Oristano
27 Settembre 2017
Cari amici,
“Libertà va cercando,
ch'è sì cara …” è un frammento del verso di Dante, del
1° canto del Purgatorio della Divina Commedia. Sono le parole rivolte da
Virgilio a Catone Uticense (custode dell'accesso al monte del Purgatorio) per
presentargli Dante, in quanto "cercatore
di libertà”. Credo che nel momento che stiamo attraversando si adattino
egregiamente a quella “ricerca di indipendenza (libertà)” che i catalani rivendicano dalla Spagna per ottenere il distacco e l’autonomia, e per
ottenerla hanno già indetto il contestato referendum popolare.
Sulla spinosa “questio” sia
l’Unione Europea che i grandi Paesi che la compongono hanno preferito mantenere il
silenzio, astenendosi da qualsiasi commento che potesse far pendere l’ago della
bilancia da una parte o dall’altra. La Catalogna è ben conscia dei pericoli che corre
con la richiesta del referendum per lasciare la Spagna, ma ha, comunque, già convocato
la popolazione per le operazioni di voto, messe in calendario per il 1 di Ottobre.
La Generalitat de Catalunya (in
catalano) guidata, da Carles Puigdemont, appare caparbiamente decisa ad andare
avanti, ad ogni costo.
Corteo pro referendum |
Il problema è serio. Proprio
per questo nessun grande Paese europeo ha voluto immischiarsi, per non dare
spunti o creare favoritismi (ad autonomisti o nazionalisti) circa la disputa in
atto. Molti hanno immaginato che il Governo Rajoy a Madrid avrebbe (come poi è
stato) proclamato l’incostituzionalità del referendum, ma anche che il rifiuto
sarebbe stato accompagnato da una seria trattativa politica, che tenesse in
debito conto le richieste di maggiore autonomia avanzate dalla Catalogna. Altri hanno invece sperato che i
guai incorso nel Regno Unito, alle prese con una Brexit di cui non si riesce a definire chiaramente
neanche il percorso d’inizio, avrebbero sopito la questione, raffreddando
gli animi da una parte e dall’altra. Ma così non è stato.
Gli arresti dei giorni
scorsi dimostrano inequivocabilmente che non vi sono spazi di trattativa. La
dura presa di posizione della Spagna, però, è un triste segnale, che potrebbe
ritorcersi contro come un boomerang, aumentando anziché diminuire l’anelito di libertà del popolo
della Catalogna. Incarcerare i rappresentanti di un Governo locale eletto sulla
base delle loro opinioni politiche in materia di autodeterminazione, non farà
guadagnare quei consensi che oggi non ci sono. Quanto brutalmente messo in atto è certamente una
sconfitta per la Spagna e per quello spirito europeista che, invece, avrebbe
dovuto essere dominante. Siamo nel Terzo Millennio, non ai tempi dell’Imperial
Regio Governo Austriaco che metteva ai ceppi i riottosi carbonari lombardi!
Amici, l’attuale
rigurgito autonomista della Catalogna non è nato oggi, non è il frutto dei
visionari e idealisti di questo millennio: esso ha radici ben più profonde. In
Catalogna l’identità autonomista nasce tra l’XI e il XIII secolo; fu
successivamente sopita con l’annessione al regno d’Aragona, ma si riaccese nel
primo Novecento, ottenendo anche una prima autonomia (negli Anni Venti),
repressa poi brutalmente con l’avvento del franchismo. Alla fine del secolo
scorso il movimento indipendentista, connotato da un forte ideale di
sinistra, nel 1980 sotto la guida di Jordi Pujol, riuscì ad ottenere un primo statuto di
maggiore autonomia.
