mercoledì, novembre 13, 2024

LA SARDEGNA E LA SUA FLORA STRAORDINARIA: “SU BASAPEIS” (TRIBULUS TERRESTRIS) , IL VIAGRA DELLA CIVILTA’ NURAGICA”!

 


Oristano, 13 Novembre 2024

Cari amici, 

Nell'estate del 2016 (precisamente il 7 di agosto) su questa pianta particolare, il "TRIBULUS TERRESTRIS", scrissi un articolo che voleva mettere in risalto le straordinarie proprietà che possedevano che certi, numerosi vegetali esistenti in Sardegna, tanto da far considerare la nostra isola come una enorme farmacia naturale, forse unica al mondo! In Sardegna, flora, fauna e soprattutto particolarissimi endemismi, fanno dell'isola un vero scrigno ricco di mille, strabilianti perle. Ebbene, cari amici, oggi ho riletto quest'articolo e voglio riproporvelo, nella speranza che leggerlo o rileggerlo faccia piacere anche a Voi! Grazie!

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Oristano, 7 Agosto 2013

Cari amici, che la Sardegna sia una enorme farmacia naturale credo che lo sappiano tutti. Il suo clima temperato, la sua posizione unica, il suo suolo incontaminato, dove albergano specie botaniche con proprietà assolutamente uniche, ne fanno, davvero una farmacia a cielo aperto: basta solo saperla utilizzare. Sfogliando ieri l’Unione Sarda ho trovato un curioso articolo di Ignazio Pillosu che riporta una bella notizia: un certo Marcello Pitzalis di Ussana, imprenditore idraulico per professione e esperto di piante medicinali per passione, coltiva e colleziona una bella varietà di piante fitoterapiche (oltre 300 varietà). 

Il signor Pitzalis, intervistato dal giornalista Pillosu, ha dichiarato che la sua passione e conseguentemente il suo scopo è quello di “far riscoprire le potenzialità, anche economiche, delle nostre campagne al di fuori dell’agricoltura tradizionale e far conoscere le cure, antiche e semplici, dei nostri nonni”. Aggiunge anche che “Elicriso, Hypericum, tribulus comunis, sono solo alcune delle erbe endemiche del nostro territorio che hanno proprietà curative, riconosciute nella medicina tradizionale antica e nell’omeopatia moderna”.

Personalmente ero già a conoscenza delle straordinarie proprietà dell’elicriso (su questo blog ho già descritto le sue grandiose proprietà) e dell’iperico, ma mi sfuggivano le altrettante incredibili proprietà del “Tribulus terrestris”, pianta che conoscevo fin da ragazzo e che spesso e volentieri, calpestandola, mi aveva “dolorosamente baciato i piedi” che, da ragazzo, andavano in giro quasi sempre scalzi. Ora capisco perché in sardo uno dei suoi nomi è proprio “Basapeis”! L’affermazione, poi, che questa pianta era considerata “il Viagra dei Sardi Antichi”, per le sue eccellenti proprietà afrodisiache, mi ha stimolato a porre rimedio alla mia ignoranza, mettendomi subito all’opera per documentarmi meglio. Ecco l’interessante risultato della mia ricerca.

Il Tribulus terrestris L. è una pianta appartenente alla famiglia delle Zygophyllaceae. Il tribolo comune (come comunemente è noto) è una pianta annua, presente in tutte le regioni d’Italia. Cresce in siti ruderali calpestati, su suoli sabbiosi o ghiaiosi molto aridi, dal livello del mare agli 800 m. circa. Forma biologica: terofita reptante. Periodo di fioritura: maggio-ottobre. Pianta tappezzante con portamento schiacciato al suolo con lunghi fusti snodati e foglie paripennate opposte. I fiori, in corrispondenza delle foglie sono formati da cinque petali gialli. Il tribolo è facilmente riconoscibile per le curiose bacche ricoperte da pungenti spine. Il nome di questa pianta, infatti, deriva dal greco “tribolos” = spino, nome attribuito ad una particolare armatura da combattimento dotata di tre-quattro grosse punte aguzze. La forma particolare delle sue bacche spinose, simili ad un tetraedro, ricorda infatti il tribolo usato dagli antichi romani, strumento bellico a forma di palla con aculei, usato in battaglia per fermare l’avanzata della cavalleria nemica. La similitudine del frutto di questa pianta con tale strumento ha contribuito a dare alla pianta il suo nome.

I suoi “Principi attivi”(contenuti soprattutto nei semi) sono: Saponine steroidiche (genidiogine, tigogenine), resine, olii essenziali, olio composto da acidi grassi polinsaturi, Sali minerali, , furanosidi, glicosidi del furostanolo, terrestrosine, dioscina, gracillina, kikubasaponina, protodioscina, neoecogenina glicoside, tribulosina,  alcaloidi (armina, armalina, armano, tetraidroarmina), potassio, frazione amminoacidica ( acido aspartico, acido glutammico), potassio, nitrati.

