Oristano 3 Gennaio 2017
Cari amici,
Nel post di ieri 2 Gennaio
ho parlato dell'avanzare degli acquisti on line che hanno prima raggiunto e poi
superato quelli fatti nei negozi; oramai gli acquisti fatti
tramite Internet sono arrivati all’importante traguardo del 50,5%, come è stato
rilevato ufficialmente dall’ISTAT. Un dato questo che certamente fa riflettere non poco. L'acquisto on line ha sicuramente dei pro e dei contro: per esempio uno dei primi problemi è che non possiamo vedere e toccare preventivamente la merce che acquistiamo, che significa - detto in parole povere - che la compriamo "al buio", spesso con sorpresa all'arrivo. Non sono poche, infatti, le merci 'clonate' con falsi marchi sia d'origine che di sicurezza.
A quanto è dato sapere,
circa un quarto degli acquisti fatti online sono risultati ingannevoli, ovvero
contraffatti. L’85% degli acquirenti in buona fede, intervistati circa
l’acquisto fatto, lamenta che ci dovrebbe essere maggiore protezione. Una ricerca
effettuata da MarkMonitor, azienda
leader nella protezione dei marchi presenti online, ha rivelato che il 23% dei
consumatori ha acquistato involontariamente un prodotto online contraffatto,
con una percentuale sopra la media tra i millennials,
ovvero la fascia di età compresa trai 18 e i 34 anni. “La contraffazione e la
disponibilità online di prodotti contraffatti è una minaccia sia per i brand
che per i consumatori. Questi cyber-criminali stanno diventando sempre più
evoluti nel loro approccio. Risulta necessario quindi che i consumatori siano
vigili al momento dell’acquisto online e che i brand debbano aggiornare la loro
strategia di protezione per ridurre il rischio e contemporaneamente adottare
misure per educare i propri clienti,” ha affermato Mark Frost, CEO di
Mark Monitor.
Indubbiamente con il
costante aumento degli acquisti in rete, è necessario trovare soluzioni
adeguate per combattere il fenomeno, che ‘ingrassa’ non poco le lobby
criminali del commercio on line. Ormai in rete si compra di tutto: scarpe,
orologi, capi di abbigliamento, bigiotteria e quant'altro; in questo immenso emporio virtuale le transazioni sono innumerevoli:
pensate che solo in Italia il giro d’affari dei prodotti taroccati ammonta a 6,3 miliardi
di euro (dato rilevato dall'OCSE e riferito al 2015), con un
consistente mancato introito per l’erario! Sono cifre importanti, che devono far riflettere.
Una recente
affermazione di Jack Ma, fondatore
di Alibaba, il principale negozio
virtuale al mondo, ha lasciato a bocca aperta gli operatori e fatto letteralmente
trasecolare quanti lavorano nell’alta moda, nell’artigianato e nel design.
«Circa la metà dei prodotti reclamizzati su Alibaba sono falsi. E noi non
possiamo farci nulla», ha candidamente ammesso il fondatore di Alibabà al
Financial Times. La colpa, sostiene Ma, uno degli uomini più ricchi al mondo, è
tutta da ascrivere alle grandi griffe dell’alta moda, spesso italiana o
francese. Negli anni passati hanno trasferito impianti e competenze nel sud-est
asiatico e in Cina provocando la nascita di un distretto parallelo che è in
grado ora di fabbricare abiti di alta moda con gli stessi tessuti e con lo
stesso taglio di quelli realizzati in Europa. Anzi, persino migliori degli
artigiani italiani, ad esempio. In questo modo vengono realizzate scarpe di Prada, borse di Gucci,
abiti di Fendi e così via, dando vita al grande mercato del falso d'autore.
Secondo un recente
rapporto dell’Ocse l’Italia è tra le più penalizzate tra le grandi economie
avanzate, nonostante il governo Renzi abbia firmato l’anno scorso un accordo
con Alibaba (con tanto di viaggio in Cina) per promuovere il made in Italy
sulla vetrina virtuale più grande del mondo.
Una delle strutture più attive, in chiave anti-contraffazione, è senz’altro Indicam, l’associazione di Centromarca. L'Istituto ha anche presentato un esposto all’Antitrust, che è servito come traccia per l’Autorità per la Concorrenza, che si è mossa iniziando ad oscurare i siti reclamizzanti merci taroccate. Il Governo da parte sua ha appena ideato uno sportello anti-contraffazione al Ministero dello Sviluppo: un centro di ascolto per le imprese, che così possono denunciare i diversi tentativi di contraffazione. Servirà?
Una delle strutture più attive, in chiave anti-contraffazione, è senz’altro Indicam, l’associazione di Centromarca. L'Istituto ha anche presentato un esposto all’Antitrust, che è servito come traccia per l’Autorità per la Concorrenza, che si è mossa iniziando ad oscurare i siti reclamizzanti merci taroccate. Il Governo da parte sua ha appena ideato uno sportello anti-contraffazione al Ministero dello Sviluppo: un centro di ascolto per le imprese, che così possono denunciare i diversi tentativi di contraffazione. Servirà?
Cari amici, quando le
grandi lobby criminali fiutano il grande guadagno, non è facile allontanarle
dal ricco piatto dove intingono le grinfie. Il problema è che la corruzione (cancro che purtroppo corrode fortemente la struttura pubblica)
sempre più imperante, consente alle lobby connivenze e protezioni che mai avrebbero
dovuto avere, come apprendiamo dalla cronaca di tutti i giorni. Se la
contraffazione è un cancro che aggredisce le aziende, la corruzione lo è ancora di più, perché anziché proteggere l’onesto lavoro delle nostre maestranze e delle imprese, diventa connivenza con i
malfattori. La globalizzazione, purtroppo, ha creato anche questo.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento