martedì, settembre 30, 2025

LA SARDEGNA DEL PASSATO: QUANDO PER SPOSARSI SI RICORREVA A “SU PARALIMPU”. ECCO COME LA RACCONTA ANTONANGELO LIORI, GIORNALISTA E STUDIOSO DELLE NOSTRE TRADIZIONI POPOLARI.


Oristano 30 settembre 2025

Cari amici,

Da sardo orgoglioso chiudo i post di settembre dedicando quello di oggi alle nostre antiche tradizioni. Considerata la mia non più giovane età, ho avuto modo, molti anni fa, di incontrare e conoscere ANTONANGELO LIORI, allora giovane e intraprendente comunicatore che intendeva diventare protagonista della “Carta Stampata”. Dopo la laurea in lettere e quella in antropologia, volle intraprendere con determinazione la carriera giornalistica, entrando prima al giornale La Natzione Sarda e poi, nel 1984, nell’Unione Sarda, diventandone direttore nel 1994, raggiungendo in questo modo il record di più giovane direttore di quotidiani d’Italia. Fu un grande protagonista del processo di rinnovamento dei quotidiani, e l’Unione Sarda, infatti, fu la testata prima in Europa e seconda al mondo, dopo il Washington Post, ad avere un proprio sito internet.

Liori, nato a Desulo il 1º aprile del 1964, non si è mai allontanato dal mondo agro pastorale delle sue origini, quelle barbaricine, diventando uno straordinario studioso di quel mondo, in particolare della nostra cultura e delle nostre tradizioni popolari. L’uomo Liori, che mi permetto di definire giornalista-pastore, nonostante abbia lasciato la direzione dell’Unione da circa 25 anni, continua le sue quotidiane riflessioni sui media, in particolare i social, relative ai vari temi sociali e culturali della nostra isola. La sua narrazione, forte e veritiera, continua ad offrire una prospettiva unica sulle sfide e le opportunità che la nostra isola può avere dal mantenere vive le nostre antiche, radicate tradizioni, in un mondo globalizzato che cambia (spesso negativamente) troppo rapidamente.

Chi segue i social, come ad esempio Facebook, troverà diverse sue riflessioni appassionate sulla vita comunitaria di ieri, e sull’importanza che questa aveva nelle Comunità del passato; una vita vissuta con l’orgoglio dell’appartenenza e della conservazione delle tradizioni familiari e sociali. Nelle sue riflessioni Antonangelo enfatizza l’importanza dell’interazione tra l’uomo e la natura, il rispetto del passato e delle sue radici, evidenziando la necessità di trasmettere questi valori alle generazioni future.

Ebbene amici, oggi voglio riportare a Voi lettori una sua riflessione che ho letto di recente, con grande piacere su Facebook, riferita, nel passato, alla “nascita di una nuova famiglia”, ovvero alla combinazione di un matrimonio, in modo ben diverso da quello che possiamo vedere oggi, con "l’amore" percepito in ben altro modo! Indubbiamente ai giovani di oggi questa riflessione potrà sembrare quasi irreale, nel senso che viene difficile pensare ai giorni nostri ad un matrimonio combinato con l’aiuto del sensale, il “PARANINFO (in sardo Su Paralimpu), ma allora così funzionava, eccome! Ecco, amici lettori quanto raccontato nella sua riflessione da Antonangelo Liori.

^^^^^^^^^^

 NON SO MAI COSA DIRE SULL'AMORE.

Non so mai cosa dire sull'amore. Perché è un sentimento così prezioso che a parlarne se ne perde la magia. So solo che mio nonno, Soboi Frore "margiane", quando raggiunse la quantità di bestiame sufficiente per mantenere con decoro la famiglia, scrisse una lettera alla madre chiedendole di trovargli una moglie per quando sarebbe tornato col gregge in primavera. Giovanna Pitzeri così fece. Si guardò intorno e individuò, fra le vicine di casa, Maria Murgia Piroi, una ragazza bella, alta quasi quanto lui, benestante come lui, lavoratrice e brava massaia.

