giovedì, aprile 10, 2025

PERCHÈ LA FINLANDIA È IL PAESE PIÙ FELICE DEL MONDO? PER IL SUO MODO DI VIVERE, CHE VEDE L'APPLICAZIONE DEL “FLUXING”. ECCO IN COSA CONSISTE.


Oristano 10 aprile 2025

Cari amici,

Nel 2024, la Finlandia è stata eletta, per il settimo anno consecutivo, "Il Paese più felice del mondo". Un traguardo mica semplice da conquistare, dato che vivere felici in questo nostro mondo, sempre più caotico e stressante, non è certo facile! Ma, a quanto pare, c’è chi ha trovato la ricetta giusta. I finlandesi, dunque, continuano ad essere considerati i più felici al mondo, mentre noi italiani ci collochiamo ben più in basso nella classifica, occupando il 41° posto. Perché, dunque, la Finlandia è il Paese più felice al mondo, seguito da Danimarca e Islanda? Quali le motivazioni che hanno contribuito a fargli raggiungere questa desiderabilissima posizione? La motivazione principale deriva dal loro particolarissimo sistema di vita. Vediamolo meglio.

Il metodo da loro messo in pratica si chiama “FLUXING”, uno stile comportamentale alquanto semplice da spiegare, ma assai complicato da eseguire, ovvero da mettere in pratica. Applicare il Fluxing, infatti, significa avere la capacità di sapersi sempre adattare all’incertezza della vita, senza, però, perdere mai di vista il benessere personale. In altre parole bisogna imparare a pattinare sugli eventi (un detto curioso che per loro, che vivono molto tempo sulla neve, appare più facile da realizzare che da noi…), tenendosi alla larga da ansie, preoccupazioni e dalle frenesie tipiche della quotidianità. Ma in che modo ciò è possibile? In primis perchè i finlandesi mettono sempre sé stessi al primo posto, magari ritagliandosi del tempo libero da dedicare ad attività che regalano serenità, spensieratezza o semplice relax.

Per arrivare a praticare il FLUXING con sicurezza, insomma, bisogna riuscire ad avere un controllo completo delle proprie emozioni, sia positive che negative, evitando che queste ultime prendano il sopravvento. In questo modo ad emergere sarà sempre la serenità; arrivare a vivere la vita con la giusta consapevolezza, non significa però non rattristarsi, o non essere in certi momenti amareggiati, ma applicare il sano principio della MINDFULNESS (termine inglese che significa consapevolezza), ovvero vivere la propria esperienza di vita, con un atteggiamento aperto, curioso e non giudicante; in sintesi, ci si deve lasciare andare, accettando ciò che la vita ci riserva, ovvero le "prove anche difficili", ma senza restarne condizionati.

E' bene sottolineare, però, che i finlandesi sono un popolo molto attento alla propria salute mentale; essi si organizzano la giornata ritagliandosi sempre del tempo libero, hanno fiducia nel prossimo e non si imbarazzano nel chiedere aiuto. Forse è proprio questo atteggiamento a renderli davvero così sereni. In un mondo sempre più tecnologico e stressante, i finlandesi hanno perfezionato il concetto di benessere, dandogli un ruolo centrale nelle abitudini quotidiane. Questo particolare stile di vita, che mette se stessi al primo posto, non significa applicare un insano egoismo,  ma operare adattandosi con capacità alle situazioni in modo flessibile; in questo modo essi abbracciano il cambiamento, qualunque esso sia, anziché contrastarlo.

Amici, come ben sappiamo, la Finlandia è un Paese con una natura selvaggia e piena di contrasti. Proprio l’aspro ambiente e il contatto con la natura sono per i finlandesi gli elementi chiave per migliorare il proprio benessere psicofisico. Benessere che va visto in un quadro completo, integrando cioè alimentazione sana, movimento, riposo adeguato e gestione dello stress. Ecco, come viene applicato il FLUXING: accettando l’incertezza come parte della vita, e restando sempre curiosi per tutto ciò che non si conosce. E per far ciò, si elimina il superfluo, sia in termini materiali che emotivi, per concentrarsi sull’essenziale e ridurre lo stress.

