Oristano 6 ottobre 2024
Cari amici,
Sono migliaia, in Italia,
i centri dimenticati, dove resistono solo gli anziani. Il problema è serio: lo
spopolamento è figlio della scomparsa dei servizi essenziali di un centro
abitato, un tasto dolente che travaglia tutta l’Italia. Si, il territorio
italiano ha tra le sue peculiarità quella di essere costellato da un alto numero di piccoli borghi che, ormai da molti
anni, stanno subendo il fenomeno dello spopolamento. Il triste abbandono di
questi luoghi ha come conseguenza la perdita della storia di questi territori,
che in passato furono luoghi privilegiati e importanti, sia dal punto di vista storico-culturale
che turistico. I numeri sono molti alti: si parla di 5.308 “paesi abbandonati”.
In questo contesto la
Sardegna occupa i primi posti, con tanti siti abbandonati, in particolare gli
ex borghi minerari. Un lungo elenco quello di questi villaggi minerari è
ubicato nel Sulcis-Iglesiente, che vanno dal villaggio Malfidano (Buggerru) a quello
di Masua e Nebida, (Iglesias) fino al villaggio Normann (Gonnesa). Un abbandono
che appare come una cancellazione del passato, deprecabile e ingiusto, e che
non solo non si fa nulla per arrestarlo, ma contagia anche i tanti piccoli
centri dell’interno, che ormai non riescono a garantire la seppur minima
sopravvivenza.
Amici, l’antica Regione
del Sulcis-Iglesiente è sempre stata sfruttata dal punto di vista minerario, a
partire dal periodo nuragico; a seguire arrivarono poi i Fenici, poi i Cartaginesi e i Romani, che sfruttarono senza sosta il sottosuolo, ricco di giacimenti di
piombo, ferro e zinco. Il Sulcis rappresentò anche il principale bacino
carbonifero d’Italia, dal quale furono estratti oltre 30 milioni di tonnellate
di carbone, con l’impiego di migliaia di minatori. Ora di quei luoghi da tempo abbandonati dopo il selvaggio sfruttamento, rimangono solo i relitti
industriali: miniere, fonderie e interi villaggi abbandonati.
Uno di questi è il
villaggio minerario di cui voglio parlare con Voi oggi: il VILLAGGIO
“NORMANN”, piccola frazione del comune di Gonnesa, al confine con Iglesias,
costruito tra la fine del XIX Secolo e l’inizio del XX°, che prese il nome da
chi un tempo dirigeva la miniera: Edward Normann. Oggi questo villaggio
minerario, dove un tempo abitavano i dipendenti della vicina miniera di San
Giovanni, operativa sin da epoca romana, risulta praticamente abbandonato,
salvo un piccolo nucleo: nel villaggio resistono ancora una ventina di nuclei
familiari, che si sono costituiti in “Associazione” per tutelare, promuovere e
rivitalizzare non solo il villaggio Normann ma anche gli altri villaggi
minerari disseminati in tutta la Sardegna.
Amici, negli intendimenti
di questo gruppo di cittadini il Villaggio Normann dovrebbe diventare un
modello per la possibile rigenerazione degli ex centri minerari della Sardegna;
è un piccolo gruppo di appassionati che, con tenacia e caparbietà, in soli cinque
anni ha gradualmente ridato vita a un gioiello dell'Iglesiente che, ormai, era
sull’orlo della disintegrazione. In passato, fino agli anni Settanta, nel
Villaggio Normann abitavano circa duecento persone. Poi, nei primi anni
Novanta, come noto, l’attività estrattiva chiuse i battenti e il villaggio
entrò in sonno. Rimasero circa cinquanta persone, che piano piano diminuirono. Il
villaggio Normann sembrava destinato a svuotarsi completamente, come tanti altri
insediamenti, ma fortunatamente non fu così.
Le venti famiglie che
caparbiamente hanno deciso di restare si sono costituite come detto in associazione,
e così, tenacemente, lottano per la sopravvivenza del villaggio. Con il loro
impegno il villaggio Normann è tornato così a vivere, calamitando stuoli sempre
più numerosi di visitatori; la scorsa estate (quella del 2023) sono stati
realizzati quattordici eventi tra musica, poesia e arte, che hanno animato la
piazzetta centrale, caratterizzata da "Villa Stefani", un tempo la dimora del
direttore dalla miniera.
Sempre l'estate scorsa
dei piccoli esploratori hanno invaso il rinato villaggio Normann, in cerca di
indizi del suo passato geologico. E quest'anno, guidati da studenti
dell'Università di Cagliari del corso di Beni culturali e Archeologia e Storia dell'arte,
hanno fatto interessanti ricerche sul passato archeologico-minerario del
territorio. L’associazione ha portato avanti anche la riscoperta della fitta
rete di sentieri millenari, che, ripuliti e risistemati, sono diventati di
grande interesse per i camminatori, con l’utilizzo sia del
trekking che in mountain bike. Ora questi sentieri fanno parte della R.E.S,
la Rete escursionistica della Regione Sardegna. Questi percorsi sono stati
anche raccolti nel libro in uscita "Sentieri della Memoria".
Cari amici, un grande
plauso a questi resilienti cittadini che caparbiamente, con il loro impegno, hanno
voluto salvaguardare uno dei nostri beni identitari assolutamente da conservare! Le stesse
iniziative dovrebbero essere portate avanti dagli abitanti dei tanti piccoli
centri della Sardegna che, senza iniziative analoghe, purtroppo rischiano l’estinzione!
A domani.
Mario
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