Il Tribulus, come pianta medicinale, era già ben conosciuta sia dai Greci e dai Romani per le sue importanti proprietà curative. Dioscoride sosteneva che il tribolo assunto in copiose quantità curava il morso delle vipere e che bevuto nel vino era un ottimo rimedio contro i veleni. In Oriente questa pianta viene da secoli ampiamente impiegata nella medicina tradizionale, sia cinese che indiana. Secondo le credenze locali questa pianta ha azione regolatrice e depurativa (agisce nelle disfunzioni di origine renale, epatica e gastrointestinale) e, come tale, viene utilizzata per la cura dell'impotenza, dell'edema, del gonfiore addominale e delle malattie cardiovascolari. La proprietà più importante del tribulus terrestris è tuttavia legata alla sua presunta azione stimolante sulla produzione di ormoni androgeni. Tali ormoni, tipici dell'uomo ma importantissimi anche per l'organismo femminile, regolano la libido, i caratteri sessuali e lo sviluppo muscolare. E’ proprio in virtù di tali caratteristiche che il tribulus terrestris è impiegato da secoli come afrodisiaco, in grado anche di migliorare la fertilità sia maschile che femminile, sopperendo ad eventuali carenze ormonali.

La protodioscina, una saponina steroidea contenuta nei semi, agirebbe efficacemente aumentando la produzione endogena di testosterone, diidrotestosterone, ormone luteinizzante (LH), deidroepiandrosterone (DHEA), deidroepiandrosterone solfato (DHEA-S), con conseguente aumento della spermatogenesi e della libido nell'animale da esperimento e nell'uomo (Gauthaman K. et al. 2002, 2003). La conferma dell'ipotesi secondo cui gli estratti di questa pianta sarebbero utili nel trattamento delle disfunzioni erettili arriverebbe anche da un altro studio. Durante questa ricerca un gruppo di topi a cui fu somministrato tribulus terrestris si dimostrò più attivo sessualmente e presentò una pressione intracavernosa più alta rispetto ai topi non trattati (la pressione intracavernosa viene registrata all'interno dei corpi cavernosi del pene, strutture paragonabili a spugne che, riempiendosi di sangue, permettono l'erezione).  

Intorno alla metà degli anni '90 le proprietà di questa pianta, capace di migliorare notevolmente lo sviluppo muscolare, furono sostenute e valorizzate da un gruppo di atleti olimpici dell'est europeo (soprattutto di origine bulgara e russa). Proprio da questi Paesi provengono i più importanti studi che mettono in risalto le proprietà ormonostimolanti di questa pianta. Inizialmente i prodotti a base di tribulus terrestris furono ampiamente pubblicizzati in migliaia di siti internet e in riviste, soprattutto indirizzate ai praticanti di bodybuilding. Oggi gli estratti di questa pianta vengono impiegati nella preparazione di pillole che promettono di risvegliare il desiderio e le energie sessuali. Cosa c'è di vero in tutto questo? Certamente non tutto quello che la pubblicità afferma è vero! Ma questo è valido per moltissimi altri prodotti (…non dimentichiamo quelli dimagranti…) che i miracoli li promettono, ma non li mantengono!

Quello che possiamo affermare con certezza è che la natura ha, davvero, un sano rimedio per tutto. Con le dovute cautele e con tanta pazienza. Anche il Tribolo, per noi Sardi “Basapeis”, è uno strumento che, sapientemente usato, potrà darci buone soddisfazioni! Nel chiudere mi sento di ripetere, a voce alta, quello che Marcello Serra affermava con convinzione: “Sardegna, quasi un Continente!”

Ciao a tutti e…grazie della Vostra sempre gradita attenzione.

 

Mario

 


martedì, novembre 12, 2024

LE FORMICHE E “LA SPIRALE DELLA MORTE”. QUANDO NEL MONDO ANIMALE L’ORGANIZZAZIONE SOCIALE PORTA AL SUICIDIO DI MASSA PUR DI SEGUIRE CHI SI HA DAVANTI.



Oristano 12 novembre 2024

Cari amici,

C’è un fenomeno curioso nel mondo delle FORMICHE, chiamato “LA SPIRALE DELLA MORTE”, definita anche "DELLE FORMICHE DANZANTI", rilevato e descritto scientificamente da studiosi che lo hanno verificato per la prima volta ai primi del 1900. Il primo ad accertarlo fu un certo Theodore Schneirla, psicologo animalista americano. Di norma chi osserva lo stuolo di formiche, che in colonna di norma svolgono la loro funzione operativa, nota che ogni formica segue quella che ha di fronte, e, man mano che altre formiche si aggiungono alla corsa, si forma una lunghissima colonna.

