mercoledì, maggio 15, 2024

L'ASSOCIAZIONE UMANITARIA “CINI”. L’ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA CHE OPERA IN INDIA PER LA SALVEZZA DELLE BAMBINE POVERE, SCHIAVE DEI MATRIMONI COMBINATI.


Oristano 15 maggio 2024

Cari amici,

L’Associazione umanitaria “CINI” (Il Child In Need Institute (CINI) è un’organizzazione non governativa fondata a Calcutta nel 1974 dal medico pediatra Samir Chaudhuri, con lo scopo di contribuire a migliorare la grave situazione sanitaria e nutrizionale di donne e bambini poveri, che cercavano di sopravvivere nelle baraccopoli e nei villaggi intorno a Calcutta e in altre parti dell’India. Questa organizzazione iniziò ad operare anche in Italia  a partire da 1992, con la costituzione di una sua sede operativa a Verona.

Che la povertà porti ad accettare situazioni intollerabili è cosa ben nota, e in India, questa povertà che si tocca con mano per strada ogni giorno, vede tanti adolescenti che cercano per strada di soddisfare il primario bisogno di SFAMARSI. In questo contesto sono in particolare le bambine ad essere facili prede, una piacevole “merce di scambio”, spesso costrette a sposare forzatamente uomini ben più grandi di loro che le “comprano” a vil prezzo dalle famiglie.

Come racconta Eliana Riggio, volontaria e Presidente del ramo italiano dell’Associazione umanitaria CINI, creata come accennato per tutelare i diritti dei bambini e delle donne più fragili, ecco per Voi, cari lettori, una storia vera, fortunatamente andata a buon fine, che racconta il salvataggio di una di queste candidate a diventare una “Sposa Bambina”, sottratta a questa terribile, antica forma di vendita. Quella raccontata è la storia di NINA (nome di fantasia in quanto non ha ancora 14 anni), una storia triste, emblematica di quello che succede ancora oggi in India per la grande povertà esistente. Eliana ha trascorso una vita intera nell’Unicef (è la moglie del pediatra Samir Chaudhuri). La benemerita associazione umanitaria CINI ha appena compiuto 50 anni e oggi ha ramificazioni anche in Gran Bretagna, Svizzera e Stati Uniti (onde evitare confusione, non è collegata alla Fondazione Cini di Venezia).

La vicenda di NINA, fortunatamente andata a buon fine, assomiglia a tante altre. Con i genitori bengalesi, dopo che uno dei tanti cicloni sempre più violenti e frequenti li ha costretti ad abbandonare il loro piccolo appezzamento di terra, la famiglia ha raggiunto Calcutta, insediandosi in una baraccopoli a ridosso dei grandi grattacieli della città. La sorte di questa bambina appare subito segnata, in quanto avendo i genitori poverissimi, anche per lei la sorte sembra riservare un matrimonio combinato: quello di una bambina minorenne che va in sposa ad un uomo adulto; l'antica usanza continua, seppure in India questo "vile mercato" sia considerato un reato. La storia, però, in questo caso finisce diversamente.

Ecco come questa vicenda viene raccontata da Eliana. “La famiglia di Nina ha tre figlie e un figlio, tutti sotto i 18 anni. Quando la famiglia si trasferisce nello slum di Calcutta, in un riparo fatto di pali di bambù e plastica, Nina viene tolta da scuola. Il papà va in giro tutto il giorno per cercare lavoro; la mamma fa la domestica presso tre famiglie nei grattacieli appoggiati allo slum, iniziando il lavoro alle 5 di mattina e rientrando a casa alle 10 di sera; il loro figlio lavora; la sorellina di 12 anni si occupa della più piccola; Nina intanto, avendo avuto già le mestruazioni, è in pericolo: può diventare oggetto delle attenzioni di vicini e passanti, diventando, come tante volte succede, una ambita preda sessuale”.

Nelle famiglie indiane povere, il matrimonio “precoce combinato” è visto, spesso, come l’unica soluzione per trovare marito alle figlie, che, da prassi, deve essere della stessa casta. Anche i genitori di Nina, dimoranti in quella Comunità poverissima, tra baracche e ripari precari, pensano per Nina un matrimonio simile. Come racconta sempre Eliana Riggio,  Nina dovrà piacere ai suoceri, perché dovrà occuparsi degli anziani, procurare un reddito, diventare una risorsa, lavorare in casa. Il marito può essere di qualsiasi età (la differenza di età più comune è di dieci anni): lei si troverà ad avere regolarmente rapporti sessuali (da considerare, come appare ovvio, una forma di violenza sessuale), e, inoltre, dovrà, possibilmente , generare un figlio maschio”.