Così mandò un telegramma - nonno in quegli anni transumava nelle campagne di Ittiri - con un messaggio laconico. "Tutto a posto. Trovata". Mandarono un paraninfo per assicurare il tutto e, fatto l'affare, costui venne ricompensato con un paio di COSINZOS (scarponi da campagna) nuovi di pacca fatti dall'artigiano locale. Il 22 maggio nonno arrivò col gregge, lasciò in campagna il servo pastore e si agghindò per bene - abito di velluto color oliva nuovo di zecca, gambali a isticca con stiletto incorporato lucidi fiammanti, camicia alla sarda candida di lisciva - per chiedere la mano della sua futura sposa.

Non l'aveva mai vista prima. Quando le si presentò davanti si sfregò soddisfatto le mani. "perfetta per me", disse in cuor suo. Ringraziò la madre, portò i doni di rito - zucchero, caffè, i bottoni d'oro per il costume della sposa, la fede sarda, una camicia al suocero, un panno di broccato per la suocera, torrone - e ricevette i doni di rito - una camicia bianca per lui, dolci, una pezza di velluto, vino, acquavite, una pezza di broccato per la madre - e finalmente i due promessi sposi poterono darsi la mano.

Nonno ogni sabato sera andava a trovare la sposa a casa di lei. Una domenica al mese pranzava a casa dei suoceri. Per la festa grande entrambe le famiglie andarono a messa e quindi, di notte, i due sposi poterono ballare il ballo tondo sotto gli occhi vigili di tutto il parentado. Lui partì per il campidano, si fece la casa, il suocero ci mise i pochi arredi che allora si usavano, e l'anno seguente in estate si sposarono. Si amarono intensamente mettendo al mondo 14 figli, solo 5 dei quali sopravvissero ai genitori. Quando lei morì, lui - nonostante fosse balente- coltivò un bellissimo roseto nell'orto e ogni giorno le portava un fiore al cimitero. Non so mai cosa dire sull'amore.

(Antonangelo Liori)

^^^^^^^^^^^^^^^

Cari amici, credetemi, non mi sento di aggiungere nulla: grazie Antonangelo!

A domani.

Mario

lunedì, settembre 29, 2025

LO STRAORDINARIO “AXOLOTL”, IL CURIOSO ANFIBIO MESSICANO DOTATO DI SUPER POTERI, CHE GLI CONSENTONO DI RIGENERARE GLI ORGANI ANDATI PERDUTI.


Oristano 29 settembre 2025

Cari amici,

L’AXOLOTL (il suo nome scientifico è Ambystoma mexicanum) è un anfibio originario del Lago Xochimilco in Messico. Questo curioso, piccolo anfibio ha una vita straordinariamente particolare, tanto da aver interessato non poco gli studiosi. Gli anfibi, infatti, di norma, trascorrono una prima parte della loro vita in acqua, poi, crescendo, modificano la respirazione passando a quella polmonare, cosa che consente loro di vivere la seconda parte della loro vita fuori dall’acqua. Tutto questo, invece, non avviene negli Axolotl, che continuano invece a crescere pur mantenendo le caratteristiche giovanili iniziali, quasi che fosse destinato a restare una specie di Peter Pan!

Questo curioso animaletto è una delle specie più affascinanti del regno animale. Possiede, infatti, cosa più unica che rara, la capacità di rigenerarsi, praticamente in tutte le sue parti! Particolarità, questa, nota fin dai tempi più antichi, ovvero quelli della mitologia azteca. Questo anfibio endemico dei laghi di Xochimilco, in Messico, ha affascinato e continua ad affascinare scienziati e amanti della natura. A differenza degli altri anfibi, l'axolotl non completa la metamorfosi e mantiene le caratteristiche larvali per tutta la vita, un fenomeno noto come neotenia. In pratica questo curioso anfibio è in grado di rigenerare arti, organi e persino parti del cervello, cosa che gli scienziati vedono come eccezionale.

Nella cultura messicana  l'axolotl aveva un significato profondo; il suo nome deriva dal termine ““axolotl”, che si traduce come "mostro acquatico" o "cane acquatico". Secondo la mitologia messicana, l'axolotl era la rappresentazione del dio Xólotl, fratello gemello di Quetzalcóatl. La leggenda narra che, quando gli dei decisero di sacrificarsi per creare il Sole e la Luna, Xólotl, terrorizzato, fuggì trasformandosi in esseri diversi per sfuggire al suo destino. La sua ultima trasformazione fu in un axolotl, nascosto nei laghi. Tuttavia, alla fine fu scoperto e sottoposto ad eutanasia. Questo mito spiegava l'aspetto unico dell'axolotl e il suo legame con l'acqua e la rigenerazione.

