Oristano 18 maggio 2019
Cari amici,
Oggi, nel terzo
millennio, le materie plastiche sono sicuramente il materiale più utilizzato in
assoluto da parte della cosiddetta civiltà industriale, tanto che la nostra
epoca viene da tempo definita come “L’ERA
DELLA PLASTICA”. La sua invenzione fu considerata subito rivoluzionaria e calamitò
un’attenzione immediata: le sue caratteristiche, rispetto ai materiali usati in
precedenza, erano straordinarie: elevata leggerezza, economicità, facilità di
lavorazione, isolamento acustico, termico, elettrico e meccanico, oltre all’idrorepellenza
e alla inattaccabilità da parte di muffe, funghi e batteri.
Altro fattore importante per
il suo incessante sviluppo fu quello della relativa economicità che, unitamente
alla facilità di produzione, resistenza e duttilità, hanno fatto della plastica
il materiale più utilizzato al mondo per la produzione di beni di uso
quotidiano e non. Tutto questo ha creato nel tempo, che ci piaccia o no,
un’invasione senza controllo di questo materiale, che oggi sembra avvolgere
senza possibilità di difesa il nostro mondo. Ma quando ha avuto origine questo
disastro? In realtà l’invenzione della plastica non è poi così recente. Ecco
una sintesi della sua storia.
La storia della plastica
comincia nel 1862, quando il chimico inglese Alexander Parkes, brevettò il
primo materiale plastico semisintetico: la Parkesina (più nota poi come
Xylonite). Pochi anni più tardi, nel 1869, il nuovo materiale iniziò ad
assumere un carattere industriale. Fra i primi utilizzi vi fu quello per le
palle di biliardo, un tempo fatte del prezioso avorio. La storia iniziò quando,
all’epoca, fu indetto un premio di 10 mila dollari, per chi avesse trovato una
valida alternativa economica alle costose biglie d’avorio; si fece avanti un
certo John Wesley Hyatt, un tipografo che, perfezionando la formula di Parkes (mescolando
cellulosa vegetale e canfora), aveva ottenuto la celluloide, ritenuta adatta
allo scopo. Nacque così la Hyatt Manifacturing Company di Albany, che fu la
prima azienda al mondo a produrre materie plastiche.
Da allora di acqua ne è
passata tanta sotto i ponti! Nel 1907 è il turno del chimico belga Leo
Baekeland che inventò la Bakelite, a cui nel 1912 si aggiunse un chimico
tedesco, Fritz Klatte, che scoprì il processo per la produzione del
polivinilcloruro (PVC), e, nel 1913, lo svizzero Jacques Edwin Brandenberger
che inventò il Cellophane, un materiale a base di cellulosa, prodotto in fogli
sottilissimi e flessibili. Saranno gli anni ’30 e la seconda guerra mondiale a segnare
il passaggio definitivo verso quella che viene definita l’Era della Plastica,
con la creazione di una vera e propria industria moderna: che partiva dai derivati
del petrolio.
Si, il petrolio divenne
la “materia prima” da cui partì la produzione delle moderne materie plastiche. Nel
1935 Wallace Carothers sintetizzò per primo il nylon (poliammide), un materiale
che si diffonderà con la guerra al seguito delle truppe americane, trovando una
grande quantità di applicazioni: dalle calze da donna ai paracadute, introducendo
le “fibre sintetiche” nelle abitudini di consumo quotidiane. Dal 1941 in poi,
viene brevettato il PET, usato inizialmente come fibra e più noto come Pile, e successivamente,
dal 1973, usato come contenitore per le bevande gassate.
Negli anni ’50 arriva la scoperta
delle resine melammina-formaldeide, che permettono di produrre laminati per
l’arredamento e di stampare stoviglie a basso prezzo, mentre le “fibre
sintetiche” (poliestere, nylon) vivono il loro primo boom, una vera alternativa
“moderna” e pratica a quelle naturali. Nel 1954 Giulio Natta scoprì il
polietilene isotattico, consentendo applicazioni sino ad allora impensabili (scoperta
che nel 1963 gli fruttò il Premio Nobel, condiviso col tedesco Karl Ziegler,
che l’anno precedente aveva isolato il polietilene).