Ebbene, l’Associazione CINI, seppure affrontando enormi difficoltà opera ogni giorno per cercare di sottrarre le bambine a questo triste destino. Ci si chiede: come interviene l’associazione? “Il nostro atteggiamento non è di ‘spegnere il fuoco già acceso’, ma cercare di prevenirlo, aiutando le famiglie a comprendere l’errore; in primis non sottraendoli all’obbligo della scuola, e poi intervenendo con le Istituzioni, con gli insegnanti, con gli Enti locali e anche con gli organi dello Stato", afferma Eliana.

Nel caso di Nina, bambina intelligente e vivace, lei è stata fatta entrare in uno dei ‘Children’s group’ di Cini; qui la bambina ha raccontato che i genitori parlavano già con altri genitori per farla sposare nei prossimi due mesi, tant’è che stavano già raccogliendo i soldi da renderla appetibile, in quanto senza dote non sarebbero riusciti a sposarla: avrebbero dovuto dare in cambio un televisore e una certa somma di denaro. Nina, ben inserita nel gruppo, è stata resa consapevole della violazione che si stava perpetrando ai suoi danni, e i responsabili di CINI hanno contattato i genitori per impedire il compiersi di un reato, minacciandoli anche di fare denuncia alla polizia. Ciò era necessario, in quanto se il matrimonio fosse stato celebrato non sarebbe stato più annullabile.

Ora Nina ha ripreso gli studi in una scuola pubblica, ritrovando il sorriso e la visione di un futuro meno incerto. “Quando avrà 18 anni deciderà lei di sposarsi e scegliere un marito, dopo aver seguito un percorso dove aveva preso coscienza di sé; avrà, inoltre, la possibilità di avere un reddito perché sarà stata istruita, potrà insegnare, come è un suo sogno, non farà cinque figli ma al massimo due, lavorerà fuori da quel circolo vizioso di povertà”. Ecco come afferma con soddisfazione e orgoglio Eliana Riggio.

Cari amici, credo che ci sia poco da aggiungere, se non quello di dire un immenso “GRAZIE” a questa Associazione umanitaria, che lotta per affermare i sacri diritti dei minori e delle donne, in particolare delle bambine!

A domani.

Mario

 

martedì, maggio 14, 2024

EDUCARE I FIGLI NEL TERZO MILLENNIO: DIFFICOLTÀ ED ERRORI DEI GENITORI. ECCO COME EVITARE DI CRESCERE "FIGLI TIRANNI".


Oristano 14 maggio 2024

Cari amici,

Che il mestiere di genitore sia uno dei più difficili al mondo non sono certo io il primo a dirlo. Allevare e crescere i figli oggi sta diventando sempre più arduo, e non ci sono certo dei manuali con le “giuste istruzioni” da seguire nelle diverse situazioni che ogni giorno si presentano e vanno affrontate. Uno dei problemi più difficili da RISOLVERE è di natura affettiva: tutti i genitori desiderano per i propri figli uno status sociale superiore al proprio, ovvero che i propri figli vivano “meglio” di come sono vissuti loro.

A questo desiderio, all’apparenza encomiabile, dovrebbe però corrispondere un’educazione altrettanto valida, ovvero educarli e prepararli ai compiti futuri, ovvero dando loro un’alta preparazione e insegnando il pieno rispetto delle regole che la vita socio economica prevede. La gran parte dei genitori, però, sbaglia approccio, in quanto tende a dare ai figli tutto il possibile, senza nulla chiedere in cambio. Questo approccio troppo morbido, troppo permissivo, crea in loro la convinzione che essi possano “avere tutto senza dare niente in cambio”. Mostrarsi così magnanimi, così permissivi, significa iper-proteggerli, avendo con i figli un rapporto amichevole, mancante di autorevolezza, concedendo quanto da loro richiesto senza nulla pretendere come contropartita.

