Oristano 29 Gennaio2014
Cari amici,
debbo dirvi, in tutta
franchezza, che la recente presentazione a Cagliari dello studio che annuncia
la ormai certa estinzione di ben 33 Comuni sardi entro mezzo secolo, mi ha
davvero preoccupato. Non che non mi fossi già reso conto che il lento ma
costante spopolamento dei centri dell’interno fosse ormai un fatto certo e ineluttabile,
ma la conferma ufficiale, per quanto attesa, crea sempre una maggiore consapevolezza
e una tristezza che crea malessere, anche fisico.
Conosco, per il lavoro
che ho svolto in 37 anni di vita bancaria, molti dei paesi che corrono questi
seri rischi di estinzione. Nella Planargia Tresnuraghes, Tinnura, Sagama e
Magomadas assommano una popolazione complessiva di 2.377 abitanti: quanto un
popoloso rione di Bosa. Secondo i dati dell’ultimo censimento, a
Magomadas ci sono 596 abitanti, 213 a Sagama, 272 a Tinnura, 1.296 a
Tresnuraghes. La popolazione di questi centri è in continuo calo, l’età media
avanzata e i giovani, praticamente assenti o con la valigia in mano, emigrano
in cerca un destino meno povero da trascorrere in minore solitudine. Se la Planargia piange il
Meilogu non ride: entro il 2025 rischia di perdere Semestene, il paese più a
rischio, e anche Padria, Giave, Borutta, Mara e Cheremule, corrono gli stessi rischi.
Semestene,
come accennato, dovrebbe sparire tra il 2023 e il 2025, Padria tra il 2034 e il
2036, Giave tra il 2036 e il 2038, Borutta tra il 2054 e il 2056, Mara tra il
2072 e il 2074. Cheremule, infine, diverrebbe un villaggio fantasma tra il 2084 e
il 2086. Altre zone dell’Isola paventano la stessa identica sorte.
È uno scenario
inquietante quello che emerge dallo
studio "Comuni in estinzione",
effettuato dal Centro Regionale di Programmazione, condotto in collaborazione
con l'Università di Cagliari e riferito a tutti i centri dell’Isola; studio che
afferma, in modo statisticamente concreto, che l’ipotesi spopolamento
diventerebbe certezza se poco o nulla fosse messo in atto per contrastarne le
cause. "Il contrasto allo spopolamento che affligge i comuni sardi in una
percentuale allarmante – sottolinea l'assessore della Programmazione,
Alessandra Zedda - è una delle sfide più complesse per la politica regionale perché questo
fenomeno non ha una causa, ne ha molte, sedimentate nel tempo, nel corso dei
decenni scanditi dai censimenti della popolazione. Alcuni comuni sardi, prima
di altri, paiono destinati a divenire dei paesi fantasma pressoché privi di
abitanti, una prospettiva intollerabile nelle dimensioni prospettate che ci
pone di fronte a scelte decise e decisive…”.
A ben riflettere la
“bomba” annunciata dallo studio statistico può essere considerata una
deflagrazione annunciata. Tutti sapevano che lentamente ma inesorabilmente questi
paesi si spopolavano: nessuno è disposto a vivere in condizioni di vita inaccettabili!
Le cause sono molteplici: molte le carenze che contribuiscono a creare prima ed
a rafforzare poi, le ragioni di questa fuga dai piccoli centri verso i tre
grandi agglomerati sardi (Cagliari, Olbia e Sassari), o addirittura verso altri lidi, fuori
dall’Isola, come dimostra l’aumentata emigrazione giovanile all’estero per la ricerca di
un lavoro e di una più dignitosa vita sociale. Che interesse può avere oggi un
giovane a restare in un centro inferiore al migliaio di abitanti, non solo
privo di lavoro ma anche delle minime strutture sociali che danno dignità ad
ogni Comunità? Senza un centro di aggregazione sociale, senza una scuola, un
medico, una farmacia, un ufficio postale, una banca, un cinema, una trattoria
per ritrovarsi con gli amici, che senso ha la vita? Restare significherebbe solo
sopravvivere, non vivere una vita “normale”!
E’ da tanto che non passo a
Baradili, che conta oggi circa 90 abitanti: immagino la tristezza e la
solitudine dei pochissimi giovani che vi abitano. Ma immagino anche la vita triste dei giovani di Ardauli che di abitanti ne conta 977, o di Soddi, a un tiro di schioppo del lago
Omodeo che ne conta 135, o di Boroneddu con 173 abitanti o di Tadasuni che ne
assomma 184.
I parametri utilizzati
dallo studio della Regione e dell’Università sono stati molto rigorosi: hanno
cercato di "leggere" il futuro scientificamente, guardando al passato;
si è osservato, ad esempio, che fra il 1951 e il 2011 in 33 comuni si è
registrato un decremento di popolazione del 40%. La ripartizione geografica
evidenzia quattro paesi a rischio estinzione nella provincia di Cagliari, uno
in Ogliastra e Olbia-Tempio, 10 a Sassari e 15 a Oristano. La nostra Provincia,
cari amici, nonostante la sua modesta superficie, presenta il maggior numero di
comuni a rischio!
