venerdì, aprile 30, 2021

LE API, LA NATURA E LA RIPRODUZIONE. SENZA LE API, PRINCIPALE VEICOLO PER L’IMPOLLINAZIONE DEL MONDO VEGETALE, DOVREMO DIRE ADDIO A BUONA PARTE DEL CIBO CHE MANGIAMO.


Oristano 30 aprile 2021

Cari amici,

Ho voluto chiudere i post di aprile tornando su un argomento che non dovremmo mai sottovalutare: la presenza delle api. Su questo blog ho parlato molte volte delle api e della loro funzione nel mondo. Ho fatto il resoconto della loro vita, della loro organizzazione (sotto certi aspetti perfetta), dei meravigliosi prodotti che loro ci regalano come il miele, e anche della loro insostituibile funzione svolta nel perfetto ciclo naturale produttivo: quella di essere gli insetti considerati i maggiori impollinatori del mondo vegetale.  

La perfezione dei meccanismi naturali ha fatto sì che nel tempo avvenisse una “co-evoluzione” tra le piante e gli insetti impollinatori. Gli insetti pronubi e le piante a impollinazione entomofila sono legati da un rapporto di mutua dipendenza, in cui gli insetti dipendono dalle piante come fonti alimentari, mentre le piante dipendono dagli insetti per la loro riproduzione. Le angiosperme (piante con fiori) si sono differenziate fin dal Cretaceo, circa 90 milioni anni fa, sviluppando tempo per tempo caratteristiche finalizzate ad attirare gli insetti impollinatori: forme, colori, odori e strutture florali, ma soprattutto ricambiando con le cosiddette “ricompense”, cioè mettendo a disposizione nettare e polline.

A loro volta le api, nel corso dei secoli di co-evoluzione, si sono diversificate per rispondere alle differenti strutture fiorali, sviluppando le diverse, necessarie caratteristiche. In questo mutuo, reciproco scambio di favori, le api sono così assurte al ruolo di insetti impollinatori fra i più importanti, tanto da essere considerate la chiave di volta degli ecosistemi, sia naturali che agricoli. Senza le api, per fare un esempio, vedremo sparire dalle nostre tavole molta frutta, verdura, caffè e cioccolato. E non è tutto!

Nel mio post su questo blog del 23 Novembre 2012 (questo è il link che, se volete, potete utilizzare per leggere quanto scrissi, http://amicomario.blogspot.com/2012/11/lo-straordinario-mondo-delle-api.html), ebbi occasione di scrivere che il connubio tra uomo e ape, esiste fin dal neolitico (5.000-7.000 a.C.), come può essere rilevato da una rappresentazione rupestre rinvenuta in Spagna nei pressi di Valencia, a Cueva de la Arana, intorno agli anni ‘20 del Novecento; in quest’immagine vi è raffigurata una persona (forse una donna) sospesa da liane con una bisaccia e numerose api che le ronzano attorno mentre sta raccogliendo alcuni favi di miele da un anfratto di roccia. Le api e l’uomo, insomma, costituiscono oggi come ieri un sodalizio indispensabile, perché altrimenti la vita nel mondo cambierebbe in maniera drammatica.

Amici, se le api sono presenti da così lungo tempo sulla faccia della Terra un motivo ci sarà, e uno dei motivi più importanti e che dalle api dipende il 35% della produzione globale di cibo nel mondo. Ciò nonostante, per cause che spesso ben conosciamo, la loro popolazione continua a ridursi drasticamente con conseguenze che domani potrebbero diventare addirittura catastrofiche. L'80% delle circa 1.400 piante che nel mondo producono cibo richiede, infatti, l'impollinazione di api, vespe, farfalle, falene, coleotteri e persino uccelli e pipistrelli. È grazie al loro lavoro che possiamo mangiare mele, albicocche, pesche, ciliegie, pere, fragole, zucchine, zucche e pomodoro.

Dobbiamo anche prendere atto che pure la produzione di carne e latticini è collegata al lavoro degli impollinatori. Le mucche negli allevamenti estensivi si nutrono prevalentemente di erba medica, che richiede l'impollinazione di api e altri insetti. Dobbiamo davvero stare molto attenti, perché se venissimo privati di varie tipologie di frutta e verdura vedremmo impoverirsi la nostra dieta, anche per quel che riguarda nutrienti fondamentali come la vitamina C e il calcio. Il WWF ha già fermamente ribadito che è necessario e urgente tutelare gli impollinatori, sempre più falcidiati dai prodotto di sintesi che vengono utilizzati in agricoltura.