Un comportamento, questo, che crea nei figli la convinzione di poter avere tutto senza sacrificio, senza impegnarsi; poi succede che, al primo rifiuto, essi cadranno dalle nuvole: si sentiranno incompresi, frustrati, in quanto ormai incapaci di aspettare, abituati ad avere “tutto e subito”. È così che iniziano gli scontri, i conflitti sempre più frequenti, con i figli che, di fronte ai “NO”, scalpitano e si arrabbiano. È così che la crescita avviene in un clima turbolento, con reazioni di irascibilità, di prepotenza e aggressività sistematiche. Il problema diventa, allora, quello di trovare il modo per arginare il comportamento ribelle, cosa non facile.

Il problema in realtà non è di poco conto. Applicare un comportamento comprensivo, dialogante, in grado di stabilire dei confini, evitando di usare dei divieti, dei NO troppo rigidi, non è semplice. I troppi SI non aiutano a crescere, mentre i NO vanno sapientemente gestiti, in quanto aiutano a introdurre non solo le regole, ma anche i giusti limiti. In questo modo, gli adolescenti riescono a comprendere anche il valore di se stessi, e metabolizzano che c’è un prima e un dopo, “un dare e un ricevere”. Insomma non esiste diritto senza compenso, senza dare il proprio contributo in cambio.

Introdurre la politica del dare e dell’avere, è altamente formativo, e deve iniziare fin dalla più tenera età. La formazione dei figli deve iniziare fin dai primi anni della scuola, perché man mano che essi crescono debbono farlo in presenza delle regole, altrimenti ogni giorno che passa diventa sempre più difficile introdurle. Far arrivare i figli all’adolescenza senza le giuste correzioni, li farà diventare “padroni” in famiglia, e il successivo intervento dei genitori diventerà un pericoloso braccio di ferro, duro ed estenuante, che vedrà soccombere i genitori prima permissivi, arrivando a quel ribaltamento dei ruoli in cui il figlio è diventato padrone, che detta legge e i genitori succubi della sua violenza. Ora a comandare è lui, e la comunicazione con i genitori diventa fatta solo di ordini: “mi devi dare”, “dammi”, “fammi”.

Come evitare, dunque, di arrivare al punto che i figli diventino padroni e manipolatori dei genitori, dopo aver ribaltato totalmente i ruoli? Pur essendo un compito difficile, alquanto arduo, i genitori non possono e non debbono mollare, seppure siano stati in passato colpevoli per ‘troppo amore’ nei loro confronti. Ecco quattro piccole regole, quattro consigli che, seppure sembri difficile portarli avanti, possono raddrizzare una situazione alquanto pericolosa.

La prima regola è quella  di non arrendersi, ovvero di “NON RINUNCIARE MAI AL DILOGO COSTRUTTIVO NEL CONFLITTO”. Se è pur vero che i genitori vorrebbero dei figli obbedienti, i contrasti generazionali sono sempre esistiti ed è importante dialogare e confrontarsi con loro; il dialogo permette di sviluppare negli adolescenti la capacità di regolare le emozioni e di capire il punto di vista degli altri. La seconda regola è quella del “NON GIUDICARLI SOLO DAI COMPORTAMENTI NEGATIVI”. È importante lodare sempre i comportamenti positivi manifestati, prestando attenzione, quindi, anche alle cose buone fatte e non solo alle azioni sbagliate messe in atto. Lodare e Rimproverare, questo il compito, sanzionando però i comportamenti e non la persona, evitando le umiliazioni.

Come terza regola “METTERE DEI PALETTI CHIARI E DEFINITI”. Stabilire, da parte dei genitori, delle regole e dei confini, deve essere fatto non con il sistema impositivo, ma spiegandone il senso e la motivazione; ciò consente agli adolescenti di capire che i genitori sono una vera guida che cerca di far percorrere loro la giusta strada per farli sentire al sicuro e crescere meglio. Quarta e ultima regola quella di “MANTENERSI SEMPRE COERENTI”. Evitare sempre di “cambiare idea”, ovvero quello di trasformare spesso in SI un NO, in quanto in questo modo va a perdersi la loro credibilità. È importante che Padre e Madre mantengano sempre la stessa linea educativa.

