mercoledì, aprile 30, 2025

“ADOLESCENCE”, LA SERIE TV CHE FA UNA SERIA RIFLESSIONE SULLE FAMIGLIE DI OGGI E SUI DIFFICILI RAPPORTI TRA GENITORI E FIGLI.


Oristano 30 aprile 2025

Cari amici,

Voglio chiudere i post di questo mese di Aprile parlando con Voi di uno dei problemi che io vedo più seri in questo primo scorcio del Terzo Millennio: la necessaria formazione che dovrebbe essere impartita ai giovani. Che L’ADOLESCENZA sia un periodo alquanto difficile, connotato da cambiamenti rapidi e profondi, è una realtà che non solo col passare del tempo non conosce miglioramenti, ma addirittura risulta aumentare, aumentando anche in modo forte, le problematiche. È, indubbiamente, un periodo particolare, l'adolescenza, che vede  nei ragazzi e nelle ragazze dei forti cambiamenti, fisici e psicologici, un periodo in cui essi devono imparare a gestire le forti emozioni insite nel cambiamento, e a rapportarsi nel modo giusto col mondo esterno, quello degli adulti.

Secondo gli adulti, in particolare le famiglie, l’adolescenza dei propri figli, è un periodo denso di incognite, difficile da gestire in quanto ricco di problemi. Per un giovane che cerca di costruire la propria identità, passando dal periodo dei giochi a quello della maturità (l’adolescenza inizia a 12 anni e termina verso i 24 anni circa), è uno sforzo notevole, aggravato anche dal fatto che si trova a combattere con problematiche ormonali difficili da controllare. Una delle più note caratteristiche dell’adolescenza, infatti, è quella del conflitto con i propri genitori, che in realtà riguarda la gran parte delle famiglie.

In un nucleo familiare dove entrambi i genitori sono impegnati nel lavoro, l’adolescenza dei figli è una fase molto difficile da gestire. Da un lato c’è l’insoddisfazione creata alle famiglie dalle “compagnie sbagliate” dei propri figli, a cui si aggiungono gli scarsi risultati scolastici e quelli del comportamento poco consono, in casa e fuori. Il figlio adolescente viene descritto prepotente, impulsivo e poco rispettoso delle regole. Dall’altro lato il ragazzo, costantemente richiamato dai genitori, li sente distanti, quasi estranei, vedendoli sempre più come controllori e pronti al richiamo. Un conflitto difficile da sedare e che può portare anche a conseguenze nefaste.

Amici, su questo difficilissimo argomento è stata di recente lanciata in TV (su Netflix) la miniserie creata dagli inglesi Jack Thorne e Stephen Graham: “ADOLESCENCE”, che al momento risulta essere, sull’argomento, tra le serie più importanti di sempre, e che, tra l’altro, non parla solo dei teenager. È un vero ritratto sociologico dei giovani d’oggi, benché racconti comunque una storia di finzione. Si, amici, ci sono tante cose sconvolgenti in Adolescence, e, tra queste, senz'altro, spicca la bravura del protagonista al suo esordio assoluto.

La miniserie risulta articolata su quattro puntate di un’ora ciascuna, considerato che deve esaminare un problema complesso sotto molteplici angolature. Fatte salve le implicazioni sociali, la scelta tragica ma ingegnosa di focalizzare l’atternzione su un tredicenne serve anche a suscitare un forte grado di empatia, di attenzione e di sconcerto. Adolescence è diventata la serie TV del momento, ricercata e visionata con successo, data l’età tanto giovane e fragile del protagonista, benché anche un protagonista adulto avrebbe sollevato interrogativi tutto sommato molto simili.

Uno degli autori della serie, Stephen Graham, che è anche interprete, ha dichiarato che uno degli obiettivi di Adolescence era quello di interrogarsi proprio su cosa sta accadendo alle giovani generazioni, soprattutto vista la pressione crescente che subiscono e derivante da realtà virtuali come internet e i social. Strumenti, questi, che, se usati correttamente, possono anche offrire un mare di informazioni e mettere in contatto persone da ogni parte del mondo; ma che troppo spesso, soprattutto negli ultimi tempi, sono diventati veri bacini di odio e aggressività da esprimere poi sia dentro che fuori da uno schermo.

