Oristano 1° agosto 2024
Cari amici,
Inizio i post di agosto tornando sul serio problema delle "Energie rinnovabili". L’esigenza di produrre,
in tempi relativamente brevi, grandi quantità di energia rinnovabile è certamente
encomiabile e di grande utilità (meglio dire salvezza) per il pianeta. Il problema è serio, ma certamente non si può certo distruggere l'esistente per avere più energia pulita, come del resto sta avvenendo in SARDEGNA con la cervellotica installazione di pale eoliche assolutamente senza criterio e senza rispetto! L'orgasmo di produrre in tutti i modi sta circolando a gran carriera, e le idee serie, purtroppo, non sono tante. C'è chi contesta (giustamente) che non si possono coprire i campi, sottraendo
spazio alle coltivazioni, chi protesta per la collocazione di pale eoliche che distruggono storia, patrimonio archeologico e paesaggi, e chi si lamenta per le pale in mare che arrecano danno alla fauna e alla pesca. Insomma, la soluzione di un problema, per quanto difficile, non può, come è
giusto che sia, creare degli altri problemi, altrimenti si corre il rischio di fare più danno che guadagno.
Ebbene, tra le tante idee
circolanti (a livello schizofrenico), c'è addirittura chi ipotizza di coprire, almeno in parte, il deserto
del SAHARA con una gigantesca rete di pannelli solari, che, a detta dei fautori
di questa idea, potrebbe garantire energia a tutto il pianeta! In apparenza, l’idea
appare anche luminosa: nel deserto non
ci sono attività che ne ricaverebbero danno, per cui in teoria la soluzione appare anche abbastanza intelligente, ma la realtà non è così semplice come appare.
Vediamo perché.
Uno recente studio ha analizzato il problema e valutato le possibili conseguenze della realizzazione di
questo progetto, arrivando a conclusioni che non appaiono incoraggianti. Partendo
dal presupposto che ogni giorno l'energia che arriva alla Terra dal Sole è
15.000 volte superiore a quella utilizzata dall'umanità, la decisione di abbandonare
l’utilizzo dell’energia fossile, sostituendola con quella rinnovabile è
positiva, ma utilizzando la giusta tecnologia per sfruttare al massimo la
risorsa fornita dal sole.
L’idea di coprire un
vasto territorio soleggiato e inospitale, come un deserto, con un'enorme rete
di pannelli che forniscano energia all'intero pianeta, a primo acchito appare
semplice, ma a ben vedere ci sono dei pericolosi effetti collaterali. Un nuovo
studio pubblicato su Nature ha concluso che il massiccio dispiegamento di
pannelli solari nel deserto del Sahara può alterare la circolazione dei venti
del pianeta e modificare il clima anche in luoghi molto lontani dal deserto.
Altro problema importante
è “l’Albedo” (l'Albedo - dal latino albēdo, "bianchezza", da albus,
"bianco" - di una superficie è la frazione di luce o, più in
generale, di radiazione solare incidente che è riflessa in tutte le direzioni.
Essa indica dunque il potere riflettente di una superficie. I pannelli solari,
installati numerosi nel Sahara modificherebbero l’attuale potere riflettente
della sabbia (i pannelli sono molto più scuri della sabbia), quindi assorbirebbero
più calore e l’energia riflessa nello spazio diminuirebbe. Ciò produrrebbe un
ulteriore riscaldamento dell’ambiente, non solo a livello locale, ma globale.
Come conseguenza, coprire anche solo il 20% del Sahara con parchi solari aumenterebbe la temperatura locale nel
deserto di 1,5°C. Con una copertura del 50%, l'aumento di temperatura sarebbe
di 2,5°C. A livello globale, la temperatura media aumenterebbe di 0,16°C per
una copertura del 20% e di 0,39°C per una copertura del 50%. Oltre a tutte
queste conseguenze, che già ci fanno riconsiderare l’idea di costruire un parco
solare in un deserto, bisogna considerare che i pannelli solari diventano meno
efficienti quando le temperature superano i 45°C. E non è tutto.
Abbiamo pensato, per
esempio, che nel deserto del Sahara le tempeste di sabbia spostano le dune
costantemente, e potrebbero in poco tempo sotterrare la marea di pannelli
solari? Per poter raggiungere un’efficienza sufficiente, e una produzione di
energia costante nelle ore di luce, i pannelli fotovoltaici debbono risultare il
più possibile puliti e sgombri di detriti. Ogni corpo estraneo che si deposita
sulla superficie del pannello blocca infatti l’assorbimento dei raggi solari e,
di conseguenza, limita o addirittura inibisce la produzione di energia.
Amici, già oggi i modesti
impianti fotovoltaici attivi nelle aree desertiche non solo coprono aree
relativamente piccole – rispetto alla grande estensione dello stesso deserto –
ma sono sottoposti a costanti interventi di pulizia e manutenzione proprio per
eliminare la sabbia in eccesso. E, almeno su larga scala, visto un simile
dispiegamento di forze, risulta praticamente inapplicabile. Inoltre, le
elevatissime temperature presenti nelle aree desertiche come quelle del Sahara (raggiungono
una media di 38-42 gradi, con dei picchi di più 50 gradi in alcune zone),
ridurrebbero di molto l’efficienza del fotovoltaico, che diminuisce al crescere
della temperatura: in altre parole, quando la colonnina di mercurio è troppo
elevata i pannelli producono meno energia.
Cari amici, come possiamo vedere un’idea apparentemente
buona, si rivela, purtroppo, più inadatta di altre. La risultante, in effetti, può suonare come una
beffa: i luoghi deserti del globo, dove il sole è più battente, sono anche
quelli meno ottimali per la produzione di energia fotovoltaica! La realtà è che
il nostro Pianeta si regge su delicati equilibri millenari, la cui modifica, se
non è studiata a dovere, può fare più danno che guadagno!
A domani.
Mario
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