Oristano
13 Aprile 2014
Cari amici,
chi pensava che
l’antica cultura del Popolo Sardo fosse una cultura modesta, fatta in casa,
dove l’antico pastore, vestito di semplici pelli sopravvivesse in maniera quasi
“selvaggia”, Venerdì sera, all’incontro rotariano “I VENERDI CON IL ROTARY”, si
è dovuto proprio ricredere! I partecipanti all’incontro, già al momento dell’ingresso
nel salone delle conferenze del Mistral 2, venivano subito attratti da qualcosa
di nuovo, in precedenza mai visto: a fianco al tavolo della conferenza
troneggiava il manichino di un guerriero (simile ad uno dei giganti di Mont’e
Prama), ricoperto da un completo corredo da battaglia, con abbigliamento in pelle,
scarpe, schinieri, robusto scudo rotondo con all’interno altri spadini di
offesa, rinforzi di cuoio ai polsi, guanti, elmo cornuto e larga e lucente
spada, impugnata con forza.
Questo era il “pezzo” più osservato, anche se non
ne mancavano altri, come le tre luccicanti spade, riprodotte a grandezza
naturale e conservate all’interno di una bacheca, e, sparsi sul lungo banco
della conferenza, altre riproduzioni di bronzetti nuragici. Tutti oggetti,
quelli esposti, fedeli copie degli originali rinvenuti in diverse
parti dell’Isola, e realizzate dal Maestro Carmine Piras utilizzando le tecniche primitive
dell’epoca. Gli oggetti esposti erano lucidi come l’oro, colore originale del
rame e del bronzo appena fabbricato, non ancora coperto dalla patina
grigio-verde che siamo abituati ad osservare sui bronzetti originali. Essi
raffiguravano guerrieri, donne con bambini, cassapanche, nuraghi e abitazioni,
spade votive e da guerra: un vero campionario della vita di quell’epoca remota.
La sala delle
conferenze non era mai stata così in fermento: i commenti e le osservazioni si
sprecavano, mentre il conferenziere e il Segretario del club cercavano di
mettere a punto il sistema di proiezione delle diapositive. La curiosità era
palese e tutti non aspettavano altro che ascoltare, dalla viva voce del Maestro
Carmine Piras, il racconto delle sue esperienze, relative alla nostra antica
civiltà. Dopo i saluti iniziali della Presidente del Club, Egle Spinardi, che
ha voluto presentare al pubblico il curriculum del famoso artista-artigiano, il
maestro Piras ha preso la parola. Ha iniziato la chiacchierata,
partendo da lontano. Ha esordito dicendo che la nostra antica civiltà, pur non
avendo lasciato tracce scritte ci ha lasciato una bella serie di manufatti,
capaci anch’essi di parlare e di raccontare, in modo inequivocabile, la vita di
quella civiltà: le loro perfette riproduzioni in bronzo di personaggi e oggetti, i famosi bronzetti, ci dicono,
se osservati con attenzione, quale fosse il grado di civiltà che il popolo sardo
aveva maturato all’epoca dei nuraghi. La Civiltà Nuragica era evoluta e colta, ha
detto il Maestro, lo si rileva da quanto ci hanno lasciato: oltre 20 mila nuraghi, in gran parte ancora integri, centinaia di Tombe di giganti, di Domus de Janas, di Pozzi Sacri, oltre alle
straordinarie statue di guerrieri, arcieri e pugilatori, "giganti" ritrovati circa
quarant’anni fa “in frantumi”, sepolti nel nostro Sinis di Cabras. Le statue
note proprio come i Giganti di Mont’e Prama, sono state ricostruite con un lungo e paziente
lavoro di restauro e recentemente esposte in parte nel museo di Cagliari ed in parte in quello di
Cabras.