Adolescence, amici, tratta dei danni pratici che un simile utilizzo sconsiderato dei Media porta, in quanto condizionato da correnti come il bullismo (cyber e non) e il sessismo che hanno condotto a stravolgimenti come la MANOSFERA - termine che indica forum e comunità che sostengono la misoginia e la supremazia maschile online - e gli INCEL (ovvero i membri di una subcultura online). Quest’ultima parola che, deriva da involuntary celibate (tradotto "celibe involontario”) indica uomini che affermano la supremazia maschile e accusano le donne e il femminismo per avergli negato il diritto di avere dei rapporti sessuali.

Cari amici, la serie ADOLESCENCE, pur non raccontando un avvenimento realmente accaduto, è una bella istantanea sulla nostra contemporaneità, vissuta dalla società in cui siamo immersi, volenti o nolenti. È un racconto che evidenzia il pericolo di un uso dei social fuori controllo e, soprattutto, spinge a riflettere sul bisogno di ragionare, senza sé e senza ma, con i giovani di oggi, in particolare sul significato di parità di genere e del ripudio della violenza. Personalmente consiglio ai genitori con figli adolescenti di impegnarsi a vedere la serie: di certo ne trarranno beneficio! Rivolgo anche un invito alla scuola, sollecitandola ad attivare – finalmente - quelle ore di educazione sentimentale e sessuale promesse e mai realizzate.

A domani.

Mario

martedì, aprile 29, 2025

COSA DIFFERENZIA L'INTELLIGENZA UMANA DA QUELLA ARTIFICIALE? UN QUALCOSA DI MOLTO IMPORTANTE, DI UNICO: LA COSCIENZA.


Oristano 29 aprile 2025

Cari amici,

L’uomo, come sottolineano molti scienziati che non ammettono che il nostro cervello contenga al suo interno quella parti immateriali che vengono definite “MENTE E COSCIENZA”, sono convinti che la persona umana è costituita solo da un corpo meccanico, praticamente equiparato ad una macchina, ad un computer, che domani potrà addirittura risultare più intelligente di qualsiasi essere umano. Si, molti scienziati non riconoscono il valore di Mente e Coscienza, in quanto essendo queste sostanze immateriali, dichiarano che non esistono. Il problema, invece, esiste eccome, anche se finora risulta alquanto difficile da approfondire e risolvere.

La realtà, comunque, è che noi non siamo soltanto “un corpo”, ovvero una struttura fisica, per quanto complessa, ma ben altro. Non siamo soltanto semplici macchine biologiche, siamo – come diceva il grande PLATONE – “esseri spirituali, imprigionati in un corpo fisico, mortale”, e in questo corpo la mente è un fenomeno fondamentale. La coscienza, a sua volta, è la capacità di conoscere la complessità del mondo attraverso le esperienze personali fatte. La mente e il libero arbitrio non sono proprietà irriducibili della natura, ma vengono prima della materia.

Si, amici, il "problema della coscienza" è un problema talmente difficile e complesso, anche da definire. Possiamo iniziare descrivendola come l’esperienza soggettiva di sé stessi e del mondo, un flusso ininterrotto di percezioni, emozioni e pensieri che ci rende consapevoli di ciò che accade dentro e fuori di noi. È un problema così complesso da risultare uno dei più grandi enigmi delle neuroscienze e della filosofia della mente! Diversi scienziati e filosofi hanno provato a darne una definizione, ma il dibattito è ancora aperto e animato, ed è arrivato a coinvolgere le aree di ricerca più disparate, dalla medicina alla fisica.

Il premio Nobel per la medicina, Rita Levi-Montalcini ha avuto modo di dichiarare che “non si conoscono né la sede né la natura della mente”. Ciò significa che rimane ancora un grande mistero irrisolto il problema relativo a Mente e Coscienza, diventato la grande sfida della neurobiologia (Kandel). È la mente- come afferma il neuroscienziato David Chalmers– che “ci rende umani”: senza, agiremmo come dei “robot”, e la vita “non avrebbe alcun senso. Nessuna macchina possiede fenomeni, come i nostri pensieri, le nostre emozioni, i sentimenti, le sensazioni, la scintilla umana di spirito, l'empatia, l'amore e la compassione”!

