Oristano
24 Luglio 2015
Cari amici,
la riflessione che
voglio fare con Voi oggi è originata dalla lettura della cronaca nera di questi
giorni: l’ennesima vittima extracomunitaria del lavoro nero sulla nostra terra.
È successo in Puglia, dove “un moderno schiavo” è morto sul lavoro, distrutto
da una moltitudine di ore di fatica trascorse sotto un sole cocente ed un caldo
soffocante, in un campo di pomodori. Un soggetto anonimo, di cui in tanti
ignoriamo persino il nome, preda di un caporalato feroce, che ricorda gli
antichi schiavisti che operavano nei campi di cotone del Sud degli Stati Uniti
e che fecero la fortuna dei grandi latifondisti. E' morto uno schiavo del Terzo Millennio, povera
preda di soggetti senza scrupoli, privato di tutti i diritti, anche quelli
essenziali! Un povero diavolo parte di quella schiera di uomini e donne senza speranza ne avvenire, pagati, quando tutto va
bene, non più di 3-3,5 euro a cassetta di pomodoro, lavorando anche
oltre 10 ore sotto un sole infernale.
Cari amici, pur sembrando
strano a molti, questo fatto meschino è invece una triste realtà: morire per guadagnare pochi euro, morire per
raccogliere, quasi a costo zero, quei pomodori che poi noi mangiamo a tavola
nelle nostre insalate. E quando non sono pomodori, sono angurie, arance o
quant’altro. Eppure lo sappiamo tutti che, formalmente, lo schiavismo è stato abolito da un pezzo!
Invece, nella realtà, lo schiavismo non è mai scomparso: può aver cambiato pelle,
ma sostanzialmente è presente tra noi. La schiavitù, chi è amante della storia
lo sa, è sempre esistita e, forse, sempre esisterà. Questa pratica di
“svilimento dell’uomo”, ridotto da essere umano a semplice bestia da soma, era
ampiamente praticata ed accettata nella gran parte delle antiche civiltà: da
quella egizia a quella greca, da quella romana a quella musulmana, da quella
medioevale a quella dei nostri tempi moderni, cambiando solo di forma, non di sostanza.
Nell’antica Roma il
lavoro degli schiavi rappresentava una componente essenziale dell'economia: per
i Romani uno dei più importanti frutti delle guerre di conquista era
l'acquisizione di nuovi schiavi. Anche l'antica Grecia basava gran parte della
sua economia sugli schiavi, tanto è vero che ad Atene, per lunghi periodi, si
contavano più schiavi che uomini liberi. Per i greci la schiavitù era un
istituto di "diritto naturale", mentre per i Romani l’uomo non era
schiavo per natura, ma lo poteva diventare per legge. Per questo lo schiavo
romano poteva essere in seguito anche liberato e diventare cittadino romano.
Questa grande divisione
degli uomini in cittadini e schiavi fu per secoli un fenomeno economico-sociale
di immensa portata. L’utilizzo di decine di migliaia di schiavi spiega,
ad esempio, come sia stato possibile costruire opere colossali come le piramidi,
o altri arditi capolavori architettonici che, nonostante la loro semplicità
tecnica, ancora oggi ci stupiscono. Nel
Medioevo la categoria degli schiavi costituiva la “servitù della gleba”, principale componente della forza lavoro "forzata"; era applicata ai
contadini privati della libertà (villani) che, a differenza degli schiavi
dell'età classica, non erano considerati "beni" (quindi cose) ma
"soggetti", con qualche parvenza di alcuni diritti essenziali.
Il fenomeno della
schiavitù, nonostante il passare dei secoli, praticamente cambiava solo forma. In
particolare, dal XIV al XVII, ne furono vittime per mano araba molti Paesi dell'Europa. Arabi e
turchi misero in piedi un fiorente commercio di schiavi bianchi, imperversando,
con sanguinose scorrerie in tutto il Mediterraneo. Flotta, quella turca, che
aveva fatto definire il Mare Nostrum un vero e proprio "mare della
paura". Arabi e turchi, solo dopo la
vittoria cristiana di Lepanto nel 1571, subirono una battuta d'arresto.
