Oristano 13 dicembre 2023
Cari amici,
Gli alberi di fico
fioriscono diversamente dalla gran parte degli alberi, come mele, pere, pesche
etc. Nel fico i fiori sbocciano all’interno del baccello (quello che noi consideriamo
il frutto), che successivamente matura e viene mangiato. All’interno del baccello
i piccoli fiori producono minuscoli frutti, ammassati l’uno sull’altro e che,
insieme, costituiscono il “frutto” che noi mangiamo, che altro non è che un’infruttescenza,
da noi chiamata “FICO”.
Per meglio comprendere la
vita di questa pianta, vediamo insieme, seppure sinteticamente, il suo ciclo
vitale. Il fico comune (Ficus carica) si presenta in due forme botaniche
distinte: il caprifico o fico maschio, che è la pianta donatrice di
polline, e il fico vero o femmina che produce i fichi che noi mangiamo. Le
infruttescenze che tutti noi mangiamo sono il risultato finale di un particolare
processo, che avviene o con l’impollinazione entomofila (molto diffuso in
natura), oppure (caso più raro) con la partenocarpia. La partenocarpia permette
lo sviluppo dell’infiorescenza a infruttescenza senza impollinazione, mentre
l’impollinazione entomofila richiede l’ausilio di un insetto impollinatore, che, nel caso di cui parliamo, è la Blastophaga psenes, comunemente chiamata, anche se
erroneamente, “vespa” del fico.
Il fico, dunque, è un frutto
particolare dotato di caratteristiche uniche, in quanto la pianta necessita di un
particolare processo per l’impollinazione. Infatti, non potendosi affidare
semplicemente al vento o alle api per diffondere il loro polline, le piante di
fico debbono affidarsi ad un particolare insetto: proprio la Blastophaga
psenes. Il fico, senza questo impollinatore non sopravviverebbe, così come,
al tempo stesso, non sopravviverebbe questa vespa, che non può vivere senza il
fico, perché è lì che depone le sue larve per la riproduzione.
La Blastophaga psenes
è un insetto di piccolissime dimensioni (circa 2 mm) e il suo ciclo vitale è
ben distinto tra maschi e femmine. Entrambi nascono all’interno dei siconi del
caprifico, ma i maschi, dopo aver fecondato la femmina, muoiono. Le femmine
invece sono più mobili (a differenza dei maschi hanno le ali) e dopo essersi
caricate di polline escono dal siconio di nascita e vanno in cerca di altri
fichi. Se entrano in un fico maschio deporranno le uova, dando inizio a
un’altra generazione, se invece entrano in un fico femmina, impollineranno i
fiori interni che svilupperanno così i semi e permetteranno alla pianta di
riprodursi.
Quando la vespa femmina
entra nel fico femmina, perde le ali e le antenne che si staccano, essendo lo
spazio alquanto angusto. Una volta dentro, però, non ha più via d’uscita, e
muore all’interno dopo aver compiuto il suo dovere, ovvero aver deposto le uova
fecondate dal maschio che così perpetueranno la sua specie. Saranno le
giovanissime vespine-baby a continuare il ciclo di vita, scavando un tunnel per
uscire dal fico per poi proseguire il viaggio di nuova vita nel mondo esterno.
Amici, è il ripetersi del ciclo
della vita: le nuove vespine riprenderanno a cercare i caprifico e il
particolare connubio tra vespe e fico, creato dalla straordinaria natura che ci
circonda, riprenderà come nel passato; un rapporto particolare, noto agli
studiosi come “MUTUALISMO OBBLIGATO”, anche se poi, alla fine, è
l’insetto a pagarne le conseguenze. Un intelligente processo della natura che
possiamo considerare davvero straordinario!
Amici, voglio precisare meglio
quanto accennato prima, ovvero il fatto che dentro il fico chi lo mangia possa
trovare i resti della vespa-madre. Difficilmente può capitare, in quanto il
fico produce un enzima, noto come “ficina”, che consuma il corpo della vespa
morta trasformandolo in proteine, anche se in teoria può capitare che ne possa
rimanere qualche traccia! È comunque buona abitudine, quando mangiamo un fico,
non solo sbucciarlo, ma tagliarlo a metà e verificarne così la sua piena
commestibilità.
Cari amici, quante cose
ci insegna la natura! Questo mutualismo è davvero commovente, se pensiamo che
la riproduzione prevede anche il sacrificio della vita. L’opera svolta dalla Blastophaga psenes è utilissima all’uomo, permettendogli
di migliorare anche molte cultivar di fico, cosa di primaria importanza per la
produzione frutticola. Pensate che in molte zone d’Italia viene ancora praticata
la “caprificazione”, già utilizzata dagli antichi romani, che consiste
nell’apporre tra i rami delle piante di fico da produzione, “collane” composte
da caprifichi maturi contenenti delle Blastophaga psenes; in questo modo, avvicinando
l’insetto ai fichi da impollinare, aumenta la resa produttiva!
A domani cari lettori.
Mario
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