Oristano
15 Ottobre 2015
Cari amici,
che il disabile oggi
venga chiamato “diversamente abile”
è un moderno eufemismo per nascondere, in modo camaleontico, quei modi di dire precedenti che definivano
il soggetto una persona “handicappata”, inferiore come capacità e intelletto rispetto alle
persone così dette “normali”. La storia ci ha insegnato che anche le grandi
civiltà del passato non sono mai state tenere con i disabili: a Sparta c'era il
Monte Taigeto mentre a Roma era in auge la Rupe Tarpea, luoghi deputati all’eliminazione
delle persone nate con handicap o che avevano acquisito successivamente delle disabilità.
In ogni epoca, dunque,
le persone socialmente svantaggiate (disabili fisici, intellettivi e
sensoriali, persone in trattamento psichiatrico, border line e quant’altro)
sono state “emarginate”, escluse dal contesto sociale come gli appestati di una
volta, e tutto questo praticamente nel consenziente silenzio collettivo. Nonostante
il tempo passi, oggi come ieri è presente nella nostra società una “scala di
valori”, consolidata anche se non esplicitata, che spesso arbitrariamente stabilisce
diritti, doveri e proibizioni delle persone “svantaggiate”, valutate sempre ad un livello terribilmente
inferiore, rispetto a quello delle persone socialmente normali e inserite nella
vita sociale.
È di questo, cari
amici, che voglio parlarvi oggi: analizzare i loro diritti negati,
focalizzando l’attenzione su un particolarissimo e difficile problema, quello
della loro sessualità. Il sesso già di per sé è un argomento molto delicato da trattare,
pur se riferito ai normodotati, figuriamoci se poi lo analizziamo rapportato ai
disabili! Eppure, ci piaccia o no, il sesso è una parte importante della vita di tutti,
disabili compresi; in ogni individuo, le pulsioni sessuali sono presenti e
forti, e questo non esclude nessuno, perché tutti gli esseri umani, e ovviamente
anche i disabili, le provano! Nessuno, per quanto sfortunatamente handicappato,
può essere considerato un asessuato. Il sesso è un’esigenza insita, naturale, e di conseguenza
costituisce un diritto che non può essere negato a nessuno.
Il mondo, a ben
pensare, in migliaia di anni poco è cambiato: se oggi non c’è più il Monte
Taigeto o la Rupe Tarpea, gli antichi pregiudizi sono sempre presenti: ai
disabili, anche se oggi chiamati “diversamente abili”, molto è ancora negato.
Il mondo, purtroppo, è fatto ‘a immagine e somiglianza del normodotato’, costruito in base alle esigenze
delle persone normali, per cui restano ignorate e trascurate le
esigenze manifestate dagli altri, dai diversi. Negare i diritti in capo ai
disabili, come quello prima accennato della loro sessualità, è qualcosa che
assomiglia alla prevaricazione, al menefreghismo, alla mancanza di sensibilità, nei confronti di chi, invece, meriterebbe la nostra massima attenzione. Ignorare che i disabili siano portatori di pulsioni sessuali come le persone normali, far finta che non abbiano bisogno
di esprimere la loro sessualità, è come chiudere gli occhi per non vedere, cercare di fuggire
la realtà, come fa lo struzzo nascondendo la testa sotto la sabbia.
Il problema della disabilità, cari
amici, esiste eccome, ed è anche serio e ben noto a milioni di persone. Tutti
coloro che per qualsiasi ragione hanno a che fare con i "diversamente abili" sanno che
loro cercano di esprimere concretamente i loro bisogni esattamente
come le persone normali; dentro di loro si scatenano pulsioni psico fisiche che comportano, come nei normodotati, emozioni
gioiose, di sofferenza, così come di delusione. Chi ha a che fare con loro per lavoro si rende conto ogni giorno di tutto
questo, comprende più di altri la necessità di riconoscere al disabile i suoi diritti negati; anche molte persone di buon senso hanno iniziato a comprendere il problema, esaminato anche dalla
giurisprudenza più autorevole. Fin dal 1987, infatti, la Corte Costituzionale (con sentenza
n. 561) ha affermato che “essendo la sessualità uno degli essenziali
modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è
senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni
soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti
inviolabili della persona umana che l’articolo 2 della Costituzione impone di
garantire”.
La sentenza citata,
però, ha trovato molta indifferenza da parte della classe politica nostrana,
anche se qualche disegno di legge è stato nel frattempo presentato. Anche l'opinione pubblica inizia a riflettere positivamente. Di recente
l'attrice e scrittrice Giorgia Wurth ha dato alle stampe un romanzo, “L'Accarezzatrice” (editrice Mondadori),
dove racconta la storia di Gioia, un’infermiera di trent’anni che, mentre cerca
un lavoro dopo aver vissuto una serie di disavventure private, incontra in una
coppia di coniugi colpiti entrambi da distrofia muscolare. È la moglie dell’uomo
a chiederle, se vuole, di diventare l'assistente
sessuale del marito! La reazione di Gioia è dapprima scandalizzata, ma poi,
riflettendo, decide di accettare. E Gioia, allora, squarcia il velo di un mondo fino ad allora
a Lei sconosciuto.
Questo nuovo lavoro le
fa scoprire un "mondo nuovo", mai ipotizzato prima: un nuovo modo di vedere le pulsioni di un
corpo privato della normalità. 'Un corpo che diventa come un pianoforte', dice
l’autrice per bocca di Gioia: “Ha dei tasti e, a seconda di quali premi,
provochi una reazione, produci una nota. Suonare un corpo sano è bello,
elegante. Spesso facile. Ma vuoi mettere la soddisfazione e la felicità di far
vibrare la musica di un corpo rotto?”. L’accoglienza riservata a questo libro
può essere definita contraddittoria: Giorgia Wurth ha affermato di essere stata
censurata da molti media “ipocriti” ma, contemporaneamente, di aver avuto
riscontri positivi non solo dai disabili e dalle loro famiglie, ma anche da
psicologi e operatori. Così adesso, mentre promuove il suo romanzo, è anche la
testimonial del Comitato per l'assistenza sessuale ai disabili. L'obiettivo è
lo stesso del disegno di legge ora in Parlamento: istituire in Italia la figura professionale
dell'assistente sessuale.
Sicuramente, come
spesso accade, siamo in ritardo rispetto ad altre Nazioni. All’estero la
situazione risulta più chiara. Questa
figura esiste già in Svizzera, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Austria. In
Spagna, a Barcellona, lo scorso anno è stata fondata l'Associazione “Tandem
team” che mette in contatto con i disabili le persone disposte a dividere con loro
l'intimità e la sessualità.
Concordo con Giorgia
Wurth quando dice in modo chiaro e forte: “Abbattiamo il tabù della sessualità dei
disabili”, perché nessuno può arrogarsi il diritto di negarla agli
altri. Nella sua lucida analisi, parlando dei politici, soggetti "camaleontici" e spesso, nel loro privato,
molto diversi da quello che appaiono in pubblico, dice: “E' troppo facile fare il
moralista quando un problema non ti tocca personalmente”.
Cari amici, credo molto nella necessità di rispettare
sempre tutti, in particolare chi è meno fortunato di noi, perché non solo non dobbiamo mai dimenticare
quanto siamo più fortunati di loro, ma, sopratutto, dovremmo costantemente pensare anche che in
qualsiasi momento potremmo toccare con mano quanto può essere aleatoria la
fortuna, così come la sfortuna…
Meditate, gente,
meditate!
Ciao, amici, a domani.
Mario
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