In questo millennio, amici, si parla tanti di “Intelligenza Artificiale”, ma sarà impossibile arrivare a clonare in toto la mente umana. Nell’uomo c’è qualcosa di “irriducibile”, qualcosa per cui “nessuna macchina” potrà mai sostituirlo completamente. Tra l’uomo e la macchina c’è una “differenza incolmabile”. Questa differenza sta nella mente, nella coscienza e nel libero arbitrio. Per Federico Faggin, il grande fisico inventore del microchip,  profondo conoscitore dell’A.I., "la materia non potrà mai produrre stati d’animo, emozioni o sentimenti, gioia o tristezza. In una macchina non ci sono simboli e sentimenti. I simboli, il pensiero, il dubbio esistono solo nella nostra mente, non in un meccanismo”.

La vita dell’uomo non è soltanto un corpo e un cervello, ma una struttura complessa che costituisce ancora una grande incognita che gli scienziati continuano a studiare. Secondo J.L. Borges, scrittore, poeta e saggista argentino, “La vita dell’uomo, nel suo percorso così affascinante e imprevedibile, piena di luci e ombre, oltre che di mistero, ‘non è spiegabile soltanto con la biochimica’, ma richiede nuove dimensioni che vanno oltre la materia”, in quanto comprende una presenza trascendente: la presenza di una realtà più vasta della realtà fisica”.

Cari amici, scoprire realmente cos’è la COSCIENZA non è stato ancora possibile: resta, infatti il più grande mistero delle neuroscienze. Nessuna Intelligenza Artificiale potrà mai eguagliare l’uomo, perché non potrà mai andare oltre la sua fisicità. Potrà, mai, una macchina, per quanto complessa, provare sentimenti, ridere o piangere, sacrificarsi fino a dare la vita, percepire il sapore di un dolce, il profumo di un fiore o il colore azzurro del cielo e del mare? C'è solo da riflettere...

A domani, amici lettori.

Mario

lunedì, aprile 28, 2025

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E FUTURO DEL LAVORO: SECONDO BILL GATES, TRA POCHI ANNI (CIRCA 10) LAVOREREMO SOLO 2 GIORNI LA SETTIMANA.


Oristano 28 aprile 2025

Cari amici,

Che l’Intelligenza Artificiale, in tempi relativamente brevi, avrà, nel mondo del lavoro, un impatto sotto certi aspetti devastante, comincia ad essere più una realtà che un’ipotesi possibile. A dirlo con convinzione non è un personaggio qualsiasi, ma un certo Bill Gates, che nel campo dell'A.I. è di certo da considerare un grande esperto! Per lui, fondatore di Microsoft, L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE sostituirà la gran parte delle attività svolte oggi dall’uomo, e ciò darà il via a quella possibile, terrificante previsione fatta tempo fa da Karl Marx, ed esposta nel suo libro "IL CAPITALE": la meccanizzazione porterà al collasso il Sistema capitalistico. Le aziende, infatti, che sicuramente si terrebbero tutti gli extra profitti ricavati con le macchine, sarebbero aggredite da valanghe di milioni di uomini e donne senza lavoro, che, per sopravvivere, scatenerebbero una guerra senza esclusione di colpi, che distruggerebbe ogni cosa!

Il problema non è solo teorico, in quanto già esiste in parte, ed è di rilevanza mondiale. Secondo BILL GATES, in meno di un decennio saranno i robot, forniti di Intelligenza Artificiale, a sostituire l’uomo nella gran parte dei lavori finora svolti, e che – nella migliore delle ipotesi – consentiranno alla specie umana di lavorare limitatamente (per determinate specializzazioni) per pochi giorni, calcolati in circa 2 alla settimana. “Al ritmo attuale dell’innovazione - ha affermato Gates - gli esseri umani non saranno più necessari per la maggior parte delle mansioni e dei mestieri, per cui presto sarà necessario ripensare il concetto stesso di lavoro”.

Amici, a pensare tutto questo non è solo la fervida mente di Bill Gates, ma ormai sono in tanti, a partire da chi lavora nella Silicon Valley, quel luogo definito “il cuore pulsante dell’innovazione tecnologica mondiale”. Anche a Wall Street ormai si è capito che il mondo del lavoro è destinato a cambiare profondamente nei prossimi anni. Secondo l’Amministratore delegato di JP Morgan, Jamie Dimon, l’avvento dell’intelligenza artificiale “rende il lavoro meno prioritario” e con molta probabilità “si arriverà a una settimana lavorativa di tre giorni e mezzo circa”.

