domenica, aprile 13, 2025

LA RISCOPERTA NEL TERZO MILLENNIO DELLE “CITTÀ SOTTERRANEE”. L’ESEMPIO DI HELSINKI: SOLO PER PAURA DEL FREDDO O DI UN CONFLITTO NUCLEARE?


Oristano 13 aprile 2025

Cari amici,

È la storia a ricordarci che i cambiamenti nel tempo ci sono sempre stati e... continueranno ad esserci! Giorno dopo giorno, lentamente ma inesorabilmente, tutto cambia! Un esempio. Nei testi di Zoroastro (personaggio vissuto vissuto fra il sec. VII e il VI a. C.), si narra che per circa tre anni tutta la Terra venne investita da una improvvisa e breve era glaciale. Vennero chiamati “i giorni di Malkush”. Diversi anni prima che tutto questo si verificasse, una divinità, Ahura Mazda, offrì il mezzo di salvezza. Disse che, se volevano salvarsi, gli umani dovevano organizzarsi in città sotterranee, finché l’ondata di gelo non fosse passata.

Nei passati millenni, dunque l’uomo, trovatosi in difficoltà, pensò di risolvere la situazione preparando e abitando in città sotterranee; gli esempi non mancano, come noi oggi possiamo vedere visitando la misteriosa “Città Sotterranea di Derinkuyu”, in Turchia. Secondo gli archeologi, almeno 8 secoli prima di Cristo (2.800 anni fa come minimo) il nucleo di quella città esisteva già. Stiamo parlando di una intera città che poteva ospitare circa 20.000 persone, costruita a 85 metri sottoterra. Ebbene, amici lettori, la storia si ripete: anche l’uomo del Terzo Millennio ha ipotizzato di riprendere la costruzione di città sotterranee, come di recente sta succedendo a HELSINKI, in Finlandia.

È questa una nuova realtà, che va dalla Finlandia alla Danimarca. In questi Paesi scandinavi si tende a scavare ambienti sotterranei, strade, locali pubblici e privati. Eppure in queste fredde regioni europee, fra le meno popolate territorialmente in Europa, non manca di certo lo spazio in superficie per realizzare abitazioni e strade! Quali, dunque, le possibili motivazioni per capire questo nuovo bisogno di realizzare strutture abitative nel sottosuolo? Sono solo soluzioni climatiche, per difendere la popolazione dal freddo, oppure le motivazioni sono ben altre?

Il progetto più avanzato, come stato dei lavori, lo troviamo ad Helsinki, dove è in corso la costruzione di 400 locali sotterranei per un volume complessivo di nove milioni di metri cubi. Un tunnel collega, ormai da diversi anni, la stazione centrale della città a un centro commerciale distante quasi un chilometro. Qui troviamo un negozio conosciuto in tutta Europa, lo Stockmann. La sua superficie è cresciuta fino a quasi 10 mila metri quadrati. Una grande rete di vie, realizzate nel sottosuolo, che servirà a ridurre il traffico nel centro storico di Helsinki.

La più grande stazione di autobus sotterranea è stata costruita cinque anni fa a Helsinki. In questa città il posto più visitato della capitale è la Temppeliaukion, che ogni anno attira mezzo milione di turisti. Insomma, amici, sotto le strade di Helsinki si nasconde un mondo davvero sorprendente: una vera e propria città sotterranea che si estende per ben 293 km di tunnel, con centinaia di negozi, ristoranti e servizi di ogni tipo. La domanda che si sono posti tanti visitatori di questa fredda Nazione è il perché di questo particolare investimento nel sottosuolo, visto l’enorme spazio a disposizione!

Ci si chiede: è possibile che questo incredibile sistema sotterraneo sia stato creato solo per proteggere i cittadini dal rigido inverno finlandese, oltre che per ridurre il traffico in superficie e migliorare la qualità della vita urbana? Si tratta solo di un antidoto alla sfida climatica e urbana in superficie, o riguarda anche timori di altro tipo? Chissà! Per ora questo grandissimo e funzionale capolavoro di ingegneria urbanistica sotterranea realizzato ad Helsinki, ha catapultato questa città al vertice del podio, nella classifica delle capitali più innovative al mondo.

Cari amici, alle domande che in tanti si pongono ogni giorno, dopo aver visto questa fantastica città sotterranea, aggiungo anche la mia: non è che l’Intellighenzia nordica, visto il costante avanzare del pericolo nucleare, che appare sempre più vicino, abbia anche pensato alla realizzazione di città sotterranee come un utilissimo e confortevole rifugio antiatomico? Ai posteri l’ardua sentenza!