Si, amici, uno dei problemi più gravi che le api e gli altri insetti impollinatori devono affrontare è la crescente presenza di pesticidi che li stanno decimando. È tempo (l’ho detto e ridetto anche in numerosi post su questo blog) che certo pesticidi vengano proibiti, perché stiamo compromettendo la nostra stessa sopravvivenza sulla faccia della terra! Il WWF ha proposto di introdurre una forte tassa sui pesticidi, cosa che incoraggerebbe gli agricoltori ad adottare sempre più metodi biologici nelle coltivazioni, utilizzando prodotti naturali meno dannosi per l'ambiente e per gli impollinatori. Ma si continua ad ignorare il problema.

Cari amici, è tempo di cambiare registro. L’uomo nel suo innato egoismo continua da tempo a chiedere troppo alla natura, violandone le leggi e sconvolgendo i cicli naturali, maturati nel corso dei millenni. Lo vediamo ogni giorno che passa cosa significa violare la natura e le sue regole! Anche il Covid, saltando al altro argomento, è frutto delle innumerevoli violazioni che l’uomo continua a perpetrare! Saremo in grado di fare ammenda e capire l’errore?

A domani.

Mario

 

giovedì, aprile 29, 2021

INTELLIGENZA UMANA E ARTIFICIALE: LE INCOGNITE DEL FUTURO RAPPORTO UOMO-MACCHINA. IL DILEMMA: L’I.A. ARRIVERÀ A CONCEPIRE SENTIMENTI UMANI, POSITIVI O NEGATIVI?


Oristano 29 aprile 2021

Cari amici,

L’avanzare costante dell’Intelligenza Artificiale appare inarrestabile. Inizialmente la parola “Algoritmo” appariva quasi astrusa, mentre oggi riveste un ruolo sempre più importante nella vita dell’uomo, in quanto ne guida le decisioni in ogni campo, condizionandone comportamenti e modi di agire. L’integrazione tra intelligenza umana e artificiale appare sempre più stretta, tanto da far presupporre che l’intelligenza umana senza il supporto di quella artificiale sarebbe ormai obsoleta e incapace di gestire la tecnologica vita moderna.

Gli studi su questo delicato argomento sono sempre più numerosi e di recente un lungo articolo apparso sulla rivista online britannica “UnHerd” (UnHerd è un sito di notizie britannico, fondato dal giornalista e blogger Tim Montgomerie nel luglio 2017), ha provato a spiegare i rischi che si nascondono dietro questa crescente evoluzione del rapporto tra macchina e uomo. L’intelligenza artificiale, scrive Tim Montgomerie, è una presenza sempre più diffusa nella vita di tutti: gli algoritmi sono parte della quotidianità, condizionano ragionamenti e riflessioni, guidano le nostre decisioni, in alcuni casi ampliano il ventaglio delle opzioni disponibili.

La rivista “UnHerd” riporta anche una riflessione di Timandra Harkness, già autrice del libro “Big Data. Does Size Matter?”, che conferma la necessità e l’opportunità di delegare alle macchine una parte sempre maggiore delle nostre decisioni, seppure la tecnologia, a cui sempre più ci affidiamo, presenti ancora grandi imperfezioni. «Non è insolito che gli algoritmi commettano errori sugli esseri umani – dice la Harkness - a volte questi errori sono innocui, ma altre volte sono più problematici: uno scambio di persona potrebbe mandare l’uomo sbagliato in prigione». L’esempio fatto dalla Harkness non è casuale: è legato agli algoritmi per il riconoscimento facciale, e sappiamo che spesso sbagliano, finendo per accusare di un crimine la persona sbagliata.

Il problema, certamente serio e di grande spessore, è costituito dal fatto che le macchine, seppure considerate abbastanza intelligenti, non condividono i nostri valori. «Non seguono parametri come la “correttezza”, e per loro non esiste il “non essere razzisti”. Più deleghiamo le nostre decisioni alle macchine e più sarà necessario avere una tecnologia affinata, sofisticata, capace di sobbarcarsi una mole di lavoro sempre maggiore, quindi con un peso maggiore», scrive Timandra Harkness.