Amici, il numero dei giorni lavorativi in una settimana, tutto sommato è poco rilevante, mentre la parte del leone la faranno le retribuzioni. Lavorare due o tre giorni la settimana, che riduzione salariale comporterà?  Una possibile decurtazione degli stipendi del 60 o del 40% non sarebbe sostenibile per le famiglie. La risposta possibile è una sola: lavorare meno mantenendo la stessa retribuzione di prima! Per quanto assurdo possa sembrare, in realtà non esistono alternative, perché altrimenti scoppierebbe una guerra civile! Le aziende, pertanto, saranno costrette ad accettare la nuova realtà per la loro stessa sopravvivenza!

Dico questo perché per la sopravvivenza del “Sistema capitalistico”, gli stipendi e le retribuzioni garantiscono la circolazione dei bene e servizi, e senza le retribuzioni, CON LE TASCHE VUOTE,  i beni chi li comprerebbe? E qui torna in ballo Karl Marx e la sua previsione apocalittica sul previsto collasso del sistema capitalistico. Marx già nel 1800 aveva intravvisto la principale debolezza del sistema capitalistico: il progresso tecnologico avrebbe aumentato la rendita del capitale a scapito della retribuzione del lavoro. Un processo inevitabile, in cui “LA DOMANDA NON È PIÙ IN GRADO DI ASSORBIRE L’OFFERTA”, per cui ciò porrebbe fine al Modello capitalistico, con un eccesso di produzione che nessuno sarebbe in grado di acquistare.

Finora, ciò non è ancora successo, in quanto il capitalismo è riuscito, seppure con difficoltà, a sopravvivere all’innovazione tecnologica, ma i tempi, con l’arrivo massiccio dell’Intelligenza Artificiale, appaiono maturi. Si, l’intelligenza artificiale potrebbe operare la più grande cancellazione di posti di lavoro mai avvenuta nella storia, e ciò rischia di far avverare la previsione di Karl Marx sul collasso del sistema capitalistico, una rivoluzione che potrebbe avere conseguenze inimmaginabili per la sorte del pianeta!

Cari amici, credo che in tanti stiamo sottovalutando i rischi derivanti dall’avanzare senza controllo dell’Intelligenza Artificiale. Superati determinati limiti, il mondo rischia il collasso! Ovviamente, questo delicato processo di riconversione industriale dovrà essere attentamente seguito dalle autorità politiche delle grandi potenze mondiali, che solo con un ferreo controllo del continuo avanzare dell’A.I., potrà, stabilendo delle regole certe, fermare questo ipotetico disastro, ancorché, comunque, alquanto possibile. Ne va del futuro del pianeta e dei suoi abitanti.

A domani.

Mario

domenica, aprile 27, 2025

DEFICIT DELL'ATTENZIONE E DISTURBO BIPOLARE: DUE MALI IN AUMENTO, FORSE ANCHE A CAUSA DELLA VITA SEMPRE PIÙ STRESSANTE CHE CONDUCIAMO.


Oristano 27 aprile 2025

Cari amici,

Il particolare disturbo noto come ADHD (acronimo inglese di: Attention Deficit Hyperactivity Disorder),  che nei soggetti colpiti indica un particolare deficit di attenzione e iperattività (sviluppatosi in particolare nello scorso periodo pandemico del 2020), continua la sua marcia in aumento, tanto da essere arrivato a coinvolgere da 1 a 2 milioni di adulti in Italia, che, spesso, ne soffrono senza saperlo. Questo male da noi è semplicemente noto come “Deficit dell’atternzione”, ed è un problema serio, che si è addirittura quadruplicato in questi ultimi 5 anni.

Indubbiamente l'ADHD è un male insidioso, sotto certi aspetti molto simile al “Disturbo Bipolare”, altro serio problema che nei soggetti colpiti altera in modo significativo l’umore, l’energia e la capacità di gestione della giornata. Le persone colpite da questi due mali, sotto certi aspetti alquanto simili, vivono alternando momenti di inattività e di iperattività, passando dalla depressione all’euforia, dalla calma all’impulsività, in un’altalena vissuta tra una calma silente e una compulsiva iperattività, che portano nel soggetto un profondo senso di tristezza, perdita di interesse e fatica estrema.