Vediamo qualche esempio di come applicano il FLUXING quotidianamente i finlandesi. Vivono ogni giorno sperimentando nuove routine, evitando la schiavitù delle abitudini, e lasciando spazio alla spontaneità e alla creatività. Poi, essi amano "ridurre l’accumulo", ovvero adottano uno stile di vita minimalista facendo decluttering (parola inglese che significa eliminare ciò che non è necessario); ecco alcuni esempi: camminano nei boschi, nuotano in acque fredde (come nel tradizionale “avanto” finlandese), leggono, imparano una nuova lingua o migliorano le proprie capacità pratiche per aumentare la loro resilienza.

Cari amici, praticare, come detto prima, la mindfulness, ovvero vivere il presente accettando il cambiamento senza paura, per noi italiani non è certo facile! Il nostro DNA mediterraneo credo sia alquanto più complicato, ma il diverso modo di vivere dei finlandesi dovrebbe farci riflettere! Di certo dovremmo cercare di badare di più a noi stessi ed al nostro benessere: vivremo di certo molto meglio! Cambiare le nostre abitudini indubbiamente non sarà facile, ma credo assolutamente che sia da fare!

A domani.

Mario

mercoledì, aprile 09, 2025

SALUTE, BENESSERE E LONGEVITÀ. ECCO UNO DEI SEGRETI PER VIVERE MEGLIO, PIÙ SERENI E A LUNGO: LA MEDITAZIONE.


Oristano 9 aprile 2025

Cari amici,

Gli studiosi da tempo concordano sul valore della MEDITAZIONE, uno strumento considerato un vero toccasana per trascorrere una senilità più lunga e serena. È ritenuta, infatti, uno dei pilastri del benessere e della qualità della vita, insieme alla corretta alimentazione e all'esercizio fisico. I principali studi scientifici dimostrano che meditare regolarmente, anche per brevi periodi, agisce sui geni, rallentando il processo di invecchiamento. Entrando più in dettaglio, dagli studi è emerso anche che la meditazione sembra in grado di influenzare i processi che sono alla base della risposta agli stress causati dalla caotica vita odierna.

Obiettivo della meditazione, dunque, è quello di raggiungere un maggior livello di consapevolezza, concentrando l’attenzione su noi stessi, seguendo percezioni, sensazioni, pensieri ed emozioni causate dall’ambiente esterno, al fine di arrivare alla necessaria calma interiore. Si, è proprio  attraverso la meditazione che possiamo arrivare a ridurre lo stress, l’ansia, gli attacchi di paura, di panico e di rabbia. Meditare, in realtà, non significa estraniarsi totalmente dagli altri, come fanno i monaci tibetani, ma utilizzare in modo positivo determinati momenti di pausa.

Amici, in realtà basta poco. È stato ampiamente dimostrato che interrompere la nostra frenetica giornata ogni ora, anche solamente per 4/5 minuti, utilizzati per esempio facendo due passi per  sgranchirsi le gambe, allontanandosi dagli altri in un punto isolato, magari per bere un bicchiere d'acqua ci crea uno stato positivo e rilassato. In quei momenti, stando per un po’ fermi con gli occhi chiusi e respirando lentamente, ci accorgeremo di iniziare a stare già meglio. In questo modo apporteremo enormi benefici alla nostra salute psico-fisica, aumentando nettamente la nostra performance mentale e migliorando la consapevolezza. In questo modo potremo  affrontare con la giusta mentalità tutte le difficili situazioni quotidiane.

Come sostiene il Prof. Franco Berrino, ex direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nel suo nuovo libro “Fermare il tempo”, sta a noi aiutarci a rallentare l’invecchiamento biologico, utilizzando tre strumenti importanti: la giusta alimentazione, la meditazione e praticando l’esercizio fisico. Si, amici, la Meditazione è uno dei pilastri del benessere e della qualità della vita, insieme alla corretta alimentazione e all'esercizio fisico! I principali studi scientifici dimostrano che meditare regolarmente, anche per brevi periodi, agisce positivamente sui geni, rallentando l'invecchiamento.