Si potrà cambiare quanto
rilevato in ipotesi? La "speranza" è che vengano messe in atto, se
indugio, azioni di contrasto, altrimenti le ipotesi formulate si trasformeranno in
realtà. Lo studio mette in luce che il dato ricavato è valido a “bocce ferme”,
come si legge nelle relazioni: "non essendo una previsione, può
verificarsi ove nel corso del tempo non si presentino o non vengano posti in
essere fatti, azioni, interventi, comportamenti sia in ambito locale che
provenienti dall'esterno, tali da poter invertire le tendenze riscontrate sulla
base delle conoscenze attuali".
La ripartizione
statistica “temporale” della probabile
estinzione dei Comuni in via di spopolamento vede nel primo gruppo due centri
la cui “desertificazione demografica”
è calcolata in meno di 20 anni: Semestene nel 2023-2025 e Monteleone Rocca
Doria nel 2029-2031. Nel secondo gruppo in pericolo di “estinzione” ci sono 10
comuni: Padria, Giave, Montresta, Sorradile, Nughedu San Nicolò, Baradili, Soddi,
Ula Tirso, Martis, e Armungia, il paese di Emilio Lussu. Per loro c'è più
tempo, ma non troppo: tra i 21 e i 40 anni. Nella terza fascia ci sono 14 paesi
che potrebbero rimanere senza gente nelle case e sulle strade fra i 41 e 60
anni, sono: Borutta, Villa Verde, Anela, Esterzili, Aidomaggiore, Bortigiadas,
Ruinas, Simala, Ardauli, Seulo, Villa S. Antonio, Asuni, Mara e Morgongiori. Nel
quarto gruppo, quello dei paesi che possono contare ancora su oltre 60 anni di
vita, ne troviamo 5: Ballao, Sini, Ussassai, Nughedu Santa Vittoria e Cheremule.
La Sardegna, ormai è un
dato di fatto, continua inesorabilmente a spopolarsi anche nei centri con
minori pericoli di estinzione. Di anno in anno le statistiche impietose
evidenziano cali di popolazione anche nelle città più grandi. La causa
principale è da addebitare senz’altro alla crisi economica che ha privato le pubbliche
amministrazioni anche delle risorse indispensabili a mantenere, almeno in
parte, i servizi di base (guardia medica, ufficio postale, farmacia, banca,
scuola elementare, media e superiore). Senza parlare dei collegamenti con i
centri maggiori che scarseggiano o sono addirittura assenti, o degli spazi
culturali che nei centri minori sono praticamente inesistenti.
Lo spopolamento è un
fenomeno che a monte ha un complesso di ragioni che quantificare non è spesso
facile. Il gradimento a vivere in un posto anziché in un altro comprende un
paniere di “prodotti” che non si limitano solo ai cosi detti servizi di base.
La principale ragione dell’abbandono è principalmente la mancanza del lavoro, in
particolare quello giovanile, che spinge a ricercarlo in altri lidi. Una delle
operazioni di contrasto dovrebbe partire proprio dall’incentivare il lavoro in
loco: partendo dalla riscoperta da parte dei giovani dell’agricoltura,
dell’artigianato e delle tradizioni locali, con l’aggiunta di una nuova
valorizzazione del territorio sotto il profilo naturalistico, archeologico e
turistico.
Per fare questo sarà necessario il coinvolgimento non solo della
politica regionale ma anche di quella nazionale ed europea. Finanziare la
ricostituzione economica delle zone interne è interesse di tutti, Europa
compresa, perché il degrado che ormai è manifesto sarebbe un danno forse
irreversibile, non solo in campo regionale.
Cari amici, credo che i
candidati al prossimo governo della Sardegna dovrebbero partire, nei loro
programmi, proprio da queste considerazioni, dicendo chiaramente ai sardi cosa
intendono fare per evitare la morte certa non solo dei piccoli centri ma anche
dell’intera economia della nostra Isola. Solo costruendo nuove opportunità per i
giovani (la zona franca, se mai la si otterrà, sarà solo la locomotiva
trainante), solo riscoprendo le grandi bontà del nostro territorio (le zone
interne ne sono piene), potremo ridare vigore non solo a centri che in passato
sono stati di grande importanza, ma dare a tutta l’Isola un volto nuovamente
dignitoso, dove vivere non sia solo un sopravvivere. Un’Isola dove ritornino i
giovani già emigrati, dove la natalità riprenda fiato, dove rinasca la nostra
vocazione agricola, artigianale, culturale e turistica; un’Isola dove i nostri
giovani possano competere, ad armi pari, con i loro coetanei europei e,
orgogliosi, possano dire che la Sardegna, per viverci, è il posto migliore del
mondo!
La Sardegna potrà
risollevarsi solo se saremo tutti uniti….tutti insieme!
Mario
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