Oristano
5 Ottobre 2015
Cari amici,
L’Italia, come sappiamo,
è famosa nel mondo per gli spaghetti e la pizza, termini ormai entrati in tutte
le lingue, da Occidente a Oriente. Lo stereotipo alimentare italiano, sia che
si parli di spaghetti che di pizza, ha un luogo comune che li unisce: il sugo.
Nell’immaginario collettivo la visione di un fumante piatto di pasta, così come
quella di una fragrante pizza che esce dal forno a legna di una pizzeria, sono
entrambe accomunate da un “Fil Rouge”
costante: il sugo di pomodoro, da sempre prodotto da pomodori coltivati in Italia,
dove da tempo il pomodoro è una cultura specializzata. Eppure le cose col tempo
stanno cambiando.
Dai primi anni di
questo millennio sono iniziate le importazioni di pomodori dalla Cina. “Pomodori cinesi made in Italy”, li
definisce qualcuno, e certamente non ha torto. Nel nostro Paese si è instaurata
una pratica molto comune: l'Italia, pur essendo uno dei primi tre produttori
mondiali di pomodori, ne importa centinaia di migliaia di tonnellate dalla
Cina! Il rivale asiatico ci fornisce soprattutto concentrato di pomodori, in
gran parte trattati con pesticidi o persino scaduti. Una vera e propria truffa
alimentare, che vede vittime sia il marchio italiano che i consumatori. Questa
pericolosa pratica, è stata accertata da un’inchiesta di Nadia Toffa, de Le Iene, ed il fatto è stato riportato
anche da Ferruccio Sansa de Il Fatto
Quotidiano.
Delle 155 mila
tonnellate di concentrato di pomodoro importato in Italia, 120mila provengono
dalla Cina. "Il concentrato sono pomodori privati dell'acqua, più leggeri e
meno costosi da trasportare", spiega Lorenzo Bazana, responsabile
del settore Ortofrutta di Coldiretti. Insomma il vecchio e famoso “Made in
Italy”, marchio che ha spopolato per tanto tempo, sta correndo il rischio di
passare in secondo piano, aggredito in modo sempre più forte, dalla concorrenza
del prodotto cinese. La struttura produttiva nostrana è in allarme: Coldiretti,
cooperative agricole dell'UNCI e industrie conserviere dell'AIIPA, oltre che le
associazioni dei consumatori, esprimono seria preoccupazione.
L’escalation
dell’import dei pomodori dalla Cina continua senza sosta: gli ultimi dati
rilevati hanno accertato un aumento del 520% sui dati precedenti e la
Coldiretti ha lanciato un vero e proprio “allarme rosso”. Il rischio maggiore
in capo ai consumatori è dato in particolare dalla mancanza dell'obbligo di
indicazione sull’etichetta della provenienza del prodotto. Questa anomalia
consente “giochi pericolosi”, come quello di etichettare come italiano il
prodotto che, parzialmente lavorato da noi, arriva invece dalla Cina. E’ stato
accertato che un crescendo di navi sbarcano in continuazione fusti di oltre 200
chili di peso, pieni di concentrato di pomodoro “da rilavorare e confezionare”;
prodotto che successivamente verrà etichettato come italiano, in quanto, al
momento, nessun obbligo lo impone, richiedendo solo l’indicazione del luogo di
confezionamento.
Che si stia tentando in
tutti i modi di far passare come italiano il prodotto cinese è più che evidente:
la Coldiretti ha osservato che la maggioranza degli sbarchi avviene proprio nel
porto di Salerno, in Campania, sito nelle immediate vicinanze delle zone di
confezionamento del pomodoro italiano. La Coldiretti ha già chiesto
ripetutamente al Governo una maggiore trasparenza, ma al momento nulla è
cambiato; questo commercio "va reso trasparente, con l'obbligo ad indicare in
etichetta l'origine degli alimenti", sostiene il Presidente dell’associazione
Roberto Moncalvo. Un obbligo, osserva, che "attualmente vale in Italia solo per la
passata di pomodoro ma non per il concentrato o per i sughi pronti",
aggiungendo che, "in un momento di difficoltà economica va portato sul mercato il
valore aggiunto della trasparenza, con l'obbligo di indicare la provenienza in
etichetta per tutti i prodotti alimentari".
Questo lucroso traffico
di pomodori ricorda da vicino quello della droga, considerato che anche in
questo commercio alimentare c’è la presenza costante della mafia. Una volta
lavorato in Italia e marchiato come italiano, il prodotto non si ferma in
Italia che in piccola parte: il 71 per cento del pomodoro cinese, impropriamente
targato Italia, torna all'estero: spesso addirittura in Cina, dove viene
spacciato per un'eccellenza italiana! Gli altri mercati europei sono quello
tedesco e quello inglese, restando a casa nostra circa il 29% del prodotto, che
finisce sulle nostre tavole pieno di dubbi e con mille incognite. "In
Europa sono state bandite centinaia di sostanze pesticida tossiche –
sostiene Bazana - molte, non tutte, sono vietate
anche in America, mentre in Cina spesso sono usate". E non basta,
aggiunge: "A volte per produrre il concentrato si utilizzano anche
pomodori scaduti".
Cari amici, in questi
giorni i produttori sardi di pomodori pelati e conserve stanno cercando di
allertare il consumatore, ricordandogli che le 2 aziende produttrici (CASAR e
ANTONELLA) lavorano solo il “100% di prodotto Italiano”, anzi di prodotto sardo! Credo che,
soprattutto noi sardi, dovremmo privilegiare per quanto possibile i prodotti
della nostra terra, molto più sani e genuini, anziché, per risparmiare qualcosa
affrontare il rischio di consumare prodotti meno buoni e anche pericolosi. La Sardegna non
dimentichiamolo mai, si difende anche a tavola! Ciascun sardo dovrebbe orgogliosamente fare la sua parte.
Grazie amici, a domani.
Mario
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