Harkness cita anche il libro “The Alignment Problem”, di Brian Christian, un saggio che parte da un grosso interrogativo: «Come possono le macchine apprendere i valori umani?». Domanda che a sua volta ne sottende almeno altri due di interrogativi, probabilmente di più. Intanto, bisogna chiedersi se le macchine siano davvero in grado di imparare qualcosa, e poi ovviamente bisognerebbe tracciare i contorni dell’oggetto in questione, quindi i valori umani («cosa sono?»). Ammesso che una macchina risulta essere certamente più veloce di una mente umana nell’elaborazione di tutte le informazioni disponibili, sarà in grado poi, questa intelligenza artificiale, di fare discernimento costruttivo, avvero applicare “l’apprendimento per imitazione”, quel processo naturale che l’uomo possiede fin dall’infanzia?

Nell’articolo di Tim Montgomerie si legge che l’Intelligenza Artificiale, utilizzando un metodo chiamato “Inverse Reinforcement Learning”, può essere in grado persino di dedurre ciò che un essere umano sta cercando di fare e superare il suo insegnante! «Anche in compiti complessi come far volare un drone», si legge nell’articolo. Ma siamo sicuri che per quanto super-perfezionati i robot saranno capaci di prendere decisioni etiche, morali, altruistiche e quant’altro, quando anche noi umani non siamo sempre sicuri di cosa sia giusto o sbagliato?

Una risposta parziale la troviamo nel libro “The Alignment Problem”, dove l’autore, Brian Christian, dà una risposta negativa sulla capacità dell’IA di acquisire capacità etiche e morali. L’approccio basato sull’Effective Altruism, che individua la decisione giusta in quella che massimizzerà il bene per le persone (ad esempio finanziare la lotta contro la malaria è sempre tra le opzioni migliori possibili), non è semplice, in quanto resta da capire cos’è il bene, cosa è buono, in generale. «Un’intelligenza artificiale progettata per prendere decisioni utilitaristiche ottimali potrebbe portare a risultati complessivamente migliori, ma potrebbe anche significare, ad esempio, sacrificare vite innocenti per salvarne altre. E non sarebbe sempre in linea con i nostri istinti morali».

Cari amici, a me un futuro così concepito, dove l’intelligenza umana scende in secondo piano rispetto alla sempre più invasiva intelligenza artificiale, mi preoccupa non poco, e a Voi?

A domani.

Mario

mercoledì, aprile 28, 2021

RISPUNTANO “POPULISMO E SOVRANISMO”. LE NAZIONI SEMPRE PIÙ ARROCCATE DENTRO IL PROPRIO, EGOISTICO “CASTELLO”.


Oristano 28 aprile 2021

Cari amici,

Le guerre non sono solo quelle che si combattono con la spada, i fucili ed i cannoni o addirittura col nucleare. Ci sono le così dette “Guerre fredde” che abbiamo vissuto nel secolo scorso, con la divisione del mondo in due blocchi, e guerre sotterranee, dirette contro un nemico invisibile come il Covid-19 che stiamo affrontando oggi, che si cerca di combattere rinserrandosi dentro le proprie “Mura virtuali” (tentando a volte anche di costruirne di reali, come l’ipotesi del “muro” tra USA e Messico), come hanno cercato di fare gli Stati Uniti, affermando al resto del mondo il loro egoistico, “America First”.

Amici, un egoismo di ritorno, quello che stiamo vivendo, che mette fine al dialogo e alla solidarietà fra popoli e nazioni, che certamente contribuirà a portare l’uomo indietro nel tempo, come ai lontani tempi dell’hobbesiano “Homo homini lupus”. Sembra arrivato il momento di rimettere in discussione un percorso di crescita e di amicizia solidale, un azzeramento di quel “Melting Pot” che consentì all’America di diventare quello che è diventata, miscelando tanti popoli, culture e modi di vivere, e creando una Comunità più ampia e aperta.

Il realtà a me da l’impressione che “POPULISMO E SOVRANISMO”, stiano addirittura mettendo in discussione lo stesso concetto di popolo, ovvero di quella “Collettività” etnicamente omogenea, accomunata da lingua, cultura, origini e tradizioni; una collettività, però, non chiusa in se stessa ma aperta al dialogo, all’incontro ed allo scambio, in una posizione altruistica e non grettamente egoistica. Oggi sarebbe irrealistica una Comunità rinchiusa nella propria fortezza, incurante dei bisogni dei popoli vicini.

