martedì, luglio 07, 2015

PROVERBI E “MODI DI DIRE” DEI SARDI. L’ANTICA NOSTRA LINGUA È RICCA DI CURIOSI E IRONICI DETTI, SEMPRE CARICHI DI VERITÀ, CHE AFFRONTANO TUTTI I MOMENTI DELLA VITA, ANCHE QUELLO DEL TRAPASSO: LA MORTE.



Oristano 7 Luglio 2015
Cari amici,
il sardo, per secoli, forse millenni, preda di dominatori senza scrupoli, non ha mai abbandonato, pur da vinto, il proprio orgoglio e non ha mai rinnegato la sua “sardità”, integrandosi difficilmente con i conquistatori. Pur nella condizione di sudditanza ha sempre voluto mantenere la sua indipendenza, esprimendo “a modo suo”, anche nei proverbi, il suo pensiero, spesso ironico e graffiante, amaro e tagliente come una “leppa” sarda. Nella riflessione di oggi ho voluto riportare alcune di queste curiose espressioni, riferite ai vari momenti della vita comunitaria, che, spesso, attraverso una battuta tranciante, con poche parole, davano corpo alla realtà vissuta; espressioni che, ancora oggi, sono da considerarsi delle vere e proprie perle di antica saggezza.
Prima di proporvi alcune di queste espressioni devo necessariamente ricordare a tutti Voi che il sardo, derivato in gran parte dalla lingua latina, si è evoluto nel tempo in diverse “parlate”. Sono almeno due le “varianti” più importanti: il Logudorese (che include anche la variante nuorese e barbaricina) e il Campidanese (anch’esso presente con una gran numero di varianti). Inoltre in Sardegna esistono anche due “gruppi etnici” di provenienza esterna: ad Alghero quello Catalano e a Carloforte e Calasetta nel Sulcis, quello Genovese. Altra precisazione importante che ritengo di fare è che noi sardi amiamo molto “fare allegoria”, cioè usare metafore: “faeddare in suspos”, che significa proprio parlare sotto metafora, è un esercizio particolarmente amato e che continua anche oggi; le metafore sono un modo criptico per sentenziare: dire una cosa pur indicandone un'altra.
Cari amici, scopo di questa mia piccola riflessione non è certamente quello di elencarvi in ordine alfabetico le migliaia di espressioni curiose, che i sardi hanno usato nel tempo e che spesso ancora usano. Lo scopo reale di questo post è solo quello di farvi sorridere (ma allo stesso tempo anche riflettere), divertendovi con ironia: riportando dei “modi di dire” particolarmente sagaci e pungenti. Eccone, dunque, alcuni. Buona lettura!

