Oristano
17 Febbraio 2017
Cari amici,
L’eco delle polemiche
sui “furbetti del cartellino”, potrebbe
presto esaurirsi: innovativi sistemi di controllo della presenza al lavoro potrebbero tra non molto
sostituire in modo massiccio le tessere magnetiche oggi in uso ai dipendenti per il
controllo della presenza; strumenti troppo facilmente manovrabili da colleghi disponibili
ad avallare le assenze dei colleghi più furbi. Il nuovo sistema di cui parlo oggi altro non è che un
piccolo microchip della dimensione di pochi millimetri che, inserito sottopelle,
è in grado non solo di svolgere la funzione prima accennata, ma anche quella di farsi carico di tutta
una serie di compiti che vanno dall’apertura della porta di casa a quella dell’auto,
dall’ingresso in azienda al parcheggio condominiale. Il microchip, insomma, una sorta di Telepass
umano, una moderna lampada di Aladino!
Il primo uomo a
impiantarsi un microchip sottopelle fu lo scienziato britannico Kevin Warwick.
Nel 1998 Warwick, con un'innovativa operazione, si fece inserire un microchip
nella mano: ad operazione conclusa gli bastava muoverla, per riuscire ad aprire
automaticamente le porte e accendere le luci. Dopo questo primo esperimento l’idea
del microchip si diffuse a macchia d’olio e fu un successo incredibile! Da
allora ogni giorno migliaia di impianti di questo tipo vengono effettuati per
soddisfare le esigenze più disparate. In Australia, per esempio, studi avanzati cercano di dare al microchip la possibilità smaterializzare le carte
di credito e le varie altre forme di pagamenti elettronici, che consentiranno a
chi viaggia di muoversi liberamente senza l'onere (e i rischi) di portarsi appresso il denaro e quindi di fare
shopping e pagamenti di ogni tipo, semplicemente muovendo un dito.
Gli attuali impianti di
microchip sono piuttosto piccoli (della lunghezza di pochi
millimetri) e anche poco fastidiosi: vengono inseriti sottopelle nei tessuti grassi in pochi minuti. Una volta
attivati, vengono letti da radiofrequenze, come quelle utilizzate dagli
smartphone o dai lettori di carte magnetiche, e il loro impiego aumenta di giorno in giorno. Presto, secondo i produttori, ci saranno anche applicazioni in campo medico:
nel microchip sottopelle saranno immagazzinate informazioni necessarie in caso
di interventi d'urgenza, come le patologie in atto e l’elenco dei farmaci necessari, dati utili in caso di incidenti. Insomma, la nuova frontiera del
microchip, come accennato prima, include anche la medicina.
La sempre più rapida
diffusione dei microchip sottopelle porta a pensare che essi presto diventeranno
parte integrante della vita moderna. Certo, come ogni altro prodotto di alta
tecnologia, ai tanti "pro" bisogna aggiungere anche dei "contro": vantaggi, ma anche possibili conseguenze negative, pericolose, insomma. Una di queste è la possibilità di
essere costantemente monitorati nei luoghi di lavoro, qualcosa a cui ci verrà difficile
abituarci. Eppure, a prescindere da tutto, è stato statisticamente rilevato che oggi nel mondo ci sono
tra le 30mila e le 50mila persone che già ‘indossano’ un piccolo microchip
sottopelle, come afferma il Wall Street Journal.
Tornando al controllo
aziendale dei dipendenti, in alcuni Paesi del Nord Europa (Belgio e Svezia) sono stati già posti in atto
degli esperimenti significativi. In Belgio (notizie riportate dal Clarín, e da La
Vanguardia), l'azienda Newfusion specializzata nel marketing digitale ha
impiantato, col consenso di alcuni dipendenti, un chip sottopelle sostitutivo
del badge. Questo nuovo sistema, oltre a svolgere la funzione di "badge
d'identificazione", permette anche di aprire le porte dell'ufficio e di
accedere al computer. Secondo il quotidiano francese Le Soir sono 8 i
lavoratori che hanno accettato volontariamente di farsi inserire il chip (delle
dimensioni di un chicco di riso) tra il pollice e l'indice della mano.