Tuttavia, a volte, si è potuto notare che la lunga formazione delle formiche, anziché seguire l’ordinario, rettilineo percorso,  inizia a formare una “spirale”, costituita da migliaia, e anche milioni di formiche, che continuano a girare in tondo senza pausa, quasi che avessero deciso di fermarsi a danzare. Indubbiamente un fenomeno molto particolare che gli studiosi hanno poi definito come accennato prima,  "Spirale della morte", eseguito da migliaia di formiche legionarie, che, seguendosi a vicenda, iniziano a girare in cerchio senza sosta, formando una spirale che alla fine porta loro alla morte.

Amici, l'organizzazione sociale di molte specie ha codificato un codice comportamentale molto rigido, e quello delle formiche può arrivare a paradossi estremi come quello prima indicato, che può portare addirittura al suicidio di massa pur di seguire chi guida il gruppo. Questo fenomeno fu analizzato e descritto nel 1921 dallo zoologo William Beebe e successivamente riprodotto e confermato da esperimenti condotti in laboratorio. La specie particolare di questi imenotteri, che è comunemente chiamata formica legionaria, è caratterizzata da occhi molto piccoli o addirittura assenti, dalla mancanza di un formicaio fisso e da un grande rilascio di feromoni, oltre ad una struttura sociale auto-organizzata.

Questi insetti, costantemente alla ricerca di cibo, vista l'assenza di una vista sviluppata, tendono a muoversi all'unisono utilizzando i feromoni, ovvero gli odori rilasciati dalle altre formiche che li precedono, formando un questo modo una lunghissima catena. Quando per svariati motivi alcune formiche perdono la traccia principale, magari attratte da una nuova fonte di cibo, le altre la seguono formando una spirale concentrica sempre più grande in continua rotazione che le intrappola fino a farle morire. Insomma, se per svariate e possibili ragioni, la fila perde la traccia precedente, questa si chiude su sé stessa, creando un circolo vizioso, un cerchio in continua rotazione, dove le formiche si seguono a vicenda, restando intrappolate dalle loro stesse regole.

Amici, così facendo, questi insetti non smettono mai di inseguirsi, continuano a camminare imperterriti finché alla fine muoiono di stenti. Lo zoologo William Beebe, durante i suoi studi, riuscì ad osservare e misurare una SPIRALE DELLA MORTE di 370 m di circonferenza, in cui le formiche impiegavano oltre due ore e mezza per compiere una rivoluzione completa. Da un punto di vista etologico questo comportamento pare abbia dei risvolti utili per rintracciare la via di casa, trovare il cibo e mantenere il gruppo, ma può arrivare ad essere controproducente. Sembra che alla fine questo sia il prezzo evolutivo da pagare, per una strategia di foraggiamento collettivo, che però non sempre riesce.

Ci sono sistemi per bloccare questa spirale che porta alla morte? Solo raramente. Rompere quella spirale, ovvero cambiare la rotta, è possibile solo se avviene un cambiamento ormonale nel segnale, ad esempio se una delle formiche ritrova la traccia olfattiva originaria. Il segnale disfunzionale può essere coperto con nuovi odori anche di origine esterna oppure interrotto da fattori ambientali di varia natura (animali, meteo, temperatura ecc.). In questo caso il gruppo è costretto a modificare il tragitto a causa di un ostacolo, ma non è detto che queste azioni funzionino sempre. Nelle specie altamente organizzate come le formiche legionarie l’istinto di inseguimento dei feromoni è molto forte e difficile da ignorare; somiglia quasi ad un potente incantesimo che ipnotizza gli animali, portandoli alla morte, ovvero verso il sonno eterno.

Cari amici, è questo un fenomeno che, sotto certi aspetti, può essere trasferito nel nostro mondo umano, come quando, per qualsiasi ragione, un gruppo sociale o politico segue pedissequamente il suo leader, portando metaforicamente il gruppo al suicidio socio-politico. Ciò  dovrebbe farci riflettere non poco!

A domani.

Mario

lunedì, novembre 11, 2024

NELLA FLORA SPONTANEA DELLA SARDEGNA È PRESENTE ANCHE UN AGLIO PARTICOLARE: “S'APPARA”, ALQUANTO USATO AI TEMPI DELLA CIVILTÀ CONTADINA.


Oristano 11 novembre 2024

Cari amici,

Quand’ero ragazzo, parlo degli anni tra la fine della prima metà del secolo scorso e l’inizio della seconda, quando (era da poco finita la guerra) alimentarsi era ancora un’avventura, il rimedio era solo la campagna: li si andava spesso alla ricerca di erbe commestibili, da raccogliere, pulire e cucinare. Esse venivano utilizzate per inventare e confezionare un pasto approssimativo, che sanasse la fame quotidiana. Si raccoglievano bietole, cardi, finocchi selvatici e diverse altre erbe, tra cui ne ricordo una in particolare: S’APPARA, o Apparedda (il nome scientifico è Allium Triquetrum), un aglio spontaneo che cresceva rigoglioso e che si raccoglieva in primavera (si trovava fino a maggio-giugno). Quest’aglio selvatico, era alquanto ricercato, in quanto non solo buono da mangiare ma anche ricco di vitamine A, B, C e di numerosi sali minerali, con anche, tra l'altro, delle proprietà antibiotiche e disinfettanti.