Voglio iniziare con un proverbio che a me piace molto: “a su famene, finza su lande paret castanza” (quando si ha fame anche la ghianda può sembrare  una castagna). Il proverbio sintetizza un concetto carico di verità e si riferisce a tempi in cui la fame era sinonimo di paura e di morte. In Sardegna la ghianda è ancora molto diffusa (di quercia, sughera e leccio) ed è stata  utilizzata fin dall’antichità nell’alimentazione umana per realizzare un pane: “su pane de lande o pan’Ispeli” (su questo antico pane di sopravvivenza ho fatto un “pezzo” su questo blog in data 26.10.2011); questo pane amaro è sicuramente conosciuto, non solo dai sardi, fin dal Neolitico, considerato che di pane di ghiande si legge anche nella Bibbia.
La saggezza sarda, per interpretare l’avidità dell’uomo, la sete di ricchezze e l’infinita voglia di essere sempre più ricchi e potenti, ha coniato una grande serie di proverbi.
Su riccu pius nd'hat, pius nde disizat  (Il ricco più ne ha, più ne desidera)
Senza dinari non si cantat missa  (Senza denaro non si canta messa [cioè non si fa nulla])
Pro su dinari nissunu narat basta  (Al denaro nessuno dice basta)
S'avaru cum sos poveros est che i su lupu cum sos anzones (L'avaro con i poveri è come il lupo con gli agnelli)
S'occasione faghet s'homine ladrone (L'occasione fa l'uomo ladro)
Su dinari in ojos de medas, e in manu de pagos (Il denaro è negli occhi di molti, e nelle mani di pochi)
Sunt pius de bonu coro sos poveros chi non sos riccos (I poveri sono di buon cuore dei ricchi)
Chie hat dinari cumparit innocente  (Chi ha soldi viene giudicato innocente).
Homine fattu cum dinari, non balet a nudda  (Uomo fatto con i soldi non vale a nulla).
La necessità di dire la propria opinione, per indicare situazioni, tendenze, valutazioni sulle persone o sui sentimenti, ha fatto coniare tanti proverbi, anche taglienti come lame. Eccome alcuni.
“Deus serrada una ventana e oberridi una porta" (Dio chiude una finestra e apre una porta; è usato per invitare a non perdere la speranza, dopo un qualcosa di negativo arriva sempre una nuova possibilità.
 “Est a ponni Deus po mraxiani” (scambiare Dio con una volpe); indica l’ammonizione a non confondere le persone giuste con quelle sbagliate, disoneste o astute e false.
“In dommu de ferreri schidonisi de linna” (In casa del fabbro, spiedi di legna); l’espressione sta ad indicare come spesso dove c’è abbondanza, mestiere e capacità nel fare una certa cosa… essa manca del tutto!
“Piga fama e corcadì”  (Metti su fama e poi riposati); indica la cattiva abitudine di cullarsi sugli allori.
“Non est farra de fai ostia” (Non è farina per fare ostie, non è una persona per bene!)
“Ascutta sorga po intendi nura”  (Ascolta suocera per sentire nuora); ossia parole dette ad una persona ma  destinate ad essere ascoltate da un’altra.
“Pottada sa lingua chi segat pruppa e ossu” (Ha una lingua che taglia la carne e le ossa); per indicare la linguaccia di una persona maldicente!
“Non hadi biu mai sa luxi!” (Non ha visto mai la luce… persona che arriva dai bassi fondi e magari dopo aver fatto fortuna si atteggia e si pavoneggia!  Stesso concetto per il detto  “Su poburu arrichiu esti coment’e priogu in buss’e seda”  (il povero diventato ricco e come il pidocchio nella sua borsa [di seta]fetale); è dire tutto il possibile di uno arrivista, in modo tranciante!
Maistru e’ ferru, schidoni de linna  (Il fabbro ferraio fa spiedi di legno)
Amore e signoria non cherent compagnia (Amore e comando non vogliono compagnia); per indicare il bisogno di solitudine in quelli che comandano, oltre che in amore.
Fagher su bellu in cara, et insegus s’istoccada  (Far il bello in faccia, e dare dietro la stoccata).
Bellesa nonfaghet domo  ( la bellezza non fa casa).
Caddu lanzu, musca meda  (Al cavallo magro arrivano molte mosche); significa che al povero vanno tutte le disgrazie.
Chie dormit a pizzinnu pianghet a bezzu  (Chi dorme in gioventù, piange da vecchio); significa che chi non lavora da giovane sarà povero da vecchio.
Mezus bastonadas de amigu chi non lusingas de inimigu  (Meglio avere bastonate dall’amico che lusinghe dal nemico)
Senza dinari non si cantat missa  (Senza denaro non si canta messa [cioè non si fa nulla])
Sos maccos e sos pizzinnos narat sa veridade  (Matti e bambini dicono la verità)
Musica pagada faghet sonu malu!  (Si dice per ammonire di non pagare prima del termine dei lavori)
A Caddu curridore, sa briglia forte.  (Al cavallo che corre, metti briglia  forte)
Chentus concas, chentus berrittas. (Cento teste cento copricapi); frase usata nel senso che tutti hanno un diverso modo di pensare).