Cari amici, seppure essere dei buoni genitori oggi sia un compito estremamente difficile, nessuno può sottrarsi a questa grande responsabilità! I figli, anche se apparentemente desiderosi di ampia libertà, si aspettano dei genitori adulti e non dei semplici amici, capaci di sostenerli e di guidarli. Genitori che debbono essere amorevolmente protettivi e affettuosi, ma anche adulti capaci di trasmettere loro l'apprendimento ed il pieno rispetto delle regole; operazione da fare con ferma dolcezza, ovvero senza mettere in atto comportamenti asfissianti, ma dando loro sempre sostegno e fiducia. Compito estremamente difficile, ma ...È nostro preciso dovere preparare nel modo migliore le nuove generazioni!

A domani.

Mario

 

 

lunedì, maggio 13, 2024

L’ARCIVESCOVO EMERITO DI ORISTANO, MONS. IGNAZIO SANNA, HA PRESENTATO NELLA SUA “EX RESIDENZA EPISCOPALE”, IL SUO ULTIMO LIBRO DI TEOLOGIA.


Oristano maggio 2024

Cari amici,

Monsignor Ignazio Sanna, Arcivescovo emerito dell’Arcidiocesi di Oristano, sabato 11 maggio ha voluto presentare anche nella sue precedente residenza episcopale la sua ultima fatica letteraria, un corposo libro di Teologia dal titolo: “TESTIMONI D’ETERNO NEL TEMPO” -Le sfide attuali dell’antropologia cristiana”. La presentazione, organizzata nell’ex Chiesa di San Domenico, ha visto una numerosa partecipazione di pubblico, certamente derivata anche dal grande affetto che il popolo cristiano della Diocesi Arborense continua a manifestare a Mons. Sanna, suo amato Pastore (Arcivescovo Metropolita) dal 22 aprile 2006 al 4 maggio 2019.

Monsignor Sanna, teologo di vaglia (fu uno degli importanti collaboratori di Papa Benedetto XVI), di libri teologici ne ha scritto diversi altri, e in quest’ultimo, recentemente dato alle stampe per le Edizioni di San Paolo, analizza le sfide più urgenti e ineludibili che l’antropologia cristiana si trova ad affrontare: la pandemia, l’intelligenza artificiale, le neuroscienze, la crisi climatica, la strisciante indifferenza verso Dio nel mondo occidentale, la nuova questione di Dio sollevata da autori non credenti; quesiti importanti, in parte antichi, ma sempre attuali, relativi all’eterna lotta dell'uomo tra il bene e il male.

Nel convegno, organizzato al San Domenico dall’Azione Cattolica Diocesana in collaborazione con l’Associazione regionale, ha dialogato con l’Autore del libro il Delegato Regionale della Caritas Sardegna don Marco Statzu. Monsignor Sanna nel libro “Testimoni d’eterno nel tempo. Le sfide attuali dell’antropologia cristiana”, analizza e cerca di trovare le giuste risposte alla domanda di “futuro e di salvezza” che sale dalla società contemporanea, impegnata nella ricerca di esprimere nel modo migliore la testimonianza pubblica della fede nel Cristo risorto e nella vita eterna. Il risultato del lavoro svolto da Mons. Sanna è questo interessante studio di “antropologia teologica”, calato nel mondo di oggi e nei numerosi problemi che lo animano.

Quest’ultima opera del Teologo Mons. Sanna prosegue nel binario tracciato dai primi due volumi della serie: “L’antropologia cristiana tra modernità e postmodernità” (Queriniana, 2001) e “L’identità aperta: Il cristiano e la questione antropologica” (Queriniana, 2006). Il terzo libro, dunque, è un “completare e consolidare”, un impegnativo percorso di approfondimento e di riflessione sulle questioni fondamentali dell’essere umano, vissuto alla luce della fede cristiana nell’attuale 3° Millennio. In questi tempi difficili, questo terzo volume si propone di esplorare le sfide attuali che l’antropologia cristiana si trova ad affrontare in un mondo in continua trasformazione. Quella di Monsignor Sanna è un’analisi acuta e approfondita delle ansie e dei dubbi che il cristiano deve affrontare, e Lui, Teologo di grande competenza, cerca di guidare il lettore nel confronto con le questioni legate all’identità umana, alla dignità, alla libertà e alla ricerca nel cristiano sul “senso dell’esistenza”.