Passati i tempi della civiltà contadina, quando i supermercati non esistevano e ci si doveva accontentare del negozietto di paese (SA BUTTEGA), dove erano presenti pochi prodotti, con l'arrivo dei Supermercati e il miglioramento delle condizioni economiche, l'andare in campagna per raccogliere erbe divenne sempre più raro, e anche la presenza di quest’erba selvatica in cucina andò in disuso. Oggi quasi nessuno, anche vedendola in campagna la raccoglie, e S'APPARA, anche se continua ad essere presente resta ignorata. 

Eppure, S’appara, è un'erba importante, Catalogato tra le specie commestibili officinali, quest’aglio, detto anche erba di San Giovanni, seppure praticamente quasi dimenticato, sta lentamente tornando in auge. Tra i suoi componenti s'Appara, come accennato, contiene anche l'allicina, una sostanza con forti proprietà antibiotiche. Rivalutare quest’aglio spontaneo sarebbe alquanto salutare, e grazie al suo gusto dalle note dolci, risulta ottimo consumato crudo in insalata, ma anche alquanto delizioso nelle minestre di verdure e legumi, perché capace di dare un certo sapore in più, non risultando forte e aggressivo come l'aglio in spicchi che normalmente usiamo in cucina.

Quest’aglio spontaneo cresce in tutta l'isola, e il suo habitat preferito sono i luoghi umidi e ombrosi, i boschi, le siepi e anche gli oliveti. Si presenta con foglie nastriformi lunghe quanto lo stelo, che arriva anche a 30 cm di altezza. I suoi fiori bianchi, con striatura mediana verde, hanno forma campanulata. Fioriscono in primavera fino a maggio, e profumano di un leggero sentore di aglio. Allium, lo chiamavano gli antichi Romani, termine derivato da una parola celtica che significa caldo, mentre il nome specifico Triquetrum si riferisce alla forma dello stelo trigono.

Nei secoli scorsi a quest’aglio venivano attribuite tantissime proprietà benefiche. Il Mattioli, uno dei botanici più famosi del Rinascimento europeo, nel 1544 così scriveva: “caccia fuor del corpo i vermi larghi, provoca l’orina, giova ai morsi delle vipere, è utile à gli hidropici, chiarifica la voce, alleggerisce la tosse vecchia, ammazza i pidocchi, risolve i lividi, fa rinascere i capelli cascati per pelagione”. Con quest’aglio in Sardegna in passato venivano confezionati dei “piatti poveri” ma buoni e gustosi, che un tempo facevano parte della cultura alimentare contadina. In particolare, come accennato prima, quest’aglio veniva spesso utilizzato per cucinare squisite e profumate frittate, per impreziosire formaggi freschi, salsicce, insalate, arrosti e succulente minestre, come quella delle 18 erbe spontanee preparata in Barbagia, o quella della zuppa d’aglio di Nuoro: suppa de appara, o, porru de campu. Quest’aglio in Sardegna viene chiamato in parecchi modi: àpara, àppara, àpparu, corr’e campu,  porr’e campu, porru,  porru de angioni, sàmbula. Una curiosa, antica storia narra che a Bolotana e dintorni era consuetudine frizionare i denti con un bulbo di quest’aglio selvatico appena raccolto per impedire la formazione della carie!

Amici, se vogliamo, essendo presente in tanti sentieri delle nostre campagne, potremmo davvero riprendere ad usarlo. Una volta raccolti i bulbi maturi (all’inizio dell’estate), li possiamo conservare facilmente anche per mesi, se prima li facciamo essiccare e, come l’aglio comune, li utilizzeremo, poi, quando necessario. Tutte le parti della pianta sono utili e curative: per esempio nel bulbo è presente un olio essenziale, composto da diversi solfuri (sali di zolfo) e dal glucoside alliina, inodore, che si trasforma in allicina (odore tipico) instabile, la quale a sua volta si trasforma in disolfuro di allile. I preparati inodori di aglio sono ottenuti bloccando la trasformazione dell’allicina.

