Oristano
16 Febbraio 2017
Cari amici,
Non voglio certo essere
accusato di “voler tornare indietro nel tempo”, di essere considerato un
retrogrado, riproponendo sistemi educativi da tempo considerati obsoleti! Poiché,
però, le esagerazioni a mio avviso non hanno mai pagato, sono convinto che stiamo allevando
le “nuove generazioni” tralasciando e facendo perdere loro il contatto fisico con la
natura. Purtroppo è vero: le nuove generazioni (quella attuale è definita generazione 3.0 in quanto considerata
formata dai nativi digitali), se è pur vero che sono in possesso di strumenti
tecnologici tanto avanzati, che la nostra generazione in gioventù mai avrebbe potuto
neanche immaginare, è anche vero che ha quasi dimenticato il sapere antico, conoscendo solo ed esclusivamente quello nuovo.
Passare da un estremo all’altro, però, non è mai stato positivo.
Faccio questa riflessione con Voi oggi, riferendomi
in particolare alla giovane generazione che vive e si sviluppa nelle grandi
città, luoghi dove crescono in un modo che potremmo definire “artificiale”; per questi giovani è
quasi impossibile passeggiare in un prato dove rotolarsi, rincorrersi, fare la lotta o abbracciarsi;
dove non è data loro la possibilità di veder crescere e sentire il profumo di un fiore
selvatico, o rincorrere un animaletto che prende il sole o una farfalla che svolazza tra la vegetazione! La giornata di un bambino
di città è oggi scandita dalla vita in appartamento, dal telefonino-sveglia, dalla veloce colazione, dal ‘recapito’
in auto all’asilo o a scuola, e, al ritorno a casa, dopo un pasto veloce e preconfezionato,
passare le ore pomeridiane (dopo i veloci compiti) alla play station, al computer o smanettando col telefonino;
solo nei giorni stabiliti può trascorrere qualche ora in palestra o in un campetto
(coperto) di tennis, pallavolo o calcetto. Personalmente, credetemi, ritengo poco corretta e costruttiva
questa fase di crescita, che priva i bambini del contatto e della necessaria conoscenza "materiale" della natura.
A chi valuta con sufficienza
o diffidenza questo mio convincimento, in quanto crede che la mia teoria possa
funzionare solo tra chi, più fortunato di altri, abiti in luoghi campestri, nei piccoli villaggi che dispongono di tanto verde
intorno, rispondo che, volendo, anche in città è possibile creare le
condizioni perché i bambini tornino ad avere contatto e confidenza con la natura. Contatto che
non significa che essi debbono mettere da parte computer, tablet, smartphone,
App e Social Network, ma che possono integrare i nuovi strumenti tecnologici con il contatto diretto con la natura.
Non ho mai negato l'utilità della moderna tecnologia, perchè sono convinto che i nuovi strumenti di comunicazione risultano oggi di vitale
importanza, ma essi non dovrebbero mai togliere, escludere, i
bambini dal necessario contatto con Madre Natura. Godere dei vantaggi
tecnologici è per loro importante e formativo (possiamo constatare con quale facilità essi, fin
dalla più tenera età, sono in grado di manovrare con competenza congegni che a
noi sembrano fatti per marziani!), ma se a questi vantaggi aggiungessimo anche il contatto materiale con le bellezze naturali che il Buon Dio ci ha dato, ciò consentirebbe
loro di prendere maggior confidenza con il creato.
Quand’ero
ragazzetto (lo ricordo con nostalgia), con un po' di disperazione della mamma, tornavo a casa sporco di terra, fango ed erba ed ero ultra felice! Non ho nemmeno
dimenticato gli ammonimenti e la pazienza che aveva mia madre nel cercare di rimediare! I bambini
anche oggi hanno bisogno di sporcarsi le mani, i piedi e il volto con la terra,
la sabbia o l’erba, perché è assaporando il loro odore la loro consistenza, la loro crescita, che
essi capiranno l’importanza dei cicli naturali ai quali siamo da sempre legati. Giocare
in questo modo, creando aiuole in giardino, osservando farfalle e lucertole,
sentendo i grilli cantare, crea un felice connubio tra loro e la natura,
facendone un tutt'uno indissolubile.
L’era digitale cari amici, se
esclude tutto questo, anziché integrare le nuove generazioni con la natura, crea solo
disamore per tutto quello che non è tecnologicamente strutturato. Come potranno essi domani cercare di proteggere la biodiversità, i cicli naturali, e la natura nel suo insieme se non la conoscono?
Io credo che la soluzione per “ricreare”, almeno in parte, il connubio tra i bambini
e la natura, anche quelli di città, ci sia ancora, se ci impegniamo a trovarla e praticarla: non è davvero impossibile! Certo, è necessario avere fantasia e savoir
faire, ma una soluzione esiste ed è praticabile. Anche chi abita in un
condominio può riuscirci senza troppa fatica, coinvolgendo le altre famiglie e
mettendo insieme, per esempio, i bambini a giocare “a fare l’orto”. In che modo? Sono tanti i cortili dove
esistono spazi spesso incolti e quasi mai utilizzati. Quegli spazi opportunamente ripuliti e zappettati, potrebbero essere
utilizzati come piccoli orti. Anche l’ampia terrazza di un palazzo può fare al caso.
In questi spazi, dopo
averli fatti ripulire proprio da loro (se si utilizza una terrazza, saranno collocate delle
ampie cassette piene di terra), i bambini potranno, dopo aver rimosso e sistemato la terra, piantare dei fiori o delle erbe aromatiche da utilizzare poi in cucina, come aglio,
prezzemolo, basilico, rosmarino, e quant’altro. Preparare questi spazi sarà un
gioco piacevole e interessante, che risveglierà nei bambini quell’amore per la
natura che sicuramente essi stavano perdendo. Un gioco che inizierà a dare loro
quella manualità che poi si ritroveranno da grandi, e apprenderanno anche, in modo pratico se
adeguatamente supportati dagli adulti, il ciclo naturale del mondo vegetale.
Cari amici, il contatto
diretto con questi elementi (terra, sole, acqua, piante, etc.) creerà in loro
una visione nuova del mondo, apportando sensazioni emotive di benessere, oltre
che appagamento per la capacità dimostrata. Si, pur essendo un gioco, riuscirà
a fornire loro una positiva esperienza di capacità manuale, che consentirà loro
uno sviluppo sano e sereno. Questo non significa che questo “nuovo gioco”
dovrà sostituire quelli elettronici: assolutamente no, servirà solo a completare le loro conoscenze.
Al rientro nell’appartamento
essi riprenderanno in mano il tablet o lo smartphone, ma lo faranno con un
altro sentimento: perché il loro amore verso la tecnologia adesso non sarà più
esclusivo come prima. I loro interessi saranno divisi tra i giochi ultramoderni e
quelli più antichi, quelli sperimentati a contatto con la natura, quella natura (lasciatemelo dire) che ha
consentito la crescita e l'evoluzione dell’uomo e che lo ha portato allo sviluppo di oggi.
A domani.
Mario
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