Don Marco Statzu, nel dialogo avviato con Mons. Sanna, ha evidenziato il difficile percorso fatto dal “Teologo-Sanna” nel libro,  ponendo all’autore ulteriori domande, a cui è stato risposto in modo esaustivo, ampliando i concetti presenti nel libro. Tanti i problemi spinosi che oggi travagliano il mondo: dalla crescente indifferenza verso la fede, manifestata nel mondo occidentale, alla nuova domanda su Dio posta da autori laici; il libro affronta anche la questione antica e sempre rilevante della presenza del "male" e quella sul significato del "dolore e della sofferenza", presente nell’esperienza umana del cristiano.

Una "presentazione-dibattito" vissuta con viva attenzione e interesse, quella di sabato 11 maggio al San Domenico, da parte del numeroso pubblico presente in sala; nel libro risultano ben evidenziate le difficoltà attuali dell’uomo: la ricerca di risposte ai tanti interrogativi che l'uomo di oggi si pone; quesiti ritenuti risolvibili attraverso il filtro interpretativo della ragione illuminata dalla fede. Solo così è possibile, per l'uomo, trovare la giusta chiave di lettura nel messaggio di salvezza offerto dalla testimonianza della fede nel Cristo risorto e nella prospettiva della vita eterna. Questo giusto approccio consente di plasmare un’antropologia teologica adatta al contesto contemporaneo, sensibile alle nuove tematiche che agitano la società di oggi.

Cari amici, questo libro è da leggere senza fretta, meditandolo pagina per pagina, riflettendo con calma sulla nostra difficile questione umana, in un secolo, quello attuale degli inizi del 3° millennio, ricco di interrogativi e contraddizioni, ma che non deve mai portarci fuori dal nostro impegno di veri cristiani: essere figli di quel grande Dio che ci ha creato e che ha mandato suo figlio Cristo sulla terra, per la nostra salvezza. Un mio particolare "Grazie" a Monsignor Sanna per la sua splendida amicizia, che mi onora oggi come ieri!

A domani.

Mario

domenica, maggio 12, 2024

DALLA POLITICA DELL'USA E GETTA ALL’UPCYCLING, OVVERO AL RICICLO CREATIVO. UN MODO INTELLIGENTE PER RIDURRE IL COSTANTE AUMENTO DEI RIFIUTI.


Oristano 12 maggio 2024

Cari amici,

Sul finire della seconda metà del secolo scorso, lentamente ma inesorabilmente, si è passati dalla politica del “tutto serve e tutto si aggiusta”, a quella dell’usa e getta, ovvero all’eliminazione degli oggetti che per qualche ragione non risultavano più funzionanti. Nessuna riparazione prevista, dunque, ma semplicemente un “gettare via” l’oggetto, seppure tecnicamente riparabile. Una politica folle, che non solo ha eliminato tante professioni artigianali di lavoratori che, come attività, svolgevano proprio quella di riparatori, ma ha iniziato ad inquinare il mondo in maniera impressionante!

La grande industria, infatti, ha poi, cavalcato questo nuovo modo di vivere, predisponendo addirittura i nuovi strumenti tecnologici dotandoli di una “obsolescenza programmata”, ovvero inserendo nel cuore delle macchine una specie di eutanasia che, portava proprio alla loro eliminazione. Insomma, un “Usa e getta” pazzesco, che si è esteso anche ai contenitori dei cibi, con la drastica riduzione dei contenitori in vetro, sempre riciclabili, in favore della terribile plastica, divenuta una vera peste indistruttibile.

Tutto però ha un limite e, finalmente, ci si è resi conto che l’eccesso di questa avventata politica del gettare via in modo sconsiderato ha causato un inquinamento che si stenta, purtroppo a contenere. Il mondo, giorno dopo giorno, sembra sempre più sommerso dalla spazzatura: dalla plastica ai RAE, i rifiuti dei prodotti tecnologici ed elettronici,  che si stenta a riciclare. Fortunatamente, nella fascia più sensibile della popolazione, si comincia a capire e ad adottare uno stile di vita più consono, più sostenibile. Si, applicando la regola delle cinque R: riduzione, riuso, raccolta differenziata, riciclo e recupero, ma aggiungendo anche una parola nuova, “RIUSO”, meglio definito Upcycling, ovvero Riuso Creativo.  

