Oristano
16 Luglio 2015
Cari amici,
nel post di ieri, ho
fatto con Voi una riflessione sulle origini del Riso Sardonico, e del collegato barbaro antico rito
dell’eliminazione degli anziani, ormai improduttivi, nei villaggi della
Sardegna nuragica. La Sardegna, come ben sa chi si sente sardo fino al midollo,
più che un'isola è proprio un Continente, con i suoi riti, la sua storia unica
e le sue ancestrali tradizioni. Esaminate oggi, tra storia e leggenda, queste
tradizioni possono certo apparire barbare e poco condivisibili, anche se esse
devono essere lette in chiave legata al tempo in cui esse furono praticate.
Il sacrificio degli
anziani, come detto nel post di ieri, trovava certamente giustificazione nella
grandi difficoltà della vita di allora, quando nulla poteva essere sprecato ed
un vecchio ormai improduttivo costituiva solo un peso gravoso che poteva
mettere in difficoltà la vita delle nuove generazioni. Sopravvivere in quei
tempi, dunque, imponeva il ricorso a pratiche drastiche, che comportavano anche
dei sacrifici umani, effettuati però non nell’ottica della barbarie, ma come
rimedio alla necessità di salvaguardare, nel suo complesso, la Comunità di
appartenenza.
In questo difficile
contesto nelle tribù sarde la pratica di sacrifici umani era diventata usuale.
Due le tipologie più praticate: Il Geronticidio
e l’Immolazione delle Vergini. Avendo
esaminato ieri il Geronticidio, oggi rifletterei con Voi sulla seconda: il così
detto Sacrificio delle Vergini. Esiste nell’Isola un luogo particolarmente
deputato a questo scopo: la grotta di ISPINIGOLI, all’interno della quale si
trova una profonda voragine chiamata proprio “L’Abisso delle Vergini”. Un luogo,
come confermano le ricerche, particolarmente consono, dove gli archeologi hanno
trovato non poche conferme alle esistenti leggende popolari.
Il copioso
ritrovamento di reperti archeologici di epoca fenicia sui corpi delle giovani donne (vaghi di collane in pasta vitrea, bracciali colorati
e di varie fogge e altri monili e gioielli femminili), ha indotto gli esperti a
confermare l'ipotesi del rito sacrificale propiziatorio di adolescenti vergini.
Una delle ipotesi è che il sacro rito venisse lì consumato con l'utilizzo di una pietra, che richiama
curiosamente la conformazione di un altare naturale, posto proprio ai piedi
della grande colonna. In questo caso le fanciulle, una volta uccise,
venivano poi gettate nell'inghiottitoio di sessanta metri situato in fondo alla
grotta, che diventava la loro tomba.
La grotta di
Ispinigoli, si trova nei pressi di Dorgali, sulla costa orientale della
Sardegna, ed è nota e famosa per la sua bellezza; ricca di spettacolari
concrezioni possiede la stalagmite più alta d’Europa: ben 38 metri. Ogni
anno, oltre quarantamila visitatori scendono la ripida scalinata che porta al
fondo della maestosa e profonda sala, dove svetta l'imponente concrezione
colonnare che, con la sua grandezza, suscita stupore e meraviglia nei
visitatori. Questi, affacciati su un caratteristico belvedere possono ammirare l’orrida
profondità della temibile voragine, nota come l'Abisso delle Vergini,
accessibile solo agli speleologi.
I ritrovamenti, oltre che dei giovani corpi, di materiale di adornamento femminile di origine fenicia, ha scatenato la fantasia degli archeologi-speleologi, ponendo loro non pochi interrogativi. Perchè, dei giovani resti femminili ritrovati, alcuni presentavano numerose fratture, compatibili
con il precipitare (o l’essere gettati) nella voragine, mentre altri
risultavano intatti? Dato per certo che la voragine fosse un luogo usato per
sacrifici umani, perché tali differenze? Quale, poi, il motivo della scelta della
grotta per effettuare quei sacrifici? Indubbiamente quella usata era una grotta particolare,
dato che possedeva una superba colonna simile ad un grande fallo, che sembrava
volesse fecondare la Madre Terra! Questo la faceva sicuramente ritenere un luogo particolarmente adatto ai riti
sacrificali e propiziatori.