Se è pur vero che non possiamo fermare il tempo, nel senso che non possiamo arrestare l’avanzare dell’età anagrafica, possiamo far molto per rallentare l’avanzare dell’età biologica, che, lentamente ma inesorabilmente, inizia ad inibire lo stato di efficienza dei nostri apparati organici: la circolazione, la respirazione, l’efficienza cognitiva, muscolare, articolare, renale e immunitaria. Nel suo nuovo libro Franco Berrino traccia le istruzioni per alimentarsi con giudizio, evitando così di ammalarsi. Mangiare una varietà di cibi naturali, piuttosto che quelli manipolati industrialmente, è uno dei principali segreti per vivere più a lungo e felici. “Per sentirci meglio e vivere più a lungo, però, non basta limitarsi a mangiare bene - dice il professor Berrino - perchè anche la via spirituale ci aiuta ad avere una vita più lunga e più serena.”. “Siamo completamente distratti dall’organizzazione della vita moderna, da questo meccanismo per cui dobbiamo essere sempre animali produttivi, sempre più competitivi. E quindi dimentichiamo che abbiamo qualcosa di straordinariamente importante dentro di noi: L'INTERIORITÀ. E non è tutto, amici. 

Anche l’esercizio fisico quotidiano è fondamentale: è sufficiente anche molto poco. Per chi non ha tempo suggeriamo gli allenamenti a intervalli di alta intensità, cioè, correre rapidamente per un minuto, poi fermarsi per un altro minuto e correre ancora, il più rapidamente possibile, al massimo delle proprie forze per un altro minuto. Questo, ripetuto 4/5 volte funziona tantissimo, sono sufficienti 10 minuti al giorno. Dobbiamo ricordarci di avere un corpo e che ha bisogno di essere trattato bene”, aggiunge il Professor Berrino.

Cari amici, la pratica della meditazione è sicuramente una delle strategie fondamentali per vivere una longevità lunga e sana, che, se praticata correttamente, risulta essere una vera e propria medicina naturale, uno spazio interiore con importanti implicazioni biologiche, che ci permette di fermare il tempo. Insomma, la Meditazione risulta essere una risorsa straordinaria, in termini di rallentamento dei processi di invecchiamento, e, in particolare, della salute mentale (gestione di ansia, depressione e attacchi di panico) e per lo sviluppo delle abilità cognitive. Sono convinto che sia la giusta via da seguire, per cui, Pratichiamola, davvero, la MEDITAZIONE!

A domani.

Mario

martedì, aprile 08, 2025

PERCHÉ LE DONNE PARLANO PIÙ DEGLI UOMINI? UN RECENTE STUDIO HA MESSO IN LUCE LE MOTIVAZIONI E LE CAUSE, SFATANDO LA CREDENZA COMUNE DI UNO STEREOTIPO DI GENERE.




Oristano 8 aprile 2025

Cari amici,

Che le donne fossero universalmente più chiacchierone degli uomini, considerati da sempre più silenziosi, è indubbiamente uno stereotipo di genere duro a morire! Mancando, però, certezze, il problema è stato ripetutamente analizzato dagli studiosi, con risultati, però, alquanto differenti. Uno studio del 2007 aveva affermato che questo stereotipo di genere non aveva fondamenti scientifici, mentre un altro lavoro di ricerca successivo aveva riscontrato effettivamente una maggiore propensione delle donne al dialogo.

Viste le incertezze, gli studi hanno proseguito la ricerca, e, di recente, un gruppo di ricercatori dell'Università dell'Arizona ha ripreso in mano il problema, arrivando a risultati che mostrano un quadro più complesso di quello immaginato finora, arrivando alla conclusione che la maggior propensione al dialogo da parte delle donne non deriverebbe proprio da ragioni biologiche, ma da motivazioni legate alle differenze sociali e culturali tra i due sessi.