La particolare vita di questo anfibio fu documentata in Europa per la prima volta da due spagnoli: Fray Bernardino de Sahagún, etnografo e missionario francescano, e Francisco Hernández de Toledo, medico e naturalista. Entrambi si riferiscono alle descrizioni di axolotl nelle loro cronache del XVI secolo. All'interno del suo lavoro, Sahagún descrive l'axolotl come un “pesciolino” dei laghi del bacino del Messico, mettendo in risalto il suo aspetto insolito e le sue qualità nella cucina autoctona.

Nonostante queste descrizioni, sarebbe stato il barone Alexander von Humboldt a farlo conoscere in Europa nel XIX secolo. Da allora, l'axolotl è stato studiato nei laboratori di tutto il mondo per le sue straordinarie capacità biologiche. Oggi, però, questo anfibio è in serio pericolo. Decenni fa, gli axolotl erano abbondanti nei laghi del bacino del Messico, soprattutto nel Xochimilco e Chalco. Tuttavia, gli studi più recenti mostrano una realtà devastante: la popolazione è diminuita dell’80% o più negli ultimi vent’anni. Secondo i dati forniti dalla IUCN, Si stima che la sua popolazione non superi i 1.000 esemplari.

Amici, seppure da un lato seriamente minacciato di estinzione in natura, dall’altro, l’Axolotl è molto apprezzato dal mondo scientifico. Questa sua insolita capacità di restare sempre giovane è una caratteristica che interessa molto gli scienziati e i ricercatori, che cercano la possibilità di applicare questa proprietà all’essere umano; insomma sarebbe una soluzione alla perenne ricerca dell’uomo all’eterna giovinezza! Inoltre, l’Axolotl, come se tutti questi suoi super poteri non fossero ancora sufficienti, è pure un maestro nella rigenerazione: è capace di rigenerare intere parti del suo corpo, dalle branchie, alle zampe, dagli occhi agli organi interni. E tutto questo senza lasciare cicatrici apparenti. Un vero miracolo!

Se un predatore gli strappa una zampa, o se subisce un danno a un occhio o persino a una parte del cervello, l’Axolotl non si preoccupa. Il motivo è semplice, ma sbalorditivo: l’Axolotl non si limita a “guarire”, ma rigenera la parte perduta! Si, questo piccolo drago d’acqua non ripara il tessuto danneggiato, ma lo ricrea da zero, in quanto le sue cellule hanno la capacità quasi magica di tornare bambine, trasformandosi in cellule staminali che possono ricostruire un arto, un organo o tessuto cerebrale perfettamente funzionante, senza lasciare la minima traccia o cicatrice! Incredibile ma vero!

Cari amici, per gli scienziati continuare a studiare a fondo questo particolarissimo anfibio, scoprire in che modo riesca ad avere questi “Super Poteri”, è come cercare di scoprire una miniera d’oro da scavare! Per la scienza, che l’argomento continua a studiarlo per scoprire i segreti della rigenerazione, sarebbe un successo enorme, capace di cambiare per sempre il futuro di questa branca della medicina. La natura, amici lettori, è un libro che ha tante pagine importanti ancora da leggere e studiare, da parte dell’uomo!

A domani.

Mario

domenica, settembre 28, 2025

GLI EFFETTI DELLA MUSICA SUL NOSTRO CERVELLO. QUELLA DEL PERIODO GIOVANILE RESTA IMPRESSA PER SEMPRE!


Oristano 28 settembre 2025

Cari amici,

Che la musica abbia un forte, positivo impatto sugli adolescenti, nel senso che aiuta, agevola, il loro processo di crescita, è un fatto da tempo accertato dagli studiosi. Si, c’è uno stretto rapporto tra “Musica e Adolescenti”, perché riesce a dare voce ai loro pensieri, alle loro paure, aiutandoli a fare chiarezza nei loro sentimenti. L’ascolto della musica è di vitale importanza per gli adolescenti, in quanto facilita il loro percorso di formazione e di crescita, diventando uno strumento di grande valore sociale. Ascoltare insieme ai loro compagni la musica preferita, contribuisce a rafforzare la coesione del gruppo, diventando un collante importante il quel “giovanile stare insieme”.

