Oristano
29 Aprile 2014
Cari amici,
quand’ero ragazzo la
messa si celebrava in latino. Il prete allora officiava il sacro rito dando le spalle ai fedeli,
pregando in quella lingua ai più sconosciuta: parole che la
gran parte dei presenti a mala pena afferrava, che ripeteva senza conoscerne il significato, salvo alcune invocazioni: dall’Orate
fratres (pregate fratelli), al “Dominum vobiscum”(il Signore sia con Voi), al
quale si rispondeva con un cantilenante “et cum spiritu Tuo” (e con il Tuo
spirito). Tuttavia i fedeli potevano esprimere il loro sentimento religioso (lo ricordo ancora con molta chiarezza) attraverso le invocazioni e la recita di molte preghiere in sardo: dal segno della croce (“in
nomini de Su Babbu, de Su Fillu e de Su Spiritu Santu”) all’Ave Maria, dal
Credo, a “Is Coggius”, le lodi, che esaltavano le virtù dei Santi festeggiati, e che
venivano ripetutamente cantate durante la celebrazione delle feste religiose sempre in
sardo.
Il lento ma continuo
avanzare dell’italiano a scapito della lingua sarda, ha praticamente cancellato queste
“vere” e sentite preghiere recitate col cuore da tantissimi fedeli della nostra
Isola. Oggi è quasi impossibile trovare Chiese dove una preghiera in sardo
possa essere udita! Eppure in Sardegna ci sono stati diversi tentativi per
ottenere dal Vaticano la possibilità di celebrare l’intera Santa Messa in
sardo. Recentemente, nel 2007, don Mario Cugusi a Cagliari ci ha provato: sembrava una
cosa possibile e la celebrazione era stata prevista nella Chiesa del Santo
Sepolcro, nel cuore di Cagliari. Una delusione cocente, però, attendeva sia Lui
che i numerosi fedeli che, con il foglietto della messa stampato in sardo,
attendevano trepidanti il Sacro Rito. L’arcivescovo di Cagliari S.E. Mons.
Mani, all’ultimo momento, ritenne di negare quel permesso che sembrava cosa fatta! Al
diniego dell’arcivescovo, don Cugusi rispose, in italiano, “Obbedisco”! «Né
tu, né io decidiamo quale messa leggere», recitava, in sintesi, paternamente
autoritaria, la lettera di Mons. Mani, «ma solo la Santa Sede, e quindi niente Messe
diverse da quelle prescritte».
La delusione dei fedeli
sardi fu cocente ed i giornali ne parlarono a lungo. Il fatto che il sardo sia
una delle poche lingue più somiglianti al latino, lingua in auge in Vaticano,
non ha aiutato tuttavia l’esperimento de sa “Missa in limba”. Fra le poche eccezioni, per ora, rimane la Messa
in sardo celebrata durante il ”matrimonio selargino” da don Gianfranco Zuncheddu,
che ha, proprio per l’antica origine di quel rito, avuto il permesso
straordinario a celebrarla. Nonostante tutto, però, oggi qualcosa si muove. Un
serio gruppo di esperti porta avanti da diversi anni uno studio per
l’introduzione del sardo nel Messale della Santa Messa. Volendo (Vaticano
permettendo), si potrebbe arrivare in tempi brevi alla necessaria
autorizzazione.
Mons Angelo Becciu,
Sostituto alla Segreteria di Stato vaticana, interpellato, indica chiaramente
la strada da seguire. “E’ la Conferenza Episcopale Sarda che deve
prendere l’iniziativa e presentare la richiesta alla Santa Sede. Dopo non penso
ci siano problemi a rilasciare le autorizzazioni”. Durante il colloquio
Mons. Becciu ha affermato che la Chiesa vuole essere testimonianza viva, che
parla, non una Chiesa Museo. La CES mandi avanti le proposte concrete, ha
detto l'alto prelato, e non ci saranno problemi. Nell’episcopato sardo sono almeno tre i
Vescovi che in questi anni si sono dimostrati favorevoli all’utilizzo del sardo
nelle celebrazioni eucaristiche: Pietro Meloni, Sebastiano Sanguinetti e
Antioco Piseddu. Oggi, forse, con le recenti nuove nomine potrebbero essere ben di più.
Cari amici, credo
proprio che i tempi siano maturi per l’introduzione del sardo nella liturgia
della Santa Messa. Dopo il rifiuto opposto dall’arcivescovo Mani a don Cugusi,
che tanto scalpore aveva suscitato nell’Isola e le opposte piccole fughe in avanti, come quella di Mons. Pietro Meloni, nello stesso periodo Vescovo di Nuoro, che aveva autorizzato Padre Raimondo Turtas a
celebrare una Santa Messa nel Santuario campestre di Bitti, con testi tradotti
in sardo (in precedenza approvati dall’Ordinario), ora Mons Becciu, dall’alto del Suo
incarico ci fa capire che quello negato ieri oggi potrebbe essere possibile.
La concessione sarebbe un altro importante tassello, capace di dare nuova dignità alla nostra lingua
sarda! Credo che per ciascuno di noi pregare il Signore significhi pregarlo col
cuore e soprattutto non in modo automatico ma col pensiero e con la lingua che
abbiamo nel nostro DNA: il sardo.
Per la curiosità dei
giovani, che ormai poco conoscono il sardo, ecco le due antiche preghiere più
note: Il Padre Nostro e l’Ave Maria.
SU
BABBU NOSTU
Babbu nostu chi ses in
Celu,
Santificau siat su
nomini tu,
Bengat a nosu su regnu
tu,
Siat fatta sa volontadi
tua
comenti in su Celu aici
in sa terra.
Dona a nosu su pani
nostu dogna dì.
Perdona a nosu is
peccaus nostus,
comenti nosu atrus
perdonaus a is depidoris nostus.
E no si lassis arrui in
tentazioni,
ma libera nosu de ogni mali.
Aici siada.
……………………………….
TESTO DELL’AVE MARIA (CANTO)
Deus ti salvet Maria
chi ses de grazia piena
de grazia ses sa vena
e sa currente.
Su Deus onnipotente
cun tegus est istadu
pro chi t'ha preservadu
immaculada.
Beneitta e laudada
supra tottu gloriosa
mama, fizza e isposa
de su Segnore.
Beneittu su fiore
chi es fruttu de su
sinu
Gesus fiore divinu
Segnore
nostru.
Pregade
a fizzu ostru
chi
tottu sos errores
a
nois peccadores
nos perdonet.
Meda
grazia nos donet
in
vida e in sa morte
e
in sa diciosa sorte
in
Paradisu!
Grazie a tutti Voi,
amici, dell’attenzione che mi dedicate.
Mario
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