Tutto questo materiale,
oggetto di lunghi e pazienti studi, ha messo in luce, la bontà della nostra antica
cultura nuragica, espressa in tutti i campi: da quello costruttivo, i nuraghi,
a quello della scultura, i Giganti, oscurando con questi ultimi anche la
precedente fama della grande civiltà greca, essendo, le statue, antecedenti di almeno
600 anni a questa civiltà. Carmine Piras, grande studioso a livello
internazionale di Archeologia Sperimentale (dal 1975 è membro dell' accademia
delle arti e delle scienze di Pescara), non si limita a studiare teoricamente
questo antico popolo: molti non lo sanno ma Egli oltre lo studio teorico cerca
di verificare con i fatti la realtà nuragica. Partendo dai manufatti rinvenuti
in molte parti dell’Isola, in gran parte bronzetti, Egli, dopo averli
sapientemente studiati, li riproduce, utilizzando gli stessi materiali e gli strumenti utilizzabili in quell’epoca. Solo realizzando artigianalmente copie di questi
manufatti, ha detto, si possono meglio capire le tecniche allora utilizzate, il
grado di cultura e le conoscenze tecnologiche che quella antica civiltà possedeva.
Non solo.
Esaminando attentamente i bronzetti, le stoviglie e le statue ritrovate, è stato possibile capire quanto questo popolo fosse evoluto: l’ analisi delle delle armi usate, degli strumenti di offesa e di difesa, delle costruzioni megalitiche realizzate e dell’abbigliamento indossato, evidenziano chiaramente l’elevato grado di civiltà posseduto. Il popolo dei Nuraghi era un popolo ben organizzato e complesso, numeroso e diffuso in tutta l’Isola, come dimostra la totale copertura con i Nuraghi dell’intero territorio. L'abbigliamento, rilevato sia dai bronzetti che dalle statue, era particolarmente ricco e complesso: i nuragici indossavano pantaloni, camicie, giubbotti, copricapi, guanti, schinieri, scarpe e quant’altro necessario sia per la vita di tutti i giorni che per la guerra, la difesa contro gli altri popoli invasori. I bronzetti raffiguranti le donne evidenziano un abbigliamento ricco e variegato, con capigliature sfiziose e curate; anche l’arredamento per la casa era già curato, costituito da sedie, cassapanche e armadi. Un popolo, insomma, ricco, potente ed evoluto.
Esaminando attentamente i bronzetti, le stoviglie e le statue ritrovate, è stato possibile capire quanto questo popolo fosse evoluto: l’ analisi delle delle armi usate, degli strumenti di offesa e di difesa, delle costruzioni megalitiche realizzate e dell’abbigliamento indossato, evidenziano chiaramente l’elevato grado di civiltà posseduto. Il popolo dei Nuraghi era un popolo ben organizzato e complesso, numeroso e diffuso in tutta l’Isola, come dimostra la totale copertura con i Nuraghi dell’intero territorio. L'abbigliamento, rilevato sia dai bronzetti che dalle statue, era particolarmente ricco e complesso: i nuragici indossavano pantaloni, camicie, giubbotti, copricapi, guanti, schinieri, scarpe e quant’altro necessario sia per la vita di tutti i giorni che per la guerra, la difesa contro gli altri popoli invasori. I bronzetti raffiguranti le donne evidenziano un abbigliamento ricco e variegato, con capigliature sfiziose e curate; anche l’arredamento per la casa era già curato, costituito da sedie, cassapanche e armadi. Un popolo, insomma, ricco, potente ed evoluto.
Anche le abitazioni,
le dimore familiari, come si può rilevare da alcuni bronzetti, non erano (come da molti
ipotizzate) quelle piccole capanne circolari scoperte intorno ai nuraghi o ai
pozzi sacri, ma grandi case quadrate o rettangolari (forse già da allora
costruite con la tecnica della terra cruda, del “ladiri”), coperte con solaio in travatura
di legno, con ambienti ampi e spaziosi, dove trascorrere il riposo e la vita
familiare. Un curioso bronzetto esibito da Carmine, evidenzia, a fianco ad un
nuraghe, una grande casa quadrata: questa sembra dimostrare, senza dubbi, l’esistenza
di abitazioni di questo tipo; anche gli studi di alcune Domus de Janas, che presentano ampi vani scavati nella roccia
con delle volte scolpite raffiguranti travi di legno, sembrano confermare
l’ipotesi di abitazioni simili, formulata dell’archeologo sperimentale Carmine Piras.
