Oristano 26 settembre 2024
Cari amici,
Tra le tante varietà di
piante di olivo, una di queste è davvero particolare, avendo una antichissima storia sulle
spalle. Sopravvive nel Sud Italia, e il suo nome è LEUCOLEA (in gergo
scientifico Olea Leucocarpa), una varietà ritenuta quasi perduta e rarissima,
famosa per il suo colore chiaro, candido. Coltivata in Grecia oltre 3.000 anni fa, ha
frutti bianchi piccoli, ed è sopravvissuta, quasi miracolosamente, in piccole piantagioni nelle terre
del nostro Sud, in particolare in Calabria e nella Tuscia.
Pianta originaria dell’Asia,
dove risultava presente ben 6.000 anni fa (si trovano attestazioni della sua
coltivazione in racconti tradizionali, testi religiosi e reperti archeologici),
con la diffusione del cristianesimo questa pianta dai frutti bianchi venne
utilizzata per produrre uno speciale olio da usare nelle liturgie, oltre che nell’uso
di lucerne, grazie alla sua proprietà di non produrre fumo; l’olio estratto
diventava quindi “l’Olio del Crisma”, da cui ancora oggi prende il nome il
rituale cristiano della Cresima. Di questo olio, stando al racconto
della Bibbia, erano stati unti addirittura sia Davide che Saul, prima delle
loro imprese.
Amici, un olio, quello
ricavato, praticamente considerato sacro, tanto che nelle città bizantine di Bova
e di Gerace, tale olio era ritenuto così particolare da essere riservato alle
diverse funzioni rituali: battesimo, cresima, ordinamento dei sacerdoti e dei
vescovi, unzione dei malati e, a partire dal VII secolo, per le cerimonie di "incoronazione degli imperatori”, come ha avuto modo di raccontare Orlando
Sculli, dell’Associazione “Patriarchi della natura”. Ma vediamo come si
presenta quest’albero e come sono in realtà i suoi frutti.
L’“oliva bianca” è
prodotta da un albero imponente, con un portamento maestoso, chioma ampia e foglie
verde-scuro, anche se, per gli esperti, presenta una particolare anomalia
genetica. Come ha avuto modo di spiegare ad AgroNotizie il dottor Innocenzo
Muzzalupo, laureato in Scienze Biologiche, ricercatore del Consiglio per la
Ricerca in agricoltura e Analisi dell'Economia Agraria (CREA), che da anni
studia la Leucocarpa: “A causa della sua colorazione, in passato Leucocarpa
veniva associata al concetto di purezza e per questo veniva coltivata nei
pressi di chiese e monasteri. L’olio ottenuto dalla molitura veniva poi usato
per i riti sacri, come l’estrema unzione oppure la consacrazione di nuove
chiese”.
Questa pianta, ai tempi
della Magna Grecia, era diffusa in tutta la Calabria, soprattutto nei pressi del
monasteri basiliani, che la utilizzavano per ricavarne olio per le sacre
funzioni; anche l’olio che se ne ricavava, infatti, invece del caratteristico colore
giallo-verde, rimane di un bianco quasi trasparente. Il nome Leucolea deriva
proprio dal fatto che sia le drupe che l’olio ricavato restano bianchi anche
dopo la totale maturazione del frutto. Al giorno d'oggi, come accennato, la Leucolea allo stato selvatico, è
presente praticamente solo in Calabria.
Grazie
allo studioso Alessio Grandicelli, che ne ha incentivato la coltivazione, possiamo trovare la Leucolea anche nella
Tuscia, precisamente a Castel Sant’Elia, in provincia di Viterbo. Grandicelli,
attraverso un post su Facebook, ha così commentato: “Finalmente posso
presentare a tutti qualcosa di meraviglioso! Sono riuscito a far crescere
un’oliva di oltre 3.000 anni fa, un’oliva perduta nel tempo, completamente
bianca. È il ‘leucokasos’, ossia l’oliva bianca dell’isola greca di Kasos”.
Cari amici, credo proprio
che la rinascita della LEOCOLEA sia proprio una grande riscoperta! Indubbiamente ha fatto un
lungo percorso: dalla Terra Santa alla Grecia, con successivo arrivo nel nostro
Meridione. Ora, dopo migliaia di anni, la coltivazione di questa pianta è ripresa nel nostro centro-sud, proprio dove, più di due millenni fa, veniva
coltivata dagli etruschi. La Leucolea ha, dunque, ripreso vita, sia in Calabria
che nella Tuscia, è ci resterà, speriamo, per molti altri secoli! Io credo che
questa pianta possa avere un buon successo anche nella nostra terra di SARDEGNA!
Basterebbe avere il coraggio di impiantarla e utilizzarla anche da noi!
A domani amici lettori.
Mario
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