Gli studiosi, che nella ricerca sono partiti dai dati dello studio del 2007, ma ampliando alquanto la platea dei partecipanti (quelli del 2007 erano solo 500 partecipanti totali), arrivando a quadruplicare il numero. L’indagine, svolta in quattro paesi, ha analizzato più di 2mila persone (per l’esattezza 2.197 individui) di età tra i 25 e i 94 anni. Le conclusioni sono state davvero interessanti. La prima è che le donne parlano di più, ma non a tutte le età; i ricercatori hanno constatato che: è vero che le donne parlano in media di più, ma solo in una certa fascia anagrafica, ovvero tra i 25 e i 64 anni: in media, infatti, in questo periodo della loro vita, le donne pronunciano 21.845 parole al giorno, mentre gli uomini si fermano a circa 18.570 parole, mentre né prima né dopo sono state evidenziate differenze sostanziali.

I ricercatori si sono posto ancora il problema, ricercandone le cause. Essi hanno ipotizzato che probabilmente le donne parlano di più degli uomini nella fascia 25-64 anni perché questo è il periodo che in genere coincide con l'età di accudimento dei figli. Per i ricercatori, quindi, il bisogno di parlare di più delle donne dipenderebbe dalle costruzioni sociali che tutt'oggi attribuiscono a loro più che agli uomini la responsabilità di occuparsi della cura della famiglia. Ecco, questa appare una motivazione che esclude lo stereotipo di genere!

Come afferma Matthias Mehl, professore di psicologia a capo dello studio, "Le differenze di genere nell'educazione dei figli e nella cura della famiglia sono una possibilità che potrebbe spiegare questa differenza. Se infatti questa differenza dipendesse da fattori biologici, come gli ormoni, questa sarebbe riscontrabili anche nella prima fase adulta, allo stesso modo! Se i cambiamenti generazionali sociali fossero la forza trainante, sarebbe stata evidente una differenza di genere gradualmente crescente tra gli anziani, invece non è emersa nessuna delle due dinamiche".

Il gruppo internazionale guidato da Matthias Mehl, professore presso il Dipartimento di Psicologia dell'Università dell'Arizona (U of A), insieme ai ricercatori Colin Tidwell, Valeria Pfeifer e Alexander Danvers, ha portato alla luce anche una sfumatura interessante e anche inaspettata: il numero totale di parole pronunciate ogni giorno sta diminuendo: se nel 2005 il valore medio era di circa 16.000 parole al giorno, nel 2018 questo valore è sceso a 13.000!

I motivi di questa tendenza alla diminuzione delle parole pronunciate non sono ancora del tutto chiari, ma gli esperti ipotizzano che la crescente diffusione della comunicazione digitale abbia ridotto il bisogno di conversazioni verbali. “Abbiamo osservato una riduzione media di 300 parole all’anno”, afferma Valeria Pfeifer, coautrice dello studio. “Questo potrebbe essere legato all’uso sempre più frequente di messaggi di testo e social media, che stanno progressivamente sostituendo il dialogo faccia a faccia”.

Cari amici, le ultime ricerche stanno mandando in soffitta la consolidata "credenza popolare" che sostiene che le donne siano molto più loquaci degli uomini, un’idea diffusa in molte culture, ma, a quanto pare, così non è. È di certo il compito svolto, alquanto diverso tra uomo e donna, in particolare quello relativo all’educazione dei figli e alla cura della famiglia, ad aver creato questa differenza!

A domani.

Mario

lunedì, aprile 07, 2025

LE MERAVIGLIE DEL NOSTRO CERVELLO: ALCUNI SPECIFICI CIRCUITI SONO DESTINATI ALLA CREATIVITÀ. QUESTI POSSONO SUBIRE, PERÒ, PARTICOLARI, CURIOSE, MODIFICAZIONI...