A creare queste condizioni di chiusura hanno certamente contribuito gli avvenimenti mondiali degli ultimi 20 anni, che, hanno visto il sovrasfruttamento del pianeta, causa prima della rivoluzione del clima e dei disastri conseguenti, che hanno costretto milioni di persone a migrare, a trasferirsi in altri Continenti. Questa migrazione senza limiti, ha creato prima panico e poi reazioni inconsulte, e in molte nazioni la crescita del “Populismo e del Sovranismo”; situazioni avverse che hanno creato le condizioni per un rifiuto che di umano non ha più nulla, distruggendo quella solidarietà che in precedenza si era faticosamente raggiunta.

In realtà nel mondo cresce una globalizzazione selvaggia, mal governata ed egoistica, che ha accentuato le differenze esistenti all’interno delle diverse società, anziché diminuirle: la coesistenza pacifica tra culture e religioni, un tempo lontane e separate, si è rivelata alquanto difficile (basti pensare alla sempre più numerosa presenza nel mondo dei fedeli islamici e degli aderenti alle religioni orientali), e la nascita di conflitti si è estesa sempre di più, raggiungendo livelli sempre più alti.

A questa situazione, già di per sé abbastanza difficile, si è ora aggiunta la pandemia portata dal COVID-19, che si è rapidamente diffusa in tutto il mondo, incurante di ogni barriera, ne fisica ne culturale. Insomma, si è perso per strada il concetto di solidarietà, di pacifica convivenza fra diversi, dimenticando che, al di là delle nazioni, delle differenti religioni e culture, l’Umanità è una sola, che tutti i popoli che abitano la terra costituiscono un’unica “COMUNITÀ”, perché nessuno è in grado di salvarsi da solo, in quanto siamo tutti sulla stessa barca! Ci si può salvare solo cooperando insieme, solo affrontando compatti e coesi le difficoltà, come quelle del cambio climatico, dell’aumento della temperatura del pianeta e anche affrontando compatti la pandemia creata dal Covid-19.

Solo lavorando insieme possiamo cercare di affrontare i cambiamenti climatici in corso, quelli derivanti dall’inquinamento ambientale e dal consumo dissennato delle risorse non rinnovabili del pianeta. Se i popoli di questo martoriato pianeta vorranno affrontare seriamente i problemi del millennio in corso, combattendo e superando le avversità che oggi viviamo (e certamente anche le prossime che ci attendono), è tempo che si convincano che la sfida potrà essere vinta solo cooperando insieme, perché nessuno vincerà la sfida da solo; perciò nessun popolo può estraniarsi dal destino degli altri: siamo tutti sullo stesso fragile vascello!

Cari amici, i fautori del “Populismo e del Sovranismo”, è tempo che si spoglino delle incrostazioni egoistiche possedute che cercano di trasmettere ai popoli amministrati ed agli altri popoli del mondo. La patologia sociale che li contraddistingue, che manifestano diffondendo la cultura dell’isolamento e del disprezzo per l’altro, va subito curata, mandata al macero; operino, invece, introducendo la cultura dell’uguaglianza e della fraternità. Papa Francesco ce lo ha ricordato anche di recente: sulla terra c’è un unico popolo creato da Dio, che deve camminare unito, perché siamo tutti fratelli. Allora facciamo di tutto per promuovere il dialogo sociale, per cooperare tutti insieme, per costruire, tutti insieme, seppure ciascuno nelle proprie diversità, un futuro mondo di fratellanza e di pace.

A domani.

Mario

 

 

martedì, aprile 27, 2021

RICONOSCIMENTO FACCIALE E PERICOLI: I RISCHI, TRA PRIVACY E SICUREZZA, TRA LIBERTÀ E CONTROLLO DI MASSA.


Oristano 27 aprile 2021

Cari amici,

La sua diffusione per ora non è così ampia e preoccupante, ma nei prossimi anni il “Riconoscimento Facciale” sarà uno strumento utilizzato da oltre 1 miliardo di persone solo per i pagamenti. Secondo le conclusioni di una ricercai americana, nel 2025 le persone che useranno il riconoscimento facciale per autorizzare i pagamenti saranno oltre 1,4 miliardi nel mondo, contro i 671 milioni attuali. Un incremento mica i poco conto: di circa il 120%! È stato lo studio di ricerche “Juniper Research” a stimare in circa 3 mila miliardi di dollari il controvalore futuro di questo tipo di pagamenti. Secondo questo studio ad accelerare il fenomeno contribuirà l’implementazione di FaceID, il sistema di riconoscimento facciale sviluppato da Apple.

