Oristano 30 settembre 2025
Cari amici,
Da sardo orgoglioso chiudo i post di settembre dedicando quello di oggi alle nostre antiche tradizioni. Considerata la mia non
più giovane età, ho avuto modo, molti anni fa, di incontrare e conoscere ANTONANGELO LIORI, allora giovane e intraprendente comunicatore che intendeva diventare protagonista della “Carta Stampata”. Dopo la laurea in lettere e quella in
antropologia, volle intraprendere con determinazione la carriera giornalistica, entrando prima al giornale La Natzione Sarda e poi, nel 1984, nell’Unione Sarda, diventandone
direttore nel 1994, raggiungendo in questo modo il record di più giovane direttore di
quotidiani d’Italia. Fu un grande protagonista del processo di rinnovamento dei
quotidiani, e l’Unione Sarda, infatti, fu la testata prima in Europa e seconda al mondo, dopo
il Washington Post, ad avere un proprio sito internet.

Liori, nato a Desulo il
1º aprile del 1964, non si è mai allontanato dal mondo agro pastorale delle sue
origini, quelle barbaricine, diventando uno straordinario studioso di quel mondo, in particolare della nostra cultura e delle
nostre tradizioni popolari. L’uomo Liori, che mi permetto di definire giornalista-pastore,
nonostante abbia lasciato la direzione dell’Unione da circa 25 anni, continua le
sue quotidiane riflessioni sui media, in particolare i social, relative ai vari
temi sociali e culturali della nostra isola. La sua narrazione, forte e veritiera, continua ad offrire una
prospettiva unica sulle sfide e le opportunità che la nostra isola può avere dal
mantenere vive le nostre antiche, radicate tradizioni, in un mondo globalizzato che cambia (spesso negativamente) troppo rapidamente.

Chi segue i social, come
ad esempio Facebook, troverà diverse sue riflessioni appassionate sulla vita
comunitaria di ieri, e sull’importanza che questa aveva nelle Comunità del
passato; una vita vissuta con l’orgoglio dell’appartenenza e della
conservazione delle tradizioni familiari e sociali. Nelle sue riflessioni
Antonangelo enfatizza l’importanza dell’interazione tra l’uomo e la natura, il
rispetto del passato e delle sue radici, evidenziando la necessità di
trasmettere questi valori alle generazioni future.

Ebbene amici, oggi voglio
riportare a Voi lettori una sua riflessione che ho letto di recente, con grande piacere su
Facebook, riferita, nel passato, alla “nascita di una nuova famiglia”, ovvero alla combinazione di un
matrimonio, in modo ben diverso da quello che possiamo vedere oggi, con "l’amore" percepito in ben altro modo! Indubbiamente ai giovani di oggi questa riflessione potrà
sembrare quasi irreale, nel senso che viene difficile pensare ai giorni nostri ad un
matrimonio combinato con l’aiuto del sensale, il “PARANINFO (in sardo Su
Paralimpu), ma allora così funzionava, eccome! Ecco, amici lettori quanto raccontato
nella sua riflessione da Antonangelo Liori.
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NON SO MAI COSA DIRE SULL'AMORE.
Non so mai cosa dire sull'amore.
Perché è un sentimento così prezioso che a parlarne se ne perde la magia. So
solo che mio nonno, Soboi Frore "margiane", quando raggiunse la
quantità di bestiame sufficiente per mantenere con decoro la famiglia, scrisse
una lettera alla madre chiedendole di trovargli una moglie per quando sarebbe
tornato col gregge in primavera. Giovanna Pitzeri così fece. Si guardò intorno
e individuò, fra le vicine di casa, Maria Murgia Piroi, una ragazza bella, alta
quasi quanto lui, benestante come lui, lavoratrice e brava massaia.
Così mandò un telegramma - nonno
in quegli anni transumava nelle campagne di Ittiri - con un messaggio laconico.
"Tutto a posto. Trovata". Mandarono un paraninfo per assicurare il
tutto e, fatto l'affare, costui venne ricompensato con un paio di COSINZOS (scarponi
da campagna) nuovi di pacca fatti dall'artigiano locale. Il 22 maggio nonno
arrivò col gregge, lasciò in campagna il servo pastore e si agghindò per bene -
abito di velluto color oliva nuovo di zecca, gambali a isticca con stiletto
incorporato lucidi fiammanti, camicia alla sarda candida di lisciva - per chiedere
la mano della sua futura sposa.
Non l'aveva mai vista prima. Quando
le si presentò davanti si sfregò soddisfatto le mani. "perfetta per
me", disse in cuor suo. Ringraziò la madre, portò i doni di rito -
zucchero, caffè, i bottoni d'oro per il costume della sposa, la fede sarda, una
camicia al suocero, un panno di broccato per la suocera, torrone - e ricevette
i doni di rito - una camicia bianca per lui, dolci, una pezza di velluto, vino,
acquavite, una pezza di broccato per la madre - e finalmente i due promessi
sposi poterono darsi la mano.
Nonno ogni sabato sera andava a
trovare la sposa a casa di lei. Una domenica al mese pranzava a casa dei
suoceri. Per la festa grande entrambe le famiglie andarono a messa e quindi, di
notte, i due sposi poterono ballare il ballo tondo sotto gli occhi vigili di
tutto il parentado. Lui partì per il campidano, si fece la casa, il suocero ci
mise i pochi arredi che allora si usavano, e l'anno seguente in estate si
sposarono. Si amarono intensamente mettendo al mondo 14 figli, solo 5 dei quali
sopravvissero ai genitori. Quando lei morì, lui - nonostante fosse balente-
coltivò un bellissimo roseto nell'orto e ogni giorno le portava un fiore al
cimitero. Non so mai cosa dire sull'amore.
(Antonangelo Liori)
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Cari amici, credetemi, non
mi sento di aggiungere nulla: grazie Antonangelo!
A domani.
Mario
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