A domani, amici lettori!

Mario  

 

sabato, aprile 12, 2025

IL POSITIVO FENOMENO GIAPPONESE DEL “TSUNDOKU”, OVVERO L’ABITUDINE DEL COSTANTE ACQUISTO DI LIBRI, ANCHE SE NON DESTINATI AD ESSERE LETTI SUBITO.


Oristano 12 aprile 2025

Cari amici,

Ci sono persone che acquistano, giorno dopo giorno, dei libri senza avere l’intenzione di leggerli subito. Questo può sembrare a chi osserva come una stranezza, un fenomeno capriccioso, portato avanti solo per poter esibire molti libri in biblioteca, ovvero cercare di dimostrare di essere persone colte senza esserlo! Eppure, chi lo fa, ha una seria ragione di fondo, ben lontana dall’esibizione, che dimostra, invece, che questo fenomeno non è solo un modo di “apparire”, ma un'esigenza reale, con una motivazione seria ed encomiabile. In Giappone questo fenomeno è alquanto diffuso, e prende il nome di “TSUNDOKU”, un comportamento che dimostra un amore profondo per i libri e la cultura.

La cultura, amici, come molti di noi sanno bene, è espressa in modo inequivocabile dai libri, che sono un potente mezzo che consente all’individuo una constante, aggiornata conoscenza, che idealmente lo porta fuori dal proprio orticello, facendogli vivere delle realtà che mai avrebbe potuto conoscere. Il grande Umberto Eco, uomo di indiscussa cultura, ebbe occasione di fare questa importante affermazione: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge, invece, avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito... perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.

Amici, in Giappone l’amore per i libri e la cultura è sempre stato grande. In questa colta nazione, in particolare tra l’Ottocento e il Novecento, si diffuse un bella consuetudine, che prese il nome di  “TSUNDOKU”. Cosa vuol dire esattamente questa parola? Semplice: rivela, la vera, grande passione dei giapponesi per i libri, che si esprime comprandone continuamente dei nuovi, quasi in modo compulsivo, ampliando costantemente la propria biblioteca. Lo Tsundoku è una pratica sempre più diffusa nel Paese del Sol Levante, e che esprime, fuori da ogni dubbio, le positive abitudini culturali dei suoi abitanti.

Amici lettori, in questa positiva abitudine praticata dai giapponesi c’è una sottile poesia di fondo: comprare in continuazione tanti libri, che, forse, non riusciranno mai a leggere, è un modo per fare una grande riverenza alla cultura; acquisti fatti, forse, nella segreta speranza di avere una grande, lunga vita, tale da poter riuscire a leggere tutti i libri comprati e provvisoriamente collocati in biblioteca! La stessa parola "TSUNDOKU", nata dalla fusione di "tsunde-oku" (accumulare) e "dokusho" (leggere), starebbe a significare questo loro bisogno: "accumulare per poi leggere"!

Ai non amanti della cultura, che entrando in una delle loro biblioteche, vedono semplicemente del disordine, pensando ad un accumulo compulsivo di libri, oppure ad una bibliomania del proprietario, sfugge il reale, concreto motivo di questo accumulo: il grande amore, per i libri e la lettura! Amore che ha portato ad accumularli, nell’intento, nella genuina intenzione di leggerli tutti, prima o poi. Insomma una ricca biblioteca, diventa un vero e proprio “museo personale della cultura”, dove ogni libro rappresenta un mondo ancora da esplorare, una promessa di conoscenza futura.

Personalmente plaudo a questo modo giapponese di vivere la cultura accumulando libri, pensando, come loro, che ogni libro acquistato, ancora non letto, rappresenta un piccolo tesoro ancora da esplorare, un libro che custodisce conoscenza, storia e avventure, che idealmente, noi, potremo vivere. In questo modo la biblioteca diventa un nostro rifugio quotidiano, dove, quando rientriamo a casa, sappiamo di avere tanti amici, che possiamo scegliere – di volta in volta – per raccontarci tante cose di altri mondi sconosciuti!