L’Intelligenza Artificiale (IA) continua a fare passi da gigante, affermano gli Istituti di ricerca americani che prevedono ormai una crescita inarrestabile. Eppure questa nuova tecnologia crea grande preoccupazione, alimentando il timore di una sempre maggiore limitazione della libertà personale, che, continuando di questo passo, potrebbe addirittura scomparire del tutto. Specchio di questo timore è la Cina, dove il riconoscimento facciale di massa è già una realtà esistente, operata da oltre 200 milioni di telecamere installate nel Paese (dati riportati dal New York Times). In questa nazione, sicuramente poco democratica, i cittadini cinesi sono osservati praticamente ovunque: strade, metropolitane, università, luoghi di lavoro e perfino bagni pubblici dove la tecnologia, pensate, serve per evitare i furti di carta igienica!

Le capacità sviluppate dall’Intelligenza Artificiale sono enormi: quella portata avanti dai cinesi è in grado di analizzare e riconoscere 100 milioni di volti in meno di un secondo! In Occidente, però, dove il sistema è democratico e non dittatoriale, la democrazia ha bisogno di strumenti che garantiscano protezione e sicurezza dei cittadini, da utilizzare con il giusto consenso, senza imposizioni. Se è pur vera l’utilità del riconoscimento facciale per rendere sicuri i pagamenti digitali, cosa che consente di rispettare più facilmente i requisiti della strong authentication, ovvero le procedure rafforzate di verifica dell’identità dei clienti, è anche vero che il problema non è il classico dilemma tra “Privacy e Sicurezza”, ma tra “Libertà e Controllo di massa”!

Le Istituzioni europee si stanno già muovendo per porre sotto controllo “l’Intelligenza artificiale”, creando i primi paletti contro la sorveglianza generalizzata e la manipolazione di massa. La bozza del “Regolamento” che la Commissione sta predisponendo sull’uso dell’Intelligenza Artificiale prevede la proibizione di alcuni usi pericolosi e contrari ai democratici "valori europei".

Il Regolamento Europeo intende stabilire tutta una serie di regole sull’utilizzo dell’IA, che dovranno necessariamente armonizzarsi per favorire uno sviluppo rispettoso dei diritti fondamentali dell’individuo, regole orientate a favorire gli interessi collettivi. Due saranno i punti chiave. Il primo: alcune tecnologie portate dall’IA, considerate pericolosissime, saranno vietate in Europa. Per esempio quelle per la sorveglianza di massa e quelle usate per manipolare i nostri comportamenti, decisioni e opinioni a nostro danno. Il secondo: ogni azienda dovrà valutare se la propria tecnologia di IA sia ad "alto-rischio". In questo caso prima di adottarla deve sottoporla a una valutazione dell'impatto che questa tecnologia può avere sulla società e sui diritti delle persone.

L'Europa intende prevedere anche super-sanzioni per le aziende che violeranno i divieti: pagheranno fino al 4 per cento del loro fatturato mondiale. Proprio come quelle previste dalla normativa europea Gdpr sulla privacy (tutela dei dati personali), normativa che è stata finora un faro mondiale, in Europa e altrove, sulla tutela dei diritti nell'era digitale. Anche il concetto di "valutazione di impatto" è tratto dal Gdpr; recepito in Italia nel 2018, il Gdpr contiene alcune norme per contenere gli effetti lesivi dell'IA, ma comincia già a mostrare qualche limite di fronte alla rapida evoluzione di queste tecnologie.

Cari amici, per ora la Commissione Europea ha evitato di proporre un divieto sull'uso del riconoscimento facciale con IA nei luoghi pubblici, anche se in alcune nazioni risultano già evidenti i gravi rischi connessi a queste applicazioni di IA. Videocamere con riconoscimento facciale, usate da alcune polizie nel mondo (ad esempio a New York), possono attuare il più grande sistema di sorveglianza di massa nella storia dell'umanità. E che dire, poi se ci fermiamo ad osservare, come accennato prima, quel che succede in Cina? Ecco cosa risulta.