E non è tutto: quest’aglio selvatico contiene anche tiocianato di allile, con proprietà ipotensive, fosfolipidi, garlicina con proprietà antibiotiche, vitamine del gruppo B, vitamine A e C. Insomma, S’APPARA è quasi un laboratorio chimico naturale! Hanno ragione i fitoterapeuti: l’aglio non è un alimento ma una vera e propria pianta medicinale. Molti sono stati gli studi compiuti sui suoi effetti per scoprirne i segreti: ma l’azione dell’aglio, come quella di tutti gli altri fitofarmaci, non è dovuta sicuramente ad un unico principio attivo. Non è infatti solo un principio chimico ad agire, ma tutto il complesso dell’energia vitale che solo la pianta intera possiede, completa di tutte le sue parti.

Cari amici, credo proprio che con l’avanzare del progresso, con la chimica industriale che ha soppiantato quella naturale contenuta nelle erbe spontanee, abbiamo perso molto in termini di utilizzo delle cure naturali, e, forse, l’aver abbandonato certi rimedi, datici in modo spontaneo dalla natura, tra cui anche S’APPARA, è qualcosa che mai avremmo dovuto fare!

A domani.

Mario

domenica, novembre 10, 2024

INNOVAZIONI NELLA VITICOLTURA. SE IERI L'EUROPA HA UTILIZZATO LA VITE AMERICANA PER SALVARE I VIGNETI DALLA FILLOSSERA, OGGI NEGLI USA SI STUDIA PER CREARE UNA “SUPER UVA”.


Oristano 10 novembre 2024

Cari amici,

Quando alla fine dell’Ottocento le viti europee cominciarono ad ammalarsi seriamente, in particolare in Francia, a causa della FILLOSERA, un insetto proveniente dagli USA che attaccava le radici delle viti, l'infestazione si propagò rapidamente in tutto il  Continente, mettendo in ginocchio la viticoltura europea e portando all'estinzione di alcune varietà di vite coltivate e propagate sin dal Medioevo.

Furono tentate molte strade per arginare il flagello, ma senza successo. Le uniche viti che dimostravano di resistere al parassita erano le viti americane e i loro ibridi, in quanto avendo combattuto per molto tempo il parassita, le specie d'oltreoceano avevano sviluppato un apparato radicale piuttosto resistente all’attacco della fillossera. La soluzione che fu adottata fu quella dell’innesto di viti europee su ceppi di vite americana; furono selezionate tre varietà di V. riparia, V. rupestris e V. berlandieri, che da allora furono coltivate estensivamente per diventare basi da innesto su cui applicare l'apparato vegetativo della Vitis Vinifera.

Con questa straordinaria ricostruzione, i nuovi vigneti ripresero a produrre, ma la storia del vino di una volta era cambiata per sempre, e ancora oggi, camminando tra i vigneti, possiamo osservare il punto di innesto tra la vite europea e le radici di vite americana. Ebbene, amici, l’Europa e l’America in questo campo continuano ad essere strettamente legate: ora un ambizioso progetto di ricerca portato avanti negli USA dal National Institute of Food and Agriculture (NIFA), e  dall’Arkansas Agricultural Experiment Station, un’istituzione di punta per l’innovazione in agricoltura, punta a creare una nuova varietà di uva che unisca le migliori caratteristiche di due specie molto diverse: i moscati e la vitis vinifera.

Il progetto americano mira a combinare la resistenza alle malattie e i sapori unici dei moscati, molto apprezzati negli Stati Uniti, con le qualità desiderate della vitis vinifera, come ad esempio la buccia sottile, la consistenza croccante e la mancanza di semi, caratteristiche tipiche dell’uva da tavola. Il risultato di questo studio sarà una “super uva” in grado di offrire ai consumatori un prodotto di alta qualità e all’industria agricola una maggiore sostenibilità. Certo, è una sfida difficile da affrontare, poiché l’uva moscato e la vitis vinifera possiedono un diverso numero di cromosomi.

La docente Renee Threlfall, professore associato di enologia e viticoltura presso il dipartimento di scienze alimentari, e Margaret Worthington, esperta di breeding dell’Arkansas Agricultural Experiment Station, sono alla guida dell’ambizioso progetto. Threlfall ha cercato di spiegare ai media come l’idea di questa ricerca fosse in fase di elaborazione da oltre un decennio, in attesa dei partner giusti per formare il team multidisciplinare necessario.

Il progetto prevede la formazione di sei team di ricerca, ognuno con obiettivi specifici che spaziano dalla genetica alla patologia, passando per il marketing e la produzione. Il team di Threlfall è concentrato sulla qualità del frutto, mentre quello di Worthington è operativo sull’aspetto del breeding, ovvero l’incrocio tra le due specie. Margaret Worthington ha sottolineato l’importanza dell’allevamento assistito da marcatori genetici, una tecnica che consente di accelerare il processo di selezione delle piante. Grazie a questo metodo, gli scienziati possono analizzare i marcatori genetici per identificare i tratti favorevoli già in una fase preliminare, evitando così costose e lunghe prove sul campo. Processo che consente di ridurre i tempi di sviluppo di nuovi ibridi di uva, capaci di unire la resilienza e la resistenza alle malattie dei moscati con le qualità organolettiche della vitis vinifera, come il sapore dolce e la consistenza croccante.