Le capacità dei nostri
antenati nuragici, messe in evidenza dai bellissimi bronzetti pervenutici,
dimostra quanto essi fossero abili nella lavorazione dei metalli. Carmine Piras, come evidenziato
nella ricca esposizione esibita, arricchita da interessanti slide, ha sostenuto
che i nuragici conoscevano non solo la tecnica della fusione “a cera persa”,
metodo non semplice e che richiedeva grande abilità, ma anche quella “a
stampo”, metodo quest’ultimo che consentiva di fabbricare anche più di un pezzo
alla volta, in quanto era possibile fondere anche due o tre oggetti
(prevalentemente spade) con un’unica colata di metallo.
Nella sua lunga ed
appassionata relazione l'artista-archeologo ha cercato anche di sfatare un luogo
comune: quello che la civiltà del ferro sia nata dopo quella del rame e del bronzo!
I suoi studi lo hanno indotto ad affermare il contrario ed ha cercato di
dimostrarlo. Se è pur vero che nei numerosi scavi effettuati mai sono stati
rintracciati oggetti di ferro relativi al periodo nuragico, è anche vero che, a
differenza del rame, del piombo e del bronzo, il ferro si “scioglie”
nell’acqua. Questo processo di ossidazione, che fa polverizzare il ferro in poco tempo
attraverso l’attacco della ruggine, ha impedito che utensili di ferro
siano potuti arrivare, dopo migliaia di anni, fino a noi, anche se certamente esistevano! Per poter lavorare il
basalto o il granito (basta andare a visitare pozzi sacri come quello di Santa
Cristina o le tombe di giganti della Gallura), materiali di grande durezza,
il rame e il bronzo non sarebbero stati sufficienti a farlo, in quanto solo la durezza del ferro o dell’acciaio
avrebbe consentito di incidere rocce cosi dure. Anche per lavorare al meglio gli altri
metalli più duttili era necessario poter disporre di un metallo forte come il ferro.
Carmine Piras, nella
sua appassionata relazione, convinto delle sue teorie, ha anche affermato anche che, allora, realizzare oggetti in ferro o acciaio era più semplice che
realizzarli in bronzo. I suoi esperimenti lo hanno pienamente dimostrato.
Utilizzando la sabbia nera che nei giorni di burrasca il mare deposita sulle nostre
spiagge, come quelle del Sinis, e fondendola (questa sabbia nera è ferro allo
stato puro), in focolare alimentato da legna e carbone a 800-900 gradi, si ottiene una pasta ferrosa che può essere
trasformata "a stampo" in qualsiasi utensile. Lui personalmente, aggiungendo
anche corno e cuoio, è riuscito, con metodo elementare, a realizzare anche
utensili ancora più robusti, in acciaio. Strumenti che i nuragici certamente fabbricavano e che consentivano la perfetta lavorazione delle pietre dure e degli altri metalli.
Cari amici, solo
l’inesorabile trascorrere del tempo ha messo fine all’appassionata relazione
del Maestro Carmine Piras, che, con la sua grande manualità ha cercato e
continua ancora a cercare di far rivivere, in epoca moderna, gli antichi strumenti
dei nostri antenati. Al termine della conferenza, dopo le tante domande, poste anche in modo vivace, un aperitivo per tutti,
ed a seguire la rituale cena conviviale dei soci del club.
Grazie, amici
dell’attenzione e, prima di chiudere un suggerimento a tutti Voi: le conferenze del Rotary
sono sempre interessanti, partecipate, potrebbe essere di vostro piacere ed
interesse!
Mario
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