Oristano 20 Dicembre 2018
Cari amici,
La notizia, prima
diffusasi in sordina, è infine scoppiata come un boato: nella finanziaria sono
previsti aumenti anche pesanti sulle auto. La nuova tassazione sull’auto,
creata per penalizzare quelle così dette inquinanti, ha già scatenato reazioni
violente, a partire dai costruttori per arrivare a cascata sui tanti
utilizzatori che l’auto la usano soprattutto per lavoro. Partorita dalla mente
di quella parte penta-stellata che fa capo a Luigi Di Maio, non appare molto
condivisa dall’ala salviniana, che pubblicamente ha affermato che personalmente
si dichiara “contrario a ogni nuova imposta”.
Luigi Di Maio, invece,
afferma con convinzione che “è previsto un Bonus per chi compra vetture che
inquinano meno, mentre per gli altri “si
prevede una penale differenziata”. Secondo quanto pubblicato dal giornale
La Repubblica in un articolo dal titolo significativo, gli aumenti non
sarebbero di poco conto: “Per 6 modelli su 10 previsti aumenti di prezzo da 150
fino a 3 mila euro”. Statisticamente parlando il 60 per cento delle autovetture
potrebbe registrare un aumento del prezzo in Italia che andrebbe dai 150 a 3 mila
euro, mentre solo un misero 7 per cento potrebbe usufruire di incentivi
economici.
Se le norme in
preparazione saranno approvate, per chi comprerà un’auto nuova con emissioni di
anidride carbonica superiori a 110 g/km, vi saranno gli aumenti prima indicati,
mentre sarà dato un incentivo (da 6 mila a 1.500 euro) per gli acquirenti di auto
con emissioni tra 0 e 90 g/km di Co2. Tra i 90 e i 110 grammi tutto resterebbe
come prima. In apparenza la norma sembrerebbe giusta: lo Stato col
provvedimento intenderebbe stimolare e quindi incentivare l’acquisto di auto
ibride ed elettriche, ma proviamo ad approfondire la questio, come ha fatto
Repubblica.
Il ragionamento fatto
sul quotidiano La Repubblica è il seguente: le vendite di auto elettriche al
momento nel nostro Paese rappresentano lo 0,3 per cento e quelle delle ibride
il 4,5 per cento. Anche sommando le vendite delle auto a metano non si arriva
neppure al 7 per cento del mercato totale. E siccome gli incentivi sono
previsti unicamente per questo tipo di vetture, mentre per le altre l’incentivo
non c’è o addirittura scatta la penalizzazione, si rischia di creare effetti
negativi sul mercato e ridurre notevolmente le vendite. Con tutte le
conseguenze del caso.
Se da un lato la direzione
verso il consolidamento delle vendite dell’auto ecologica appare giusta, credo
che gli interventi ipotizzati richiedano una certa gradualità, della quale non
si può fare a meno. Pensare ad un futuro caratterizzato da auto in grado di non
inquinare è più che giusto, ma è anche necessario tarare gli interventi in modo
graduale, per consentire ai cittadini di non subire aggravi insostenibili per
l’acquisto dell’auto ed essere messi in condizione di comprare quelle
ecologiche con l’ausilio di adeguati incentivi.
In questo momento, con un
parco auto molto vecchio, sarebbe molto più opportuno trovare soluzioni
adeguate ai ceti sociali più bassi, che, per andare al lavoro utilizzano auto
datate, abbastanza inquinanti, agevolando l’acquisto di una nuova auto più
ecologica con adeguati incentivi. Senza queste agevolazioni a fare la parte del
perfetto capro espiatorio sarà sempre il povero cristo: squattrinato, costretto
a continuare ad usare l’auto obsoleta, che continuerà a circolare e inquinare
senza alcuna alternativa.
L’argomento “nuova
tassa” ha già scatenato un coro di critiche impressionante, che ha coinvolto
tutti: dalle aziende ai sindacati, fino alle associazioni dei consumatori. Il
clima rimane caldo e denso di incognite, con possibili sollevamenti popolari
che possono mettere in crisi il Governo, che ha già parlato di
ridimensionamento. Il presidente dell'Anfia ha definito la norma in discussione
"un provvedimento elitario", affermando che “Siamo in presenza di un
Robin Hood al contrario, che toglie ai poveri per dare ai ricchi". Il
presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz, si è spinto oltre, annunciando
che "se la norma non verrà ritirata scenderemo in piazza con i
lavoratori".
Mentre sto per pubblicare questa mia riflessione, leggo che si sta cercando, almeno in parte, di tornare indietro: sarebbe certo auspicabile, ma chissà, se le alle parole seguiranno i fatti.
Mentre sto per pubblicare questa mia riflessione, leggo che si sta cercando, almeno in parte, di tornare indietro: sarebbe certo auspicabile, ma chissà, se le alle parole seguiranno i fatti.
Cari amici, è da alcuni
giorni che stiamo assistendo alla caotica rivoluzione messa in atto in Francia
dai giubbotti gialli, partita
proprio per contestare l’aumento del carburante per le auto; chi l’avrebbe mai
detto all’inizio che la contestazione dei primi giorni si sarebbe trasformata
in vera e propria rivoluzione? Sollevamento popolare, quello francese, che ha
fatto vacillare non poco il governo Macron, che ha già fatto una grossa marcia
indietro, non solo bloccando l’aumento del prezzo dei carburanti, ma facendo ai
ceti bassi scesi in piazza ben altre concessioni. E non è ancora finita.
Credo che, come
successo nel passato, c’è un momento in cui la corda troppo tirata si spezza,
creando cadute rovinose da una parte e dall’altra, se paragoniamo questi fatti
al tiro alla fune. Quello che è successo in Francia (il cui esito è ancora
molto incerto) non è detto che non succeda in Italia, magari anche in forma più
virulenta.
E pensare che, a detta
di chi ci governa, quello in carica è definito il governo del popolo, il
governo del cambiamento…
A domani.
Mario
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