L’obiettivo che si è post il Team non è solo quello di creare una nuova varietà di uva, ma anche quello di rendere più sostenibile e resiliente l’intera industria vitivinicola statunitense. Secondo Renee Threlfall, la pianificazione e la collaborazione tra i vari partner di ricerca risulta fondamentale per il successo dell’iniziativa. La collaborazione internazionale e l’impiego di tecnologie avanzate sono la via che consente di migliorare la qualità della frutta, offrendo agli agricoltori nuove opportunità di coltivazione.

Cari amici, questo progetto di ricerca, indubbiamente ambizioso, contribuirà certamente a migliorare le tecniche di coltivazione della vite e a creare uve più resistenti e di maggiore qualità. Il lavoro portato avanti dal National Institute of Food and Agriculture dell’Arkansas e dall’Agricultural Experiment Station, rappresentava solo uno dei tanti esempi di come l’innovazione in campo agricolo può comportare un positivo impatto sia sull’economia che sull’ambiente.

A domani.

Mario

sabato, novembre 09, 2024

SCOPERTA UNA MOLECOLA CHE AIUTA LA LONGEVITÀ: È LA “SPERMIDINA”. L'INTERESSANTE STUDIO È RIPORTATO DALLA PRESTIGIOSA RIVISTA “NATURE”.


Oristano 9 novembre 2024

Cari amici,

Un interessante studio, pubblicato sulla rivista mensile “NATURE CELL BIOLOGY” ha confermato i grandi benefici di una particolare molecola, chiamata SPERMIDINA, della quale sono state accertate le sue proprietà anti invecchiamento. Questa molecola fu scoperta nel 1678 quale componente del seme maschile (da cui ha preso il nome), ma questa sostanza è presente anche in diversi vegetali commestibili, che utilizziamo per alimentarci: per fare un esempio, dai broccoli ai frutti tropicali!

Quanto sia importante oggi  la SPERMIDINA per il nostro organismo, è stato accertato dagli studi recenti, che hanno constatato che questa molecola è una specie di spazzino cellulare, che attiva l'autofagia, ovvero il processo che consente alle cellule a liberarsi dei componenti danneggiati. Lo studio pubblicato su Nature ha rivelato che durante le fasi di digiuno di una persona, i livelli di Spermidina aumentano anche del 50% in soli 4-5 giorni. L’importanza di questo processo innescato dalla Spermidina diventa evidente, se messo in relazione al fenomeno dell'invecchiamento cellulare.

Con il passare degli anni il nostro corpo invecchia, e il processo di invecchiamento rallenta i naturali processi di eliminazione delle scorie. Le nostre cellule, giorno dopo giorno accumulano immondizia molecolare che, in condizioni normali, viene rimossa ed eliminata; con l'invecchiamento, però, questo lavoro di rimozione rallenta, e l’organismo accumula spazzatura pericolosa. Con l’iuto della Spermidina, invece, che possiamo assumere sia col cibo che con gli integratori, noi stimoliamo l'autofagia, ovvero l’eliminazione dei componenti cellulari danneggiati, aiutando così il nostro organismo a mantenere il delicato equilibrio tra nuova produzione e rimozione degli scarti, un processo cruciale per il benessere dell'organismo.

Come accennato prima. la Spermidina possiamo trovarla anche in molti alimenti. Dai broccoli al cavolfiore, dai funghi fino ad alcuni formaggi, in quanto sono davvero molti i cibi in cui è presente questa sostanza dall’effetto antiage, ovvero un buon alleato della nostra longevità. Lo studio del magazine Nature Cell Biology ha rivelato che per aumentare nell’organismo i livelli di Spermidina è necessario il digiuno. Durante l’assenza di ingestione di cibo, infatti, come prima accennato, i livelli di Spermidina aumentano anche del 50% in soli 4-5 giorni. Un dato eclatante visto che con il passare del tempo le cellule tendono ad accumulare molti componenti danneggiati. Oltre al digiuno, però, esistono, come detto prima, tanti alimenti che possiamo consumare e che contengono Spermidina. Vediamone alcuni.

Un alimento molto ricco di Spermidina è IL BROCCOLO. Oltre a fornire molti nutrienti, i broccoli (così come le altre verdure crucifere) contengono una buona quantità di Spermidina. Per la precisione, i broccoli forniscono 32,4 mg di Spermidina per ogni chilogrammo. Anche nel tè verde, potente antiossidante, ci sono alti livelli di Spermidina: 38,1 mg per chilogrammo. Anche IL GERME DI GRANO è una buona fonte: per ogni chilogrammo, il germe di grano fornisce 350 mg di Spermidina. Insieme al germe di grano, spicca come fonte di questa sostanza la soia, il cui contenuto di Spermidina è compreso tra 167 e 291 mg per kg.