kie morigat su mele, sin de linghet sos poddighes. (Chi rimesta il miele, si lecca le dita); nel senso che di quello che tocchi ti rimane sempre qualcosa attaccata alle mani.
Lezzes meda, populu miseru. (Molte leggi, popolo misero)
Non t’incrubes meda, si nono faes bidere su paneri. (Non inchinarti troppo, perché metti in mostra il sedere); ammonisce sulla troppo deferenza, spesso fuori luogo.
S'apretu ponet su betzu a currer. (Le emergenze fanno correre anche i vecchi)
Sa femina este cummente sa méla, bella infora, e punta aintro. (La donna è come la mela: fuori bella e dentro bacata)
Trunch'e figu, hastu'e figu. (Tronco di fico, ramo di fico); espressione usata per dire tale padre, tale figlio.
S’abba traet su molinu, et i s’ozu lu faghet andare. (L’acqua tira il mulino, e l’olio lo fa camminare); usata col significato che senza mezzi non si va avanti.
Non nerez mai de cuss’abba non d’app’a bibere. (Non dir mai di quell’acqua non berrò); saggio avvertimento di non disprezzare nessuno, perché in qualsiasi momento si può aver bisogno di chiunque.
 Qui meda afferrat nudda istringhet. (Chi troppo vuole nulla stringe); usata per quelli che cercano di arraffare tutto, restando con un pugno di mosche.
Est mezus un’ainu biu que unu doctore mortu. (E’ meglio un asino vivo che un dottore morto); col significato di godere di una cosa piccola, piuttosto che attenderne una più grande.
S’ainu famidu non timet su fuste. (L’asino affamato non teme il bastone); usata per indicare quelli che, oppressi dal bisogno, non temono la vergogna.
Menzus unu bonu amigu qui non unu malu parente. (Meglio un buon amico che un cattivo parente).
Tristu que s’annada mala. (Triste come l’annata cattiva); indica la tristezza di una persona che non trova soluzioni.
In s’esternu unu anzone, in s’internu unu leone. (All’esterno un agnello, nell’interno un leone); identifica le persone che all’esterno sembrano sante e in casa sono dei veri demoni.
S’arvure adderèctala dai minore, da qui faghet nodu non adderectat plus. (Raddrizza l’albero quando è piccolo, perché dopo che ha messo nodo non è più tempo); figurativamente indica l’uomo che deve correggersi quando è piccolo, perché dopo è impossibile.
Iscuru a quie naschet in mal’astru. (Misero colui che nasce sotto cattiva stella); proverbio superstizioso col quale si crede nell’influsso degli astri.
In forma a su stampu su babballotti. ( In relazione alla grandezza del buco è l’insetto); espressione usata per indicare la necessità di adattarsi alle circostanze.
Peccados de babbu et de mama, fizos los pianghent. (I peccati dei genitori li piangono i figli).
Sos benes non sunt de quie los faghet, ma de quie los gosat. (I beni non sono di chi li costruisce ma di chi se li gode).
Bardadi de su malu bighinu. (Guardati, stai attento al cattivo vicino)
In bucca serrada mai b’intrat musca. (Nella bocca chiusa non entrano mai le mosche); colorita espressione per indicare la necessità di tacere.
Non serres sa bucca de quie ti queret bene. (Non chiuder la bocca, non mettere il silenzio, a chi ti vuole bene); invito ad accettare sempre un buon consiglio da chi ti vuole bene.
De sos duos males abbrazza su minore (Dei due mali abbraccia sempre il minore)
Homine sabiu non chircat fattos anzenos (Gli uomini dabbene non cercano i fatti di altri)
Homine solu non est bonu a niunu (L'uomo isolato non è utile a nessuno); per i sardi è già una novità: è un invito alla cooperazione.
In cosa chi non connoshes lea consizu (In affari che non conosci, chied sempre consiglio)
Sa cosa pius difficile est a connoscher a isse e totu (La cosa più difficile e' conoscere se stessi)
Sa cosa sua a totus paret bella (La cosa propria a ciascuno sembra bella)
Sa femina arrogante isbirgonzat su maridu (La donna arrogante svergogna il marito)
Su male remedialu cand'est minore (Al male rimediate quando è piccolo); è un invito a porre rimedio quandoil male è ancora agli inizi: dopo sarà sempre più difficile.
Tres cosas sunt reversas in su mundu: s'arveghe, s'ainu e i sa femina (Tre cose sono testarde nel mondo: la pecora, l'asino e la donna).
E, per finire, l’ultimo:
In d'ogni cosa bi hat su rimediu, foras che in sa morte (Ad ogni cosa vi è rimedio, fuorché alla morte).
Per oggi basta così, cari amici! Mi sono dilungato fin troppo, anche se quelli ricordati sono solo una piccolissima parte del nostro grande patrimonio culturale!
A domani.
Mario

3 commenti:

Unknown ha detto...

Sto no zachisi is calloisi coddari

Unknown ha detto...

Chi ha pane no a dentese

Unknown ha detto...

Io sto cercando il significato di un proverbio antico sardo .. Anima tua manica de marroni