La musica, dunque, svolge un importante ruolo nella formazione giovanile e nella costruzione di solidi rapporti sociali, tanto che il nostro cervello mai dimenticherà mai questo importante ruolo svolto dalla musica in gioventù. La dimostrazione pratica di questo importante ruolo svolto è il suo perenne ricordo inciso indelebilmente nella nostra memoria, tant’è che bastano poche note, relative alla nostra amata musica giovanile, percepite in TV, radio o nel nostro smartphone, per  riaprire di colpo quei file a lungo dormienti!

Credo sia capitato a tanti di Voi di ascoltare una canzone del periodo giovanile e di non aver resistito all’impulso di cantarla o ballarla! È la nostra mente a riaprire immediatamente quei file dormienti nel nostro cervello! Non si tratta di pura e semplice nostalgia, ma di un fenomeno scientifico più volte dimostrato! Si, la nostra memoria certe cose importanti non le dimentica! Sebbene siano passati anche molti anni, ognuno di noi rimane per tutta la vita legato alla musica che ci ha accompagnato nella gioventù, e che per noi, anche oggi, resta la migliore di tutti i tempi.

La nostra mente, amici, è un super computer che nulla dimentica, in particolare se riguarda il nostro periodo giovanile di formazione. Per questo motivo le canzoni che abbiamo ascoltato tra i 17 e i 25 anni vengono considerate sempre di altissimo livello, soprattutto se paragonate alle hit contemporanee! In realtà non è che la musica della nostra giovinezza sia  assolutamente migliore di quella di oggi, è la nostra mente a considerarla tale! È ritenuta davvero la migliore, in quanto quando eravamo più giovani, ci ha suscitato emozioni molto forti, rimaste incise indelebilmente nella nostra mente.

Gli studiosi sono concordi nell’affermare che si tratta di una precisa reazione del nostro cervello di fronte alle emozioni suscitate dai ricordi musicali. Un giornalista della Cnn, certo Jemal Polson, ha voluto approfondire ancora meglio la curiosa questione della conservazione dei ricordi interpellando degli esperti. La psicologa Dr.ssa Rita Aiello, che studia in modo approfondito la psicologia della musica presso la New York University, ha affermato: “Non è che la musica dei nostri verdi anni era migliore di quella attuale, ma la musica è un segnale estremamente potente, per ricordare cosa è successo in quegli anni, prima della vita adulta”.

È sempre la Dr.ssa Rita Aiello a precisare l’importanza della musica nel periodo di formazione: “È un segnale estremamente potente per ricordare i fatti passati della nostra vita”. Quanto al perché la musica abbia un tale potere, il Professor Robert Cutietta, operativo presso l’University of Southern California, precisa: “Abbiamo una memoria chiamata proprio "episodica", è lì che va. In adolescenza la musica si associa alle prime esperienze passionali e all’aggrovigliarsi di sentimenti, cosa che caratterizza quel periodo della vita. Ecco perché alcuni brani non saranno mai più dimenticati”.

Amici lettori, ogni generazione ritiene che la musica «dei suoi tempi» sia la migliore, anche se raramente i genitori apprezzano i brani amati dai figli (e viceversa). Come detto prima, le canzoni dell'adolescenza e della giovinezza portano con sé un carico di ricordi e di nostalgia, che resterà un patrimonio indelebile per tutta la vita! Lo hanno provato tutti, così come lo provo anche io, anche se la mia giovinezza, ovvero i miei primi 20/25 anni, sono alquanto lontani!

Cari amici, da poco più di due mesi ho iniziato a percorrere la strada del mio 81° anno di vita, e posso dirvi che anche oggi la musica di quel lontanissimo passato è  ben viva in me! Siamo appena usciti dall’estate di quest'anno, e in TV, la sera dopo il telegiornale, trasmettono spesso le canzoni di quegli anni. Posso dirvi che certi brani in vigore nel mio periodo giovanile riemergono prepotentemente, riportandomi indietro nel tempo, scatenando emozioni davvero forti, simili a quelle che provavo quando avevo i miei freschi vent’anni!

A domani.

Mario

sabato, settembre 27, 2025

LE STRAORDINARIE CAPACITÀ DELLA NOSTRA MEMORIA. PUÒ ARRIVARE A SCORDARE IL NOME DI UNA PERSONA APPENA CONOSCIUTA, PERCHÉ CONCENTRATA A MEMORIZZARE IL SUO VOLTO!


