Oristano
3 Ottobre 2015
Cari amici,
l’essere umano è dotato
di tutta una serie di “organi di senso”; i più noti sono cinque (tatto, vista,
olfatto, udito e gusto) e, tra questi, l'olfatto, rappresenta forse quello più
complesso. Mentre quello che noi percepiamo attraverso il tatto o la vista, con
l’udito o con il gusto, sono sensazioni quasi tangibili, diventa invece molto
più complesso analizzare le conseguenze delle “sensazioni olfattive”, sensazioni
invisibili, ma che spesso scatenano nel nostro inconscio processi fisici e
mentali ben più complessi.
Sicuramente l’olfatto è
il più primitivo dei sensi: nato come organo di difesa per “fiutare”
l’ambiente, individuare i pericoli, mettendosi così al riparo dalle insidie
dell’ambiente esterno. L’olfatto ha avuto in origine questa funzione in tutti
gli esseri viventi: negli animali questo senso è molto più sviluppato che nell'uomo:
l’odorato del cane, ad esempio, ha un numero di recettori neuronali ben cento
volte più alto rispetto all'uomo. L’olfatto, dunque, nella maggior parte delle
specie viventi, gioca un ruolo essenziale per la loro sopravvivenza: dalla difesa
personale alla necessaria ricerca del partner, dal “marcare” il proprio
territorio, alla funzione comunicativa.
Per la specie umana, la
sua costante evoluzione ha radicalmente modificato la funzione originaria
svolta dall’olfatto, portando quest’organo sensoriale ad “abbandonare” in particolare
le funzioni di difesa per dedicarle ad altre mansioni, anch’esse importanti. Il
naso, organo preposto a questa funzione ha iniziato a percepire il profumo di
fiori e frutti come qualcosa di piacevole e appagante, non solo per il corpo ma
anche per lo spirito. Da qui la crescente importanza data al profumo, che, come la
storia insegna, ha sempre più appagato le sue esigenze sia fisiche che spirituali.
Nel Dizionario dei
simboli (J. Chevalier, A. Gheerbrant,), leggiamo che "Nella liturgia cattolica (il
profumo) è uno degli elementi dell'offerta sacrificale destinata a farla
accogliere dalla divinità". Per i Romani e per i Greci gli effluvi
emanati da diverse sostanze (spesso bruciate) scelte appositamente, erano parte
integrante delle funzioni liturgiche ed erano ritenute indispensabili per lo
svolgimento di molteplici riti, così come già avveniva nell'antico Egitto. Proprio
per la particolare intangibilità e volatilità, il profumo, privo di consistenza
fisica, era considerato un vero e proprio legame, un filo sottile, che legava
corpo e spirito.
Nelle religioni
orientali, nello Yoga per esempio, il profumo è sinonimo di perfezione,
espressione di virtù. Anche al giorno d’oggi la funzione del profumo è quella
di grande “strumento di comunicazione”, più spirituale che fisica: a volte in
modo esplicito, a volte implicito, ma sempre capace di veicolare agli altri il
nostro messaggio. Questa sua “volatilità”, questo suo “particolare modo” di
essere latore del nostro messaggio, fa sì che il profumo giochi un ruolo
essenziale nell'ambito delle nostre emozioni.
Quando il nostro
cervello “sente”, percepisce, un certo particolare profumo conosciuto, questo apre
subito il “file dei ricordi”: è la chiave per aprire un cassetto, magari chiuso
da anni. Così come quando percepisce un profumo nuovo: cerca subito di
studiarlo, di interpretarlo; esso può essere capace di accendere un desiderio,
suscitare sentimenti di varia natura, in positivo o negativo. Nel nostro
cervello il profumo ha una vera e propria “corsia preferenziale” rispetto agli
altri stimoli; non appena percepito esso raggiunge in tempi brevissimi quella
parte del nostro cervello dove hanno sede le emozioni. Ed è qui che avviene il
miracolo: hanno ragione quelli che affermano che il profumo ha tutte le carte
in regola per diventare una straordinaria arma di fascino!
Il nostro cervello è
capace anche di “miscelare”, di mettere insieme, gli stimoli che riceve. Profumo
e musica, per esempio, sono un connubio molto ricercato: tra musica e profumo è
nato nel tempo un feeling collaudato. Dagli studi di due ricercatori americani,
Daniel Wesson e Donald Wilson è emerso che alcune cellule cerebrali reagiscono
allo stesso modo se lo stimolo proviene dall’udito o dall’olfatto. L’affinità
tra questi due sensi è sicuramente importante, e aiuta anche nella scelta del
profumo più gradito.
Anche il legame tra
profumo e gusto è considerato importante: se la fragranza di vaniglia o di
cioccolato fanno venire l’acquolina in bocca, ce ne sono altre che, al
contrario, spengono il desiderio di cibo! Secondo l’aroma terapeuta inglese
Eugene Couture, quello del pompelmo risulta avere proprio quest’ultimo effetto.
Il nostro cervello miscela bene anche profumo e tatto. La nostra pelle è dotata
di milioni di recettori, che forniscono al cervello una miriade di informazioni
sul mondo esterno. È naturale, quindi, che una sollecitazione olfattiva gradita
sulla pelle, porti a uno stato di benessere psicofisico. A coinvolgere il senso
del tatto, infatti, non è solo il profumo in senso stretto, ma l’indiretta
conseguenza che esso scatena nel nostro cervello, che amplifica e mette insieme
profumo e sensazione tattile.
Cari amici, Dio ha
dotato l’uomo dei cinque sensi prima menzionati, per creargli gli strumenti
necessari a svolgere al meglio la sua missione sulla terra. Tra questi
l’odorato, quindi il recettore del profumo, è senz’altro l’organo principale di
collegamento con gli altri sensi; l’organo del “sentire”, quello che si
alimenta col profumo, è quello che riesce a legare anima e corpo, a creare il
giusto connubio tra materialità e spiritualità. Il profumo, proprio per la sua
inconsistenza, per la sua mancanza di fisicità è quell’importante Fil Rouge, che unisce l’uomo a Dio.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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