Cari amici, vi confido un segreto: anche io per diversi amici (oserei dire... più conoscenti che amici), sono considerato un bibliofilo, in quanto possiedo un considerevole numero di libri, diversi dei quali ancora da leggere. Spesso, anziché sedermi al computer per scrivere, riguardo con curiosità e accarezzo qualcuno di quei libri che ancora non ho letto; provo a sfogliarlo e, subito dopo, mi arriva la tentazione di metterlo sulla mia scrivania. Sarà quello il prossimo libro da leggere, quasi una prenotazione per i giorni successivi! Ecco perché approvo e apprezzo il “SUNDOKU”! Anche Voi, cari lettori, imitatemi, e la prossima volta che vi accorgerete che nella Vostra biblioteca ci sono dei libri che ancora non avete letto, sorridete: dentro ognuno di loro c’è un mondo che Voi ancora non avete scoperto!

A domani.

Mario

 

venerdì, aprile 11, 2025

L'ANACARDIO: LO STRANO E CURIOSO FRUTTO (A FORMA DI RENE) DI UNA PIANTA MOLTO PARTICOLARE, ORIGINARIA DEL BRASILE.


Oristano 11 aprile 2025

Cari amici,

Chi osserva per la prima volta una pianta di ANACARDI, pensa, di norma, che sia un particolare albero di pere, con pendenti dei frutti davvero somiglianti proprio alle colorate pere. Ma non è così! Quel grosso, brillante pendente è un “falso frutto”, in quanto il frutto vero è quella piccola appendice marroncina a forma di rene appena visibile! Si, amici lettori, L'anacardio (Anacardium occidentale L., 1753) è una specie arborea sempreverde della famiglia delle Anacardiacee, originaria del Brasile: questa pianta viene coltivata per la produzione e commercializzazione di quel piccolo seme, chiamato anacardo o noce di acagiù (dal portoghese caju), e, in maniera accessoria, per l’utilizzo del suo falso frutto, da cui si ricavano succhi e fermentazioni alcoliche.

Questo grande albero sempreverde, che prospera nei climi tropicali, ha un tronco tortuoso, rosato e con un'altezza che varia tra i 5 e i 10/12 metri, Ha foglie oblunghe e coriacee, di color verde brillante a maturità, mentre i fiori sono ermafroditi, raggruppati in infiorescenze lunghe fino a 26 cm. Ogni fiore ha 5 petali di color bianco-roseo. Il frutto vero della pianta cresce alla base di quel "falso frutto", di color giallo o rosso, chiamato "mela di anacardio o mela di acagiù". Questo falso frutto deriva dallo sviluppo ipertrofico del peduncolo fiorale, in un processo somigliante a quanto avviene da noi per la mela. Il falso frutto contiene una polpa commestibile, carnosa, succulenta, zuccherina e astringente, da cui si ricavano succhi molto apprezzati ai tropici.

Quanto al vero frutto, l’anacardio,  che la forma di un rene, questo cresce sul fondo di queste cosiddette simil-mele. È questo un frutto alquanto particolare, in quanto, prima che gli anacardi possano essere gustati come uno snack gustoso, devono essere accuratamente arrostiti per rimuovere le potenti tossine presenti nel guscio esterno. In tanti non sanno che il guscio dell'anacardio contiene delle pericolose sostanze estremamente irritanti! Ciò nonostante, gli anacardi sono un frutto alquanto ricercato, tanto che nel 2019, a livello globale, sono state prodotte quattro milioni di tonnellate di anacardi! La Costa d'Avorio e l'India sono oggi i principali produttori. Amici, questi frutti sono ricercatissimi per diverse ragioni! Innanzitutto per il loro sapore dolce e leggermente salato che li rende adatti a diversi utilizzi, poi per la grande versatilità culinaria ed i numerosi benefici che apportano. Proviamo a conoscerli meglio insieme!

Gli ANACARDI, come tutta la frutta secca, sono davvero una fonte inesauribile di proprietà benefiche; sono particolarmente ricchi di grassi monoinsaturi e polinsaturi, che sono considerati grassi salutari per il cuore, contengono molte vitamine come la vitamina K, che è essenziale per la coagulazione del sangue, e piccole quantità di vitamine del gruppo B, tra cui tiamina, riboflavina, niacina e acido folico, sono ricchi di minerali come il magnesio, il fosforo e il rame. Il magnesio è importante per la salute delle ossa e dei muscoli, mentre il rame è coinvolto nella formazione del collagene e nella funzione del sistema nervoso.