Oristano 27 settembre 2025

Cari amici,

Che il nostro cervello sia una macchina straordinaria, un super computer ben diverso anche da quelli di ultima generazione, erroneamente accreditati come il nostro prossimo futuro, è una realtà incontestabile! Anche i computer più avanzati, quelli straordinariamente veloci, dotati della così detta “intelligenza artificiale”, non sono paragonabili al cervello umano, in quanto funzionanti su paradigmi fondamentalmente diversi. L'intelligenza artificiale elabora le informazioni basandosi su correlazioni statistiche e potenza computazionale, mentre il cervello umano opera su un’elaborazione complessa e integrata, fatta di biologia, emozioni e coscienza.

Ho fatto questa premessa, amici, per parlare oggi con Voi di una curiosa particolarità inerente proprio il nostro cervello: la memorizzazione di una nuova conoscenza. Credo che capiti a tutti di ritrovarsi tra amici e incontrare persone “nuove”, prima non conosciute. Alla presentazione ed allo scambio del relativi nomi, seguiti dalla classica frase “piacere di conoscerti”, si inizia a conversare. Ebbene, dove sta la particolarità? Il nostro cervello elabora la nuova conoscenza in due maniere. Da un lato cerca di metterete a fuoco e memorizzare il viso e le fattezze di questa persona, dall’altra, invece, cerca di memorizzare il nome. Con quale risultato? Dipende dalle persone e dal loro cervello, considerato che ogni persona ne ha uno "unico e mai uguale ad un altro"!

Per cercare di comprendere come il nostro cervello archivia i fatti nuovi e le nuove conoscenze, alcuni ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di York, guidati dal dottor Rob Jenkins, hanno sottoposto a un “giocoso” test dei volontari. pubblicandolo poi sul Quarterly Journal of Experimental Psychology. Questo il risultato finale: il 64 per cento dei volontari aveva ben memorizzato il viso della nuova persona, mentre l’83 per cento aveva memorizzato il nome. «Questo risultato sconcerterà molti, perché è diffusa, direi intuitiva, l’idea di essere più bravi con i volti – ha commentato Jenkins – Può darsi che una persona si senta negata per tirar fuori il nome giusto al momento giusto, ma allora sarà anche peggio nel riconoscere i lineamenti».

Amici, secondo i più aggiornati test di psicologia, le persone che dimenticano facilmente il nome delle persone poco dopo averle conosciute, hanno queste 5 (cinque) particolari caratteristiche. 1. Sono persone più concentrate sulla conversazione. Secondo gli psicologi, dimenticare i nomi può essere dovuto al fatto che le persone sono più concentrate sulla conversazione o sulla presenza dell’altra persona. Sebbene questo possa rappresentare uno svantaggio in alcune situazioni, la realtà è che è indice di una buona capacità di conversazione. 2. Persone con Buona memoria visiva. Gli individui che dimenticano i nomi tendono ad avere, come controparte, una buona memoria per ricordare i volti. Infatti, i ricercatori avvertono che si tratta di un retaggio evolutivo, poiché per la sopravvivenza era più importante ricordare il volto che il nome di qualcuno.

3. Persone empatiche e con intelligenza emotiva. Sebbene dimenticare il nome di qualcuno che hai appena conosciuto possa far pensare che non ti importa, la realtà è esattamente l’opposto. Probabilmente si è stati molto più attento ad altri dettagli, come la sua storia, le sue esperienze, etc. In definitiva, il soggetto ha un alto livello di empatia e intelligenza emotiva, poiché è in grado di mettersi nei panni degli altri. 4. Soggetti che non seguono sempre le regole sociali. Se si hanno difficoltà a ricordare il nome di qualcuno e questo non è qualcosa che preoccupa più di tanto, probabilmente significa che il soggetto non segue le regole e le aspettative sociali. Sebbene per molti questo possa essere considerato un segno di maleducazione, la realtà è che potrebbe essere dovuto al fatto che si è più concentrati su altre questioni altrettanto importanti quando si conosce qualcuno.

Infine  la 5^ caratteristica: Persone molto intuitive. In queste situazioni, è possibile che la persona sia stata più attenta ai segnali non verbali, all’energia e alle emozioni dell’altra persona, piuttosto che a dettagli specifici come i nomi. Questo permette una maggiore capacità di “leggere tra le righe” e di imparare oltre ciò che viene detto.

