venerdì, giugno 27, 2025

LA CURIOSA STORIA DI UN BIMBO MAI NATO, RIMASTO PER 30 ANNI NEL VENTRE MATERNO. IL RARO FENOMENO DEL LITHOPEDION.


Oristano 27 giugno 2025

Cari amici,

La gravidanza è un fenomeno straordinario, quasi incredibile! Nel corpo della donna si crea una particolarissima trasformazione nel corpo, tutta una serie di modifiche che predispongono la donna a creare una nuova vita! È un processo non certo semplice, anzi particolarissimo, e, quando una donna scopre di aspettare un bambino, di norma scoppia in una grande gioia, mista però anche a preoccupazione, perché la sua vita da quel momento cambierà in modo profondo. Per una donna, l’idea di portare dentro di se una nuova vita crea un turbinio di sentimenti incredibili che solo lei, destinata a costruire una nuova vita, prova e conosce.

Amici, ho fatto questa premessa per parlare con Voi oggi di un particolarissimo fenomeno, legato proprio ad una inusuale gravidanza, quella extrauterina addominale; è questo un raro fenomeno chiamato LITHOPEDION (il termine lithopedion deriva dal greco antico líthos=pietra e paidion=bambino), detto anche litopedio, che definisce la particolare morte del feto, che non fuoriesce spontaneamente ma resta incistidato nel ventre della madre. Una volta che ha cessato di vivere, il materiale di cui è costituito il feto viene riassorbito dalle strutture circostanti, e, in assenza di complicanze nel feto, si depositano dei sali di calcio, progredendo in un processo di mummificazione, che dà origine al lithopedion.

I numerosi studi medici hanno appurato che non è raro che un lithopedion rimanga non diagnosticato per molto tempo; solo quando la madre, colpita da altre patologie, avrà necessita di una radiografia o di una ecografia,  o di un possibile intervento chirurgico, verrà scoperto il Lithopedion. Il permanere di un Lithopedion per anni nel ventre di una donna è un evento raro, ma tuttavia possibile. Un fenomeno rilevato anche nell’antichità, se pensiamo che  la prima descrizione scientifica si trova in un trattato del fisiologo Albucasis nel X secolo d.C.; un litopedio ancora più antico fu ritrovato durante alcuni scavi archeologici, con datazione intorno all'XI secolo a.C.

Amici lettori, ecco oggi per Voi la curiosa storia di un recente, particolarissimo caso di Lithopedion, una notizia da me rinvenuta On line durante le mie quotidiane scorribande in rete. Il racconto ha per titolo “IL FIGLIO CHE NON È MAI NATO… MA NON SE N’È MAI ANDATO. La protagonista è Rosa, che lo ha scoperto all’età di 74 anni quando entrò in ospedale. Rosa veniva da un piccolo villaggio di campagna, un luogo dove il tempo scorre lento e le donne imparano a stringere i denti, a non lamentarsi mai troppo. Si presentò in ospedale a causa di un forte dolore addominale presente da tempo ma non così forte; un dolore antico, dunque, ostinato, che lei aveva imparato ad ignorare. Era un peso che lei portava dentro di sé da oltre trent’anni. Dopo che i medici iniziarono gli esami, fecero sia un’ecografia che una TAC. La meraviglia non era di poco conto: nel suo addome c’era un feto! Restarono ammutoliti! Nell’addome della donna, pietrificato da tempo, c’era un bambino, avvolto dal suo stesso corpo in una sottile armatura di calcio.

Era da anni dentro la sua mamma, immobile, pietrificato come una statua, da più di tre decenni. Si era proprio un Lithopedion, il frutto di una delle più rare e difficili gestazioni conosciute: quando un feto muore fuori dall’utero e non può essere espulso, il corpo lo avvolge nel calcio per proteggersi, creando una particolare “tomba silenziosa” nel ventre materno. Si, una specie di sepoltura biologica! Finiti gli accertamenti i medici comunicarono la notizia a Rosa; lei ascoltò la diagnosi con calma, come se già la conoscesse. Dopo aver abbassato gli occhi,  disse soltanto: "Lo sapevo. Ho sempre saputo che qualcosa era rimasto dentro di me."

Raccontò loro la sua storia. A quarant’anni aveva sentito i segni: la nausea, il gonfiore, quei piccoli movimenti che solo una madre riconosce. Capì di essere rimasta incinta. Ne era certa. Anche senza visite, anche senza ecografie. Ma poi tutto si spense. Non ebbe perdite, tutto si fermò senza spiegazioni di sorta. In lei solo un vuoto crescente, e un senso di pesantezza che non riuscì a comprendere. I medici la ascoltarono attenti, muti, capirono che la donna viveva un momento particolare, che l’aveva riportata indietro nel tempo. Silenzio che rispettarono.

Eseguirono l’intervento, rimuovendo quei resti con una cura rispettosa. Erano visibili ancora le ossa, il profilo fragile di un cranio, una mano minuscola, come in attesa di essere stretta. Anche i medici erano sconvolti. Rosa, invece, dopo aver saputo restò serena, pensando che il suo piccolo era voluto restare con lei! Quello stranissimo concepimento, seppure l’aveva privata della gioia di vedere nascere e crescere un figlio, non lo viveva come un’anomalia: era un suo figlio particolare che era voluto restare sempre con lei! Un suo bambino che non aveva mai respirato, che non aveva mai pianto, ma che, silenziosamente, era rimasto con lei per oltre trent’anni.

Per i medici, invece, era un caso raro da studiare. Un caso che viene analizzato nelle aule universitarie, che viene citato nei libri di medicina come un evento eccezionale. Nessun manuale di medicina, però, potrà mai descrivere, raccontare, cosa prova una madre che per decenni ha custodito nel suo grembo un frutto mai sbocciato, che ha conservato un amore mai vissuto, un legame che ha resistito nel tempo, all’assenza di una vita desiata, sfidando anche la morte. Il bambino di pietra custodito nel grembo di Rosa non è mai nato, ma per lei non ha mai smesso di esistere.

A domani.

Mario

 

 

 

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