Il termine “UPCYCLING” fu coniato nel 1994 dall'ingegnere meccanico tedesco Reiner Pilz, che all’interno di un suo articolo, riferito alla proposta dell’Unione Europea di  implementare il sistema di smaltimento dei rifiuti, si espresse in questo modo: "Il riciclo di cui si parla io lo chiamo down-cycling, che è certamente utile, ma personalmente credo che quello che sarebbe più necessario è l’up-cycling, ovvero un modo intelligente di ridare ai vecchi prodotti un nuovo valore, addirittura maggiore di quello che avevano prima".

Si, amici, l’Upcycling è il modo intelligente per offrire una nuova vita, una nuova destinazione a un oggetto o a un materiale che, di norma, esaurito il suo compito, viene gettato via. In realtà, non si tratta di una specie di miglioramento qualitativo, ma di una nuova destinazione d'uso, che lo possa rendere più interessante e accattivante, sia per quanto riguarda la sua funzione, ma anche dal punto di vista economico. Recuperare in modo creativo un oggetto prima destinato al macero è un’operazione encomiabile non solo per la nuova funzione data, ma anche per il suo positivo impatto sull'ambiente, diminuendone l’inquinamento.

L’Upcycling, a mio avviso, è la strada giusta da seguire, perché costituisce una possibilità importante per chi l’adotta ma ancor più per la salute sia del pianeta. Il riciclo creativo ha ampie possibilità di utilizzo, spaziando in tanti settori; dal design alla moda, dall'artigianato a tutte le varie forme del “fai da te”. Il risultato finale di un l’up-cycling, oltre a dare grande soddisfazione a chi lo ha messo in atto, costituisce un risultato di alto valore etico; insomma, si tratta di una vera e propria “rinascita” per un oggetto destinato all’estinzione, che, grazie alla creatività, ottiene il risultato ipotizzato senza costose fasi di lavorazione, sprechi e ulteriori costi.

Cari amici, l’Upcycling, come accennato, spazia in tantissimi campi: dai mobili ai tessuti, dai vestiti agli accessori, dagli strumenti musicali agli oggetto tecnologici, Insomma la persona che decide di applicare il FAI DA TE CREATIVO, è quella che ha sposato una filosofia di vita alquanto etica, rispettosa dell’uomo e dell’ambiente, nella convinzione che Egli è un abitante-ospite del pianeta, che deve quindi utilizzarlo, ma lasciandolo intatto alle nuove generazioni.

A domani.

Mario

sabato, maggio 11, 2024

L’INEDITA PIOGGIA SU DUBAI CHE HA INONDATO LA CITTÀ. IL FENOMENO È DOVUTO ALLE VARIAZIONI CLIMATICHE, O È STATO PROVOCATO ARTIFICIALMENTE DALL’UOMO?


Oristano 11 maggio 2024

Cari amici,

I dubbi ci sono, e sono pure forti. Il violento nubifragio che si è abbattuto su Dubai lo scorso 16 aprile ha lasciato esterrefatti i meteorologi. Sulla città sono caduti oltre 140 millimetri di pioggia in 24 ore, in un’area che mediamente ne riceve 95 millimetri in un anno! Questo evento eccezionale ha creato un vero disastro: strade inondate, auto spazzate via, uno dei più trafficati aeroporti del mondo costretto a chiudere per mezz’ora, residenti bloccati nelle case e negli uffici. Ad Al-Ain, 100 chilometri a nord di Dubai, sono caduti addirittura 256 millimetri di acqua in 24 ore.

Per quei territori, dove la pioggia è quasi sempre assente, è stato un fenomeno straordinariamente inusuale, tant’è che gli esperti si interrogano sulle possibili cause. Dalle prime analisi fatte, una delle ipotesi vede in primo piano il così detto «CLOUD SEEDING», ovvero «l’inseminazione delle nuvole»; è questa un'attività praticata negli Emirati Arabi fin dal 2002, per cercare di affrontare i problemi di siccità. Il cloud seeding, che si sta sempre più perfezionando, avviene attraverso l’utilizzo di aerei che iniettano nelle nuvole particelle di sale o di ioduro d’argento, in modo da formare dei cristalli di ghiaccio che si condensano, trasformandosi poi in pioggia o neve, a seconda dell’altitudine. Il metodo del cloud seeding, secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, in condizioni ottimali, può aumentare le precipitazioni di una singola nuvola fino al 20 per cento.