Cari amici, credo di non avere molto altro da aggiungere, se non che il nostro cervello non è e non sarà mai sostituito da nessuna macchina, perché all’interno del cervello dell’uomo c’è qualcosa di non imitabile e replicabile: LA COSCIENZA!

A domani.

Mario

 

venerdì, settembre 26, 2025

IL SERIO PROBLEMA DELLA CARENZA DI SACERDOTI NELLA CHIESA CATTOLICA. QUALI LE POSSIBILI SOLUZIONI PER IL FUTURO?


Oristano 26 settembre 2025

Cari amici,

La Chiesa cattolica da tempo si trova ad affrontare un problema alquanto gravoso: la crescente diminuzione delle vocazioni sacerdotali, con i Seminari sempre più vuoti e tante parrocchie senza un proprio sacerdote che segue la Comunità. Cercando di fare di necessità virtù, la Chiesa Cattolica sta adottando diverse strategie, tra cui la ridistribuzione delle risorse disponibili, con sacerdoti che si debbono occupare di 2/3 o più parrocchie. In questo modo si cerca di coprire le esigenze più importanti, cercando il coinvolgimento dei fedeli laici, chiamati in aiuto al servizio pastorale. Rimedi tampone, ma che certamente dovranno sfociare in soluzioni più efficaci.

La triste realtà è che, in questo millennio iper-tecnologico, la vocazione al sacerdozio dei giovani appare alquanto scarso, e tra le possibili soluzioni sul tappeto, una delle ipotesi ventilate, nei vertici della Chiesa Cattolica, c'è quella di prendere in considerazione anche la possibilità di superare il "celibato sacerdotale", facendo accedere al sacerdozio gli uomini sposati. Chi ipotizza una soluzione di questo tipo, ribadisce che per secoli ai sacerdoti non veniva imposta l’astinenza coniugale, e tanti furono i preti sposati, che esercitarono la loro missione sacerdotale pur avendo moglie e figli. Ripercorriamo, dunque, il percorso della Chiesa Cattolica e le motivazioni che hanno portato all’introduzione del celibato.

L’excursus storico evidenzia che nei primi secoli del cristianesimo non esisteva l’obbligo del celibato per i sacerdoti. In passato diversi sacerdoti, ma anche vescovi e persino alcuni papi erano sposati. Ciò che veniva loro richiesto era la fedeltà e la moderazione: la castità, seppure fosse considerata una virtù, non era  comunque un obbligo, e il ministero religioso non era ritenuto incompatibile con la vita coniugale. Tuttavia, fin dal IV secolo, iniziò ad ipotizzarsi, in alcuni Concili, di "aggiungere la castità" a chi voleva dedicare la sua vita al servizio religioso, iniziando così a parlare di introduzione del celibato.

Fu, però, solo a partire dal Medioevo che la Chiesa latina impose in modo definitivo il divieto di matrimonio a coloro che prendevano i voti. IL CELIBATO OBBLIGATORIO fu una decisione assunta nei concili del XII secolo, e la sua introduzione rispose sia a motivi spirituali, sia a interessi materiali e politici. Amici, nel Medioevo la vita gravitava attorno alla religione, e il celibato era interpretato come segno di maggiore santità e totale dedizione a Dio. Il clero celibe poteva dedicarsi completamente alla preghiera e al servizio, senza le «distrazioni» della vita domestica e coniugale. Non tutte le Chiese cristiane, però, introdussero il Celibato obbligatorio. Nelle Chiese orientali — sia ortodosse sia cattoliche orientali in comunione con Roma — continuò ad essere consentito ai sacerdoti di sposarsi prima dell’ordinazione, ma non dopo. Successivamente, Chiese riformate come quelle luterana e anglicana abolirono il celibato obbligatorio. Oggi, considerato il serio problema della penuria di sacerdoti all’interno del Chiesa Cattolica, la “regola tassativa del celibato” è diventato uno dei grandi temi di dibattito: “L’amore per Dio e anche per una persona, sono compatibili, oppure chi sceglie l’uno deve rinunciare all’altro?”.