Sono alimenti con un buon contenuto di Spermidina anche i cereali integrali, i formaggi stagionati (come il cheddar), i peperoni verdi e le pere; la Spermidina è generalmente abbondante nella dieta mediterranea: un motivo in più per scegliere questo tipo di alimentazione purché sia correttamente interpretata. Molte tipologie di legumi, infatti, come i ceci e i fagioli neri, sono ricchi di Spermidina. Ma i piselli verdi sono quelli che ne apportano di più, fornendo oltre 50 mg per kg. Da non sottovalutare, sono anche le lenticchie.

Contengono buone dosi di Spermidina anche i frutti tropicali, come il mango, il frutto della passione e l'ananas, che sono un'ottima fonte. Ad esempio, il mango contiene più di 10 mg/kg; anche gli agrumi sono importanti nell’alimentazione di chi vuole fare scorta di Spermidina: le arance ne contengono più di 90 mg/kg. Molto ricchi si rivelano anche i pompelmi. Anche alcune carni, come il manzo e altri prodotti a base di carne, pur rivelandosi poveri di Spermidina, sono, però, un'ottima fonte del suo precursore, la spermina. La carne di manzo, ad esempio, fornisce quasi 5 mg di Spermidina ma più di 40 mg di spermina per chilogrammo. I fegati sono un'altra ottima fonte di Spermidina (e i livelli di Spermidina più alti si trovano nei fegati di tori e mucche). Nel fegato di maiali, polli e mucche si può trovare un contenuto di Spermidina compreso tra 32 e 161 mg kg-1.

Senza dimenticare le patate. Queste, pur non essendo l'alimento più ricco di Spermidina in circolazione, dobbiamo considerare che sono, comunque, una fonte importante: le patate cotte e le patatine fritte forniscono da 15,8 a 39,9 mg di Spermidina per ogni chilogrammo; se poi sulle patate si mettesse un po’ di pepe verde, allora la scorta di Spermidina aumenterebbe: il pepe verde, infatti, è particolarmente ricco di Spermidina, con un contenuto di oltre 90 mg/kg.

Cari amici, credo che una vita lunga e possibilmente sana sia il sogno di tutti. Allora il nostro compito è quello di aiutare il nostro organismo ad andare avanti negli anni dandogli il necessario per stare bene il più a lungo possibile! Ben venga, dunque, anche un'alimentazione con quei cibi contenenti buone dosi di Spermidina!

A domani.

Mario

venerdì, novembre 08, 2024

FARE LE VACANZE NEL MERAVIGLIOSO SINIS DI CABRAS, TRA MARE E ARCHEOLOGIA, IN UN VERO UN PARADISO TERRESTRE!


Oristano 8 novembre 2024

Cari amici,

Anche quest'anno la stagione estiva, "quella dedicata al relax", è stata archiviata. Io, da anni, trascorro le mie vacanze nel Sinis di Cabras, dove ho una graziosa casetta. Il riposo estivo è per tutti un sogno, e, se è pur vero che l’uomo è sempre andato alla ricerca del posto ideale per rilassarsi, in quanto capace non solo di ristorarlo nel corpo, ma anche di soddisfare i suoi sensi, dalla vista all’udito, dal gusto all’olfatto e al tatto, è anche vero che, spesso, si pensa che questo sia possibile solo in luoghi lontani, che la pubblicità accredita come dei veri paradisi, facendoci dimenticare quelli di casa nostra, che nulla hanno da invidiare a quelli tanto reclamizzati oltre oceano! 

Ho fatto questa premessa, amici, proprio per parlare oggi con Voi di quella zona della Sardegna che è un vero, meraviglioso “PARADISO”: IL SINIS DI CABRAS! Un luogo magico, incantato, con spiagge stupende e oasi meravigliose, che non hanno confronti con quelle dei Caraibi; un luogo che oltretutto vanta una storia straordinaria, che parte dalla civiltà Nuragica e, forse, anche Pre-nuragica, un luogo da far conoscere e visitare, e che anche noi, spesso, anziché esserne orgogliosi, poco conosciamo e ignoriamo, convinti che tutto questo ben di Dio sia solo semplice normalità!

Si, questo luogo magico è il SINIS DI CABRAS, un territorio che si affaccia sul golfo di Oristano, e che, anche i grandi viaggiatori del passato hanno considerato meraviglioso, quasi unico al mondo, non solo per la sua bellezza ma per tutto ciò di cui è dotato, compresa la sua storia straordinaria. Il Sinis è un luogo dove la presenza dell’uomo è antichissima e non si è mai interrotta, e noi oggi possiamo ancora  toccare con mano quanto di straordinario l’uomo ha costruito nei secoli!

