Oristano 11 settembre 2025
Cari amici,
Il MINIMALISMO, ovvero quel "passaggio all'essenziale", si sviluppò negli Stati Uniti negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, inizialmente nato come corrente
artistica. Il termine fu coniato dal filosofo dell’arte inglese Richard
Wollheim, quando venne scritto un articolo intitolato Minimal Art per
la rivista Art Magazine. Definita
Minimal Art, ovvero Arte minimale, era caratterizzata da forme semplici
(minimal), derivate dalla geometria elementare, da strutture modulari e seriali.
L’architetto Mies Van
Der Rohe, nel suo manifesto “Less is more” (diventato poi slogan del
movimento minimalista), affermò che tutto va ridotto agli elementi di base,
quelli necessari, sempre però restando al passo con la modernità. Insomma, i principi
chiave del Minimalismo sono: la concentrazione su ciò che è essenziale, la
rimozione del superfluo e la ricerca del godimento massimo. Il minimalismo,
dunque, è la riduzione all’essenza, applicata in tutti gli ambiti: da quello
abitativo a quello dell’arredamento, dall’ambito linguistico a quello musicale,
da quello politico al design e alla moda.
La trasformazione, anzi
meglio dire la minimalizzazione del precedente “modo di vivere”, eliminando
il superfluo, per ridurre all’essenziale, ha fatto sorgere nell’opinione
pubblica corrente non pochi dubbi: era un vero ritorno al passato, quando il
superfluo non esisteva, oppure era una nuova “moda per ricchi annoiati”, ovvero
una forte espressione di ricchezza, mascherata da scelta etica? Diversi gli
studi che hanno cercato di risolvere il problema.
Una ricerca portata
avanti dal Journal of Business Research ha messo in luce che questo
moderno minimalismo era certamente segmentato per reddito: chi si trova in
possesso di una certa sicurezza finanziaria, imposta questo nuovo modo di
vivere come una moderna scelta di lusso, selezionando con cura brand
“minimalisti” che riflettono estetica e identità; al contrario, i nuclei familiari
a basso reddito, spesso adottano il minimalismo non per scelta ma per
costrizione economica, senza nemmeno la libertà di “rifiutare il consumismo”,
perché non vi hanno mai avuto pienamente accesso.
Interessante l’opinione
del critico culturale Kyle Chayka, che nel suo libro The Longing for
Less, afferma che il moderno minimalismo (quello praticato dai ceti
abbienti) altro non è che semplice “austerità estetica”, dove possedere meno
diventa una dichiarazione d’élite, uno stile di vita da esibire, più che una
pratica radicata nei valori veri del non spreco. Si, amici, questo “ripulire”
dai precedenti eccessi, seppure in apparenza possa sembra un ritorno
all’essenziale, molto spesso è solo l’inizio di una nuova coreografia
capitalista.
Certo, nel grande
palcoscenico dell’economia del Terzo Millennio, il minimalismo non è solo
apparenza, ovvero, come accennato prima “coreografia capitalista”, ma un nuovo
modo di vivere dei diversi ceti sociali non proprio abbienti. Recenti studi,
pubblicati su Sustainable Production and Consumption, dimostrano che il Minimalismo,
quando è fondato su sani principi economici, può davvero contribuire a creare
un nuovo stile di vita più sostenibile. Ecco i quattro principali comportamenti
chiave: eliminare l’eccesso, acquistare in modo consapevole, puntare sulla
durata dei prodotti e cercare l’autosufficienza. Queste pratiche si collegano
non solo a benefici ecologici, ma anche ad un miglior benessere emotivo.
Amici, come spesso
accade, il minimalismo non è né bianco né nero. Nella sua versione più onesta e
profonda, può sfidare l’iperconsumismo, coltivare lucidità mentale e
promuovere un’etica ecologica. Ma questa è solo una faccia della medaglia.
L’altra, ovvero quella dove il minimalismo viene privato del suo reale contesto
e trasformato in apparenza, in pura esibizione di un stile di vita da mostrare
da parte di chi ha già tutto, allora è solo “MODA” di ricchi annoiati.
Cari amici, il vero
minimalismo, quello più autentico, credo sia nato come una rivoluzione
culturale, non certo come una moda da ricchi! Il minimalismo è certamente un
investimento in un futuro più consapevole, fatto di rispetto per la natura,
senza sprechi e sperperi, pensando che le risorse del pianeta non sono
infinite, e che nel mondo siamo ospiti e non padroni, per cui cerchiamo di
lasciare alle nuove generazioni un mondo integro e vivibile. Viviamo in modo
più consapevole!
A domani.
Mario
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