Amici, il problema che affronta oggi la Chiesa Cattolica è serio e urgente, e va affrontato esaminando tutte le possibili soluzioni. Le difficoltà che incontra il sacerdote chiamato a gestire due o anche 3-4 parrocchie sono evidenti e difficili da risolvere. Attualmente la vita di ogni parrocchia è organizzata secondo “La pastorale tradizionale”, fondata molto sulla quantità delle Messe celebrate, ma questo non significa che basta celebrare la Messa per dare la necessaria formazione alla Comunità. L’Eucaristia, è certamente il culmine della professione della fede, ma va accompagnata da una nuova, pregnante collaborazione del popolo di Dio con il sacerdote. La Comunità dei fedeli deve essere un Unicum collaborativo, e il Sacerdote ne è l'amministratore. 

Si, oltre l’Eucaristia, amministrata dal sacerdote, nella Comunità ecclesiale ci deve essere molto altro, che spesso oggi manca. L’eucaristia non è il punto di partenza ma è il punto di arrivo della fede! C’è molto che il Cristiano della Comunità deve conoscere e praticare,  a partire dalla conoscenza della Bibbia e dei testi sacri, che preparano alla mensa della Parola, al servizio. all’attenzione e alla cura da dare ai soggetti più fragili della Comunità; c’è lo stare insieme e operare in pace e armonia, tutte relazioni che preparano all’accostarsi alla mensa del Corpo del Signore, del pane spezzato, e che rendono «vera» l’Eucaristia.

Amici, se una Comunità non porta avanti tutte queste relazioni sociali fondate sull’amore e sulla carità, la Messa rimane un rito esteriore, lontano dalla vita. Il problema odierno è, dunque, quello di rinnovare quella “Pastorale tradizionale” che continua ad essere applicata ma va rinnovata, facendola diventare più coinvolgente, in modo tale che i fedeli laici siano dei veri e sinceri collaboratori del sacerdote. Il coinvolgimento dei laici nella gestione della parrocchia deve essere la base del rinnovamento della Pastorale attuale. Questa fruttuosa unione tra sacerdote e fedeli può iniziare a sopperire alle carenze prima evidenziate. Come sappiamo i fedeli battezzati possono fare molto nella Comunità ecclesiale: possono amministrare validamente il battesimo, predicare, assicurare la catechesi, presiedere liturgie della parola, i funerali, distribuire la comunione, assistere ai matrimoni, esporre il Santissimo per l’adorazione, visitare i malati, seguire la formazione giovanile, amministrare i beni e molti altri compiti che oggi sono lasciati in gran parte a carico dei Presbiteri.

A chi sostiene che c’è il rischio della “Clericalizzazione dei laici”, ossia il pericolo di affidare ai fedeli laici incarichi propri del Sacerdote, come la guida della Comunità, bisogna rispondere che il sacerdote è e sarà sempre sempre il fulcro della vita comunitaria, e che i fedeli sono i suoi delegati, nelle funzioni che non sono esclusive, salvo quelle specifiche del ruolo di “amministratore dei sacramenti”. Il sacerdote, in questo modo, continuerebbe ad essere il grande coordinatore e la guida della Comunità.

Cari amici, sono certo che la Chiesa troverà certamente le giuste soluzioni agli attuali problemi, partendo proprio dal coinvolgimento della Comunità, in particolare quella giovanile. Questa è la via da intraprendere per ritrovare quelle vocazioni oggi carenti. Certo, anche soluzioni come quella prima ventilata (la non obbligatorietà del celibato), potranno essere portate avanti “Cum iudicio”, vagliando la possibilità che chi è chiamato al sacerdozio, ma che desidera anche formare una sua famiglia, possa essere messo in condizioni di soddisfare entrambe le esigenze.

A domani.

Mario

giovedì, settembre 25, 2025

UNA CURIOSA PUNIZIONE NEL MONDO ANTICO: LA “DAMNATIO MEMORIAE”. CONSISTEVA NELLA CANCELLAZIONE DEL CONDANNATO DALLA MEMORIA COLLETTIVA!


Oristano 25 settembre 2025

Cari amici,

Nell’antichità venivano comminate punizioni particolarissime, superiori addirittura a quella della morte, spesso praticata in modo pubblico e in maniera così forte e orrenda, da far accapponare la pelle. Ma la morte non era davvero l’ultimo dei mali, in quanto esisteva un modo ancora più terribile di annientare la persona: LA DAMNATIO MEMORIAE, riservata ai personaggi di alto rango, come i Faraoni nell’antico Egitto o gli Imperatori nell’antico mondo romano, quando il loro comportamento non era stato consono a quello che il popolo da loro si aspettava.