Oristano 7 aprile 2025

Cari amici,

Che il nostro cervello sia un organo straordinario, in buona parte ancora parzialmente conosciuto, è una realtà che ho già messo in evidenza diverse volte su questo blog.  Ebbene, di recente un interessante studio condotto dai ricercatori del Mass General Brigham e pubblicato su JAMA Network Open, ha scoperto un “circuito neuronale” che si occupa della creatività. Un risultato ritenuto sorprendente, quello di aver scoperto che nel nostro cervello esiste un circuito della creatività! Insomma, la nostra capacità di dipingere, scrivere, suonare uno strumento o una qualsiasi altra attività creativa, dipende praticamente dall’attivazione di un particolare circuiti neuronale del nostro cervello.

Per scoprirlo i ricercatori hanno analizzato i dati di 857 persone che partecipavano a 36 studi FMRI (Risonanza Magnetica Funzionale), scoprendo anche che le persone con lesioni cerebrali o malattie neurodegenerative, che avevano colpito questo circuito, avevano addirittura sviluppato una maggiore creatività! Come ha spiegato Isaiah Kletenik, MD, neurologo presso il Center for Brain Circuit Therapeutics al Brigham and Women's Hospital,  membro fondatore del sistema sanitario Mass General Brigham  e co-autore senior della ricerca, “Con questo studio, volevamo capire quali regioni del cervello sono fondamentali per la creatività e in che modo essa si collega agli effetti delle lesioni cerebrali”,

L’interessante ricerca è stata in primis seguita da Julian Kutsche, primo autore dello studio, che ha completato una borsa di ricerca presso il Center for Brain Circuit Therapeutics, in collaborazione con ricercatori del Center for Brain Circuit Therapeutics, del Boston Children's Hospital, dell’University College London, dell’University of Georgia e del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences e Charité Berlin.

Questi studiosi, analizzando i dati FMRI per identificare le regioni del cervello attivate dalle diverse attività creative, hanno scoperto, prendendone atto, che molti comportamenti umani complessi come la creatività non si associano a una specifica regione del cervello, ma a  specifici circuiti cerebrali; un concetto questo condiviso e affermato con convinzione dal co-autore senior Michael D. Fox, MD, PhD, che ha fondato e dirige il Center for Brain Circuit Therapeutics. Ma lo studio ha rivelato anche un altro dato curioso.

Nel valutare i dati dei pazienti che presentavano cambiamenti nella creatività, dopo i trattamenti ricevuti a causa di lesioni cerebrali e malattie neurodegenerative, gli scienziati hanno fatto un'altra importante scoperta. Come ha dichiarato Julian Kutsche, “alcune persone affette da malattie neurologiche, dopo la malattia si sono ritrovati curiosamente attratti da altre attività creative, sperimentando l’insorgenza di nuovi comportamenti creativi, derivanti certamente dallo specifico danno neuronale subito, con la conseguente modifica del precedente circuito della creatività”.

La scoperta più interessante fatta dai ricercatori è stata, però, quella di scoprire che le diverse regioni del cervello attivate dai compiti creativi erano tutte collegate negativamente al polo frontale destro, una parte del cervello deputata anche alla gestione dei comportamenti basati sulle regole. Una sua ridotta attività potrebbe quindi validare l’ipotesi che la creatività richieda l’interruzione di una funzione. Ad esempio, potrebbe dipendere da un’inibizione delle valutazioni di autocensura che consentirebbe una maggiore libertà d’azione, cosa che darebbe impulso alla generazione di idee nuove, capaci di fluire più liberamente.

“Questi risultati potrebbero spiegare perché alcune malattie neurodegenerative comportano una diminuzione della creatività e altre, invece, un suo aumento – ha sottolineato Kletenik – e, potenzialmente, potrebbero aprire la strada a percorsi di stimolazione cerebrale per aumentare la creatività umana”. Insomma si potrebbe pensare ad un intervento sul cervello, che fino ad oggi poteva essere considerato solo come fantascienza! Ovviamente per ora sono solo ipotesi, in quanto l’intero circuito neurale coinvolto nella creatività deve ancora essere indagato nella sua completezza, perché le regioni cerebrali coinvolte nell’esecuzione dei diversi compiti creativi sono molteplici.

