia stata restaurata ad opera dei due committenti, appartenenti con tutta probabilità
ad un Ordine di cavalieri crociati.
La chiesa di Santa
Maria, piccola e a navata unica, è la tipica chiesetta romanica della
Sardegna: classica sia nelle forme architettoniche che nei materiali utilizzati
per l’edificazione. Come accennato, le pareti interne presentano scritte e disegni
che si alternano tra dieci grandi croci rosse graffite di tipo “templare” (si ipotizza che in origine potessero essere 12),
inserite in clipei ed equamente distribuite sui due muri maggiori. Le croci,
tutte di forma latina, rimandano in maniera inequivocabile alla croce
raffigurata sul sigillo del precettore d’Aquitania (la precettoria è una struttura dell'Ordine).
L’analogia, per nulla
casuale, tra queste 10 croci ed il sigillo ufficiale dell'Ordine, è avvalorata anche dalla presenza, nella parte inferiore, del cosiddetto
“ardiglione” (che non è altro che la punta della spada), palese riferimento al
carattere militare dell’istituzione. Tra i disegni ritrovati nella chiesa di S. Maria sono pure riconoscibili dei
cavalieri stilizzati ed alcuni simboli dell’apparato iconografico cristiano,
come l’asinello e i pesci. Altrettanto significativa e degna di rilievo è la
presenza della caratteristica croce intrecciata, simbolo di chiara influenza cistercense.Sia la tipologia che il
colore delle croci, la loro foggia propriamente militare, conducono, quasi automaticamente, per logica attinenza, verso l’Ordine Templare. Pur in mancanza di documenti
certi, l’appartenenza all'Ordine del Tempio della chiesa di Santa Maria di Norbello appare quindi non solo possibile
ma anche molto probabile. Per quanto riguarda il censimento dei vari possedimenti
dell'Ordine templare in Sardegna (che vengono ritenuti cospicui), si rammenta che all’epoca della loro tragica fine (l'ultimo Gran Maestro fu Jacques de Molay, morto sul rogo a Parigi nel 1314), il Papa Clemente V affidò all’arcivescovo d’Arborea, Oddone Sala, uomo
particolarmente legato al pontefice, il mandato di inquisire i Templari che
risiedevano nelle Diocesi di Arborea, Cagliari e Torres. Allo stesso tempo, il
delicato incarico di amministrare i beni confiscati ai Templari fu assegnato,
non a caso, al vescovo di Bosa, Nicolò.
Cari amici, sarà
compito degli storici approfondire i molti aspetti ancora oscuri della scomparsa di molti degli Ordini crociati che difesero la Terra Santa, in particolare dei Templari, che per
motivazioni forse più di natura economica che religiosa, finirono annientati. Quello che possiamo oggi stabilire e che anche la Sardegna
fu parte attiva di queste importanti vicende avvenute nel periodo Giudicale, dimostrando che l'Isola non
solo non rimase mai isolata dal resto del mondo, ma che, invece, essa svolse un'attività costante in prima
linea.
Anche in Sardegna, dunque, si può affermare che i Cavalieri Crociati furono presenti e attivi, in particolare i Templari, che lasciarono segni tangibili del loro passaggio, in un periodo storico di particolare rilevanza: sociale, religiosa e culturale.
Anche in Sardegna, dunque, si può affermare che i Cavalieri Crociati furono presenti e attivi, in particolare i Templari, che lasciarono segni tangibili del loro passaggio, in un periodo storico di particolare rilevanza: sociale, religiosa e culturale.
A presto, con un’altra
riflessione! Grazie dell’attenzione.
Mario
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