Oristano 1° dicembre 2020
Cari amici,
Ho deciso di iniziare le mie riflessioni di dicembre parlando dell’ultima tragedia, l’alluvione che a Bitti ha causato
la morte di tre persone e devastato il paese, posto nel cuore della Barbagia. Una
tragedia che con grande superficialità viene attribuita al mutare delle
condizioni del tempo, alla variabilità della natura, al quel capriccioso
rivoluzionarsi del tempo, anche se, in realtà, tutto ciò serve solo a nascondere le
pesanti colpe umane, per una gestione dei suoli fatta con faciloneria, spesso
esclusivamente per sete di guadagno. Si, amici, nei nostri paesi si è costruito sul
letto di fiumi ora tombati, letti sopra i quali ora sorgono strade e case, senza
minimamente preoccuparsi dell’alto rischio che corrono. Personalmente mi
ricordo dell’alluvione che tempo fa colpì l’abitato di Mogoro, dove una delle strade
principali, Via Rio Mogoro, testimonia che quella strada altro non era (ed è ancora) un percorso costruito sul letto del vecchio fiume!
La natura, prendiamone
atto, non dimentica mai nulla e prima o poi si riprende i suoi spazi! Non si può
continuare, per sete di danaro, a valorizzare aree fabbricabili “a rischio
esondazione”, realizzando opere che poi si rivelano altamente pericolose, capaci anche di
uccidere. Facile, poi, dare le colpe ai capricci della natura, ignorando che è l’uomo
il primo colpevole! Dobbiamo rinsavire, perché pur prendendo in considerazione
la possibilità di condizioni metereologiche estreme, il dissesto idrogeologico
in Sardegna (oltre che in buona parte del territorio italiano), è figlio di una
gestione inadeguata del territorio, a partire dalla deforestazione, del grave ritardo negli interventi di
messa in sicurezza, della mancanza di un attento monitoraggio delle situazioni
a rischio, oltre alla inopportuna realizzazione di insediamenti e di infrastrutture, in
luoghi ad alto rischio di alluvione.
La natura non dimentica i suoi spazi e i suoi percorsi! È successo diverse altre
volte, e sta succedendo anche ora, con la terribile tragedia di Bitti; a seguire tante
belle parole dopo i luttuosi fatti, con la promessa di interventi immediati, di
stanziamento di fondi, anche se poi, anche a distanza di anni, tutto resta come
prima. Lo dimostrano le dichiarazioni, gli appelli e le promesse fatte negli scorsi anni, a cui
nessun seguito è stato dato e nessuna opera di vera protezione e stata messa in cantiere. Ed ecco che anche oggi il ritornello si ripete: si
torna ancora una volta a colpevolizzare "il tempo che è cambiato", ad attribuire alle “mutate” condizioni del clima quanto è avvenuto. Niente
di più falso, perché è inutile dare le colpe alla natura quando è l'uomo il primo colpevole! Quando un problema esiste, non ci si può nascondere dietro un dito: bisogna affrontarlo subito, con coraggio e
determinazione, smettendola di dare sempre le colpe alla natura, che non è
imprevedibile, perché se controllata, si eviterebbero tante tragedie.
Cari amici, oggi la
tecnologia mette a disposizione gli strumenti necessari per realizzare complete
reti di monitoraggio automatico, che consentono di tenere sotto controllo
fiumi, torrenti e bacini, segnalando le situazioni di pericolo e allertando la
popolazione al minimo rischio di esondazione; la tecnologia ha inventato anche
sistemi di pronto intervento per le emergenze, tali da consentire in poche ore
di costruire argini artificiali e sbarramenti per la protezione delle aree a
rischio. Perché di tutto questo in Sardegna non vi è traccia?
Eppure siamo Regione autonoma (almeno sulla carta) e compito primario (unitamente alla Protezione Civile) dovrebbe essere quello di dotarsi di validi sistemi di prevenzione e protezione, perché nulla si è fatto? Spesso, è vero, sono le pastoie burocratiche e i ritardi nella programmazione ad impedire l’assunzione di strumenti di grande efficacia che, a costi dieci volte minori rispetto al ripristino dei danni, consentirebbero di controllare in continuo i fenomeni atmosferici e naturali, proteggendo nel modo migliore le aree a rischio, in modo da prevenire e scongiurare morti e devastazioni.
Tornando all’ultima
tragedia, quella di Bitti, il Direttore generale della Protezione civile sarda
Antonio Belloi ha definito il disastro terrificante: «Su Bitti è arrivato
qualcosa che il territorio non è riuscito a sopportare dal punto di vista
idraulico. Con tutta la buona volontà il sindaco ha fatto tutto quello che
doveva fare, purtroppo l'evento, per quanto previsto, ha fatto il suo corso in
questo modo». Eppure era noto a
tutti che Bitti è letteralmente diviso in due da un fiume, che scorre dentro un
“canale tombato”, che scende da via Cavallotti e passa sotto la piazza
Asproni, scendendo poi per via Brigata Sassari fino all’uscita del paese verso
Onanì. Un fiume tombato molto tanto tempo fa, e quindi a maggior ragione da
ritenere pericoloso e infido.
Il direttore di Forestas
Salvatore Mele, riferendosi alla tragedia ha detto: che «fatti come
quello che è accaduto impongono un totale ripensamento delle opere da
realizzare: idrogeologiche di contenimento, come il rimboschimento, e di quelle
idrauliche, come casse di compensazione per liberare l’alveo e consentire il
deflusso delle acque. Quello che è accaduto è un evento eccezionale di fronte
al quale le infrastrutture non hanno tenuto, legato ai mutamenti climatici se è
vero che non c’è notizia, nella storia di Bitti, di una emergenza di questa
gravità. E la frequenza con la quale questi eventi vanno ripetendosi, nel 2004
a Villagrande, nel 2013 con il ciclone Cleopatra e poi l’anno dopo con
l’alluvione di Capoterra, dimostrano quanto stia assottigliandosi l’intervallo
temporale tra gli accadimenti».
Belle parole, amici, ma
se vogliamo evitare per il futuro simili tragedie alle parole debbono, con
urgenza, seguire fatti concreti. La natura
non fa sconti a nessuno, soprattutto quando a violarla siamo stati noi.
A domani, amici.
Mario
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