La superba colonna,
generata dalla fusione tra una stalattite colata dall'alto sulla stalagmite
sottostante, che nel corso dei millenni aveva raggiunto il considerevole
diametro di oltre quattro metri, alle popolazioni nuragiche appariva come una mirabile
opera divina. L’enorme totem fallico, rappresentava certamente la fertilità
maschile, pronta alla fecondazione. Il Totem rappresentava il connubio tra Terra e Cielo: due forze che si univano,
creando e perpetuando la rigenerazione. La successiva civiltà fenicia, seguente
a quella nuragica, utilizzò anch’essa questa Grotta-Tempio, ma, secondo gli studiosi, per finalità
votive diametralmente opposte a quelle nuragiche. Se i sardi autoctoni
invocavano ad Ispinigoli il favore degli dei per la nascita dei propri eredi, i
popoli orientali, invece, per ingraziarsi i loro favori ne sacrificavano le primizie
femminili: le giovani vergini, appunto, che venivano, in un rito propiziatorio, immolate
agli dei facendole precipitare nella sottostante grotta detta di San Giovanni Su Anzu.
Il fatto che gli
archeologi abbiano rinvenuto in fondo alla voragine reperti archeologici di
epoca fenicia, indossati dagli scheletri di giovani donne (monili di varie fogge e colori, oltre ad altri ornamenti), ha indotto gli studiosi a confermare l'ipotesi del rito
sacrificale di vergini adolescenti, introdotto in Sardegna proprio dai Fenici. Rito sacrificale propiziatorio, questo,
consumato con diverse modalità, non solo con l'uccisione sacrificale della vittima nell'altare nuragico posto nei presso della colonna-fallo. Secondo alcuni studiosi le ragazze, abbigliate
come spose, venivano gettate vive nella voragine, sfracellandosi con urla disumane nell’abisso,
mentre secondo altri esse venivano calate nel buio inghiottitoio con una fune e li, poi, lasciate morire
di fame. Queste due ipotesi, oltre la prima (immolate sull'altare del sacrificio) sono percorribili entrambe, perché sono stati rinvenuti scheletri femminili che presentavano situazioni diverse: alcuni quasi integri, mentre altri presentavano numerose fratture, causate probabilmente
dalla caduta e dall'urto dei corpi con gli appuntiti spigoli della gola di pietra.
Cari amici, la storia,
in questo caso la lunga storia del popolo sardo, è fatta di epoche e periodi
difficili, nei quali i riti legati alla vita erano certamente molto insidiosi e
ben diversi da quelli attuali. Quella che noi oggi definiamo un’antica barbarie,
altro non era che una lotta costante per la sopravvivenza, e i sacrifici fatti agli
dei un modo per ingraziarseli, per cercare di mitigare la durezza delle
avversità, considerate di provenienza divina. Quali le differenze tra il passato ed il presente? Se confrontiamo le barbarie di
ieri con quelle di oggi non pensiamo di essere più “santi” dei nostri antenati!
Se pensiamo agli effetti malefici della globalizzazione, al miliardo di persone che muore di
fame per colpa dei Paesi ricchi sempre più egoisti, alle sanguinose guerre causate dal
fondamentalismo religioso, che costringe interi popoli alla migrazione forzata,
io non trovo differenze favorevoli all'oggi, rispetto all'ieri! Chiedo a Voi: quelle di oggi sono barbarie meno traumatiche degli ancestrali riti sacrificali o
propiziatori del passato?
Meditate, e cercate, riflettendo, di darvi una risposta, che forse già conoscete!
A domani.
Mario
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