Oristano 19 dicembre 2023
Cari amici,
L’IPOCONDRIA, quel
disturbo che sta ad indicare un malessere generale indefinito, era noto già in
epoca antica, e si riteneva che fosse localizzato nella fascia addominale. Nel
mondo greco, più di 2000 anni fa, questo male era chiamato hypochondrios,
che significa “sotto le costole”, in riferimento alla sua localizzazione (all’altezza
della milza), organo che nell’antichità era associato agli stati d’animo di
sconforto e malinconia. Le cure iniziali, di conseguenza, erano allora quelle indirizzate
alla cura dei malori addominali.
Solo più tardi si
comprese che, invece, la causa di questo malessere era collegata ad aspetti
psicologici dell'individuo. L'ipocondria, in sintesi, è quello stato di
preoccupazione eccessiva per la propria salute, pur in assenza di malattie
organiche. Sintomi praticamente immaginari, creati nel nostro cervello da una
distorsione delle normali sensazioni di malessere che provengono dall’interno
del corpo; sensazioni che, invece, vengono interpretate come sintomi di una grave
patologia. Nell’individuo che ne soffre, dunque, gioca un ruolo fondamentale la
componente psicosomatica.
I colpiti da questa
sindrome ingigantiscono ogni piccola sensazione di malessere che li colpisce: quando
hanno mal di testa, per esempio, la prima cosa che pensano è quella di avere un
tumore al cervello; se, invece per un colpo di freddo hanno un torcicollo, pensano
di avere la meningite, e se un semplice alterco ha creato loro una certa
agitazione, sono subito convinti di essere colpiti da un infarto. Tutto per
loro diventa angoscioso: basta un nulla per pensare di avere un tumore, di
essere colpiti da malattie gravi e mortali! Gli ipocondriaci sono
costantemente concentrati sul proprio corpo, in attesa di sentire ‘un qualcosa
che non va’.
L’ipocondria, amici, non
è un male che colpisce solo le persone comuni. Da Darwin a Proust sono molte le
persone, famose e non, che convivono con l’ossessione di ammalarsi! Anche l’attore
Carlo Verdone ha dichiarato di essere un irriducibile ipocondriaco, così come Woody
Allen, grande ipocondriaco, famoso sia nel cinema che nella vita, che amava
usare questa frase come battuta: “Non è che mi senta malato di continuo, ma
quando mi ammalo penso subito che sia la volta buona”.
Purtroppo l’ipocondria è
un male assai diffuso: ne soffre una percentuale della popolazione che va dal 4 al 9
per cento, e sembra colpire maggiormente gli anziani e le donne soggette alla
depressione. Secondo il Manuale Internazionale dei Disordini Mentali
l’ipocondria è spesso associata a un disturbo d’ansia generalizzato, disturbo
ossessivo-compulsivo, disturbo di panico. Come spiega la dottoressa Daniela
Bavestrello, psicologa e psicoterapeuta, «L’ipocondria è un disturbo
legato all’ansia e consiste nel mantenere l’attenzione focalizzata sul proprio
corpo, anziché su altri fattori, attraverso la paura di avere qualche malattia,
di solito grave».
Studi recenti, amici
miei, hanno messo in luce che l’ipocondria colpisce sia gli uomini che le donne,
e tende a manifestarsi prevalentemente tra i quaranta e i cinquant’anni, anche
se tutte le fasce d’età sono rappresentate, a partire dagli adolescenti. Di
solito, però, si riscontra di più nelle persone insicure, che hanno
un’immagine di sé vulnerabile e che sono poco allenate a spiegare a sé stesse
le proprie vicende in termini di emozioni. A volte è la comparsa di una vera
malattia, a far nascere questo disturbo.
Per il “malato
immaginario” ogni sintomo è l’inizio della fine: un leggero bruciore di
stomaco, non può essere solamente una banale gastrite, ma certamente qualcosa
di peggio, di incurabile; così come un formicolio al piede non può che essere
un problema neurologico di natura permanente. Immerso in questi pensieri,
l’ipocondriaco vive nel terrore che la sua vita presto cambierà, che dovrà
affrontare cure e ricoveri e che la sua “malattia” presto diverrà invalidante.
Che fare, dunque, per
affrontare questo pericoloso disturbo? Il primo consiglio è innanzitutto quello di proporre
a chi ne soffre una visita da uno psichiatra, che prescriverà dei
farmaci ansiolitici atti a curare i disturbi di amplificata somatizzazione dei
piccoli disturbi di cui il malato soffre, e che lui vede gravi. Se l’ipocondria, poi, risulta
accompagnata da depressione, lo specialista potrebbe associare dei farmaci serotoninergici,
cioè dei medicinali in grado di attivare la serotonina, l’ormone cosiddetto del
buonumore. La terapia farmacologica da sola spesso è sufficiente ad attenuare o
anche risolvere il problema.
Amici, nell’ipocondria risulta
di grande aiuto anche la psicoterapia, che non deve necessariamente
essere lunga e scavare troppo nel profondo. Il ruolo svolto dalla psicoterapia,
nel caso dell'ipocondria è quello dell’utilizzo della psicoterapia
cognitiva-comportamentale, capace cioè di ristrutturare le convinzioni che il
paziente ha su di sé, “scavando”, seppure con attenzione, nella sua visione
della realtà. Indubbiamente l’ipocondria è un disturbo non facile da curare!
A domani.
Mario
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