In Cina il riconoscimento facciale di massa è già realtà, come detto in premessa. Il controllo sulla popolazione appare totale. Fra i tanti casi di utilizzo, uno in particolare evidenzia chiaramente fin dove ci si può spingere. A Shanghai le telecamere sono posizionate anche sui passaggi pedonali dei semafori. I pedoni che attraversano con il rosso o camminano fuori dalle strisce vengono immediatamente riconosciuti e il loro volto appare in dimensioni giganti su videoschermi adiacenti, come forma pubblica di censura, a cui ovviamente si aggiunge anche il pagamento di una multa. L’infrazione viene infatti inviata in tempo reale alle autorità. Come è possibile tutto questo? La risposta è molto semplice: l’intelligenza artificiale sviluppata dai cinesi è in grado di analizzare e riconoscere oltre 100 milioni di volti in meno di un secondo! E la Libertà, direte Voi? Che dire, amici, è semplicemente scomparsa!

Credo, a questo punto, che ogni ulteriore commento sia superfluo…

A domani.

Mario

lunedì, aprile 26, 2021

MUOVERSI NELLE STRADE DEL MONDO. PERCORRERLE GUIDANDO A DESTRA O A SINISTRA? LA LUNGA E CONFUSA STORIA DEL “DRIVE ON THE RIGHT” E DEL “DRIVE LEFT”.


Oristano 26 aprile 2021

Cari amici,

Soldato romano

Nel mondo non si mai raggiunta l’uniformità circa la circolazione dei mezzi sulle strade. Sono passati i secoli, ma anche oggi c’è una parte del mondo che ha stabilito di tenere la destra e un’altra che impone di circolare tenendo la sinistra. Il dissidio appare insanabile. Gli studi archeologici hanno dimostrato che nell’antichità le grandi civiltà (Egizi, Antichi Greci, Romani) usavano circolare tenendo la sinistra. Vi era una ragione logica: le persone erano in maggioranza destrimane, per cui tenendo la sinistra era più facile sguainare la spada per difendersi, salire a cavallo o camminarci accanto. Questa consuetudine durò a lungo, tanto che in Europa fu osservata fino alla fine del Settecento.

Il primo documento ufficiale sull'obbligo di tenere la sinistra risale al Medioevo, quando Papa Bonifacio VIII (1230 ca. - 1303), nel ribadire che “tutte le strade portavano a Roma”, in occasione del primo Giubileo del 1300, stabilì, come norma generale per raggiungere Roma (e, in particolare, per l'attraversamento pedonale dell'affollatissimo ponte di Castel Sant'Angelo), l’obbligo di tenera la sinistra. L’episodio ci è noto anche perché lo ricorda lo stesso Dante Alighieri, nell'inferno della Divina Commedia. In Francia, durante la Rivoluzione francese, Robespierre ordinò invece ai cittadini di circolare a destra, in segno di sfida alla Chiesa cattolica. Alcuni anni dopo Napoleone (che tra l’altro pare fosse mancino) esportò tale usanza nei Paesi occupati dalle sue armate, secondo alcuni anche in opposizione all’abitudine vigente nel Regno Unito.

Nel 1722 nel Regno Unito il traffico sul London Bridge era diventato così intenso che il sindaco decretò che «tutti i veicoli che da Southwark entravano in città tenessero il lato ovest del ponte e tutti i veicoli che uscivano dalla città tenessero il lato est». Questa ordinanza è stata identificata come una delle possibili origini della regola inglese di guidare tenendo la sinistra. Nel XVII secolo, con la comparsa delle prime carrozze, questa consuetudine restò in vigore, obbligando così i pedoni, solitamente poveri che non possedevano una carrozza, a camminare sulla destra per non essere travolti.

Fino al 1900 in Italia non esisteva dunque una regola precisa: si circolava a volte la sinistra e a volte la destra. Il Regio Decreto 28 luglio 1901, n. 416 confermò il diritto di ogni Provincia di scegliere la direzione di marcia dei veicoli: per esempio a Brescia e alla periferia di Milano si teneva la destra, a Roma e nel centro di Milano si teneva la sinistra. A seguito di presumibili e disastrose conseguenze che vi furono nei primi anni di diffusione delle autovetture e degli incidenti causati dall'aumentato traffico automobilistico, fu emanato il Regio decreto del 12 dicembre del 1923, che impose all'Italia l'adozione della mano destra unica e accordò una proroga di due anni per approntare la nuova segnaletica.