Amici, la storia di questo luogo magico si perde nella notte dei tempi. Il Sinis è stata sempre per l’uomo una zona di straordinario interesse, in quanto alterna felici ambienti terresti e lacustri, litorali con spiagge meravigliose, lagune e peschiere, dove sia ieri che oggi si vive di agricoltura, pesca e turismo. Chi visita il SINIS oggi, può spaziare tra spiagge meravigliose e visite archeologiche, curiosando tra le rovine di queste antiche civiltà: dai resti di villaggi nuragici ai nuraghi, dalle antiche peschiere alle fonti ipogeiche, dalle meravigliose, antiche statue come i Giganti di Mont’e Prama, scoperti in una zona ancora tutta da verificare e che può ancora riservare straordinarie sorprese.

Interessantissimi i “Giganti di Mont’e Prama”, delle antiche sculture risalenti alla Civiltà nuragica, che furono ritrovate casualmente nel marzo del 1974 da un contadino che stava arando il suo campo. Sono statue scolpite a tutto tondo, ognuna da un unico blocco di calcarenite locale; nel complesso sono state ritrovate 38 sculture comprendenti 5 arcieri, 4 guerrieri, 16 pugilatori e 13 modelli di nuraghe. Alcune statue sono esposte in una sala del museo e sono davvero affascinanti! Ma gli altri scavi dovrebbero riservarci molto altro!

Che dire, poi, del “Sito archeologico di Tharros”, città fu fondata dai Fenici nell'VIII secolo a.C. dove preesisteva un villaggio nuragico dell'età del bronzo? Abbandonata in seguito dai Fenici, la città venne fortificata dai Cartaginesi, che elevarono Tharros a capitale provinciale. Fu poi conquistata da Roma nel 238 a.C. Dopo la caduta dell’Impero Romano d'Occidente, Tharros, governata prima dai Vandali e poi dai Bizantini e tormentata dalle incursioni dei musulmani, entrò progressivamente in una profonda crisi che portò all'abbandono della zona a partire dal 1050. Prima del suo definitivo abbandono, Tharros fu anche la capitale del giudicato di Arborea; la regina Nibata o il re (chiamato "Giudice") Orzocco de Lacon-Zori, trasferirono definitivamente ad Oristano la sede vescovile e l'intera popolazione tarrense. Da quel momento Tharros fu spogliata letteralmente: il primo nucleo di Oristano venne edificato con i resti materiali di Tharros, l'antica colonia fenicia.

Il turista che oggi si reca nel Sinis in vacanza, l'unico problema che ha è quello di scegliere la spiaggia che più lo attrae, essendo tutte bellissime, una meglio dell’altra! Quanto alle escursioni, oltre quanto detto prima, può recarsi nel villaggio di San Salvatore, per esempio, dove non basterebbe un intero giorno a visitarlo tutto! Sorto su un insediamento nuragico (la Chiesa cristiana dedicata al Salvatore è stata edificata su un ipogeo nuragico), oggi è meta, a fine estate, di tantissimi visitatori che vogliono assistere alla “Corsa degli scalzi”, una particolare processione svolta dai “Curridoris”, scalzi e vestiti di bianco, che portano di corsa il Santo Salvatore da Cabras al villaggio, in ricordo del salvataggio del simulacro avvenuto nel periodo della dominazione musulmana. Altra importante Chiesa sicuramente da visitare è quella di S. Giovanni di Sinis, antica sede della Diocesi di Tharros, prima del trasferimento ad Oristano.

Senza dimenticare il meraviglioso mare che bagna la penisola del SINIS! Non è facile scegliere, come ho detto prima, la spiaggia dove prendere il sole e fare il bagno. La spiaggia di Mari Ermi al nord e quella di Maimoni al sud, sono indubbiamente meravigliose, senza dimenticare, poi, la straordinaria spiaggia di Is Aruttas, famosa anche per i particolari granelli di quarzo bianco miscelati a chicchi di vario colore! Sono tutte spiagge fantastiche, con un mare dai colori caraibici, che nulla hanno da invidiare a quelle lontane, tanto reclamizzate! Tutta la zona ricade nell’Area Marina Protetta Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre (quest’ultima si trova a meno di 10 km dalla costa e nel periodo estivo, generalmente fino a fine settembre, è possibile fare una escursione per conoscerla).

Cari amici, oggi godere di questo mare e di questi luoghi dalla storia meravigliosa non è difficile: oltre ai posti letto presenti a Cabras,  si può soggiornare anche a San Giovanni e a Funtana Meiga, dove vi sono dei B&B e Case-Vacanza, per cui è possibile trascorrere un periodo di ferie, di felice relax e di riposo, senza problemi, in un’oasi di pace davvero fantastica, che non ha nulla da invidiare alle tanto reclamizzate spiagge caraibiche!

A domani amici.

Mario