Nell'antico Egitto, nell’era dei potentissimi faraoni, anche una regina come HATSHEPSUT, la donna-faraone, che detenne il potere supremo, subì una "damnatio memoriae", ovvero la cancellazione della sua memoria dai monumenti, da parte del suo successore Thutmose III. Il suo nome, le sue statue e le sue iscrizioni furono distrutte, per cancellare il percorso del suo regno.

Regnanti invisi al popolo, spesso messi a morte addirittura per mano dei loro uomini di fiducia, venivano non solo eliminati fisicamente ma anche destinatari di una punizione ben peggiore della morte: la cancellazione pubblica della loro esistenza, con la rimozione delle loro tracce dalla storia! Squadre di scalpellini erano ingaggiati con il compito di cancellare le pubbliche iscrizioni che avevano osannato in vita questi personaggi, così come le statue che li rappresentavano, e i loro ritratti; anche le monete, coniate con la loro effigie, venivano fuse perché il loro ricordo svanisse: fosse cancellato per sempre!

Questa terribile procedura, nell'antica Roma era stata definita DAMNATIO MEMORIAE”, che letteralmente significa «condanna della memoria». Era la lucida cancellazione deliberata di ogni iscrizione o oggetto che potesse ricordare ai posteri l'esistenza di questa persona. L'obiettivo non era solo quello di umiliare il condannato che aveva mal governato, ma quello di estirparlo dal libro della storia romana. Era una cancellazione di esistenza, una radiazione dalla memoria pubblica: era l’eliminazione dalla memoria collettiva di un personaggio scomodo, in modo che la storia, nel giro di pochi decenni, avrebbe eliminato, cancellato per sempre il suo ricordo.

A Roma ne furono vittime diversi imperatori. Come Nerone, che, nonostante la sua iniziale popolarità, fu cancellato dalla storia dopo la sua deriva verso la stravaganza, come Commodo, che si credeva la reincarnazione di Ercole, che venne assassinato e la sua memoria cancellata dal senato; anche Geta venne cancellato da tutti i ritratti per ordine del proprio fratello, Caracalla. Ma forse il caso più eclatante fu quello di Domiziano; dopo la sua morte, avvenuta nel 96, il senato non solo ordinò la distruzione delle sue statue, ma proibì anche qualsiasi menzione ufficiale del suo nome.

Amici, paradossalmente, però, l’effetto della “DAMNATIO MEMORIAE”, non sempre raggiungeva il risultato sperato! Molti di questi imperatori che si tentò di cancellare dalla storia, non solo non furono dimenticati, ma sono oggi tra i più ricordati. Se da un lato cercare di cancellare qualcuno, significa toglierlo dalla storia, a volte quei segni di scalpello sulle iscrizioni, quelle statue con il volto strappato, ottengono il risultato contrario. Quegli indizi diventano elementi preziosi per gli studiosi (archeologi e storici), in quanto costituiscono un invito ad indagare. In un certo senso, il tentativo di oblio assoluto, ottiene il risultato opposto: far riaffiorare il ricordo dei “dimenticati”, mettendoli in primo piano!

Il percorso dell’uomo nei millenni ha avuto periodi altalenanti: in parte felici e altrettanti alquanto negativi. La storia, però, non può essere mai cancellata: ne quella positiva ne quella negativa. Ecco perché la DAMNATIO MEMORIAE ci lascia una lezione importante: il passato, qualunque esso sia stato, non può e non deve essere MAI cancellato: in quanto risulta essere assolutamente necessario, come monito e come memoria per le generazioni future.

Rilievo di Hatshepsut cesellato

Cari amici, cercare di cancellare un periodo nefasto, con la rimozione dei simboli di quel negativo periodo, come ancora oggi dimostrano i vuoti nei muri di Roma o le effigi scolpite nei templi egizi, non solo non raggiunge l’obiettivo ipotizzato, ma può avere, come accennato prima, proprio l’effetto contrario! L’oblio imposto, raramente risulta efficace, e, a volte, è proprio quello che si vuole cancellare che attira maggiormente l'attenzione. Il risultato? Molti condannati all’oblio hanno ottenuto la loro piccola vendetta: essere ricordati per sempre, spesso più di coloro che hanno operato per cancellarli!

A domani.

Mario