Cari amici, questo studio risulta comunque di grande importanza, in quanto amplia le conoscenze nel campo della neuro diversità, oltre a far luce sui meccanismi che permettono ai cambiamenti cerebrali considerati patologici di migliorare questa funzione, e su come i circuiti del nostro cervello possono influenzare e liberare la creatività. Cari lettori, credo che i misteri del nostro cervello ancora da scoprire siano davvero ancora tanti!

A domani.

Mario

 

domenica, aprile 06, 2025

IL RITORNO AL “PROTEZIONISMO”. TRUMP CON I DAZI CERCA DI CANCELLARE LA GLOBALIZZAZIONE, MA LA SUA POLITICA FALLIRÀ, COME SOSTIENE L’ECONOMISTA RIFKIN.


Oristano 6 aprile 2025

Cari amici,

Nel mondo, dopo il lungo periodo caratterizzato dal PROTEZIONISMO, arrivò la GLOBALIZZAZIONE, con la liberalizzazione delle economie e dei mercati nazionali, che, grazie allo sviluppo delle moderne tecnologie e delle telecomunicazioni, costruì un unico sistema mondiale. Seppure l'apertura non fu semplice, creando non pochi malumori e accorgimenti (non tutti guadagnavano allo spesso modo), grazie anche alla liberalizzazione delle regolamentazioni nazionali, l’integrazione economica portata dalla globalizzazione ci fu, arrivando anche ad integrare, insieme. economica, politica e cultura.

Come accennato prima, i malumori non mancarono, e non tutti gli Stati ebbero lo stesso miglioramento, ma, tutto sommato, il passaggio alla globalizzazione può essere considerato un passo avanti positivo, perché è di certo un fatto innegabile che la liberalizzazione commerciale portata dalla Globalizzazione incrementò sensibilmente il commercio internazionale, favorì l’ampliamento della delocalizzazione, la crescita straordinaria della produttività e, purtroppo, anche della precarietà del lavoro. Ma perché il Presidente di un colosso come gli USA, ora, vuole tornare indietro, economicamente parlando, ripristinando il Protezionismo?

I motivi sono certamente diversi. In primo luogo Trump ha voluto introdurre l’arma dei dazi per riequilibrare nell’immediato la bilancia commerciale statunitense (gli Usa importano più di quanto esportano, specie dall’Europa: circa 350 miliardi contro 580). Ma è chiaro che, in un’economia come quella attuale, così interconnessa, in un mondo che vive da oltre trent’anni di “globalizzazione”, il solo innalzamento delle tasse sull’importazione di beni e servizi non può essere la soluzione dei problemi. Se fosse così semplice, ogni Stato avrebbe da tempo adottato una politica simile. L'uovo di Colombo (per restare in America) esiste solo nelle leggende.

Un altro importante motivo che ha animato Trump è quello di usare la leva dei dazi per fare pressione sui diversi Paesi (europei, canadesi, cinesi, etc.) per ottenere in cambio ciò che Egli ritiene utile per gli Stati Uniti: un maggiore impegno militare (agli europei: non volete i dazi? Pagatevi la NATO), nuove politiche manifatturiere per le tante aziende sparse per il mondo (venite a produrre in America o smettetela di delocalizzare), e così via. Il nuovo Presidente americano, però, non può e non deve dimenticare che le guerre commerciali sono sempre state foriere di inflazione (che ricade in primis sulle tasche dei cittadini suoi elettori), di pericolosi crolli di Borsa (azionisti e risparmiatori stanno già perdendo miliardi di dollari), oltre che di drastici cambi nelle abitudini di consumo, in particolare delle persone meno abbienti.