Da questo momento iniziano a prendere forma e si concretizzano sia il recupero di identità che l'uso della lingua: si opera per radicare il
catalano come prima lingua, e, dal punto di vista economico, si lavora per fare
della Catalogna la più avanzata regione spagnola per concentrazione di aziende manifatturiere
ad alto valore aggiunto, multinazionali, ricerca scientifica e servizi
avanzati. Pujol, capo intelligente, comprese anche che politicamente la Catalogna
avrebbe ottenuto di più accordandosi con le forze popolari a Madrid, e conseguentemente spostò il suo gruppo autonomista (molto a sinistra) verso il centrodestra al potere in
Spagna. Col suo successore, Artur Mas, la trasformazione venne completata: il
suo PdCat divenne una vera forza di destra nazionalista, di marca catalana,
però.
Il Primo Ministro Rajoy,
però, non riuscì a comprendere (o non volle), già 3 anni fa, che
l’indipendentismo catalano raccoglieva consensi in formazioni a largo raggio: dalla
destra estrema alla sinistra extra sistema e anticapitalista del CUP, e questo fu un gravissimo errore.
Artus Mas allora, ormai politicamente forte, chiese a Madrid di estendere l’autonomia catalana sulla gestione delle proprie tasse, visto che paradossalmente la microscopica Navarra finanziariamente aveva più autonomia contabile della Catalogna. Rajoy, anziché mediare, chiuse la porta alla trattativa e questo scatenò ulteriormente la rabbia indipendentista, che conseguentemente prese l’iniziativa di indire il referendum, cosa che, se la concessione richiesta fosse stata accolta, probabilmente non sarebbe mai nata.
Artus Mas allora, ormai politicamente forte, chiese a Madrid di estendere l’autonomia catalana sulla gestione delle proprie tasse, visto che paradossalmente la microscopica Navarra finanziariamente aveva più autonomia contabile della Catalogna. Rajoy, anziché mediare, chiuse la porta alla trattativa e questo scatenò ulteriormente la rabbia indipendentista, che conseguentemente prese l’iniziativa di indire il referendum, cosa che, se la concessione richiesta fosse stata accolta, probabilmente non sarebbe mai nata.
Cari amici, la “voglia”
d’indipendenza è una delle caratteristiche dell’essere umano, che si avverte
maggiormente quando diventa “esigenza” collettiva, espressa da una “Comunità”
che ha radici, storia e costumi diversi da chi la governa, e che,
attestandone la legittimità, la portano a chiedere l'autonomia. E il caso della Catalogna, ma che possiamo estendere
ad altre regioni similari, tra cui metto con convinzione anche la nostra
Sardegna.
Anche il popolo sardo cerca una maggiore indipendenza e autonomia da
tempo immemorabile: i movimenti che nel tempo si sono succeduti nell’Isola
hanno avuto alti e bassi, e il Partito Sardo è passato dall’avere un rappresentante
come Presidente della Regione, ad uno spezzettamento che lo vede oggi frazionato e
disunito. Ora, però, in molti stanno a guardare con interesse l'esito del conflitto in atto tra la Spagna e la Catalogna.
Laura Succi con il suo
recente reportage su La Stampa, ha messo in evidenza dei fatti nuovi che si
“muovono” anche nella nostra Isola. Ecco cosa scrive. “Che qualcosa si stesse muovendo sull’isola si era capito già da
qualche settimana. Una recente ricerca condotta dall’Università di Cagliari
contemporaneamente a quelle di Edimburgo e della Catalogna, rivela che nove
sardi su dieci vorrebbero un governo locale con più poteri di quelli attuali e
che circa il 40 per cento coltiva sentimenti di indipendenza. «Questi dati
rivelano un forte sentimento di identità – spiega il Presidente della Regione,
Francesco Pigliaru - oltreché la necessità di uno Statuto con più regole
specifiche che principi. È comunque ormai un patrimonio comune la richiesta di
maggiore autogoverno dell’Isola».
Amici
miei, tante belle parole, ma di fatti se ne vedono pochi! Chiudo dicendovi, un po' con tristezza e senza farmi illusioni: se son rose…fioriranno!
A domani.
Mario
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