Oristano
18 Ottobre 2015
Cari amici,
se fosse vero che chi governa rappresenta il popolo, di conseguenza dovrebbe essere il fedele
esecutore delle sue volontà. Vorrei capire, allora, come sia stato possibile che dopo che un Referendum
Popolare, che a larga maggioranza ha decretato l’abolizione del finanziamento pubblico
ai partiti, questa chiara volontà popolare sia stata gettata via come carta straccia! Eppure l’esito
del Referendum del 1993 era stato chiarissimo: oltre il 90 per
cento dei votanti si espresse per l’abolizione della legge vigente, chiedendo in modo inequivocabile l’abrogazione
del finanziamento. Invece, in modo "Gattopardesco", ovvero facendo finta di cambiare tutto per non cambiare niente, con il gioco delle 3 carte, tutto è rimasto come prima. Come lucidamente sostiene il Prof. Gaetano Azzariti, docente
di Diritto costituzionale alla Sapienza, essendo il referendum “abrogativo”, “la
cancellazione della normativa in essere lasciò il vuoto sulle
alternative possibili fonti di sostegno dei partiti politici. Stante questo il Parlamento, violando la volontà popolare, con un colpo di genio (cambiando il nome del finanziamento) lo ripristinò sotto
mentite spoglie; dopo solo otto mesi, decise di aggiornare la legge
515 del 10 Dicembre 1993, definendola “contributo
per le spese elettorali”, riportando di fatto nelle casse dei partiti miliardi
di vecchie lire, sia alle elezioni del 1994 che a quelle del 1996. La volontà popolare,
dunque, era stata calpestata senza ritegno e senza pudore! La telenovela, però,
non era ancora finita.
Nel 2001 entrarono in
vigore le “Nuove norme in materia di
rimborso delle spese elettorali e abrogazione delle disposizioni
concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici”, che
prevedevano addirittura la reintroduzione del finanziamento pubblico, per Camera, Senato,
Parlamento Europeo, Regionali e referendum; denari che, erogati come dei “rimborsi elettorali” senza “rendiconto”, ovvero senza obbligo di verifica
della materiale corrispondenza dell’introito con le spese realmente effettuate.
L’anno successivo, poi, il quorum per ottenere i fondi venne abbassato dal 4
all’1 per cento e, a partire dal 2006, i partiti ebbero diritto a ricevere
l’intero importo del rimborso anche in caso di fine legislatura anticipata. “Nel
corso di tutti questi emendamenti – precisa il Prof. Azzariti – il
legislatore fu molto ‘disinvolto’ e ripropose, seppur con altre parole, la
legge sul finanziamento pubblico. La stessa che era stata bocciata dalla
volontà popolare”.
Nel 1997 la legge introdusse
almeno l’obbligo della redazione dei bilanci da parte dei partiti, la cui verifica però era
demandata alla Presidenza della Camera, mentre la Corte dei
Conti poteva soltanto controllare il rendiconto delle spese elettorali. Un
sistema, quello messo in atto, che favoriva la corruzione e non garantiva certo trasparenza, né interna al
partito, né verso gli elettori. Nel 2014 ritorna, finalmente, l'abolizione del
finanziamento pubblico ai partiti con un'apposita legge: prima il Senato e poi la Camera approvano il decreto del Governo Letta che aboliva
il finanziamento diretto e indiretto ai partiti, istituendo delle agevolazioni
fiscali sulle donazioni dei cittadini e la destinazione volontaria del 2 per
mille.
La nuova legge imponeva
inoltre ai partiti di adottare nuovi statuti che garantissero la democrazia
interna, istituendo anche un registro nazionale dei partiti che chiedevano di aver accesso ai
benefici previsti per legge. Fu inoltre stabilito un tetto di 100 mila euro per
le singole donazioni e una detrazione fiscale del 26% per le erogazioni
liberali da 3 ai 30mila euro; il nuovo provvedimento stabiliva anche di assoggettare all’IMU
anche gli immobili di proprietà dei partiti.
La legge che sanciva l’abolizione del
finanziamento pubblico ai partiti non prevedeva effetti immediati: sarebbe entrata in vigore gradualmente, nell’arco di tre anni, con abolizione definitiva nel 2017. Il potere di controllo e verifica dei bilanci veniva
demandato ai magistrati,
il cui imprimatur era necessario per poter incassare i denari. Il proverbio, però, dice che Manon fa le pentole ma non i coperchi!
Tutti sappiamo che per poter effettuare le verifiche ci vuole "Chi" “le sa e le può fare”! Il tempo passa e, aspetta
aspetta, si viene a scoprire che l’apposita Commissione
dei Magistrati, delegati al controllo dei bilanci, non ha il personale sufficiente per
esaminare le carte, le fatture e gli scontrini fiscali. La cosa strana, però, è che
questa carenza non si scopre tre giorni o tre settimane dopo l’approvazione
della legge, ma a distanza di tre anni! Sembra uno scherzo ma non lo è! Quando questa carenza viene ufficializzata, ovviamente senza colpevoli, come
dal cappello del prestigiatore spunta la solita sanatoria. Eccoci arrivati all'ultimo atto.
Il 9 Settembre 2015 la
Camera dei deputati ha dato il primo via libera alla sanatoria sui soldi ai
partiti con 319 sì, 88 no e 27 astenuti. Gli unici a contestare il
provvedimento in aula sono stati il Movimento 5 Stelle e SEL. Il provvedimento serve ad
aggirare la verifica della Commissione di garanzia prevista dalla legge del Governo
Letta. La bella leggina, proposta dal deputato del Partito Democratico
Sergio Boccadutri, sepellisce un cumulo di malefatte!
Cari amici, credo che
ci siano pochi commenti da fare su simili comportamenti del nostro Parlamento che,
in totale dispregio della volontà popolare, vuole continuare a foraggiare
le elite di potere che i partiti rappresentano. Strutture voraci e molto potenti, che, come vere e proprie sanguisughe, continuano a saccheggiare le finanze
pubbliche. Non lamentiamoci, allora, se ormai più della metà degli italiani non
va più a votare: quando il popolo si vede tradito dai propri rappresentanti,
quando la sua manifesta volontà di cambiare, viene non solo ignorata ma calpestata e vilippesa,
gli sbocchi a cui questi comportamenti portano cominciano a diventare pericolosi. Quando il popolo si accorge di
essere stato volutamente tradito, può prendere decisioni terribili: alcune morbide, come la disaffezione, altre ben più pericolose; quella della rinuncia al voto la conosciamo già ed è sempre in crescita, l'altra, quella della ribellione forte, ancora no, ma io a questo punto non la escludo.
Il passato dovrebbe,
almeno insegnarci qualcosa!
Ciao, a domani.
Mario
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