Amici, l’inseminazione delle nuvole è una tecnica che fu sviluppata negli anni ’40 del secolo scorso negli USA, ma il sistema fu successivamente abbandonato in particolare per la mancanza di adeguati finanziamenti; inoltre pesò anche il fatto che, secondo alcune rivelazioni, gli Stati Uniti avevano messo in atto un programma militare segreto di “semina delle nuvole” durante la guerra del Vietnam. Nel 1977, gli Stati Uniti, la Russia, l’India e alcune nazioni europee firmarono la Convenzione sulla modificazione ambientale, che in sintesi proibiva le tecniche di modificazione del tempo per scopi militari.

Oggi questa tecnica di inseminazione delle nuvole, oltre che negli Emirati Arabi, è praticata in diversi altri Paesi che la stanno esplorando, poiché l’accelerazione dei cambiamenti climatici sta aggravando la siccità e la lotta per l’acqua sta diventando sempre più impellente. Tecnica che viene ora utilizzata ora anche negli Stati occidentali degli USA e nei Paesi europei, tra cui Francia e Spagna. La Cina utilizza regolarmente l’inseminazione delle nuvole per avere acqua per l’irrigazione, e venne anche utilizzata per regolare le precipitazioni a Pechino durante le Olimpiadi del 2008.

Tornando all’alluvione che ha creato non pochi danni a Dubai, il Centro Nazionale di Meteorologia degli Emirati (NCM) ha inizialmente negato di aver effettuato operazioni di cloud-seeding immediatamente prima dell’alluvione, pur confermando di aver svolto tale attività nelle precedenti giornate di domenica e lunedì. Gli esperti nel campo sostengono che, benché il cloud-seeding possa aumentare le precipitazioni stagionali del 10-30%, questo non appare sufficiente a giustificare l’ alluvione che ne è derivato. Critici e commentatori hanno, invece, puntato il dito contro le inadeguate infrastrutture di drenaggio presenti nella metropoli.

Si, amici, in realtà, nonostante gli investimenti massicci in tecnologie avanzate, Dubai si è trovata impreparata a gestire un tale volume d'acqua, evidenziando così una vulnerabilità significativa nel tessuto urbano della città. Le ripercussioni delle inondazioni sono state forti e severe: l'aeroporto internazionale di Dubai, un fulcro cruciale per il traffico aereo globale, è stato costretto a chiudere temporaneamente, i passeggeri sono rimasti bloccati, con voli cancellati o ritardati e il traffico aereo andato in tilt.

Cari amici, credo che l'uomo debba operare sempre con grande attenzione nel cercare di modificare i cicli naturali, che non sono mai "roba di poco conto"! La verità è che il clima, purtroppo, sta cambiando, e bisogna stare davvero attenti alle improvvide modifiche che l'uomo cerca di apportare, col risultato, magari, di creare più danno che guadagno. Pur non essendo certi che il disastro di Dubai sia tutto da attribuire al cloud-seeding, secondo alcuni esperti, questa pratica potrebbe aver contribuito ad esacerbare le precipitazioni che in poco più di 24 ore hanno portato una quantità di pioggia corrispondente alla media di un anno e mezzo! Andare contro i cicli naturali, a volte, si paga a caro prezzo!

A domani.

Mario

 

venerdì, maggio 10, 2024

ESSERE MANCINI È UN PREGIO O UN DIFETTO? ECCO, SECONDO GLI ESPERTI, I POSSIBILI MOTIVI PER CUI SI NASCE MANCINI E NON DESTRIMANI.


Oristano 10 maggio 2024

Cari amici,

Sul fatto che nel mondo nascono, oltre i destrimani, i mancini ho già avuto modo di scriverlo su questo blog il 12 agosto del 2015 (chi vuole può andare a leggere quanto scrissi cliccando sul seguente link http://amicomario.blogspot.com/2015/08/nascere-mancini-un-fastidioso-difetto-o.html). Oggi voglio riprendere l’argomento, a me alquanto caro, in quanto pure io sono nato mancino! Si, oggi voglio aggiungere qualche altra notizia, fornita dagli esperti che continuano a studiare i motivi per cui ci siano questi soggetti che si differenziano non poco dai destrimani.

