venerdì, gennaio 24, 2025

PAPA FRANCESCO HA INDETTO UN NUOVO GIUBILEO PER DARE SPERANZA AL MONDO. “PELLEGRINI DI SPERANZA”, È STATO CHIAMATO QUELLO DEL 2025. LA STORIA DI QUESTO ANTICO EVENTO.


Oristano 24 gennaio 2025

Cari amici,

Papa Francesco, alla fine dello scorso anno, quando ha annunciato di aver indetto un nuovo GIUBILEO, ha detto che il suo scopo era quello di  “portare speranza nel mondo”. Aprendo la Porta Santa della Basilica di San Pietro, dando così inizio ufficialmente al Giubileo ordinario del 2025, ha detto: "Il Giubileo si apre perché a tutti sia donata la speranza del Vangelo, la speranza dell'amore, la speranza del perdono". L’l'invito del Papa, rivolto ai fedeli nella messa della Notte di Natale, era quello di impegnarsi a portare la luce della speranza "nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza".

Il Giubileo, cari lettori, ha radici storiche antiche, che risalgono alla cultura ebraica, le cui tracce troviamo nelle Sacre Scritture, sia in quelle dell’Antico Testamento che in quelle successive, quelle dei vangeli. Tempo fa su L'Osservatore Romano il Cardinale e biblista S. Eminenza Gianfranco Ravasi, ha ripercorso l'antica storia del Giubileo, detto anche Anno Santo, partendo proprio dalle sue origini. Nella dotta riflessione il Cardinale illustra i più importanti temi giubilari, partendo da quelli d’origine ebraica fino alle successive variazioni cristiane. Vediamoli.

Secondo il testo biblico il primo tema trattato è quello del «riposo» della terra. Stando allo schema sabbatico, con cui era misurato il tempo all’interno della tradizione biblica, già ogni sette anni si faceva riposare la terra. Secondo le indicazioni contenute nel Levitico, 25, la terra doveva riposare anche nell’anno giubilare, che seguiva i sette anni sabbatici, cioè nel cinquantesimo. In questo modo l’uomo si ricorderebbe che i cicli della natura non dipendono solo dal suo lavoro ma anche dal Creatore.

Il secondo tema dell’anno giubilare, altrettanto originale, era la remissione dei debiti e la restituzione in pristinum (al primitivo proprietario) dei terreni alienati e venduti. Nella visione biblica, la terra NON era un bene in capo al singolo individuo, ma una proprietà collettiva, ovvero delle tribù e delle famiglie d'Israele. Tutte le volte che, per varie ragioni, la tribù perdeva la propria terra, si veniva meno, in un certo senso, alla divisione voluta da Dio. Col giubileo, insomma, ogni mezzo secolo, si ricostruiva la mappa iniziale della Terra Promessa, così come Dio l’aveva voluta, attraverso il dono divino della divisione delle terre del Paese tra le tribù d’Israele. Anche per i debiti si verificava sostanzialmente la stessa cosa. All’inizio dell’arco temporale giubilare tutti si dovevano ritrovare uguali, con gli stessi pochi beni iniziali. Poiché, invece, alcuni avevano perso i loro beni per disgrazia, oppure per pigrizia o per incapacità, dopo cinquant’anni si decideva di ritornare al punto di partenza, facendo in modo che tutti si ritrovassero a un livello di assoluta, ideale, utopica comunione dei beni, come nella parità iniziale. Tutto diventava nuovamente comune, e veniva ridistribuito secondo le varie tribù. Ogni famiglia otteneva, così, di nuovo i suoi beni, le sue terre e tutti i suoi figli.

Il terzo tema, strutturale al giubileo biblico, risultava altrettanto incisivo e impegnativo, essendo, quello giubilare, l’anno della remissione non solo dei debiti ma anche della liberazione degli schiavi. Il libro di Ezechiele (46, 17) parla del giubileo come “l’anno dell’affrancamento”, del riscatto; l’anno in cui coloro che erano andati a servizio per sopravvivere alla miseria ritornavano alle loro case, con i debiti rimessi e con la riappropriazione della loro terra e della loro libertà. Si tornava a essere il popolo dell’esodo, il popolo libero dalla cappa di piombo della schiavitù e delle discriminazioni. Anche in questo caso si trattava di una proposta ideale, destinata a creare una Comunità che non avesse più al suo interno legami di prevaricazione degli uni sugli altri.

Con l’avvento del Cristianesimo, qualcosa cambiò, fin dagli inizi della predicazione pubblica di Gesù, come riportato nel Vangelo di Luca. Egli un giorno entrò nella modesta Sinagoga del suo villaggio, Nazaret, di Sabato. In quel sabato si leggeva un testo di Isaia (c. 61), ed era toccato proprio a lui proclamarlo e commentarlo. Attraverso quelle parole Egli si presentò come inviato dal Padre, per inaugurare un Giubileo perfetto, da estendere, poi, in tutti i secoli successivi, e che i cristiani avrebbero dovuto celebrare in spirito e verità. Con l’arrivo di Gesù Cristo sulla terra inizia così l’era del Giubileo cristiano. Nelle parole di Gesù l’orizzonte dell’Anno Santo si trasforma: diventa il paradigma della vita del cristiano, che si allarga e abbraccia tutte quelle sofferenze che sono il programma della missione di Cristo e della Chiesa. Il Giubileo cristiano, a differenza di quello ebraico, si propone infatti la liberazione dall’oppressione, che non è solo la schiavitù a cui faceva riferimento il Giubileo ebraico, ma comprende tutte le sofferenze e i mali che opprimono sia il corpo che lo spirito.

Amici, parlando dei tempi successivi, il primo Giubileo ordinario fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio VIII, della nobile famiglia dei Caetani, con la Bolla "Antiquorum Habet Fida Relatio". Ne fu occasione l'ondata di spiritualità, di perdono e di fratellanza, valori che si stavano iniziando a diffondere in tutta la cristianità, in contrapposizione agli odi e alle violenze dominanti in quell'epoca. Ora, l’ultimo Giubileo ordinario, in ordine di tempo, è quello indetto da Papa Francesco.

Cari amici, un sincero grazie al Cardinale Ravasi ed alla sua dotta riflessione (che è ben più estesa del piccolo sunto che ne ho ricavato io), oltre che al nostro Papa Francesco, per aver deciso l’istituzione, in questo 2025, denominato “GIUBILEO DELLA SPERANZA”. Una speranza di cui il mondo ha davvero bisogno, e che tutti i cristiani auspicano! La speranza è che quanto prima tacciano le armi, e la Comunità umana riprenda a praticare una serena vita di pace, di fratellanza e d’amore.

A domani.

Mario

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