La schiavitù emigrò presto anche nel Nuovo Mondo, dove si radicò
fortemente sopratutto negli Stati americani del Sud. Nelle grandi coltivazioni sudiste i
neri d’Africa furono i preferiti per la loro forza e robustezza e la “tratta degli
schiavi” divenne un fiorente mercato a partire dal XVI secolo, consolidandosi
successivamente. I nuovi veloci velieri nel XVII secolo fecero a lungo la spola tra l’Africa
e l’America, imbarcando frotte di uomini, comprati o catturati da squadre
negriere; Questa moltitudine di uomini-schiavi, dopo aver attraversato l'oceano, veniva sbarcata nel continente
americano e utilizzata per svolgere i lavori più pesanti nei vasti campi coltivati,
in particolare a cotone. Negli USA questo schiavismo disumano
formalmente si estinse con l’ufficiale abolizione nel 1864. Nella forma certamente sì, ma non nella sostanza.
Oggi, nel Terzo
Millennio imperante, la schiavitù è ancora presente, nonostante sia
“formalmente” illegale in tutto il mondo occidentale, come sancito dalla “Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo”, scritta dalle Nazioni Unite nel 1948. Il mondo islamico, invece (anche se molti non
lo sanno), si è sempre rifiutato di aderire a questa Dichiarazione e ne ha
scritto una sua propria: la “Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo”. In
effetti nel mondo islamico la schiavitù è di fatto ancora praticata. Anche in
Occidente, però, oltre che nel mondo islamico, permangono, ancora oggi, non poche
forme di schiavitù.
Sono forme in
apparenza diverse, più sofisticate, ma sempre altamente preoccupanti. Sono
schiavitù formalmente inesistenti ma che,
invece, lo sono quanto e più di quelle legalmente operanti nei secoli scorsi. Secondo lo studioso Bales
Kevin, una delle cause dell'espansione di nuove forme di schiavismo, presenti
anche nelle società occidentali, è conseguente al rapido incremento della
popolazione mondiale ed alla cattiva
gestione delle risorse da parte dei governi di molti Paesi poveri, Africa in
primo luogo. La globalizzazione ha avuto, senza ombra di dubbio, un ruolo di
primo piano nella “rinascita” di molte forme di schiavismo, alimentate soprattutto
dal consolidarsi di nuovi gruppi di élite interessati a sfruttare il mutamento
sociale ed economico in corso.
Cari amici, come ho
detto all’inizio, la schiavitù non è mai realmente scomparsa. Oggi, considerata
l’inarrestabile fiumana di uomini e donne che lasciano le terre d’origine per
raggiungere l’Occidente industrializzato, la “tratta di esseri umani” continua
senza sosta, anche se in modo nuovo, diverso. Forme di sfruttamento moderne del genere umano,
come Prostituzione, Lavoro in nero in agricoltura, Racket delle elemosine, Traffico
di organi e Abusi sessuali di minorenni, sono tutti i giorni sotto gli occhi di
tutti, con grande indifferenza di molti. Quali i possibili rimedi? Certamente non appare facile dare una ricetta sicura.
Una, a mio avviso, è
costituita da un serio e necessario cambio di rotta del pensiero e dell'azione dei Governanti occidentali. Il costo non indifferente di
questi nuovi immigrati (solo l’Italia spende cifre stratosferiche), potrebbe essere trasformato in "aiuto economico" dato in loco, nelle nazioni d'origine, evitando a questi “forzati migranti”, il trasferimento presso di noi. Se investissimo gli stessi soldi che oggi spendiamo per mantenerli
in Italia, nelle loro Patrie, forse eviteremo molti mali, diminuendo
drasticamente l’invasione quotidiana di tanti disperati. Credo anche, però, che
ricette come questa, si scontrino proprio con gli interessi di quei gruppi di
élite prima citati, che da questa attività di nuovi negrieri, ricavano lauti guadagni. Dovremmo riflettere tutti con maggiore attenzione, perché, se non
freniamo in tempo questo impressionante flusso migratorio, i connotati della
Vecchia Europa cambieranno radicalmente, in maniera irreversibile.
A domani.
Mario
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