Cari amici, nel mondo a livello globale, non si mai raggiunta, come detto, un’uniformità. il senso di marcia in vigore nel Regno Unito fu esportato nelle colonie inglesi (per esempio in India, in Australia, Nuova Zelanda, Tailandia, Indonesia, ma anche in Giappone (che non era però una colonia inglese), il Mozambico e le Isole Vergini americane). In America invece si guida a destra, perché le colonie francesi (Canada e Luisiana), quelle olandesi (New York o Nuova Amsterdam), le colonie spagnole e portoghesi si imposero di più della consuetudine inglese. In più gli americani avevano combattuto una guerra contro la Gran Bretagna e tutto ciò che era inglese, dal Tè al re era proprio odiato.

Il Canada, però, avendo numerosi traffici interni con gli Stati Uniti fu la prima colonia a cambiare sulla destra il senso di marcia dopo la Prima guerra mondiale. Dopo l’indipendenza anche alcune altre ex colonie britanniche tra cui il Ghana, la Nigeria il Sudan e la Somalia Britannica cambiarono il senso di marcia. In Russia il senso di marcia è quello destro, e questo senso viene applicato anche per i pedoni; gli attraversamenti stradali sono regolati con delle frecce poste sulle strisce pedonali. In Birmania il senso di marcia è oggi a destra, mentre la Namibia, colonia tedesca dal 1884 fino alla Prima guerra mondiale, aveva la guida a destra ma passò a quella a sinistra in seguito all’occupazione britannica. Ottenuta l’indipendenza nel 1990, mantenne però lo stesso senso di marcia a sinistra dei vicini Sudafrica e Botswana. Insomma, nel mondo continuiamo a vedere popoli con la guida a destra e altri con la guida a sinistra.

Cari amici, contrariamente a ciò che molti pensano, la guida a sinistra non è poi così scarsamente diffusa, in quanto si stima che la percentuale della popolazione mondiale che guida a sinistra sia del 34%, a fronte del 66% con la guida a destra. A conti fatti una persona su tre guida sul lato sinistro della carreggiata (lato che molti definiscono “lato sbagliato” della strada). Noi sardi, con la nostra pungente ironia, potremmo dire “Centu concas, centu berritas”, perché mettere d’accordo tutte le nazioni del mondo ad utilizzare un unico senso di marcia credo che non sarà mai possibile….

A domani.

Mario
Come si circola nel mondo...

domenica, aprile 25, 2021

UN RIMEDIO CONTRO I DOLORI NELLA STAGIONE INVERNALE? PROVA CON L'OLEOLITO DI LAVANDA, UTILE ANCHE PER COMBATTERE L’ACNE E LE IRRITAZIONI DELLA PELLE.


Oristano 25 aprile 2021

Cari amici,

Lavanda dell'azienda Falchi -Or

La LAVANDA, oltre che darci il magnifico profumo dei suoi fiori e la sua bellezza, è anche una pianta di grande utilità, in quanto è ricchissima di proprietà terapeutiche, tanto che nell’antichità veniva considerata come una vera e propria panacea. Plinio il Vecchio ne esaltava le qualità curative, ed era alquanto usata sia dagli etruschi che dai romani, che amavano porla nelle grandi vasche da bagno come profumo e cura per il corpo, date le sue apprezzate qualità rinfrescanti. Il termine “Lavanda” deriva proprio dal verbo lavare, che da questo ha preso il suo nome. Nel Medioevo e fino al 1700 con la lavanda, considerato il suo profumo, veniva curata sia l’igiene personale che quella degli ambienti che venivano così disinfettati, cospargendo e strofinando i pavimenti, utilizzando proprio la lavanda come disinfettante.

Però questa pianta possiede ben altre proprietà utili al nostro organismo, come ad esempio importanti rimedi terapeutici, grazie ai suoi oli essenziali. Elementi, questi ultimi, che sono presenti in maniera variabile nelle diverse specie di Lavanda, conferendo quindi aromi alquanto differenti. Gli “oli essenziali” ricavati dalla lavanda (i più profumati sono quelli che si ottengono dalle specie Lavanda Angustifolia, Lavandula Stoechas e Lavandula officinalis), sono olii che possiedono proprietà antisettiche, disinfettanti, vasodilatatrici, antinevralgiche, cicatrizzanti e diuretiche.