Gli anacardi, poi, hanno altre numerose proprietà benefiche. Contengono, infatti, anche una generosa quantità di antiossidanti, come i polifenoli, che possono contribuire a proteggere le cellule dai danni causati dai radicali liberi e svolgere un ruolo nella prevenzione delle malattie croniche, possono aiutare a ridurre i livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”) e a mantenere la pressione sanguigna sotto controllo; aiutano anche nel controllo del peso poiché, nonostante siano un frutto calorico, gli anacardi possono essere parte di una dieta equilibrata. La loro combinazione di proteine e grassi salutari può contribuire a ridurre la sensazione di fame, aiutando così nel controllo del peso.

Ovviamente, come per tutti i cibi, a renderli benefici è la giusta quantità. Secondo l’American Institute for Cancer Research, per quanto riguarda gli anacardi, la porzione giornaliera consigliata è di circa 30/40 gr. Vediamo, allora, in che modo possiamo consumarli. Utilizzati anche nelle diete vegane, gli anacardi possono costituire la base di un buon pesto, accompagnare formaggi vegani e dolci, proprio perché si sostituiscono bene al latte e ai suoi derivati; uniti al finissimo cioccolato fondente, la Crema 100% di Anacardi sarà certamente una delizia per chi la gusta! Ovviamente sono ottimi anche mangiati come spuntino, tostati e salati, in grado di accompagnare in modo eccellente un aperitivo.

Cari amici, indubbiamente gli anacardi sono una frutta secca che fa bene, e, come dico sempre in casi come questo, l’importante è non esagerare nelle quantità, oltre a tenere sempre, in debita considerazione, le eventuali allergie o intolleranze.

A domani.

Mario

giovedì, aprile 10, 2025

PERCHÈ LA FINLANDIA È IL PAESE PIÙ FELICE DEL MONDO? PER IL SUO MODO DI VIVERE, CHE VEDE L'APPLICAZIONE DEL “FLUXING”. ECCO IN COSA CONSISTE.


Oristano 10 aprile 2025

Cari amici,

Nel 2024, la Finlandia è stata eletta, per il settimo anno consecutivo, "Il Paese più felice del mondo". Un traguardo mica semplice da conquistare, dato che vivere felici in questo nostro mondo, sempre più caotico e stressante, non è certo facile! Ma, a quanto pare, c’è chi ha trovato la ricetta giusta. I finlandesi, dunque, continuano ad essere considerati i più felici al mondo, mentre noi italiani ci collochiamo ben più in basso nella classifica, occupando il 41° posto. Perché, dunque, la Finlandia è il Paese più felice al mondo, seguito da Danimarca e Islanda? Quali le motivazioni che hanno contribuito a fargli raggiungere questa desiderabilissima posizione? La motivazione principale deriva dal loro particolarissimo sistema di vita. Vediamolo meglio.

Il metodo da loro messo in pratica si chiama “FLUXING”, uno stile comportamentale alquanto semplice da spiegare, ma assai complicato da eseguire, ovvero da mettere in pratica. Applicare il Fluxing, infatti, significa avere la capacità di sapersi sempre adattare all’incertezza della vita, senza, però, perdere mai di vista il benessere personale. In altre parole bisogna imparare a pattinare sugli eventi (un detto curioso che per loro, che vivono molto tempo sulla neve, appare più facile da realizzare che da noi…), tenendosi alla larga da ansie, preoccupazioni e dalle frenesie tipiche della quotidianità. Ma in che modo ciò è possibile? In primis perchè i finlandesi mettono sempre sé stessi al primo posto, magari ritagliandosi del tempo libero da dedicare ad attività che regalano serenità, spensieratezza o semplice relax.

Per arrivare a praticare il FLUXING con sicurezza, insomma, bisogna riuscire ad avere un controllo completo delle proprie emozioni, sia positive che negative, evitando che queste ultime prendano il sopravvento. In questo modo ad emergere sarà sempre la serenità; arrivare a vivere la vita con la giusta consapevolezza, non significa però non rattristarsi, o non essere in certi momenti amareggiati, ma applicare il sano principio della MINDFULNESS (termine inglese che significa consapevolezza), ovvero vivere la propria esperienza di vita, con un atteggiamento aperto, curioso e non giudicante; in sintesi, ci si deve lasciare andare, accettando ciò che la vita ci riserva, ovvero le "prove anche difficili", ma senza restarne condizionati.