Ma come arrivare alla corretta diagnosi per chi soffrire di questi mali? Per diagnosticare la presenza di ADHD bisogna innanzitutto fare delle particolari verifiche; per esempio: se il soggetto si distrae facilmente, ha difficoltà ad organizzare i lavori, risulta smemorato, si agita in modo eccessivo, interrompe le persone durante una conversazione e si senti spesso irrequieto; oppure, se manifesta sintomi di disattenzione e/o di iperattività̀ fin dall’infanzia, ma senza mai ricevere una diagnosi; o ancora, se ha problemi di dimenticanza o difficoltà di concentrazione, che incidono in modo significativo nella sua vita, sia lavorativa che familiare e sociale.

Per quanto riguarda, invece, Il DISTURBO BIPOLARE, un tempo noto come psicosi maniaco-depressiva (una condizione psichiatrica che altera in modo significativo l’umore, l’energia e la capacità di funzionamento quotidiano), il soggetto che ne soffre passa da momenti di euforia, iperattività e impulsività, al suo contrario, ovvero alternati ai momenti depressivi, nei quali avverte un profondo senso di tristezza, perdita di interesse e fatica estrema. Questa instabilità emotiva può interferire con le relazioni sociali, il lavoro e la qualità della vita.

Amici, come accennavo prima, non è improbabile che l’aumento di entrambi questi sintomi siano dovuti anche al tipo di vita che conduciamo, sempre più caotico e stressante, ma alla base ci sono certamente anche degli altri  fattori, a partire da quelli genetici, biologici e ambientali. Possono contribuire, infatti, all’insorgenza di queste malattie, delle alterazioni nella struttura cerebrale, degli squilibri neurochimici e la presenza di eventi stressanti nella vita delle persona colpita. Inoltre, chi ha parenti di primo grado affetti da questi disturbi, ha un rischio maggiore di svilupparli.

Come intervenire nei casi in cui ci si trovi colpiti da questi mali? Per quanto riguarda il disturbo bipolare, il trattamento farmacologico consigliato comprende stabilizzatori dell’umore, antipsicotici e, in alcuni casi, antidepressivi. La psicoterapia aiuta a riconoscere i segnali di ricaduta e a sviluppare strategie per affrontare le oscillazioni dell’umore. Per quanto riguarda, invece, il disturbo da “Deficit di attenzione”, pur non esistendo una cura risolutiva per l’ADHD, alcuni trattamenti possono contribuire a ridurre i sintomi; lo specialista potrà consigliare farmaci specifici, come stimolanti e anti-stimolanti, fino agli antidepressivi. L’approccio è multidisciplinare.

Cari amici, i mali, di qualsiasi natura siano, vanno sempre diagnosticati quanto prima e le cure, prescritte dagli specialisti, debbono essere seguite con convinzione. Quanto alla durata delle terapie, poiché siamo tutti diversi, la durata varia da paziente a paziente. Alcune persone dovranno assumere il farmaco per un anno o due, mentre altre dovranno ricorrere alla terapia per molti più anni.

A domani.

Mario

sabato, aprile 26, 2025

I SARDI E I LORO CURIOSI MODI DI DIRE: IL SIGNIFICATO RECONDITO DEL DETTO “SESI MANNU PO DE BADAS”.


Oristano 26 aprile 2025

Cari amici,

Nel mio post su questo blog del 9 maggio del 2014, ho parlato a lungo dei “modi di dire”, delle espressioni spesso taglienti che i sardi utilizzano  nella loro particolare lingua. Chi è particolarmente curioso può andare a leggere quanto scrissi allora cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2014/05/la-cultura-del-popolo-sardo-attraverso.html. Si, in realtà la saggezza dei sardi la troviamo in una miriade di modi di dire, proverbi (dicius), che riguardano tutte le manifestazioni della vita: dall’amore all’odio, dalla religione alla vita quotidiana, dalle annate buone a quelle cattive, dal rimpianto per  non aver colto un’occasione, alla troppa fretta nel fare le cose.

I proverbi sardi, i DICIUS, credo che siano nati per sintetizzare la passata esperienza dei nostri antenati e poterla così trasmettere ai posteri: le brevi e spesso taglienti affermazioni contenute sono la sintesi di un processo di vita, la risultante, a volte amara, di un errore da non ripetere. Per testimoniare l'alto valore attribuito ai proverbi nella civiltà isolana, il grande glottologo Giovanni Spano li raccolse, nel secolo scorso, dalla viva voce del popolo e li pubblicò in appendice al suo Vocabolario sardo-italiano. Egli sosteneva che: “Ogni proverbio è un’avvertenza, è il maestro del presente e del futuro. E’ pure un conforto nelle disgrazie, sentendosi naturalmente citare dagli amici per lenirle, o da se stessi per rassegnarvisi…”.

Questa riflessione, come accennato prima, la feci oltre DIECI (10) anni fa e la ripeto ancora oggi, evidenziando in modo particolare un detto apparentemente semplice ma che in realtà non lo è:  “SESI MANNU PO DE BADAS”. Questo detto, è di certo non riferito all’altezza fisica della persona in questione, ma alla sua scarsa “grandezza” interiore, intesa questa come abilità, conoscenza di vita e capacità relazionale nei confronti degli altri. Un’espressione, insomma, usata spesso per definire un soggetto poco capace, del quale, in particolare, era necessario non doversi o potersi fidare.

Il sardo, amici, non è solo una lingua complessa, è uno strumento, non certo fisico ma verbale, capace, all'occasione, di colpire, di tagliare come un coltello affilato (come una “LEPPA”), utilizzato per definire, meglio ancora per scuotere,  chi appare inadatto alla mansione di cui la tagliente espressione parla. Un’arma sicuramente efficace, che io considero un capolavoro di saggezza popolare, intrecciata ad una sottile, ma affilatissima, ironia. Quello di cui voglio parlare con Voi oggi, tagliente lo è proprio in modo forte, un detto che avvilisce, che squalifica, che dà un serio voto di bocciatura, alla persona definita “Mannu po de badas”.

Per i sardi, cari lettori, è stato un vero dramma la decisione presa dal Governo nazionale, di tagliare la lingua sarda per “imporre” l’italiano! Lo si è fatto con la forza, fin dagli inizi del secolo scorso, vietando sia nelle scuole che nella Pubblica Amministrazione l’uso del sardo. Oggi, sono pochissimi quelli appartenenti alle nuove generazioni che conoscono bene la lingua sarda. Un errore che noi sardi stiamo pagando alquanto caro! I giovani di oggi credo che non si rendano conto della perdita di questo patrimonio, della nostra identità, che sta andando in malora, Per loro, ormai, risulta davvero difficile comprendere la fine ironia della nostra amata lingua, con i suoi DICIUS, tra cui proprio il detto “Sesi mannu po de badas”!

Chi di loro, magari per caso, scoprirà questo detto, non faticherà troppo a intuirne il significato: la traduzione, infatti, è quasi matematica: mannu vuol dire “grande”, po de badas significa “invano” o “per niente”, per cui, tradotto alla lettera, il detto identifica qualcuno che è “grande per niente”, ovvero invano! Ecco, qui arriva la stoccata: il proverbio viene usato per descrivere persone – quasi sempre uomini, ma la parità di genere nell’ironia sarda è ancora in discussione – che sfoggiano un fisico imponente, magari due spalle larghe come un armadio a quattro ante, ma che, ahimè, non brillano esattamente per arguzia!

Cari amici lettori, nella nostra amata lingua sarda il soggetto così classificato, a fronte di una prestante presenza fisica, appare sì un gigante, ma solo in altezza e robustezza! Un quintale di muscoli, certo, ma incapace di qualsiasi altra valida mansione da affidargli! Il soggetto “Mannu po de badas” è, insomma, un’accozzaglia di muscoli, un mulo forzuto, ma incapace di progettare e realizzare un’azione valida e positiva. Che peccato che la lingua sarda sia quasi diventata una lingua perduta! In questo ruvido detto la lingua sarda, intrisa di una millenaria cultura, evidenzia tutto il suo valore: l’essere una vera “Leppa tagliente”, capace di colpire, col suo bonario cinismo, anche se espresso con un ironico sorriso!

A domani.

Mario

venerdì, aprile 25, 2025

LA CHIESA E IL SUO PIÙ ALTO RAPPRESENTANTE: IL PAPA. LA MIA RIFLESSIONE DA CRISTIANO PRATICANTE.


Oristano 25 aprile 2025

Cari amici,

Da cristiano sto vivendo con grande sofferenza e commozione il ritorno alla Casa del Padre del nostro amato PAPA FRANCESCO. Ma, a turbare il mio dolore per la scomparsa del Santo Padre stanno contribuendo non poco le innumerevoli, martellanti affermazioni sibilline, anche polemiche, che l’accompagnano, fatte anche di critiche velate, di melliflue “esternazioni”, provenienti da personaggi che a suo tempo Cristo definì “Farisei e Pubblicani”.

