Oristano 30 giugno 2020
Cari amici,
Chiudo le riflessioni di giugno con una breve analisi sull'Unione Europea. Che cosa sia in realtà, oggi “L'Unione Europea”, questo oggetto misterioso che non è una nazione, ma nemmeno
un qualcosa di somigliante in quanto continuano a predominare gli interessi
dei singoli Stati, nessuno lo sa. Un'Unione che, anziché far prevalere un sistema mutualistico comune, capace,
come in una famiglia, di lenire le difficoltà che si vengono a creare nei
singoli Stati che ne fanno parte, cavalca il sovranismo nazionale. Sono passati molti anni dalla sua costituzione,
abbiamo anche cambiato nome a questa “Unione”, ma in realtà passi avanti per
creare una vera, unica, struttura (economica, fiscale, monetaria e politica)
non ne sono stati fatti.
Oggi, quanto sia grande questa 'disunione' lo possiamo constatare dopo la terribile
pandemia creata da Coronavirus, in quanto nonostante le evidenti difficoltà di alcuni Stati
(tra cui in particolare Italia e Spagna) nessuno sforzo comune sembra pronto ad
entrare in azione! In realtà si parla tanto ma si fa poco o nulla, per cercare di risolvere i problemi
che comunque poi ricadranno anche sugli altri Stati dell’Unione. Purtroppo
prevale l’egoismo nazionalista, ed anche il recente summit europeo che ha
iniziato a discutere del grande Fondo anti-Covid denominato “Recovery Fund”,
non è riuscito a fare i necessari passi avanti a causa degli Stati riottosi
che pensano che ognuno deve togliersi da solo le castagne dal fuoco!
È dimostrato, tuttavia,
che senza la giusta solidarietà non c’è Unione che tenga, e continuando di
questo passo credo che dopo l’Inghilterra altri Stati potranno prendere
decisioni simili. Senza coesione tra gli Stati, l’Unione Europea avrà un
cammino sempre più difficile. Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo,
nelle scorse settimane in un incontro riservato con i leader dei gruppi
politici del Parlamento di Strasburgo, riferendosi alla discussione in atto sul
“Recovery Fund”, ha confessato: “Sono realista. Avverto una difficoltà
politica enorme”.
C’è una urgente necessità
di superare “il clima di reciproca diffidenza” (la definizione è sempre
di Charles Michel), visto che gli incontri di giugno non hanno ancora portato
il risultato cercato e ora è stato fissato un secondo summit “live” a inizio
luglio e un terzo, subito prima di agosto, per arrivare ad una decisione
definitiva sul possibile “via libera” al Fondo. Purtroppo tra i vari Stati sono
molte le differenze che permangono, anche se in realtà non tali da poter affondare
il progetto. Per ora, nessuno sembra dubitare che, dopo che Merkel, Macron,
Ursula von der Leyen, che si sono ampiamente esposti, la UE si doterà comunque
di un meccanismo di intervento post-Covid.
Il problema vero, che
resta per ora sul tappeto, dovrà dare risposta a queste domande: sotto
quale forma, chi ne usufruirà, a quale titolo, con quali condizioni e chi, alla
fine, pagherà il conto; a mantenere “ferma la barra” sono in particolare
gli Stati cosiddetti “Frugal Four”, i quattro paladini dell'austerità:
Austria, Olanda, Svezia e Danimarca. Il terreno su cui si sono impuntati i
quattro Paesi “frugali” è la divisione degli interventi previsti dal
Recovery Fund (per un ammontare complessivo di 750 miliardi di euro), fra
sovvenzioni a fondo perduto e prestiti.
Ursula von der Leyen, tedesca,
Presidente della Commissione europea, presumibilmente con la benedizione di
Merkel e Macron e l'entusiastica approvazione di Italia e Spagna, ha proposto
500 miliardi di euro a fondo perduto e 250 miliardi sotto forma di prestiti. Le
quattro capitali riluttanti vorrebbero invece rovesciare il rapporto, con la
cifra maggiore erogata sotto forma di prestiti e solo una quota residua come
sovvenzioni. Un modo, nell'ottica del ministro olandese Hoekstra, per rendere
più responsabili i beneficiari nella gestione degli aiuti.
Cari amici, come sempre è
possibile che un compromesso possa essere trovato, spostando qualche cifra dal
fondo perduto al prestito. Per quanto riguarda l'Italia, però, la differenza è
rilevante. Non tanto per il pagamento degli interessi, che oscilleranno intorno
a zero, ma perché i prestiti appesantiscono la mole dell’immenso nostro debito
pubblico e, alla fine, questi prestiti andranno comunque restituiti.
Il prossimo vertice UE per
decidere sul Recovery Fund è stato messo in calendario il 17-18 luglio. Il
momento appare decisivo, per cercare una soluzione d’uscita dalla peggiore
recessione mai avvenuta in tempo di pace. L’Italia attende con ansia il responso:
in questi 2 giorni si gioca tutto! Per l’Italia sono in gioco risorse per 172
miliardi di euro, finalizzate in grandissima parte a investimenti, ritagliate
dalla Commissione europea nella sua proposta complessiva da 750 miliardi.
Chiudere a luglio risulterebbe fondamentale: solo così resterà il tempo per le
ratifiche parlamentari e la presentazione dei piani nazionali di riforma e
investimento in autunno, per poter iniziare ad attivare gli investimenti nella
prima parte del 2021.
Lo spera in particolare
il nostro Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ne ha parlato a lungo anche
durante il recente incontro sugli “Stati generali”, conclusosi con molto fumo e
poco arrosto, se pensiamo che l’unica possibile decisione riguarda una
temporanea diminuzione dell’IVA per stimolare i consumi. Insomma, amici, la
ripresa dell’Italia, senza il concorso europeo, potrebbe diventare solo una
chimera!
A domani.
Mario
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