E' bene sottolineare, però, che i finlandesi sono un popolo molto attento alla propria salute mentale; essi si organizzano la giornata ritagliandosi sempre del tempo libero, hanno fiducia nel prossimo e non si imbarazzano nel chiedere aiuto. Forse è proprio questo atteggiamento a renderli davvero così sereni. In un mondo sempre più tecnologico e stressante, i finlandesi hanno perfezionato il concetto di benessere, dandogli un ruolo centrale nelle abitudini quotidiane. Questo particolare stile di vita, che mette se stessi al primo posto, non significa applicare un insano egoismo,  ma operare adattandosi con capacità alle situazioni in modo flessibile; in questo modo essi abbracciano il cambiamento, qualunque esso sia, anziché contrastarlo.

Amici, come ben sappiamo, la Finlandia è un Paese con una natura selvaggia e piena di contrasti. Proprio l’aspro ambiente e il contatto con la natura sono per i finlandesi gli elementi chiave per migliorare il proprio benessere psicofisico. Benessere che va visto in un quadro completo, integrando cioè alimentazione sana, movimento, riposo adeguato e gestione dello stress. Ecco, come viene applicato il FLUXING: accettando l’incertezza come parte della vita, e restando sempre curiosi per tutto ciò che non si conosce. E per far ciò, si elimina il superfluo, sia in termini materiali che emotivi, per concentrarsi sull’essenziale e ridurre lo stress.

Vediamo qualche esempio di come applicano il FLUXING quotidianamente i finlandesi. Vivono ogni giorno sperimentando nuove routine, evitando la schiavitù delle abitudini, e lasciando spazio alla spontaneità e alla creatività. Poi, essi amano "ridurre l’accumulo", ovvero adottano uno stile di vita minimalista facendo decluttering (parola inglese che significa eliminare ciò che non è necessario); ecco alcuni esempi: camminano nei boschi, nuotano in acque fredde (come nel tradizionale “avanto” finlandese), leggono, imparano una nuova lingua o migliorano le proprie capacità pratiche per aumentare la loro resilienza.

Cari amici, praticare, come detto prima, la mindfulness, ovvero vivere il presente accettando il cambiamento senza paura, per noi italiani non è certo facile! Il nostro DNA mediterraneo credo sia alquanto più complicato, ma il diverso modo di vivere dei finlandesi dovrebbe farci riflettere! Di certo dovremmo cercare di badare di più a noi stessi ed al nostro benessere: vivremo di certo molto meglio! Cambiare le nostre abitudini indubbiamente non sarà facile, ma credo assolutamente che sia da fare!

A domani.

Mario

mercoledì, aprile 09, 2025

SALUTE, BENESSERE E LONGEVITÀ. ECCO UNO DEI SEGRETI PER VIVERE MEGLIO, PIÙ SERENI E A LUNGO: LA MEDITAZIONE.


Oristano 9 aprile 2025

Cari amici,

Gli studiosi da tempo concordano sul valore della MEDITAZIONE, uno strumento considerato un vero toccasana per trascorrere una senilità più lunga e serena. È ritenuta, infatti, uno dei pilastri del benessere e della qualità della vita, insieme alla corretta alimentazione e all'esercizio fisico. I principali studi scientifici dimostrano che meditare regolarmente, anche per brevi periodi, agisce sui geni, rallentando il processo di invecchiamento. Entrando più in dettaglio, dagli studi è emerso anche che la meditazione sembra in grado di influenzare i processi che sono alla base della risposta agli stress causati dalla caotica vita odierna.

Obiettivo della meditazione, dunque, è quello di raggiungere un maggior livello di consapevolezza, concentrando l’attenzione su noi stessi, seguendo percezioni, sensazioni, pensieri ed emozioni causate dall’ambiente esterno, al fine di arrivare alla necessaria calma interiore. Si, è proprio  attraverso la meditazione che possiamo arrivare a ridurre lo stress, l’ansia, gli attacchi di paura, di panico e di rabbia. Meditare, in realtà, non significa estraniarsi totalmente dagli altri, come fanno i monaci tibetani, ma utilizzare in modo positivo determinati momenti di pausa.

Amici, in realtà basta poco. È stato ampiamente dimostrato che interrompere la nostra frenetica giornata ogni ora, anche solamente per 4/5 minuti, utilizzati per esempio facendo due passi per  sgranchirsi le gambe, allontanandosi dagli altri in un punto isolato, magari per bere un bicchiere d'acqua ci crea uno stato positivo e rilassato. In quei momenti, stando per un po’ fermi con gli occhi chiusi e respirando lentamente, ci accorgeremo di iniziare a stare già meglio. In questo modo apporteremo enormi benefici alla nostra salute psico-fisica, aumentando nettamente la nostra performance mentale e migliorando la consapevolezza. In questo modo potremo  affrontare con la giusta mentalità tutte le difficili situazioni quotidiane.

