IL SINAI PRIMA E DOPO |
Oristano 11 ottobre 2024
Cari amici,
Che nei secoli e nei millenni il clima nel mondo abbia avuto cambiamenti anche epocali è cosa accertata. Dove oggi ci sono grandi deserti, in passato c'era un fiorire di vegetazione e uno scorrere della vita piena di animali e piante. Ebbene, l'uomo sta pensando di riuscire a RI-TRASFORMARE ciò che la natura ha cambiato. Sta infatti per nascere una sfida
ciclopica: “Trasformare il SINAI", oggi
immensa landa desertica, in una valle verde. Gli scienziati del team di Weather
Makers intendono portare avanti questa sfida ciclopica, incuranti delle numerose
critiche; "Anche portare l’uomo sulla Luna sembrava un progetto
irrealistico, eppure poi si è realizzato". Anche il il titolo dato al
progetto suona avveniristico: “Weather Makers”, che tradotto alla lettera
significa “i creatori del tempo”, inteso ovviamente come condizioni
atmosferiche.
Il Team, composto da un
ingegnere olandese, un ecologista cinese naturalizzato americano e un
meteorologo spagnolo, risulta già operativo nella penisola egiziana del SINAI, cercando il modo migliore per far
rifiorire il grande deserto. I tre scienziati, Ties van der Hoeven, John Liu e
Millàn Millàn, portano caparbiamente avanti un progetto che ai più appare
fantascienza, ma appaiono decisi a non mollare. Essi cercano, invece, di
convincere gli scettici, riferendosi proprio al famoso sbarco sulla luna.
“Se qualcuno dubita che
sia possibile fare diventare verde il Sinai, dovrebbe ricordarsi che anche
portare l’uomo sulla Luna sembrava un progetto irrealistico”, dice Van der
Hoeven al Guardian, che dedica un lungo servizio all’iniziativa. “All’inizio
c’era soltanto una visione di quello che voleva la Nasa e poi si è trovato il
modo di realizzarla. Lo stesso vale per il nostro piano e in generale per ogni
programma rivoluzionario: la sfida da cui partire è la mancanza di
immaginazione”.
Il loro caparbio progetto,
in realtà, potrebbe essere considerato un “RITORNO AL FUTURO”, perché in
passato il Sinai verde lo è già stato! Si, un passato verde, perché tempo fa, l’arido
triangolo di terra che collega l’Africa all’Asia era un giardino verdeggiante:
ci sono prove che in un periodo compreso tra 8 mila e 4500 anni fa la penisola
del Sinis non era proprio desertica! Dai disegni ritrovati in caverne della
zona si rilevano immagini di alberi e piante. Gli archivi dell’antico monastero
di Santa Caterina, situato nella regione, registrano annuali raccolti di legna.
E anche recenti immagini via satellite rivelano una rete di fiumi sotterranei
che dalle brulle montagne di quest’area scendevano verso il Mediterraneo.
Ciò che ha trasformato il
Sinai in un deserto è stata probabilmente, come altrove sulla Terra, l’attività
umana. I tre studiosi credono che una diversa attività umana possa ora
rigenerarlo. Ecco il loro piano. In circa un decennio, il Sinai da deserto ridiventerebbe un’oasi verde.
Ties Van der Hoeven dichiara di voler trasformare circa 35.000 km² del Sinai in
terra fertile! Per dare un’idea, è come se decidessimo di piantare alberi su
tutta la Sicilia, e poi aggiungere qualche alberello anche in Calabria, giusto
per non farci mancare nulla. Il suo piano? Iniziare dal Lago Bardawil, una
laguna salata nel nord del Sinai, e poi espandersi verso l’interno.
Asse portante dell’idea
del Team è che aggiungendo vegetazione, aumenterà l’evaporazione, si formeranno
più nuvole e pioverà di più. Van der Hoeven è convinto che questo potrebbe
addirittura cambiare i modelli meteorologici della regione. Può sorprendere, ma
progetti simili sono già stati realizzati. In Cina, l’altopiano del Loess,
un’area grande quasi quanto la California, è passato dall’essere un deserto
giallo a un tappeto verde. Ma attenzione: ciò che funziona in Cina, ovviamente,
potrebbe non funzionare nel Sinai. Gli “ingredienti” sono simili, ma il
risultato non è scontato. E in effetti i dubbi ci sono.
Gli scettici, come sempre
non mancano. Alcuni esperti, per esempio, avvertono dei possibili effetti
collaterali. Cambiare un ecosistema è complicato. Alice Hughes, dell’Università
di Hong Kong, avverte che potremmo finire per piantare specie invasive o
assetate d’acqua, creando più problemi di quanti ne risolviamo. I deserti,
infatti, hanno un ruolo importante nel raffreddare il pianeta. Il professor
Raymond Pierrehumbert dell’Università di Oxford spiega che le superfici chiare
dei deserti riflettono più energia solare nello spazio rispetto alla
vegetazione scura. Quindi, rendere verde il Sinai potrebbe paradossalmente
finire per riscaldare il resto del pianeta. Un po’ come mettere l’aria
condizionata in una stanza e scoprire di aver acceso il riscaldamento in tutte
le altre.
Cari amici, Ties Van der
Hoeven, comunque, resta ottimista, affermando anche che per lui non c’è
tempo da perdere: “Dobbiamo agire ora, anche se non abbiamo tutte le
risposte. Audace? Sì. Rischioso? Anche. Necessario? Comunque, assolutamente da
portare avanti”. Insomma, in un mondo alle prese con il cambiamento
climatico e la perdita di biodiversità, forse anche un po’ di follia non
guasta! Non troppa, però. Magari tra qualche decennio, quando prenoteremo le
nostre vacanze, invece di “Sharm el-Sheikh” cercheremo “Foresta pluviale del
Sinai”. Stranamente affascinante, no?
A domani amici lettori!
Mario
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