Oristano
7 Ottobre 2015
Cari amici,
La riflessione di oggi
tratta un argomento certamente scottante: l'Etica in Economia. Tema arduo, che si presta a
interpretazioni e considerazioni a volte sibilline, a volte drastiche, capace di
far attribuire false patenti e attribuzioni errate, che altro non sono che
beceri stereotipi. L’argomento di oggi è in sostanza riferito alla gestione della nostra “Economia”: in particolare come
conciliare Economia ed Etica, Capitalismo e Condivisione sociale, Profitto ed equità. Tema ostico, in
quanto gli abbinamenti prima ipotizzati sono da considerarsi binomi difficilmente
conciliabili, perchè la ricchezza, il possesso anche ingente dei beni, mal
si concilia con l’etica della ridistribuzione.
I numerosi appelli lanciati
da tempo dai “pochi illuminati”, per cercare di mitigare un capitalismo sempre più fondamentalista,
regolato esclusivamente dalla logica del mercato, del profitto, non hanno finora portato alcune
effetto, tanto da far addirittura attribuire ad uno dei protagonisti di questi appelli, Papa Francesco, l’appellativo di “Comunista”!
Insomma, la logica del “profitto a tutti
i costi” imperversa senza pietà: ha ucciso la solidarietà e impedito all’economia giusta, quella
a dimensione etica e morale, di prevalere su quella egoistica, trasformando conseguentemente
la raggiunta efficienza economica da grande motore di sviluppo solidale
dell'umanità, in una dissanguante macchina infernale, che ha creato e continua
a creare catene di nuovi poveri, sempre più numerosi in tutto il mondo.
Nei suoi numerosi
discorsi, quelli che lo hanno fatto definire un Papa ‘comunista’, Papa Bergoglio non
solo non si arrende a questa logica prevaricante ma contrattacca. “E’ l’ambizione sfrenata di
denaro che domina. Questo è lo “sterco del diavolo”, e il servizio al bene
comune passa in secondo piano. Quando il capitale diventa idolo e dirige le
scelte degli esseri umani, quando l’avidità di denaro controlla l’intero
sistema socio economico, rovina la società, condanna l’uomo, lo fa diventare
uno schiavo, distrugge la fraternità interumana, spinge popolo contro popolo e,
come si vede, minaccia anche questa nostra casa comune, la sorella madre terra”,
questo il suo appello, sostenuto con grande enfasi e convinzione. Aggiungendo anche: “I beni, anche se legittimamente
posseduti, mantengono sempre una destinazione universale; è immorale ogni forma
di indebita accumulazione, perché in aperto contrasto con la destinazione
universale assegnata da Dio Creatore a tutti i beni”.
"Questa economia uccide", scrive il Papa in suo recente libro. Parole forti, pesanti
come macigni, dette senza timore guardando dritto negli occhi i vari
interlocutori importanti che incontra tutti i giorni. I suoi recenti viaggi a
Cuba e negli Stati Uniti, dove ha parlato al Congresso, ne sono un esempio
eclatante. Potremmo anche maliziosamente pensare che essere andato negli USA passando da Cuba, sia stata una mossa addirittura strategica: nel Suo discorso
si è dichiarato umilmente “migrante”, ricordando al mondo il terribile dramma biblico
vissuto da milioni di uomini e donne che lasciano, migranti di necessità, la loro
terra in cerca di aiuto e protezione, trovando spesso muri invalicabili.
Due visite, quella a
Cuba e negli Stati Uniti, significative sotto molti punti di vista. Le due nazioni,
infatti, sono antitetiche: in una (CUBA) si vive ancora orgogliosamente la
vittoria popolare sul capitalismo vecchia maniera, nell’altra (USA), al
contrario, si vive quel neo capitalismo globalizzato, del quale gli Stati Uniti
sono proprio la punta di diamante nel mondo.
Cari amici, Papa Bergoglio
non è certamente il comunista che i suoi denigratori vorrebbero far apparire. Gian
Guido Vecchi, giornalista del Corriere della Sera, nell’intervista fatta al
Pontefice in aereo durante il volo intermedio tra i due Paesi, Gli ha
espressamente rivolto la domanda su cosa ne pensasse delle “considerazioni
abbastanza bizzarre”, che lo definivano comunista. Seraficamente ha risposto: «Non
sono comunista, è solo che la povertà è al centro del Vangelo».
L’economia globale
sulla quale si regge il mondo non può e non deve essere intesa solo come “economia aggressiva”, dove i valori
che la compongono, la proprietà privata, il lavoro, il denaro e tutto quel che ne è economicamente connesso, non svolgano semplicemente
una funzione brutalmente aggressiva e prevaricante. L’economia di oggi non solo non risulta
“aggregante”, capace quindi di unire ricchi e poveri, ma addirittura "prevaricante",
capace cioè di creare nuove schiavitù, cosa tocchiamo con mano tutti i giorni. La
parabola del Ricco Epulone si
ripresenta ancora oggi in tutta la sua crudezza! Questa economia egoistica,
purtroppo, si serve della persona umana solo per usarla e sfruttarla ai suoi
fini, non certo per aiutarla e rispettarla.
La triste
considerazione finale di oggi è che quando l’uomo ha perso il controllo di se
stesso, quando non è più lui a dominare il danaro e il potere, ma sono questi a
dominarlo, la sua struttura morale scompare, non esiste più, è morta per sempre. Dentro di Lui, nel
suo cuore inaridito, non c’è più la filosofia della condivisione, non c’è più
l'etica sociale, non c’è più alcun altruismo: nell'imperante triste logica de “gli affari sono affari”, sporchi ma sempre affari, la risultante è che il mondo è dei
furbi, come si sente sempre più spesso dire in giro; la logica conseguente è: o truffi tu per primo o rimani
truffato. In questo mondo globalizzato la materialità
ha preso il sopravvento sulla spiritualità: l’uomo economico non ha il tempo di
guardare oltre il materiale, non è più capace di elevarsi, di guardare in alto, di ascoltare i battiti del suo cuore.
Credo che il mondo si stia
sempre più avvitando su se stesso. I fondamentalismi vecchi e nuovi continuano
ad avanzare, l’ipotizzata pace mondiale si sta allontanando sempre di più, e la specie umana, dal cuore sempre più arido, si avvia forse verso un ritorno all'homo homini lupus. Sarebbe la fine. Mi
auguro di no, ma la speranza di un mondo migliore appare sempre più flebile.
A domani.
Mario
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