mercoledì, maggio 22, 2024

L'IMBROGLIO DEL FINTO “RICICLO DELLA PLASTICA”. ECCO LA DENUNCIA DELL’ASSOCIAZIONE AMERICANA “CENTER FOR CLIMATE INTEGRITY”.


Oristano 22 maggio 2024

Cari amici,

Si, amici, “Tra il dire e il fare è proprio vero che c’è di mezzo il mare”! Che la plastica sia la peste del Terzo Millennio, è ormai noto, così come si sa bene che è un prodotto difficile da riciclare! Tuttavia, quando gli interessi commerciali sono molto forti, si cerca fittiziamente di “addolcire la pillola”, millantando “ricicli” che restano, purtroppo, sulla carta, in quanto non solo sarebbero difficili e costosi ma spesso impossibili. L’importante, però, è tranquillizzare il consumatore, che in questo modo si rasserena pensando che col riciclo tutto si aggiusta, mentre, invece, la crescente invasione della plastica continua senza sosta.

Negli Stati Uniti l’associazione ecologista  “Center for Climate Integrity”, urla ai 4 venti che lo strombazzato riciclo della plastica, altro non è che una “frode”!  L’indagine portata avanti ha evidenziato che “Alla base della crisi dei rifiuti di plastica c’è una campagna decennale di frodi e inganni sulla riciclabilità della plastica. Nonostante sappiano da tempo che il riciclo della plastica non è né tecnicamente né economicamente sostenibile, le aziende petrolchimiche si sono impegnate in campagne di marketing e di educazione pubblica fraudolente, volte a ingannare il pubblico sulla fattibilità del riciclo della plastica come soluzione ai rifiuti plastici”.

In realtà il tasso di riciclaggio della plastica negli USA era appena il 5%-6% nel 2021, ma il dato è rimasto nascosto ai consumatori. La Society of the Plastics Industry (SPI) ha introdotto i Codici di Identificazione delle Resine nel 1988, i famosi numeri all’interno di un triangolo e con le frecce, divenuti i simboli ampiamente riconosciuti come indicativo della riciclabilità. Tuttavia, questi simboli hanno fuorviato i consumatori, facendo credere che i contenitori in plastica siano tutti riciclabili e successivamente rimessi in circolo utilizzando il materiale riciclato, il che non è sempre vero. E questo non è tutto.

Secondo il Center for Climate Integrity l’inganno nei confronti dei consumatori va ben oltre le etichette. Vi sarebbe, infatti, una incomprensione di fondo: a differenza di quanto comunicato, la maggior parte delle plastiche è difficile da riciclare a causa della loro struttura molecolare, che si degrada durante la fabbricazione iniziale, con l’invecchiamento e con qualsiasi processo di recupero successivo. Una degradazione che porta la plastica riciclata a costare addirittura di più, nonostante la minore qualità, rispetto alla resini vergini. Insomma, amici, sintetizzando il certosino lavoro svolto dal Center for Climate Integrity, la triste realtà è che “La maggior parte delle materie plastiche non può essere riciclata, non lo è mai stata e non lo sarà mai”, come afferma senza tentennamenti il report; la dimostrazione più evidente è quella detta prima: secondo i dati del 2021 il tasso di riciclaggio della plastica negli Stati Uniti non arriva a superare il 5-6% del totale.

E in Italia cosa succede? Secondo Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna inquinamento di Greenpeace, “La nostra indagine ha evidenziato, ancora una volta, il mito del riciclo”. Da anni ci sentiamo dire come questa sia l’unica soluzione per risolvere i problemi ambientali innescati dall’abuso di plastica, ma purtroppo i dati e i numeri del riciclo rivelano un fallimento su scala planetaria. E se è vero che in Europa e in Italia il riciclo va meglio che nel resto del mondo, questo non basta a far fronte all’aumento dei consumi e dei rifiuti. Servono regole globali che taglino la produzione del 75% entro il 2050 per contenere il riscaldamento entro 1,5° C e prevenire gli impatti ambientali più disastrosi”.

Secondo un report dell’OCSE (2022), negli ultimi 30 anni, trainato dalla crescita dei mercati emergenti, il consumo di plastica è quadruplicato; e la produzione plastica, ricorda sempre l’OCSE, è responsabile del 3,4% delle emissioni globali di gas serra. La maggior parte della plastica in uso oggi, infatti, è plastica vergine – o primaria – ricavata dal petrolio grezzo o dal gas. La produzione globale di plastiche riciclate (o secondarie) seppure sia quadruplicata, passando da 6,8 milioni di tonnellate nel 2000 a 29,1 nel 2019, rappresenta ancora solo il 6% della produzione totale.

Insomma, amici lettori, la situazione non è certo delle più felici. In Europa il modo più usato per smaltire i rifiuti di plastica è la termovalorizzazione, seguita solo al secondo posto dal riciclaggio. Il 25% circa dei rifiuti in plastica generati viene smaltito in discarica, mentre metà della plastica raccolta per il riciclaggio viene esportata al di fuori dei confini europei (e li…chissà, che fine fa...).  La maggior parte va principalmente in Turchia, India ed Egitto. In passato la si esportava anche in Cina, ma poi è arrivato il blocco all’importazione dei rifiuti di plastica imposto dal governo di Xi Jinping.

Cari amici, riusciremo mai a trovare in sostituto ecologico alla plastica, che continua a inquinare mari e monti e a mettere in pericolo il pianeta? Il dubbio è forte!!!

A domani.

Mario

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