Come sostiene il Prof. Franco Berrino, ex direttore del Dipartimento di Medicina Preventiva e Predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nel suo nuovo libro “Fermare il tempo”, sta a noi aiutarci a rallentare l’invecchiamento biologico, utilizzando tre strumenti importanti: la giusta alimentazione, la meditazione e praticando l’esercizio fisico. Si, amici, la Meditazione è uno dei pilastri del benessere e della qualità della vita, insieme alla corretta alimentazione e all'esercizio fisico! I principali studi scientifici dimostrano che meditare regolarmente, anche per brevi periodi, agisce positivamente sui geni, rallentando l'invecchiamento.

Se è pur vero che non possiamo fermare il tempo, nel senso che non possiamo arrestare l’avanzare dell’età anagrafica, possiamo far molto per rallentare l’avanzare dell’età biologica, che, lentamente ma inesorabilmente, inizia ad inibire lo stato di efficienza dei nostri apparati organici: la circolazione, la respirazione, l’efficienza cognitiva, muscolare, articolare, renale e immunitaria. Nel suo nuovo libro Franco Berrino traccia le istruzioni per alimentarsi con giudizio, evitando così di ammalarsi. Mangiare una varietà di cibi naturali, piuttosto che quelli manipolati industrialmente, è uno dei principali segreti per vivere più a lungo e felici. “Per sentirci meglio e vivere più a lungo, però, non basta limitarsi a mangiare bene - dice il professor Berrino - perchè anche la via spirituale ci aiuta ad avere una vita più lunga e più serena.”. “Siamo completamente distratti dall’organizzazione della vita moderna, da questo meccanismo per cui dobbiamo essere sempre animali produttivi, sempre più competitivi. E quindi dimentichiamo che abbiamo qualcosa di straordinariamente importante dentro di noi: L'INTERIORITÀ. E non è tutto, amici. 

Anche l’esercizio fisico quotidiano è fondamentale: è sufficiente anche molto poco. Per chi non ha tempo suggeriamo gli allenamenti a intervalli di alta intensità, cioè, correre rapidamente per un minuto, poi fermarsi per un altro minuto e correre ancora, il più rapidamente possibile, al massimo delle proprie forze per un altro minuto. Questo, ripetuto 4/5 volte funziona tantissimo, sono sufficienti 10 minuti al giorno. Dobbiamo ricordarci di avere un corpo e che ha bisogno di essere trattato bene”, aggiunge il Professor Berrino.

Cari amici, la pratica della meditazione è sicuramente una delle strategie fondamentali per vivere una longevità lunga e sana, che, se praticata correttamente, risulta essere una vera e propria medicina naturale, uno spazio interiore con importanti implicazioni biologiche, che ci permette di fermare il tempo. Insomma, la Meditazione risulta essere una risorsa straordinaria, in termini di rallentamento dei processi di invecchiamento, e, in particolare, della salute mentale (gestione di ansia, depressione e attacchi di panico) e per lo sviluppo delle abilità cognitive. Sono convinto che sia la giusta via da seguire, per cui, Pratichiamola, davvero, la MEDITAZIONE!

A domani.

Mario

martedì, aprile 08, 2025

PERCHÉ LE DONNE PARLANO PIÙ DEGLI UOMINI? UN RECENTE STUDIO HA MESSO IN LUCE LE MOTIVAZIONI E LE CAUSE, SFATANDO LA CREDENZA COMUNE DI UNO STEREOTIPO DI GENERE.




Oristano 8 aprile 2025

Cari amici,

Che le donne fossero universalmente più chiacchierone degli uomini, considerati da sempre più silenziosi, è indubbiamente uno stereotipo di genere duro a morire! Mancando, però, certezze, il problema è stato ripetutamente analizzato dagli studiosi, con risultati, però, alquanto differenti. Uno studio del 2007 aveva affermato che questo stereotipo di genere non aveva fondamenti scientifici, mentre un altro lavoro di ricerca successivo aveva riscontrato effettivamente una maggiore propensione delle donne al dialogo.