"Nessuno è stato obbligato",
ha affermato il direttore dell'azienda, Vincent Nys, alla catena televisiva
Vrt, spiegando che l'idea è nata quasi per gioco, da un dipendente che
dimenticava spesso il badge. Secondo Nys "un iPhone è dieci volte più
pericoloso di un chip" in termini di invasione della privacy. Quello di
Newfusion è il primo caso di impiego in Belgio, e fa seguito alle sperimentazioni
da tempo svolte negli Stati Uniti, soprattutto fra il personale ospedaliero.
In Svezia, invece, è
stata l’azienda Epicenter, colosso nel campo dell’hi-tech, a dare il via alla rivoluzionaria
innovazione, innestando un microchip sottopelle ai suoi dipendenti. Il
trasmettitore per l’identificazione a radiofrequenza (RFID) innestato sotto pelle, ha consentito non solo di sostituire il tradizionale badge, ma ha anche consentito ai dipendenti
che lo utlizzavano di azionare le porte di accesso, le fotocopiatrici e pure di ordinare un caffè durante la pausa. Più
di 400 dipendenti sono già stati sottoposti al micro intervento per inserire il
minuscolo chip, tra l'altro poco invasivo, essendo delle dimensioni di un chicco di riso.
Secondo Hannes Sjoblad,
capo della società svedese BioNyfiken che ha impiantato i chip ai dipendenti
dell’Epicenter, si tratta di una grande comodità, anche se il sistema comporta pure dei possibili
rischi. “Vogliamo comprendere a fondo questa nuova tecnologia, prima che grandi aziende
e governi vengano da noi e ci dicano che tutti dovrebbero essere chippati: il
chip dell’ufficio delle imposte, il chip di Google e il chip di Facebook”.
All’Epicenter in effetti non tutti vedono di buon occhio il rivoluzionario
microchip e alcuni hanno già espresso un fermo rifiuto. Forse a causa
dell’invasione della propria privacy, che ricorda la ventilata sorveglianza alla “Grande Fratello”; insomma,
lo stratagemma per scovare i furbetti che non hanno voglia di lavorare mi da l'impressione che dovrà
aspettare ancora un po’ prima di prendere piede.
Anche Alexis Deswaef,
presidente della Lega dei diritti dell'uomo in Belgio, è preoccupato. "Si
tratta di un pericolo reale. Si tratta di uno strumento di controllo totale.
Siamo in grado di sapere a che ora il dipendente ha iniziato a lavorare e
quando ha fatto la sua pausa sigaretta. Analizzeremo poi se è stato anche abbastanza
produttivo? Cosa faremo poi con i dati raccolti? In futuro venderemo un po' del
diritto alla privacy per una maggiore sicurezza o comodità?".
Cari amici, conoscendo
gli italiani, credo che, seppure tecnicamente possibili, i nuovi sistemi
da noi stenteranno ad essere applicati. Allentare i rigidi schemi della privacy in
vigore, che l'innesto del microchip sottopelle comporterebbe, sarà uno scoglio difficilmente superabile, e,
come è già successo per modifiche meno traumatiche, penso che si scatenerebbe
una battaglia sindacale lunga e difficile. Eppure, a ben osservare quello che succede tutti i giorni, con i numerosi "furbi" che continuano a timbrare per finta il cartellino e poi si assentano rubando lo stipendio, l'introduzione del microchip sarebbe una vera ancora di salvezza: sia per aziende pubbliche che private; il microchip diventerebbe una vera
mannaia, una straordinaria ghigliottina per quei furbetti del cartellino che,
nonostante le ipotesi più drastiche (comprese quelle del licenziamento),
continuano beatamente a timbrare in costume da bagno e andare al mare o a fare
la spesa…
A domani.
Mario
1 commento:
il microchip mettetevelo in quel posto
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