Si, da un lato assistiamo al grande dolore espresso dalle tantissime persone che lo hanno amato, ma anche ad un’immensità di “lacrime di coccodrillo”, versate da Capi di Stato e di Governo che fino al giorno prima lo esecravano, per aver contestato la loro politica, ed anche ai diversi “distinguo” espressi da quella cerchia di persone, spesso a Lui alquanto vicine, che ora ne contestano, in modo più o meno velato, l’apertura mentale, ipotizzando “cambi epocali” nella scelta della futura, prossima guida della Chiesa di Roma.

Amici, l’argentino di origine italiana (piemontese) Jorge Mario Bergoglio, nato nel 1936 a Buenos Aires, divenne Papa nel 2013 col il semplice nome di FRANCESCO, in un momento in cui la Chiesa attraversava un pericoloso momento: quello delle dimissioni di Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, che dopo molti secoli rinunciò alla carica come in passato fece Celestino V. E così il Gesuita J. M. Bergoglio divenne Papa, assumendo il semplice nome di Francesco, l’umile, grande frate che amava i poveri e la natura.

L’amore per le classi povere, per l’uguaglianza e per la natura, Francesco lo mostrò fin dai primi giorni di pontificato: voleva, ed è stato, il Papa degli ultimi, dei poveri, degli emarginati, dei migranti, dei perseguitati per la fede; ha sempre predicato la fratellanza e la pacifica convivenza, martellando ogni giorno i governanti, invitandoli a cercare e trovare la pace, lasciando da parte egoismi e sete di potere. Durante il suo pontificato, durato poco meno di dodici anni, ha cercato di apportare sostanziali e profonde riforme alla Chiesa cattolica mondiale; ha vissuto periodi di grande preoccupazione, come quello della pandemia, e a noi resta indimenticabile l’immagine simbolo del Papa, da solo, in una Piazza San Pietro vuota e piovosa.

Francesco ha amato il mondo più di se stesso, ha voluto applicare il Vangelo nella sua vera essenza, quella dell’uguaglianza, dell’altruismo e non dell’egoismo, condannando la predominanza del capitale rispetto all’uomo, che per sete di potere continua a tessere guerre e spoliazioni, distruggendo ad ogni piè sospinto anche il creato! Proprio alla salvaguardia di questo grande bene ha dedicato la sua enciclica «Laudato si’», emanata nel 2015. A lungo ha ammonito il mondo e tutti noi: «Il mondo ha bisogno di dialogo, ha bisogno di pace».

Amici,  tra poco il corpo di Francesco, come da sua espressa richiesta raggiungerà la Chiesa di S. Maria Maggiore, dove le sue spoglie riposeranno con semplicità per terra, coperte da una lastra dove vi sarà scritto semplicemente “FRANCESCO”. Anche questo è un modo per ricordare a tutti di evitare lussi ed onori, perché Egli si è sempre considerato un uomo chiamato da Dio per servire e non per essere servito. Il suo è un grande esempio che ci dovrebbe davvero far riflettere tutti, senza sé e senza ma!

Ora si apre la fase più delicata: quella della sua successione. Al soglio di Pietro, tanti i pretendenti, ma credo che molti dei cardinali che entreranno in conclave, nella speranza di diventare Papa, ne usciranno ancora cardinali! Mi ha stupito molto l’affermazione fatta da un porporato, che ha detto che il mondo non ha bisogno di un Papa che prosegua la via tracciata da Francesco, ma di un Papa che continui la strada tracciata dal primo Papa, San Pietro. Dichiarazione alquanto sibillina, che appare come una critica velata all’operato di Francesco.

Cari amici, da cristiano praticante, voglio aggiungere solo una cosa: sopra di noi c’è il nostro Dio, nostro immenso creatore, che, sapendo della nostra fragilità umana, della nostra pochezza, credo che sorriderà non poco delle tante, inopportune chiacchiere e polemiche, riguardo al successore di Francesco! Quando i cardinali elettori, riuniti in Conclave per scegliere il nuovo Papa, si concentreranno sul nome da votare, saranno certamente ispirati dallo SPIRITO SANTO,  che guiderà la loro mente e il loro cuore, e dalle schede uscirà il miglior nuovo Papa possibile, che dovrà governare la Chiesa nei prossimi anni.     

A domani, amici lettori.

Mario