Oristano
28 Luglio 2015
Cari amici,
quand’ero ragazzo (erano
gli anni 50/60 del secolo scorso) le sere d’estate, dopo cena, i vari componenti
delle famiglie del “vicinato”, uscivano fuori dalle case per prendere il fresco
insieme e chiacchierare, mentre tutte le porte e le finestre delle abitazioni
venivano spalancate alla ricerca di un po’ di refrigerio. Non esistevano allora
i condizionatori e nemmeno la televisione: il gossip estivo era costituito dalle
varie notizie (non poche anche inventate) che le persone si scambiavano: una
specie di radio-strada, un antesignano esercizio pettegolo-giornalistico.
La schiera di ragazzini
di cui io facevo parte, faceva però fatica a restare seduta nei piccoli scanni
di legno, e, guardandosi intorno, cercava motivi per alzarsi e sgranchire un po’
le gambe. Nella penombra, illuminata solo dalle stelle lontane, si sentivano i
grilli cantare e si muovevano nell’aria certe piccole luci che sembravano proprio
danzare: erano le lucciole. Esse costituivano per noi giovani un bel motivo di
gioco: con grande attenzione cercavamo di inseguirle e catturarle, per averle
in mano almeno per qualche minuto, e godere così di quella curiosa, flebile
luce che faceva sognare.
Certo, ai ragazzi di
oggi tutto questo può interessare ben poco, considerato che ben altri giochi
catturano la loro attenzione senza muoversi dalla poltrona di casa! Tra play
station, TV, computer e telefonino, gli svaghi non mancano di certo. Eppure io
un po’ rimpiango quei tempi! Oggi, a ben pensare, non siamo cambiati solo noi,
ma anche il mondo che ci circonda. Le lucciole, per esempio, le mie giovanili
compagne di giochi, sono ormai praticamente scomparse! Difficile, anche nelle calde
sere estive, vederne qualcuna svolazzare con il suo lanternino!
Ebbene, cari amici, proprio
per chi poco o niente sa di questi coleotteri, per chi non le ha mai conosciute,
oggi parliamo proprio di lucciole: quelle vere, non quelle tristi figure umane (così
impropriamente definite) che miseramente popolano, al calar della sera, le
strade e le periferie delle nostre città.
Le lucciole sono una
parte importante del patrimonio naturalistico italiano; purtroppo, però, esse stanno
gradualmente scomparendo: sia a causa dell’uso dei pesticidi che della
cementificazione. Sono dei coleotteri, appartenenti alla famiglia dei Lampiridi
(si conoscono circa 2.000 specie di lucciole), diffusi un po’ in tutta la
penisola. In Sardegna è presente una specie endemica, la Lampyris sardiniae. Allo stato larvale la lucciola è molto simili
a un bruco: di colore nero, con alcuni punti fucsia. Raggiunta la maturità il
maschio è alato, con il corpo giallastro lungo 18 millimetri e le elitre brune.
La femmina, priva invece di ali, è lunga fino a 25 millimetri, di colore giallo
e con i fianchi rosa. Sia il maschio che la femmina sono dotati di un
particolare organo capace di produrre luce, contenuto nell’addome.
Le lucciole vivono
preferibilmente nei boschi di leccio e di quercia da sughero. Il maschio si
nutre di soli liquidi vegetali zuccherini, mentre la femmina è predatrice di
insetti. Quando questo coleottero è ancora allo stato larvale (vive per 2-3
anni, riparandosi in inverno sotto il fogliame), è un grande predatore di
chiocciole. Da adulto, invece, vive e si riproduce tra Maggio e Luglio. Proprio
a causa dello sviluppo urbano le lucciole stanno diventando sempre più rare: sono
in particolare le luci artificiali a disturbare i maschi nella ricerca delle
femmine, impedendo così il loro accoppiamento, che normalmente avviene al
tramonto.
Il maschio, dopo aver
individuato la femmina che emette una luce verde costante, si accoppia con lei.
La femmina, dopo aver deposto le uova fecondate in un anfratto del suolo, poco
dopo muore. Quello che molti si chiedono è in che modo le lucciole riescano a
produrre il loro tipico bagliore: quasi una perfetta e straordinaria luce
fredda, visibile anche da lontano. Esse, proprio per questa magica capacità, sono
da sempre considerate delle creature “mistiche” ed affascinanti, in quanto
misteriose portatrici di luce.
Tutte le specie, sia
allo stadio di larve che da adulte, sono dotate di un organo trasparente,
situato sotto l'addome dell'insetto, in grado di produrre la luce; esso è
ricoperto da una cuticola trasparente per permettere alla luce stessa di
filtrare all'esterno. A questo particolare fenomeno chimico, studiato da vari
naturalisti e scienziati, tra i quali Darwin e Pasteur, è stato dato il nome di
bioluminescenza. Questa luminescenza
naturale è generata da una reazione tra due sostanze chimiche, chiamate
luciferina e luciferasi. Le lucciole, assimilando l’ossigeno, lo uniscono alla
“luciferina”, riuscendo a creare così la luce, addirittura senza emettere
calore! Questa luce, emessa sia fissa che ad intermittenza, è usata dall’animale
per lanciare segnali ottici, usati in particolare nella ricerca dei partner, oppure
come meccanismo di difesa.
Cari amici, le lucciole
sono dei veri misteri della natura! Pensate che la luce da loro prodotta è
forse la più efficiente che esista. Una lampada ad incandescenza, per esempio,
converte in luce circa il 10 per cento dell’energia, in quanto il restante 90
per cento viene disperso sotto forma di calore. Una lucciola è invece in grado
di tramutare in luce quasi il 100 per cento dell’energia generata dalla
reazione chimica!
Come ho detto all’inizio
di questa riflessione, il numero delle lucciole sta diminuendo sempre di più.
Eppure, quando esse erano una bella popolazione presente nelle campagne,
potevano essere considerate degli efficaci indicatori della salute ambientale.
La graduale scomparsa di questi animali, sia a causa dei pesticidi che della
cementificazione selvaggia e del conseguente inquinamento luminoso, si è
rivelato un boomerang in agricoltura: i pesticidi uccidono le larve che
potrebbero essere, invece, degli ottimi alleati, in quanto si nutrono di
lumache, chiocciole e altri insetti dannosi per le colture.
Violare la natura,
amici miei, non è mai stato, alla lunga, un bene per l’uomo! Le regole ferree
che governano il creato, se stravolte, si ritorcono contro chi le ha violate, ritornando
indietro come un gigantesco boomerang, capace nel tempo di distruggere anche l’uomo.
Grazie, a domani.
Mario
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