Viste le incertezze, gli studi hanno proseguito la ricerca, e, di recente, un gruppo di ricercatori dell'Università dell'Arizona ha ripreso in mano il problema, arrivando a risultati che mostrano un quadro più complesso di quello immaginato finora, arrivando alla conclusione che la maggior propensione al dialogo da parte delle donne non deriverebbe proprio da ragioni biologiche, ma da motivazioni legate alle differenze sociali e culturali tra i due sessi.

Gli studiosi, che nella ricerca sono partiti dai dati dello studio del 2007, ma ampliando alquanto la platea dei partecipanti (quelli del 2007 erano solo 500 partecipanti totali), arrivando a quadruplicare il numero. L’indagine, svolta in quattro paesi, ha analizzato più di 2mila persone (per l’esattezza 2.197 individui) di età tra i 25 e i 94 anni. Le conclusioni sono state davvero interessanti. La prima è che le donne parlano di più, ma non a tutte le età; i ricercatori hanno constatato che: è vero che le donne parlano in media di più, ma solo in una certa fascia anagrafica, ovvero tra i 25 e i 64 anni: in media, infatti, in questo periodo della loro vita, le donne pronunciano 21.845 parole al giorno, mentre gli uomini si fermano a circa 18.570 parole, mentre né prima né dopo sono state evidenziate differenze sostanziali.

I ricercatori si sono posto ancora il problema, ricercandone le cause. Essi hanno ipotizzato che probabilmente le donne parlano di più degli uomini nella fascia 25-64 anni perché questo è il periodo che in genere coincide con l'età di accudimento dei figli. Per i ricercatori, quindi, il bisogno di parlare di più delle donne dipenderebbe dalle costruzioni sociali che tutt'oggi attribuiscono a loro più che agli uomini la responsabilità di occuparsi della cura della famiglia. Ecco, questa appare una motivazione che esclude lo stereotipo di genere!

Come afferma Matthias Mehl, professore di psicologia a capo dello studio, "Le differenze di genere nell'educazione dei figli e nella cura della famiglia sono una possibilità che potrebbe spiegare questa differenza. Se infatti questa differenza dipendesse da fattori biologici, come gli ormoni, questa sarebbe riscontrabili anche nella prima fase adulta, allo stesso modo! Se i cambiamenti generazionali sociali fossero la forza trainante, sarebbe stata evidente una differenza di genere gradualmente crescente tra gli anziani, invece non è emersa nessuna delle due dinamiche".

Il gruppo internazionale guidato da Matthias Mehl, professore presso il Dipartimento di Psicologia dell'Università dell'Arizona (U of A), insieme ai ricercatori Colin Tidwell, Valeria Pfeifer e Alexander Danvers, ha portato alla luce anche una sfumatura interessante e anche inaspettata: il numero totale di parole pronunciate ogni giorno sta diminuendo: se nel 2005 il valore medio era di circa 16.000 parole al giorno, nel 2018 questo valore è sceso a 13.000!

I motivi di questa tendenza alla diminuzione delle parole pronunciate non sono ancora del tutto chiari, ma gli esperti ipotizzano che la crescente diffusione della comunicazione digitale abbia ridotto il bisogno di conversazioni verbali. “Abbiamo osservato una riduzione media di 300 parole all’anno”, afferma Valeria Pfeifer, coautrice dello studio. “Questo potrebbe essere legato all’uso sempre più frequente di messaggi di testo e social media, che stanno progressivamente sostituendo il dialogo faccia a faccia”.

Cari amici, le ultime ricerche stanno mandando in soffitta la consolidata "credenza popolare" che sostiene che le donne siano molto più loquaci degli uomini, un’idea diffusa in molte culture, ma, a quanto pare, così non è. È di certo il compito svolto, alquanto diverso tra uomo e donna, in particolare quello relativo all’educazione dei figli e alla cura della famiglia, ad aver creato questa differenza!

A domani.

Mario

lunedì, aprile 07, 2025

LE MERAVIGLIE DEL NOSTRO CERVELLO: ALCUNI SPECIFICI CIRCUITI SONO DESTINATI ALLA CREATIVITÀ. QUESTI POSSONO SUBIRE, PERÒ, PARTICOLARI, CURIOSE, MODIFICAZIONI...


