Oristano
20 Marzo 2015
Cari amici,
vorrei che
riflettessimo tutti sul titolo che ho voluto dare alla pagina di oggi: i figli sono solo un dono di Dio. Naturali o
adottati, essi non sono una nostra proprietà, qualcosa che ci appartiene, ma solo un
grande impegno, formativo e educativo, da portare costantemente avanti nel Loro interesse,
non nel nostro. Lo so che è difficile accettare -senza se e senza ma - questa affermazione forte, di cui io sono
assolutamente convinto, ma credo di essere nel giusto. Cercherò, se avrete la
pazienza di leggere, di spiegarvi il perché della mia convinzione.
Circa 28 anni fa ho
adottato un bambino, Santino, di poco più di 2 anni di età (che ora ha oltre 30 anni) e,
a parte il fastidio delle rigidissime norme che regolano l’adozione (che
sembrano fatte più per scoraggiare che per incoraggiare i genitori ad adottare),
questa decisione, a suo tempo presa da me e da mia moglie, ha cambiato
radicalmente la nostra vita di coppia senza figli. Occuparsi della crescita di
una creatura è qualcosa che ti riempie la vita in modo straordinario! Veder
crescere un bambino, osservarlo diventare grande, è come assistere ad una magnifica
costante trasformazione, dove tu sei un po’ l’artefice: il regista, il
precettore, il medico, l’insegnante, e così via. Tutto questo, poi, è avvenuto
nel pieno rispetto della giovane vita affidataci, che, mai e poi mai, abbiamo
considerato nostra!
Oggi che Santino è
ormai un uomo cerchiamo di continuare a dargli quello di cui ha bisogno: non
solo pane e companatico, vestiti e argent de poche, ma soprattutto consigli e
indirizzi, perché domani possa realizzarsi nel modo migliore possibile.
Perché la mia
riflessione oggi, anziché su cose più effimere, si è concentrata su questo tema
così importante? Per una bella storia di cui di recente sono venuto a
conoscenza, e che riguarda la nobiltà d’animo
di una giovanissima donna/bambina, a mio avviso già incredibilmente matura per
la sua età. La sua storia mi ha commosso non poco e voglio per questo
raccontarla anche a Voi: credo possa farvi riflettere molto più di una dotta predica
dal pulpito. Eccola.
Kaleena Pysher è una
giovane studentessa americana di 18 anni, allegra e dolce, che alla sua età ha
bisogno ancora di scoprire il mondo, non di fare subito la mamma. Eppure il
caso vuole che con grande sorpresa e non poco timore, si accorge di essere rimasta
incinta. E’ uno shock di non poco conto: troppo giovane e impreparata al nuovo
e impegnativo ruolo di madre. Lei il problema lo conosce già bene, perché in
casa ha già vissuto la gravidanza della sorella, diventata mamma ad appena 14
anni. Una delle cose che le suggeriscono, che però Lei non vuole accettare, è quella
di liberarsi di quella vita che giorno dopo giorno cresce dentro di Lei.
Mentre riflette sul da
farsi scopre che una coppia di amici della sua famiglia desidererebbe
ardentemente adottare un bambino, perché a loro questo dono di diventare
genitori naturali è stato negato. In Lei sorge quasi spontaneo il desiderio di
dare loro il suo bambino in adozione. Decisione certamente non facile per una
mamma, anche se Kaleena, pur di soli 18 anni, è molto matura e determinata.
Inizia, così, una nuova e particolare amicizia con la coppia che si dovrà
occupare della sua creatura. In “tre”, Lei con i nuovi genitori, cominciano a programmare per bene il futuro della
bambina che porta in grembo: la piccola Raylie, come verrà chiamata, potrà
contare, per esempio, sul latte della sua mamma naturale, e crescere così nel
modo migliore possibile.
Poco dopo il parto
Kaleena,
infatti, si organizza: inizia a tirarsi con un tiralatte, tutti i giorni, il
latte dal seno, lo versa nelle apposite sacche sterili e lo congela. La bella
scorta del suo latte viene costantemente recapitata ai genitori adottivi, con i
quali ormai ha un rapporto di grande amicizia, che le consente, tutte le volte
che vuole e le è possibile, di andare a trovarli e stare con la “sua” bambina.
Il suo latte, tirato costantemente tutti i giorni ha creato una riserva che
consentirà di allevare la piccola Raylie fino al completo svezzamento! Ma l’impegno di Kaleena non
finisce qui, la sua disponibilità vuole andare ben oltre.
D’accordo con i
genitori adottivi della sua bimba, che considera ormai parte della sua
famiglia e dando ascolto ad un infermiere dell’ospedale dove ha partorito, decide
di continuare a tirarsi il latte (ormai non più necessario alla sua bambina) per donarlo ad una Banca del latte del Colorado, dove viene usato per nutrire i neonati
ricoverati in terapia intensiva. La sua grande disponibilità deriva forse anche
dal fatto di essere convinta di aver fatto la scelta migliore per il futuro
della sua creatura, che, con i nuovi genitori, sarà certamente più sereno. Lei,
potrà vederla crescere, potrà essere presente tutte le volte che vuole, e potrà
partecipare a tutti gli eventi più importanti della sua crescita: dalle feste
di compleanno alle recite scolastiche e
cosi via.
La vita scolastica di
Kaleena è ripresa regolarmente e, recentemente, riguardo ai genitori adottivi della
sua bimba ha dichiarato “Mi hanno detto che siamo una famiglia ora.
Dicono che sarò sempre sua madre e che sono riconoscenti del dono della vita
che io ho dato a loro”. Sono parole, le sue, che meravigliano, per la
sua giovane età! A me hanno dato molta commozione.
Cari amici, ho iniziato
questa mia riflessione affermando che la vita dei bambini che generiamo non ci
da nessun titolo di proprietà su di loro. I figli, che Dio ci manda per perpetuare
la specie, non dovranno mai essere considerati di nostra piena proprietà: ci
vengono solo affidati, con il preciso compito di costruire per loro il percorso
migliore, utilizzando la nostra esperienza e le nostre capacità! Non
dimentichiamo mai che ne siamo solo affidatari responsabili, e che di
questo “compito” datoci, domani, dovremo rispondere di come lo abbiamo svolto!
Mi viene in mente la famosa “Parabola
dei Talenti”, che certamente tutti
conosciamo…
I
figli, amici miei, non sono nostri: li dobbiamo solo aiutare, con la nostra esperienza, a
volare alto!
Grazie, amici della
Vostra sempre gradita attenzione.
Mario
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