Gli anni ’60 vedono il
definitivo affermarsi della plastica come insostituibile strumento della vita. Nei
decenni successivi, grazie allo sviluppo dei cosiddetti “tecnopolimeri”, la
plastica diventa indispensabile; il polimetilpentene (o TPX) viene utilizzato
soprattutto per la produzione di articoli per i laboratori clinici, in quanto resistente
alla sterilizzazione e con una perfetta trasparenza; scoperte importanti, in
quanto resine termoindurenti che non si alterano se sottoposte per periodi
anche molto lunghi a temperature di 300°C e che per questo vengono utilizzate
nell’industria automobilistica per componenti del motore o per i forni a
microonde.
I “tecnopolimeri” hanno
tali caratteristiche di resistenza sia termica che meccanica tanto da essere
spesso superiori ai metalli speciali o alla ceramica, tanto che vengono
utilizzati nella produzione di palette per turbine e di altre componenti dei
motori degli aviogetti, o nella produzione di pistoni e fasce elastiche per
automobili.
Cari amici, la vita
quotidiana di ciascuno di noi, oggi, è sostanzialmente dipendente dalla
plastica. Questo materiale “nuovo”, non presente naturalmente in natura, è
diventato addirittura “indispensabile”, semplificando un’infinità di gesti
quotidiani, dal fare la spesa alla conservazione del cibo, dal vestirsi al
viaggiare, avendo rivoluzionato abitudini consolidate da secoli e contribuendo
a creare quello che noi consideriamo uno “stile di vita moderno”. Fino ad
accorgerci, però, che questo prodotto, lentamente ma inesorabilmente, era
diventato il nostro nemico più insidioso.
Ecco allora arrivato il
momento di fermarsi e cercare se possibile di tornare indietro. Combattere,
però, contro un nemico così invasivo, di cui la nostra vita è già schiava,
diventa un’impresa molto difficile, e debellarlo diventa ora un problema
complicatissimo. La guerra, però, è già iniziata, in quanto, seppure con grande
ritardo, ci siamo accorti che l’inquinamento da plastica ha raggiunti ormai livelli
di altissima pericolosità.
Basti pensare che ogni anno
otto milioni di tonnellate di plastica si riversano negli oceani che, secondo
dati recenti, contengono già oltre 165 milioni di tonnellate di plastica. Se
entro il 2025 non verranno attuate strategie efficaci contro questo inquinamento
marino, gli oceani, per quella data, conterranno 1,1 tonnellate di plastica
ogni tre tonnellate di pesce fino ad arrivare al sorpasso della plastica sui
pesci.
Si, amici, il ripristino
della biodiversità richiede con urgenza interventi immediati: le nostre acque,
tra trentacinque anni, potrebbero contenere più plastica che pesci. Questo l’allarme
che è stato lanciato da uno studio realizzato dal World Economic Forum in
collaborazione con la fondazione Ellen MacArthur e che ha per titolo “The New
Plastics Economy: Rethinking the future of plastics. Nel mondo diverse nazioni
sensibili hanno già iniziato la guerra alla plastica.
L’Unione Europea ha già approvato
il divieto al consumo di alcuni prodotti come posate, bastoncini cotonati,
piatti, cannucce, miscelatori per bevande e bastoncini per palloncini, che
costituiscono il 70% dei rifiuti che finiscono in mare. Tutti gli Stati
aderenti stanno predisponendo le relative norme applicative. Tuttavia, le norme
bastano solo fino ad un certo punto: tutti si devono sentire coinvolti e
responsabili, se vogliamo davvero eliminare il problema che rischia di
travolgere il mondo.
Si, amici, ognuno di noi
può e deva fare la sua parte. Possiamo frenare questo vortice distruttivo per
la nostra biodiversità con le nostre normali azioni quotidiane, mirate ad
evitare l’uso della plastica, e, per quella che abbiamo in casa, smaltendola
nei modi dovuti. Circa i nuovi acquisti, proviamo a sostituire la plastica,
quando è possibile, con materiali biodegradabili, come borse in stoffa o di
carta. Altro problema importante è quello di limitare l’uso di prodotti usa e
getta: dai piatti alle posate, dai contenitori ai bicchieri di plastica; tutto
ciò che è possibile, facciamo sì che sia fatto di materiale durevole e
riutilizzabile.
Se ciascuno di noi
procedesse in questo modo, in tempi brevi la plastica verrebbe quanto prima
ridimensionata! Vivere con responsabilità il presente, amici, significa dare un
futuro sereno alle nuove generazioni!
A domani.
Mario
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