Amici, il problema è serio, e credo che presto Trump sarà costretto a dare non facili giustificazioni agli americani, che appaiono già alquanto spaventati. Inoltre, gli economisti di tutto il mondo (compreso il Presidente della Federal Reserve Americana) non condividono la sua pericolosa politica, perché all’orizzonte economico mondiale, in un mercato sempre più interconnesso, si profilano movimenti innovativi di alto spessore, che dagli esperti vengono definiti addirittura un inizio di “Terza Rivoluzione Industriale”, che graverà su tutto il mondo. È ormai consolidata, infatti, oltre che in forte ascesa, una nuova tecnologia: “LA STAMPA 3D”, che cambierà in modo drastico le attuali regole del commercio internazionale.

L’economista statunitense JEREMY RIFKIN (Denver, 26 gennaio 1945) grande esperto di mercati, oltre che sociologo, attivista, saggista e magnate statunitense, nel suo recente libro “LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE”, afferma infatti che "L'iniziativa dei dazi portata avanti da Trump fallirà alla luce di una nuova e audace rivoluzione tecnologica che sta entrando sulla scena mondiale e sta cambiando la natura stessa del commercio e degli scambi: la stampa 3D". Poi precisa che: "A differenza dei beni fisici prodotti dalle aziende globali e soggette a tariffe nel commercio mondiale, le PMI che utilizzano tecnologie di stampa 3D possono condividere software digitali per le loro linee di prodotti con distributori locali, ad un costo marginale prossimo allo zero in tutto il mondo. Possono quindi stampare gli articoli e consegnarli ai consumatori senza pagare tariffe. E questo cambia tutto".

Amici, la convinzione di Rifkin è che “la guerra tariffaria globale innescata da Trump non farà che accelerare la transizione negli anni a venire". Secondo l'economista, la stampa 3D sta prendendo piede in tutto il mondo. Diversi colossi come Siemens, Volkswagen e General Electric la stanno sperimentando, e non sono i soli. Questo nuovo sistema, così innovativo da essere definito la Terza Rivoluzione Industriale, sarà travolgente, perché "Riduce i costi delle infrastrutture logistiche e del trasporto, eliminando fino all'11% delle emissioni di gas serra".

Personalmente, credo che il pensiero e le parole di Rifkin debbano essere valutate con il giusto peso. "Mentre le infrastrutture della prima e seconda Rivoluzione industriale sono state progettate per premiare pochi rispetto ai molti, in un gioco a somma zero, l'infrastruttura della terza rivoluzione industriale è progettata in modo che, se lasciata funzionare come previsto, distribuirà il potere economico in modo molto più ampio, favorendo una democratizzazione della vita economica. Strangolare le PMI con i dazi è una politica che alla fine fallirà, in un mondo sempre più distribuito e glocalizzato. La svolta è già qui". Ecco la sintesi del suo pensiero, che io condivido.

Cari amici, credo che Donald Trump, prima di lanciare politiche protezionistiche così pericolose anche per l’economia del suo popolo, avrebbe dovuto consultare molti economisti qualificati, a partire dal Presidente della Federal Reserve Jerome Powell, anziché apostrofarlo con un arrogante e duro: «Abbassi i tassi di interesse e non faccia politica».

A domani.

Mario

sabato, aprile 05, 2025

CURIOSITÀ: MA TU SAI PERCHÈ IL TEMPIO DELLA CHIESA CATTOLICA SI CHIAMA VATICANO? DA COSA DERIVA QUESTO NOME?


Oristano 5 aprile 2025

Cari amici,

Come ben sappiamo la sede più importante della Chiesa Cattolica si trova a Roma e si chiama VATICANO. Il Vaticano, più che una "città particolare" è un vero e proprio Stato, lo “Stato-Città del Vaticano”, che è considerato il più piccolo del mondo. Ha, infatti, una popolazione di soli 825 abitanti, un’estensione territoriale  di 0,44 km² ed è governato dal Papa, con l’antica forma della "monarchia assoluta elettiva". Ma com’è che questa Città-Stato è chiamata Vaticano? Da cosa deriva questo curioso nome? Le origini dei nomi dati alle località, spesso si perdano nel tempo: nascono dal lontano passato, a volte dagli antichi riti praticati in quei luoghi, dai diversi sistemi di vita, di cultura, di religioni praticate e quant’altro.