L’olio essenziale di lavanda è un ottimo rimedio per i dolori muscolari e artritici, ma quest’olio aromatico è impiegato anche per alleviare la nausea, oltre ad essere anche un leggero sedativo. Di questo olio profumato si può ricavare anche un infuso per fare dei gargarismi, oppure essere utilizzato per disinfettare le abrasioni, eliminando così i pericoli derivanti dalle infezioni. L'acqua di lavanda, invece, ha blande proprietà antisettiche ed è abbastanza efficace come insettifugo.

L'infuso di fiori di lavanda (10 grammi di fiori posti per tre minuti in infusione in una tazza da 200 millilitri) allevia le emicranie originate dalla digestione lenta, ma svolge, inoltre, anche un’azione rilassante e antisettica, per cui giova in caso di laringiti, alitosi e flatulenze. Quanto ai dolori muscolari, particolarmente acuti nel periodo invernale, il suo uso crea un grande sollievo, soprattutto in pazienti anziani.

L’Oleolito di lavanda, invece, si è rivelato un ottimo rimedio per alleviare i sintomi dell'acne e le eventuali irritazioni della pelle; l’oleolito può essere tranquillamente preparato in casa, senza dover ricorrere al prodotto già pronto, reperibile in erboristeria. Per preparare l’oleolito di lavanda, si possono essere sia i fiori freschi che quelli secchi. La preparazione è semplice. Se lo si prepara per “uso esterno” servono 200 ml di olio di mandorle dolci, mentre se dovesse essere usato per “uso interno”, servono 200 ml di olio di oliva; in entrambi i casi aggiungere circa 10 grammi di fiori di lavanda essiccati (o 20 grammi di fiori freschi).

Per la preparazione bisogna separare i fiori dagli steli, poi frullarli o pestarli per facilitare la fuoriuscita dell’olio essenziale. Questi fiori vanno ora versati in un vasetto di vetro e ricoperti con l’olio vegetale. Ricordarsi che il vasetto non va chiuso “ermeticamente”, in quanto è necessario lasciare respirare l’olio; dopo aver riposto il vasetto (deve essere posto in un luogo luminoso), bisogna farlo riposare per 50 giorni circa. Prima dell’uso, meglio filtrare l’oleolito alla lavanda con un colino.

Amici, l’oleolito di lavanda è un prodotto ricchissimo di nutrienti, che offre innumerevoli benefici. Può essere usato come detto per fare dei massaggi, per aromatizzare gli ambienti o essere applicato direttamente sulla pelle. La lavanda è una pianta ricchissima di proprietà terapeutiche, e questa sua utilità si perde nella notte dei tempi. Quando l’oleolito di lavanda è usato per effettuare dei massaggi, oltre ad alleviare i dolori muscolari ci aiuta a rilassarci, stimolandoci anche il sonno. Pensate che può essere usato anche in cucina, per condire insalate o altre pietanze. L’oleolito di lavanda stimola l’attività del fegato e la produzione di bile, prevenendo gastrite e acidità di stomaco.

Anche le nostre comuni ferite ne traggono beneficio. Grazie alle sue proprietà antisettiche, antibatteriche e cicatrizzanti, basta applicarne qualche goccia per sentire sollievo in caso di tagli, ferite e punture di insetti. Essendo un oleolito molto delicato, è particolarmente utile anche per la cura della pelle dei neonati. Se messo in una bottiglietta con diffusore spray, diffonde nell’ambiente un gradevole aroma che aiuta a combattere l’ansia e la nostra irascibilità.

Cari amici, la natura a saperla conoscere per bene, ha una miriade di sostanze in grado di lenire gran parte dei nostri mali. L’oleolito di lavanda è davvero un ottimo prodotto, capace di darci “una grossa mano” per lenire i nostri mali che, con l'età che avanza, aumentano. Un ultimo consiglio: Aggiungetene una piccola quantità alla crema viso per la notte, vi accorgerete che la rende più nutriente e idratante. Anche sulle labbra è in grado di esplicare la sua azione di sollievo, in quanto è un valido sostituto al burro di cacao.

Che dite, amici, non è davvero un prodotto straordinario?

A domani.

Mario