Oristano 6 Settembre 2017
Cari amici,
Che i computer siano
riusciti a cambiare totalmente il modo in cui nascono e si sviluppano le relazioni,
è cosa ormai nota. Gli studi più recenti lo ribadiscono ad ogni piè
sospinto. Non stupisce, pertanto, che il 57% degli adolescenti americani,
secondo uno studio del Pew Research Center, abbia tutta una serie di amici nei social mai
conosciuti personalmente (la media rilevata va da 1 a 6), quindi esclusivamente
virtuali o meglio dire digitali, in parole povere persone mai conosciute nella vita reale.
La gran parte di questi legami restano confinati nel virtuale e solo nel 20%
dei casi avviene con questi “amici” un incontro “reale”, relegando di
conseguenza la ‘fisicità’ a scelta residuale.
Psicologi e psichiatri,
analizzando le moderne relazioni giovanili, non sono concordi nell’approvare o
disapprovare questo moderno ‘approccio’ con gli altri, che sotto certi aspetti
privilegia il virtuale anziché il reale: il contatto, l’incontro fisico.
Secondo lo psichiatra Himanshu Tyagi «I social network offrono grandi benefici relazionali, ma rimangono potenzialmente un azzardo. L’online è un mondo dove tutto cambia con rapidità, dove le relazioni sono a portata di clic, dove puoi cancellare il tuo profilo se non ti piace e scambiare, in assoluta segretezza, un’identità non gradita con una più apprezzata. Le persone che usano il passo veloce della socializzazione digitale alla lunga possono trovare il mondo reale noioso e privo di stimoli».
Secondo lo psichiatra Himanshu Tyagi «I social network offrono grandi benefici relazionali, ma rimangono potenzialmente un azzardo. L’online è un mondo dove tutto cambia con rapidità, dove le relazioni sono a portata di clic, dove puoi cancellare il tuo profilo se non ti piace e scambiare, in assoluta segretezza, un’identità non gradita con una più apprezzata. Le persone che usano il passo veloce della socializzazione digitale alla lunga possono trovare il mondo reale noioso e privo di stimoli».
Di diverso avviso lo
psicologo inglese Graham Jones, che afferma, invece, che i rischi che i giovani
corrono non sono poi così grandi. Egli fa notare che «Ogni nuova generazione ha
un’esperienza del mondo differente. Le persone che sono più attive su Facebook,
lo sono anche nella vita reale. Il web è un’estensione di quello che fanno
già». Insomma, come spesso avviene, ogni innovazione ha favorevoli e
contrari.
Altro problema,
inerente il passaggio dalla vita reale a quella virtuale è quello dell’immagine
di se che si cerca di dare agli altri: non potendo confrontarsi ‘fisicamente’ i
giovani utilizzano i vari marchingegni virtuali: foto, in particolare selfie, e
il successivo gradimento espresso con i “LIKE”. Mostrarsi agli altri, per quanto in modo
virtuale crea non poca ansia, e ogni artifizio può essere utile per mostrarsi
al meglio e suscitare il maggior interesse possibile. Nelle varie interviste
fatte ai giovani nelle diverse parti del mondo, si è potuto verificare con
quanta ansiosa attenzione si cerchi di
mostrarsi agli altri.
La giovane Evelyn, per esempio,
nata a Dhuram 18 anni fa, è una ragazza molto insicura. «Per me c'è la paura di perdere.
Guardi le vite degli altri che sembrano così perfette e pensi che la tua non lo
sia. Sai benissimo che anche loro hanno gli stessi tuoi problemi, ma non
importa», ha provato a spiegare. «Alla fine di tutto contano i like. Un
numero compreso tra i 70 e i 120 è normale, per meno si può addirittura
cancellare una foto». Su Instagram, il social che più di ogni altro sta
incidendo negativamente sulla vita di ragazzine aspiranti influencer,
l’afflusso delle giovanissime è massiccio e sempre in crescita.
Secondo una ricerca
condotta dall'organizzazione benefica Guirguiding su oltre mille giovanissimi
tra gli 11 e i 21 anni, la gran parte è preoccupata dal confronto con gli altri
e questo li stimola a cercare di apparire sempre perfetti. La conseguenza è che
essi vivono costantemente sotto pressione, cercando di raggiungere standard
talvolta impossibili e in totale dipendenza dai cuori o pollici alzati (like)
che i follower riservano loro. «Un impatto negativo sul loro benessere», spiega
al Guardian la vice direttrice di Girlguiding, Ruth Marvel. «Dobbiamo ascoltarle seriamente
e proteggere la loro serenità sia online che offline».
Sebbene i social
nascano per condividere, aggregare e, perché no, migliorare la qualità della
vita degli utenti, il risultato spesso è diametralmente opposto. «In
casi del genere possono alimentare ansia e depressione, poiché le persone sono
attratte da confronti costanti con versioni spesso idealizzate della vita e dei
corpi degli altri», spiega al quotidiano inglese la deputata laburista
Karen Buck.
E Rhiannon Lambert,
nutrizionista di Harley Street, rincara la dose, ponendo una questione
gravissima: «Guardano Instagram, seguono gli account di fitness e vogliono sembrare
le persone che pubblicano le immagini. Non sono sicura che i genitori si
rendano pienamente conto del problema». Si, non se ne rendono proprio
conto, visto che a dirlo sono le stesse ragazze che hanno risposto al
sondaggio. Madri e padri, infatti, al massimo si preoccupano che le foto
possano finire in mani sbagliate, con il rischio che i figli siano in qualche
modo manipolati o adescati. Delle turbe psicologiche, invece, non avvertono il
problema.
Cari amici, i social,
ormai vere e proprie piazze d’incontro virtuali, possono impossessarsi della
vita dei nostri giovani, rendendoli schiavi di tutti i meccanismi connessi al
loro funzionamento: postare foto, scrivere frasi, commenti e opinioni e
aspettare con trepidazione i famosi “like”. Un “mi piace”, notificato con suono
riconoscibile sullo smartphone, diventa per molti motivo di gioia fino a
trasformarsi in una ragione di vita. Un “mi piace” sotto la foto postata pochi
secondi prima sul Social, crea nell’organismo una scarica di dopamina, il
neurotrasmettitore alla base dei fenomeni di dipendenza.
Si amici,
l’assuefazione ai social, da Facebook a Instagram, funziona quindi esattamente
come qualsiasi dipendenza da droga. Secondo un recente sondaggio almeno il 3%
degli utenti dichiara di connettersi e navigare continuamente sul social spinto
dal senso di appagamento derivato dal consenso sociale raccolto sul profilo
tramite i “like”. I social, dunque, prendiamone atto, sono da considerarsi una
vera e propria droga!
Non
vi sembra davvero qualcosa di esagerato? A me SI!
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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