Oristano 4 aprile 2021
Cari amici,
Di relazioni sociali sempre
meno intense, sempre più fredde e gelide, ho già parlato su questo blog,
citando David Riesman e la sua “Folla solitaria”, in un post
del 20 Settembre 2014, che, chi vuole, può andare a leggere o rileggere,
cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2014/09/le-nostre-citta-e-la-folla-solitaria.html.
Col passare del tempo le relazioni sociali sono andate sempre più inaridendosi,
trasformate in relazioni formali di sola
apparenza.
Uno come me, nato nella
prima metà del secolo scorso, quando era ancora in auge la civiltà contadina,
ha toccato con mano cos'era il “vicinato”, ai tempi della mia
fanciullezza. Era un modo di stare insieme che possiamo considerare una vera “famiglia
allargata”, dove la solidarietà era qualcosa di concreto, di reale, che si viveva
ogni giorno, nonostante la povertà e la scarsità di mezzi economici disponibili.
Nel mio libro di memorie “Marieddu”
ho affrontato sotto diverse sfaccettature questo “vicinato di solidarietà”,
presente all’interno delle famiglie del quartiere (allora “vicinato”), coese e solidali
come una vera e propria famiglia allargata. Non vi era manifestazione
importante, fosse un lutto o una ricorrenza felice, che non fosse “condivisa”
tra tutti i membri della Comunità che, nella gioia e nel dolore, partecipavano
non solo col sentimento ma anche nella materialità dei beni utili e necessari
nella circostanza. Poi, lentamente ma inesorabilmente, i cambiamenti hanno fatto cadere l’amicizia
vera e la solidarietà, ingigantendo l’individualismo e accantonando l’altruismo
reso così obsoleto.
David Riesman, grande
studioso di sociologia contemporanea, ha ben evidenziato questo cambiamento,
definendo le Comunità “Folla solitaria”, nella quale l’uomo, persa l’umanità,
ha acuito il suo individualismo, navigando da solo nella moltitudine che gli si
affollava intorno. È proprio nella seconda parte del secolo scorso, soprattutto
nell’Occidente sviluppato, che la precedente società, diventata troppo
individualista, si è trasformata in un’arida società di massa.
Tutto questo amici, risulta
ora ulteriormente aggravato dalla pandemia in atto. Lo scatenarsi del distanziamento
sociale, il rinchiudere dentro di sé le amozioni, la freddezza, sempre più
marcata nelle relazioni sociali, sta completando un puzzle che creerà nelle
Comunità il deserto. È la fine del
calore umano del contatto, della contiguità, della vicinanza. Gli uffici
svuotati, il lavoro svolto in solitudine da casa con lo smart-working, seppure marchingegni
utili alle catene produttive, mortificano le idee, la condivisione di progetti,
la creazione del “nuovo”. Anche la scuola, distanziata e priva di relazioni tra
compagni, forse farà andare avanti gli studenti nei programmi, ma azzera tutto il
contesto sociale, amicale, sentimentale.
Ecco, siamo arrivati alla
“de-socializzazione”, lucidamente individuata e illustrata da Carlo Bordoni, sociologo, nel suo libro “L'intimità pubblica” (La Nave di Teseo). Qui Egli fa i conti
con la triste “de-socializzazione” in cui siamo piombati, e nel libro così commenta: “(La
de-socializzazione)… è come un tratto costitutivo della nostra epoca, svuota
l’esperienza sociale come orizzonte che trascenda il mero valore d’uso delle
cose che si fanno. Andare allo stadio con gente che si affolla non è solo guardare
una partita: è esperienza sociale. Andare al cinema non è solo vedere un film,
è esperienza sociale. Andare al ristorante non è solo mangiare, è esperienza
sociale. Andare a scuola non è solo apprendere una lezione, è esperienza
sociale. “Società” è imparare più cose di quelle che servono a uno scopo
pratico. La sua fine è tristezza infinita, perché la vita è un equilibrio di
sociale e di privato, di socializzazione e di solitudine. E se la società
finisce, anche la solitudine rischia di perdere la sua bellezza”.
Cari amici, credo che
questa terribile pandemia, che ci avvolge nelle sue spire da oltre un anno e
che, considerata la scarsità di vaccini, penso che durerà ancora a lungo, stia creando un mondo così arido e solitario che potrebbe addirittura arrivare ad estinguersi
senza patemi d’animo. la triste “de-socializzazione” in cui siamo ulteriormente
piombati con la pandemia in corso ci sta predisponendo ad un futuro orribile,
più misero, più arido, più desolante di quello attuale, già di per sé, comunque, non proprio rose e fiori…
A domani.
Mario
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