Quanto al nome “VATICANO”, le cui origini fino a poco tempo fa mi erano ignote, ho scoperto di recente che questo nome non ha stretti legami con  l’attuale storia della Chiesa, in quanto non ha radici che affondano, come molti potrebbero sospettare, nella Bibbia. Vediamo allora, insieme, da cosa potrebbe derivare questo curioso nome. Secondo alcune fonti La sua origine è etrusca, e corrisponde esattamente al nome di una dea pagana, la dea VATIKA, che era custode della loro necropoli. Gli antichi Etruschi avevano un grande rispetto per i loro defunti e praticavano l'usanza di costruire per loro dei grandi cimiteri; ebbene, uno dei più importanti fu costruito su un colle, fuori dalla loro antica città, dove poi sarebbe sorta Roma.

Successivamente, una volta che Roma era diventata una città di grande importanza, autori latini, tra cui Aulo Gellio, scrittore e giurista romano, affermarono che il termine Vaticano era derivato dal nome di un'antica divinità romana, VATICANUS; altri fonti, invece, sostengono la sua derivazione dal verbo latino VATICINOR (in italiano "predire"), in quanto si diceva che nella zona vi fossero diversi oracoli che in quel luogo facevano predizioni del futuro. Anche Secondo Sesto Pompeo Festo, grammatico romano, infatti, in questo luogo si svolgevano le riunioni di diversi indovini di origine etrusca. Plinio il Vecchio, invece, raccontò dell'esistenza sul colle di un leccio, creduto il più antico della città di Roma, al quale si attribuivano poteri magici (quindi capaci di predire il futuro), sul cui tronco era affisso un cartello bronzeo, sul quale erano impresse alcune lettere etrusche.

Amici, secondo la mia personale convinzione (che sicuramente poco conta...), la parola VATICANO è più legata agli indovini, ai “vaticini”, ovvero a quegli antichi responsi dati da quelle particolari persone, ritenute capaci di avere una certa  “visione profetica” del futuro, che poi offrivano ai richiedenti. La parola latina VATICINOR, infatti, significa "predire, profetizzare, essendo tratta da "vatis", "poeta, maestro, oracolo".  Quel “Colle vaticano”, una volta sede degli indovini, ebbe nel tempo ulteriori utilizzi, anche macabri. Secoli dopo diventò la sede di un "pubblico luogo di esecuzione di condanne", come la lapidazione delle persone colpevoli di reati; questo luogo, secondo la leggenda, è quello dove anche San Pietro fu giustiziato, crocifisso a testa in giù e sepolto, poi, nelle vicinanze.  Fu il grande Costantino, successivamente, a edificare sul colle un santuario, quando il luogo era già conosciuto con il nome di Colle Vaticano.

Sempre su quel colle, secoli dopo, venne costruito il palazzo papale e molto altro, fino a diventare la sede centrale della Chiesa Cattolica nel mondo che noi oggi conosciamo. Tanti di noi cristiani, però, quando pensiamo al Vaticano, non sappiamo la curiosa storia di questo nome, forse di origine etrusca, o anche latina. Insomma, amici, tra reminiscenze etrusche prima e romane poi, è curioso sapere che il termine VATICANO, diventato così noto in tutto il mondo, non risulta legato alla storia della Chiesa cattolica romana, mentre in tanti magari abbiamo finora pensato che derivasse dalla BIBBIA, il libro della sua antica storia!

Picasso: particolare della guerra.

Cari amici, la storia dell’uomo è alquanto stratificata! Col passare del tempo una nuova civiltà si sovrappone a quella precedente, ma alcune radici restano. Insomma, la storia è sempre stata intricata e contorta, in un’alternanza di alti e di bassi, di periodi di guerre e di pace, di grandiosità e di bassezze, di buio e di splendore. Un’altalena che continua ancora oggi, dove la certezza di vivere una vera pace, in una comunità felice e serena, appare sempre più fragile. Cosa ci riserva il futuro? Chissà!

A domani.

Mario