Oristano
21 Gennaio 2017
Cari amici,
Quando quasi per caso,
nelle mie giornaliere scorribande su Internet, sono incappato nell’articolo de La Nuova Sardegna (datato 2005) che riportava
la magnifica iniziativa del prof. Carlo Passiu, docente di informatica ad
Oristano, tesa a valorizzare e recuperare nelle campagne di Santa Cristina di
Paulilatino un secolare mulino ad acqua, mi sono soffermato a leggerlo con
piacere e curiosità, attratto e piacevolmente coinvolto dalla notizia. Valorizzare la
nostra antica storia, i nostri lontani sistemi di vita e i nostri arcaici strumenti di
produzione, è sempre stato un mio forte desiderio, perché credo fermamente nella
grandezza dei nostri avi e nel potenziale che anche oggi questo nostro passato possa ancora
avere. La Sardegna possiede tesori immensi, anche se noi sardi, purtroppo,
siamo poco capaci di valorizzarli. Il problema è grande e non basterebbero poche righe...ma torniamo alla bella iniziativa del
professore.
Il recupero di cui dicevo prima è avvenuto nelle campagne di Paulilatino; è
stato concepito e portato avanti dal professor Carlo Passiu, un biologo di 52
anni attualmente insegnante di Informatica al Centro territoriale per
l'educazione degli adulti al liceo classico De Castro di Oristano. Il professore è sposato (la moglie lavora alla Asl di Ghilarza) ed è padre di tre figli. Carlo è figlio di
allevatori: il padre, Felice Passiu noto 'Tesoru", pascolava le sue greggi nei
pascoli di Meleddu e di Mura'e frissa e la madre, Antonia Manai, ereditò dalla nonna Michela Carboni e dalle bisnonne il terreno dove è ubicato l’antico
mulino, posto a poca distanza dalla statale Carlo Felice.
Paulilatino, sorgente "Sa Buburica"
Credo che a stimolare
il professore a prendersi cura del vecchio mulino siano stati, tra l'altro, alcuni fattori ambientali
unici: il dolce silenzio della verde vallata, il canto degli uccelli in
primavera e il gorgheggiare dell’acqua che per oltre quattro secoli con le sue
note sonore ha fatto girare il grande asse che metteva in moto la macina che
trasformava il grano in farina. Lo stesso quotidiano sardo nel bell'articolo dice “Sembrerebbero
immagini bucoliche raccontate con le xilografie di Carmelo Floris o di Giovanni
Dotzo, ma qui sono realtà che si toccano con mano. La storia di ieri non è mito
ma è cronaca di oggi, perché questo mulino - unico nell'altipiano di Santa
Cristina - è stato rimesso in funzione e sarebbe in grado di macinare, di dare
ancora farina di grano duro o di orzo per il pane nostro quotidiano”.
Mulino ad acqua (Samugheo)
Il mondo della civiltà contadina era tanto diverso: i mulini come quello rimesso in funzione erano in quei tempi abbastanza numerosi. Una ricerca scrupolosa fatta dagli
alunni della scuola media, con la regia di Antonietta Sanna, è riuscita a
catalogarne nella zona ben 19, dei quali sono ancora evidenti i resti, sia della
costruzione che dei ruderi degli impianti utilizzati dagli antichi mugnai. “Erano tutti concentrati – come sostiene
l’insegnante - lungo il rio 'Sa Buburica’, che vuol dire
sorgente, un corso d'acqua che nasce nelle campagne di Santu Lussurgiu e
attraversa gran parte del territorio di Paulilatino da nord a sud-ovest, e alimentava
tutti i mulini e anche per questo è chiamato arriu de sos mòllinos”.
I mulini ad acqua sono strutture
di antica concezione, se pensiamo che venivano utilizzati anche dagli antichi
Egizi che già allora conoscevano bene il funzionamento della ruota idraulica, in grado
di far muovere la macina capace di frantumare il grano e l’orzo riducendo i chicchi in
farina. Questo impianto di Paulilatino,
come dice Passiu riferendosi al suo mulino, è testimone del lavoro e dell'ingegno dell'uomo da millenni,
realizzato, come si usava fin dai tempi più antichi, col getto a cascata
dell'acqua che fa girare l'asse e trascina con sé la macina che sta sulla parte
superiore. La macina - un metro e venti di diametro - ha una sua parte fissa e
una mobile, il grano viene versato nella tramoggia ('su maiòlu") e scende
lentamente, la macina superiore schiaccia e tritura i chicchi di grano
riducendoli così in farina.
La ricerca, che ha
messo in evidenza una sorta di “via dei
mulini”, che serpeggiando intorno al torrente né collegava sicuramente ben
più dei 19 riscoperti dagli studenti, fa onore non solo alla storia, ma mette in moto la fantasia delle
menti più lungimiranti; potrebbe far pensare ad un concreto utilizzo turistico,
in grado di valorizzare le nostre amene zone interne. Pensate ad un percorso (per
esempio primaverile) che, oltre ai Nuraghi, Domus de Janas è Pozzi sacri, possa
anche far riscoprire le nostre antiche “officine
di produzione”, come il mulino di cui oggi parliamo!
Cari amici, io già lo
immagino un percorso, un itinerario chiamato proprio 'la via dei mulini", una
delle tante possibili escursioni in Sardegna, capaci di far scoprire a tanti il fascino della
nostra bella Isola anche nei periodi non proprio balneari. Nel mio sogno
vedo il turista che, dove aver visitato per esempio il villaggio nuragico e
il pozzo sacro di S. Cristina, di sera al calar del sole, passeggiando e
beandosi del tepore primaverile, si dirige verso l’antico mulino ad acqua
perfettamente conservato, anche se realizzato ormai oltre 4 secolo orsono. Lo
vedo incantato ad osservare con curiosità le pareti in pietra lavica da cui pendono i ferri
del mestiere del passato: falci e ferri per gli zoccoli dei cavalli e dei buoi,
cestini di canna, pialle e scalpelli, sgorbie e trapani. Al centro del mulino le pesanti mole,
da cui fuoriescono i primi macinati di grano, la tramoggia piramidale in legno,
e, alla destra, una feritoia o arco sotto il quale si sente gorgogliare il bianco
getto d'acqua, il potente motore dell’antica macchina!
Se sapessimo, davvero,
valorizzare la nostra stupenda e straordinaria Sardegna…come la potremmo
cambiare!
A domani.
Mario
Mario
La Sardegna con indicati gli antichi mulini ad acqua
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