giovedì, marzo 19, 2015

LA SINDROME DI STOCCOLMA: QUANDO CHI SUBISCE UN TRAUMA DA RAPIMENTO O ABUSO, ENTRA IN SINTONIA CON IL PROPRIO AGUZZINO.



Oristano 19 Marzo 2015
Cari amici,
sembra difficile, se non addirittura impossibile, però succede: la persona che viene privata della propria libertà, sequestrata e spesso addirittura abusata, per una misteriosa sindrome, molto difficile da spiegare, entra incredibilmente in sintonia con il suo rapitore/carnefice, aprendo nei suoi confronti un circuito psicologico particolare che viene definito “Sindrome di Stoccolma”.
Il soggetto colpito da questo particolare “stato psicologico di sudditanza”, nonostante i maltrattamenti subiti, anziché provare ribrezzo e odio verso il suo persecutore, prova invece un sentimento positivo, che a volte può arrivare addirittura all’amore, rispondendo alla violenza subita con un feed back positivo, che porta innaturalmente a stabilire una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima ed il suo carnefice. Questo stato particolare (sindrome), che non è considerato dalla medicina ufficiale un vero e proprio disturbo, ma solo una momentanea “devianza” emotiva e comportamentale di difficile origine, ha preso nome dalla città svedese di Stoccolma a seguito delle conseguenze di un fatto criminoso avvenuto in quella città nel 1973.
A definire per la prima volta questo anomalo comportamento “Sindrome di Stoccolma”, fu Conrad Hassel, un agente speciale dell’FBI, in servizio durante una rapina avvenuta nella filiale della Sveriges Kreditbank di Stoccolma, tra il 25 ed il 28 agosto del 1973. Accerchiati dalle forze dell'ordine i rapinatori, asserragliati nella banca, tennero in ostaggio per 131 ore quattro impiegati (tre donne ed un uomo) nella “camera di sicurezza”. Durante la lunga permanenza gli ostaggi raggiunsero con i rapinatori/rapitori un feeling molto positivo, tanto che dopo il rilascio, essi nulla fecero contro i loro rapitori. Anzi, una delle donne sequestrate sviluppò un forte legame affettivo con uno dei rapitori che durò anche dopo l’episodio; al processo anche gli altri ostaggi chiesero clemenza per i loro sequestratori, testimoniando a loro favore.
La spiegazione psicologica che sta alla base di questa condizione paradossale della vittima nei confronti chi ha usato violenza nei suoi confronti, risiede in alcuni meccanismi mentali guidati dall'istinto di sopravvivenza della vittima. In particolare questo comportamento positivo si sviluppa più frequentemente nei casi in cui i soggetti coinvolti (vittima e carnefice) trascorrono molto tempo insieme, come in un sequestro di persona. La vittima, analizzandosi per lungo tempo, si rende conto che la sua vita dipende in toto dal suo aguzzino, che paradossalmente è l’unico che può garantirle salvezza e protezione. Ed è a questo punto che scatta il meccanismo psicologico di sudditanza verso di lui, nell'illusoria credenza di poter evitare la morte, che viene costantemente percepita e possibile da verificarsi.
E’ proprio il tempo che si trascorre insieme che consolida questa alleanza: la persona rapita, dopo un periodo più o meno breve di terrore e confusione, comincia a vedere il nemico come alleato, l’unico che può salvarle la vita; da ciò nasce e si sviluppa quel particolare stato psicologico positivo,  che trasforma l’odio iniziale in  amicizia, se non in amore vero e proprio, nei confronti del proprio rapitore. Nei lunghi giorni che la vittima trascorre con lui, impara a comprendere le motivazioni che lo hanno spinto a comportarsi in un determinato modo arrivando a giustificarlo, trasformando così la rabbia ed il rancore iniziale per le violenze subite, in un sentimento positivo, anche d'amore.
Questo feeling strano e imprevedibile, che matura soprattutto nei sequestri di lunga durata (in Sardegna, noi, che ben conosciamo questa piaga, sappiamo che a volte certi sequestri sono durati anche molti mesi), è spesso in grado di creare quel particolare circolo vizioso che coinvolge emotivamente non solo la vittima ma anche il suo carnefice; la sindrome di Stoccolma, infatti, ha spesso riguardato anche il sequestratore,  che, modificato l’atteggiamento iniziale, ha sviluppato sentimenti di grande positività nei confronti della vittima, arrivando anche a rilasciare l’ostaggio, rischiando così di finire in galera.
Nel mondo si sono verificati molti casi eclatanti di questi comportamenti anomali: tra i personaggi famosi vittime di sequestri, che hanno manifestato i comportamenti tipici della Sindrome di Stoccolma ricordiamo, per esempio l'americana Patricia Hearst, ricca ereditiera diventata guerrigliera simbionese, l'austriaca Natascha Kampusch sequestrata per oltre 8 anni, l'italiana Giovanna Amati, vittima di un sequestro dei marsigliesi, e così via. Il famoso film “Il portiere di notte”, ha messo in evidenza come questa sindrome sia stata presente, nonostante l’orrore, anche nei campi di concentramento tedeschi dell’ultima guerra.

Cari amici, noi sardi conosciamo bene il sequestro di persona. Nel lontano passato le donne erano rimaste fuori da questo miserevole e deprecabile reato, ma in tempi moderni abbiamo assistito a rapimenti che hanno coinvolto anche donne e bambini. Anche in Sardegna, si sono potuti appurare casi che potrebbero essere classificati all’interno della sindrome di Stoccolma. Credo che, in conclusione, si possa legittimamente sostenere che questa Sindrome è solo frutto dell’istinto di sopravvivenza delle persone, non certo da attribuire a momenti di “ordinaria follia”, come altri vorrebbero sostenere.
La natura, amici miei, pur di salvaguardare la nostra vita riesce a farci modificare il nostro comportamento anche in modo terribilmente anomalo! Il motivo è uno solo: sopravvivere per salvaguardare la specie!
Ciao! A domani.
Mario


Nessun commento:

Posta un commento