Oristano 7 aprile 2025

Cari amici,

Che il nostro cervello sia un organo straordinario, in buona parte ancora parzialmente conosciuto, è una realtà che ho già messo in evidenza diverse volte su questo blog.  Ebbene, di recente un interessante studio condotto dai ricercatori del Mass General Brigham e pubblicato su JAMA Network Open, ha scoperto un “circuito neuronale” che si occupa della creatività. Un risultato ritenuto sorprendente, quello di aver scoperto che nel nostro cervello esiste un circuito della creatività! Insomma, la nostra capacità di dipingere, scrivere, suonare uno strumento o una qualsiasi altra attività creativa, dipende praticamente dall’attivazione di un particolare circuiti neuronale del nostro cervello.

Per scoprirlo i ricercatori hanno analizzato i dati di 857 persone che partecipavano a 36 studi FMRI (Risonanza Magnetica Funzionale), scoprendo anche che le persone con lesioni cerebrali o malattie neurodegenerative, che avevano colpito questo circuito, avevano addirittura sviluppato una maggiore creatività! Come ha spiegato Isaiah Kletenik, MD, neurologo presso il Center for Brain Circuit Therapeutics al Brigham and Women's Hospital,  membro fondatore del sistema sanitario Mass General Brigham  e co-autore senior della ricerca, “Con questo studio, volevamo capire quali regioni del cervello sono fondamentali per la creatività e in che modo essa si collega agli effetti delle lesioni cerebrali”,

L’interessante ricerca è stata in primis seguita da Julian Kutsche, primo autore dello studio, che ha completato una borsa di ricerca presso il Center for Brain Circuit Therapeutics, in collaborazione con ricercatori del Center for Brain Circuit Therapeutics, del Boston Children's Hospital, dell’University College London, dell’University of Georgia e del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences e Charité Berlin.

Questi studiosi, analizzando i dati FMRI per identificare le regioni del cervello attivate dalle diverse attività creative, hanno scoperto, prendendone atto, che molti comportamenti umani complessi come la creatività non si associano a una specifica regione del cervello, ma a  specifici circuiti cerebrali; un concetto questo condiviso e affermato con convinzione dal co-autore senior Michael D. Fox, MD, PhD, che ha fondato e dirige il Center for Brain Circuit Therapeutics. Ma lo studio ha rivelato anche un altro dato curioso.

Nel valutare i dati dei pazienti che presentavano cambiamenti nella creatività, dopo i trattamenti ricevuti a causa di lesioni cerebrali e malattie neurodegenerative, gli scienziati hanno fatto un'altra importante scoperta. Come ha dichiarato Julian Kutsche, “alcune persone affette da malattie neurologiche, dopo la malattia si sono ritrovati curiosamente attratti da altre attività creative, sperimentando l’insorgenza di nuovi comportamenti creativi, derivanti certamente dallo specifico danno neuronale subito, con la conseguente modifica del precedente circuito della creatività”.

La scoperta più interessante fatta dai ricercatori è stata, però, quella di scoprire che le diverse regioni del cervello attivate dai compiti creativi erano tutte collegate negativamente al polo frontale destro, una parte del cervello deputata anche alla gestione dei comportamenti basati sulle regole. Una sua ridotta attività potrebbe quindi validare l’ipotesi che la creatività richieda l’interruzione di una funzione. Ad esempio, potrebbe dipendere da un’inibizione delle valutazioni di autocensura che consentirebbe una maggiore libertà d’azione, cosa che darebbe impulso alla generazione di idee nuove, capaci di fluire più liberamente.

“Questi risultati potrebbero spiegare perché alcune malattie neurodegenerative comportano una diminuzione della creatività e altre, invece, un suo aumento – ha sottolineato Kletenik – e, potenzialmente, potrebbero aprire la strada a percorsi di stimolazione cerebrale per aumentare la creatività umana”. Insomma si potrebbe pensare ad un intervento sul cervello, che fino ad oggi poteva essere considerato solo come fantascienza! Ovviamente per ora sono solo ipotesi, in quanto l’intero circuito neurale coinvolto nella creatività deve ancora essere indagato nella sua completezza, perché le regioni cerebrali coinvolte nell’esecuzione dei diversi compiti creativi sono molteplici.

Cari amici, questo studio risulta comunque di grande importanza, in quanto amplia le conoscenze nel campo della neuro diversità, oltre a far luce sui meccanismi che permettono ai cambiamenti cerebrali considerati patologici di migliorare questa funzione, e su come i circuiti del nostro cervello possono influenzare e liberare la creatività. Cari lettori, credo che i misteri del nostro cervello ancora da scoprire siano davvero ancora tanti!

A domani.

Mario