Innanzitutto la prima domanda che ci poniamo è: Perché si nasce mancini? Gli studi più recenti confermano che la "colpa" è della genetica, anche se l’essere mancini non è legato all’ereditarietà. L’analisi del cervello ha rivelato che nei mancini l'emisfero cerebrale dominante è quello destro (nei destrorsi invece è il contrario). Poiché queste differenze si manifestano fin dalla più tenera età, ciò sta a significare che vi sia un probabile un coinvolgimento genetico Tuttavia, il modo in cui questi geni e le loro varianti sono associati all'essere mancini o meno, rimane ancora poco chiaro.

La percentuale dei mancini nel mondo è valutata intorno al 10% circa. Per approfondire le motivazioni del mancinismo, alcuni ricercatori olandesi hanno passato in rassegna l'intero genoma di oltre 350.000 persone (delle quali più di 38.000 mancine), custodito all'interno della vasta Biobank britannica. Relativamente al fattore ereditario, le probabilità di dipendenza risultano molto basse, inferiori all'1%, mentre i risultati hanno evidenziato l'importanza di un gene, chiamato Tubb4b, che contiene le istruzioni per una delle proteine che costituiscono i microtubuli, cioè quelle strutture rigide che mantengono la forma delle cellule e sono anche coinvolte nella divisione cellulare: nei mancini, questo gene ha una probabilità 2,7 volte più elevata di presentare varianti rare.

Il fatto, dunque, di essere mancini ha una forte relazione con la genetica. Rare varianti dei geni, che alterano le proteine alla base dell'impalcatura che garantisce la forma delle cellule, tracciano la "firma" di chi utilizza la mano sinistra come dominante. A sostenerlo è uno studio pubblicato sulla rivista "Nature Communications". Guidato dall'Istituto Max Planck per la Psicolinguistica di Nijmegen, nei Paesi Bassi; lo studio migliora la comprensione delle basi genetiche per mancini e destrorsi, i cui meccanismi restano ancora in buona parte oscuri.

Amici, in passato essere mancini era considerato un dramma, una maledizione. Lo stesso termine "mancino" deriva da "mancus", che è sinonimo di "storpio" o "mutilato", per cui i mancini erano visti come soggetti negativi, addirittura preda del diavolo (la mano sinistra, infatti era chiamata la "mano del diavolo"). Come ho avuto modo di evidenziare nel post precedente prima richiamato, i bambini a scuola venivano costretti, anche con punizioni corporali, a usare la mano destra. Nel corso del tempo, però, grazie anche al successo di persone mancine, come Albert Einstein o Pablo Picasso, per esempio, il mancinismo è stato rivalutato.

Oggi, invece, essere mancini non solo non è più un difetto ma addirittura è considerato un pregio, una risorsa in più. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che le persone mancine sono maggiormente dotate dal punto di vista intellettivo e creativo. L’utilizzo maggiore dell’emisfero destro del cervello, infatti, consente alla persona di sviluppare al massimo le sue capacità intellettive. Per questo motivo troviamo un altissimo tasso di mancini fra gli sportivi, gli artisti e gli oratori.

Ecco alcuni esempi di mancini famosi. Erano mancini Albert Einstein e Napoleone Bonaparte, ma anche Marylin Monroe, Giovanna D’Arco, Alessandro Magno, Carlo Magno e Giulio Cesare. Nella lista troviamo inoltre Barack Obama, Lady Gaga, Kurt Kobain, Jimi Hendrix, Bill Gates, Steve Jobs, Vincent Van Gogh, Paul McCartney, Charlie Chaplin, Mark Zuckerberg, Diego Armando Maradona, Valentino Rossi e Neil Amstrong. Fra i mancini spiccano inoltre molti reali, in particolari i membri della Royal Family: la Regina Elisabetta, il principe Carlo e il principe William, figlio di Carlo e Lady Diana e futuro re.

Cari amici, sapete quanto adoro essere ironico, in particolare con me stesso, per cui adesso avete certamente capito perché ho voluto rifare il post sui mancini: per ribadire a tutti Voi, cari lettori, che AMICOMARIO è felicemente mancino, e pure tanto pavone, da dichiararlo apertamente con orgoglio!

A domani.

Mario